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Autore: Holie    31/10/2020    0 recensioni
Serie di storie per la lista #BSDWritober by EneriMess.
Tutto il Writober si incentra sull'omegaverse e ne affronterà vari temi.
Dal primo capitolo:
Oltre una finestra, nascosto alla vista da pesanti tende e illuminato solamente da uno spicchio di bagliore lunare, Dazai cullava suo figlio. Tenendolo in braccio, sussurrava al suo orecchio promesse e parole rassicuranti, nel tentativo di placare la sua agitazione.
Genere: Angst, Omegaverse, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: AU, Kidfic, OOC | Avvertimenti: Mpreg, Tematiche delicate, Triangolo
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31 Ottobre.

Il brecciolino schiacciato dalle scarpe di Odasaku e Dazai produceva un rumore assordante nel silenzio della notte.

I due affrontavano la strada senza parlare, i respiri affannati per il percorso in salita. Non portavano torce, la luna come unico faro. C’era qualcosa di teso nelle loro posture mentre abbandonavano il sentiero boschivo, giungendo al pianoro secco e spoglio che avevano come destinazione. Un gufo volò basso e andò ad appollaiarsi sul tetto di una vecchia cappella. L’intonaco scrostato le donava un aspetto cadente, ma non abbastanza da rivaleggiare con l’immagine devastata del piccolo cimitero ai suoi piedi.

Gli uomini si aprirono la strada tra le tombe storte ed erose dal vento, il percorso ripetuto così tante volte da essere diventato memoria del corpo. Si fermarono davanti una lapide, l’unica a mostrare un rimasuglio di fiori. Dazai si chinò, spostando il mazzo rinsecchito e pulendo la lastra con una mano.

“Nakahara Chuuya”. La scritta tornò a brillare debolmente sotto i raggi lunari.

Con espressione solenne Odasaku posò un fascio di fiori freschi a rimpiazzo dei vecchi, quindi controllò l’orologio. Le lancette al fosforo segnavano pochi secondi alla mezzanotte. «È ora» disse al compagno e entrambi fecero un passo indietro.

Per qualche istante sembrò che non dovesse accadere nulla. Poi, quasi con timidezza, fiochi bagliori iniziarono a comparire in modo sporadico di fronte a qualche tomba, prendendo lentamente forma di persona. Come ogni anno in quel periodo, gli spiriti si stavano risvegliando.

E come ogni anno Dazai e Odasaku dovettero attendere un po’ prima che lo stesso accadesse alla lapide che presidiavano.

Finalmente la luce si palesò, trasformandosi nella figura trasparente di un ragazzo. I capelli rossi, la maglietta bianca troppo larga e i pantaloncini corti: Chuuya mostrava lo stesso aspetto ogni anno, senza mutare mai. Eternamente fermo nell’istante in cui aveva perso la vita.

Odasaku sorrise, un misto tra tristezza e dolcezza. Il loro dormiglione li aveva fatti aspettare anche questa volta.

Il fantasma aprì gli occhi, mostrando al mondo le iridi azzurre. Ci fu un attimo di confusione nel suo sguardo, ma appena mise a fuoco la persona più vicina a lui, la sua voce si ruppe per il pianto. «Dazai» gracchiò.

«Amore mio» rispose il castano allungando una mano per accarezzarlo. Non potevano toccarsi realmente, ma quando Chuuya adagiò una guancia sul suo palmo gli parve di averlo nuovamente vicino a sé come una volta. Percepì una goccia rigargli la guancia. Non si era accorto di star piangendo.

«Chuuya» si fece avanti Oda e subito lo spirito si voltò verso di lui, gettandogli le braccia al collo mentre l’uomo tentava vanamente di accarezzarlo sulla schiena. Lo sentì singhiozzare contro il suo petto, il volto nascosto nel giaccone.

Chuuya era stato strappato loro troppo giovane. Aveva appena venti anni quando la sua auto era stata travolta da un tir, di rientro da un evento sportivo. Dazai e Odasaku lo avevano aspettato a casa per ore, preoccupati. Poi era arrivata la telefonata. L’omega era morto sul colpo.

Da quel momento i due alfa erano rimasti soli in una villa troppo grande per loro due. Oda aveva investito tutti i suoi risparmi in quel mutuo, ma il destino aveva deciso che non ci sarebbe stata alcuna famiglia per loro. Eppure non avevano abbandonato l’abitazione, continuando a risiedervi come memento al compagno perduto.

Cercando di tirare avanti nonostante l’onnipresente ombra della morte, erano passati più di 10 anni.

Il rintocco di una campana in lontananza lì avvertì che il momento stava per concludersi. Mezzanotte e dieci. Anche questa volta l’incanto era destinato a durare solo pochi minuti.

Gli spiriti attorno a loro iniziarono a rientrare nelle tombe. Chuuya si sporse freneticamente in avanti a baciare le labbra di Dazai. Tentò di lasciare qualcosa all’altro, un segno che potesse portare con sé quando sarebbero stati nuovamente separati, fino a che non si fossero incontrati di nuovo.

Con le labbra ancora formicolanti, il castano lo lasciò andare riluttante, spingendolo verso l’altro. Il fantasma atterrò nuovamente tra le braccia di Odasaku, rapendo la sua bocca in un bacio pieno di passione. «Ti amo Sakunosuke. Ricordalo» sussurrò. Il rosso lo guardò intensamente, cercando di imprimere nella memoria la bellezza eterea del compagno. Poteva ancora sentirlo su di sé, come un piacevole pizzicore.

«Anche io ti amo Chuuya. Fai buon viaggio.»

L’uomo allargò le braccia e lo spettro scivolò dalla sua presa. Sempre più trasparente nell’aria notturna, rivolse ai suoi amanti un sorriso il più possibile gioioso, non potendo però impedire alle lacrime di bagnarli il volto. “Ci vediamo l’anno prossimo” tentò di dire, ma la sua voce era già scomparsa. Gli uomini non poterono che leggere il saluto sulle sue labbra.

Mezzanotte e undici.

Il cimitero era nuovamente desolato, a esclusione dei due alfa. Restarono per qualche istante in silenzio, mettendo ordine all’intimo tumulto dei loro sentimenti. Dalla valle accanto arrivò il rimbombo di un tuono. Presto sarebbe arrivata la pioggia.

«Andiamo» fece Odasaku, dando le spalle alla tomba e incamminandosi.

«Aspetta. Vieni qui.» Dazai lo richiamò indietro, chinato in terra sulla lapide. Stava osservando qualcosa, sorpreso e sconcertato allo stesso tempo.

Il rosso si sporse a vedere. Sul marmo c’era un piccola chiazza tonda di bagnato. Sembrava un lacrima.

La sua mente si aggrappò immediatamente a un pensiero. Chuuya era stato esattamente lì poco prima e aveva pianto. Sembrava impossibile, ma poteva essere sua. Una lacrima caduta dai suoi occhi.

No, non doveva aggrapparsi a queste false speranze. Era morto, erano già stati graziati dalla presenza del suo spirito, anche se per pochi minuti l’anno. «È solo acqua Osamu. Sta per scatenarsi un temporale.»

Un fulmine squarciò il cielo, illuminandolo a giorno prima di farlo ricadere nel buio più totale. Un riflesso di luce catturò la goccia, facendola brillare di un colore innaturale.

Dazai allungò un dito e la toccò. Era bagnata e pizzicava. Si avvicinò a guardare meglio. Sul suo polpastrello la lacrima riluceva di una fievole luce azzurrina.

I due uomini si fissarono negli occhi, improvvisamente consapevoli di una nuova possibilità. Attorno a loro il ringhio prepotente della tempesta.
  
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