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— Taglio
Personaggi:
Edgar Allan Poe, Edogawa Ranpo,
Mushitarou Oguri
Canzoni: Pluto ~ Sleeping at Last + Invisible
~ Zara Larsson
Numero parole: 1000
Sono ancora
inchiodato sotto il peso
Di ciò che credevo mi avrebbe mantenuto sano
Mostrami dove la mia armatura finisce
Mostrami dove la mia pelle inizia.
Nel parco della villa spira una fresca
brezza, carica del sentore dei fiori che incontra lungo la sua corsa:
l’estate
è ormai sopra la città, tra qualche giorno
cadrà come pioggia e si spargerà tra
le strade e i palazzi, instillando in tutti il desiderio del mare.
È un triste scherzo che sia lui a
perdersi in quell’immaginazione, proprio
lui che ha sempre rifuggito le
onde e l’odore del sale; ma per una volta può fare
un’eccezione.
E
tu rideresti a sentire questo,
quanto rideresti.
«Andiamo,
non puoi aver già scoperto
il colpevole! Sei solo al primo capitolo!»
«Non è colpa mia se sono così
geniale! Anche se inizialmente ero incerto su un passo… non
male!»
«Di-dici davvero?»
Mushitarou emette un piccolo sospiro
di sorpresa, quindi accenna un sorriso mentre lancia
un’occhiata alla coppia
che ha davanti a sé. Aggiusta la tavola che Poe ha appena
spostato con tutto il
suo entusiasmo, quindi socchiude gli occhi sotto il sole che filtra
attraverso
le fronde degli alberi e ritorna a osservare Ranpo che ride,
scompostamente
seduto sulla graziosa panchina in pietra ormai sepolta da carte di
caramelle.
Per un qualche attimo riesce a
seguire l’invettiva tra lui e Edgar; poi, cullata dalle loro
parole, la mente si
distacca nuovamente e raggiunge altre terre. Oggi la mancanza
si fa
sentire forte, è quasi impossibile da controllare:
chissà che cosa gli vuole
dire…
«Stai bene? In quest’ultima ora sei
stato parecchio silenzioso.»
Oguri attende un attimo a rispondere
alla domanda di Edgar, avvicinatesi a lui silenziosamente, quindi
annuisce
piano e guarda in volto lo scrittore. «Eravate talmente presi
a discorrere che
ho deciso di non disturbare. E poi io odio l’odore del sale,
e oggi lo sento
ovunque.»
L’altro sorride, un’espressione
dolce nel viso, e si volta per lanciare un’occhiata a
ciò che resta del pranzo
che hanno consumato lì, sotto lo sguardo arboreo.
«Possiamo anche entrare, o
stenderci qui e riposarci un attimo… forse ho esagerato nel
cibo, ne ho
preparato fin troppo.»
«No, io non ho detto ques—»
«Basta con i cattivi pensieri! Dai, raccontatemi
qualcosa che mi faccia divertire, sono stanco di parlare solo
io!»
L’improvviso abbraccio di Ranpo coglie
di sorpresa gli altri due, che si sbilanciano in avanti e si scontrano
con il bordo
della tavola.
Oguri sta per dire qualcosa,
tuttavia la sensazione di dolore arriva prima e gli fa volgere gli
occhi
davanti a sé; con calma, lascia andare il coltello che ha
afferrato per la lama,
a causa della sorpresa, e si guarda il palmo della mano destra, dove
ora
campeggia una lunga striscia rossa.
Non
ti ricorda nulla, Mushi?
«Oh…»,
dice Ranpo quando scorge il
taglio che l’amico si è fatto, immobilizzato e
sentendosi colpevole per il
gesto di prima.
«Non è nulla», lo rassicura Oguri,
accennando
una smorfia che dovrebbe essere un sorriso, ma che risulta molto amara
— solamente
lui sa il perché.
Come
il pezzo finale di un puzzle
Tutto assume perfettamente senso per
me
La pesantezza che trattengo nel
cuore appartiene alla gravità
La pesantezza che trattengo nel
cuore mi sta schiacciando.
Poe,
intanto, non ha perso tempo ed è
corso dentro casa, e quando ne esce è tanto carico di bende,
cerotti, disinfettanti
e antisettici da far invidia a una farmacia; e così si
presenta agli occhi
degli amici, facendo spazio sulla tavola e posando l’intero
bagaglio.
«Non è così grave, ha quasi smesso
di sanguinare!», grida intanto Mushitarou, lo sguardo
adombrato, ritraendosi istintivamente.
Edgar non lo ascolta e gli prende la
mano per osservare il taglio, afferra disinfettante e cotone; poi si
ferma. «Ma
qui c’è già una piccola
cicatrice», sussurra, seguendo il sottile, bianco
tracciato di una vecchia ferita. Quella nuova scaturisce dal principio
di essa
come lo stelo di un secondo fiore, prendendo la direzione opposta.
«Sì; già una volta mi sono tagliato
la mano… con Yokomizo.» Una pausa, che gli altri
non spezzano. Il mondo rimane
in attesa, perché dal suo tono è fuggito tanto,
troppo, e non si torna indietro.
Ranpo e Poe non si guardano, sanno
già; e lasciano che sia lui a decidere se parlare, oppure
no. La scelta si
mostra appena Edgar inizia a passargli il cotone sul taglio, scatenando
aghi di
bruciore e memorie.
Un intero pomeriggio a disinfettare
e cambiare le fasciature, con Yokomizo che faceva battute a ogni mia
smorfia di
dolore. Non credo di averlo odiato come allora… e di aver
riso tanto insieme a
lui, poi.
È uno dei ricordi più belli che ho
di noi due.»
Poe ed Edogawa sorridono in silenzio;
e, non molto distante da lì, a sorridere con loro c’è
un’altra figura. Questa reclina il capo, lo guarda con un
pizzico di divertimento
e tanto affetto. Non
avrai realmente creduto di
rimanere da solo, vero?,
dice la voce che lo accompagna
in ogni dove, la tua anima chiama sempre a sé,
come ha fatto con me.
Non
devi temere: sei in buone
mani.
«…
Perché non ci racconti
ancora qualcosa di voi?»
Mushitarou
non risponde
subito, si prende ancora un attimo per sé.
«Poe-kun ha ragione: Yokomizo
sembra una persona veramente speciale», aggiunge Ranpo,
sedendosi davanti a Oguri
e incrociando le gambe.
Io
sono nel giorno e nella notte,
dovunque tu possa pensarmi; e vicino a te c’è chi
ti vuole già bene. Non lasciarlo
andare.
«Lo
era», sussurra Mushitarou al respiro
del mare, al soffio che scompiglia i capelli e dipana il silenzio,
«e lo è
ancora.»
Se
la felicità è a un miglio di distanza
Bastano
solo un paio di passi.
ANGOLO
DI MANTO
Vi
prego, amate questo trio quanto lo amo io: è un
antidepressivo di
certificata efficacia.
Ovviamente, come già scritto, ho completamente fallito il
tentativo di seguire
passo passo la Writober; ma siccome tengo davvero tanto a questa
raccolta, ribadisco
che continuo a scrivere a prescindere e a pubblicare, seppur con molta
calma.
Un abbraccio,
Manto