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Autore: Ms_Hellion    02/11/2020    1 recensioni
Izaya ha trascorso la sua vita proteggendo un complicato segreto, frutto di un passato tormentato che ha lasciato segni tanto sul suo corpo quanto sulla sua psiche: il famigerato informatore di Shinjuku soffre di un disturbo dissociativo dell'identità.
Quando però il suo segreto viene minacciato sia da un individuo misterioso che da un ben noto rivale, Izaya è costretto a rivalutare di chi fidarsi e ad affrontare i demoni del suo passato.
Genere: Hurt/Comfort, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Ed ecco che la trama comincia a fare i suoi timidi passi in avanti :')

 

4.


 


 

“Conosci la storia di Alice nel Paese delle Meraviglie, Namie-san?”, domandò Izaya, gli occhi vermigli fissi sulla pillola che teneva tra il pollice e l’indice.

Namie fece spallucce. “È una specie di fiaba, se non sbaglio. O qualcosa del genere.”

“Are? Davvero? Mi sorprende che una donna di cultura come te non sia familiare con un’opera così celebre, per quanto proveniente da oltreoceano.”

“Ho di meglio da fare che perdere tempo con delle storielle”, replicò Namie, tagliente.

“Quanta freddezza, Namie-san. Qualcuno potrebbe pensare che mamma e papà non ti leggessero le fiabe della buonanotte~”, la stuzzicò Izaya, ghignando all’occhiataccia che ricevette in cambio della frecciatina. “In ogni caso…

“Si tratta di un’opera dello scrittore inglese di epoca vittoriana Charles Lutwidge Dodgson, noto come Lewis Carroll”, spiegò. “Racconta la storia di una bambina che insegue un coniglio bianco fin dentro alla sua tana. Ma la tana del coniglio è in realtà l’accesso per una terra fantastica, dove le regole della logica e della realtà non si applicano.”

“Mi sembra ridicolo.”

“Nel suo viaggio, Alice incontra molti personaggi interessanti”, continuò Izaya, ignorando il commento della donna. “Il Bruco, il Cappellaio Matto, la Regina di Cuori, e via dicendo. Si tratta di metafore, naturalmente, dalla prima all’ultima. Il Paese delle Meraviglie rappresenta l’ingresso nel mondo degli adulti, che appare privo di senso agli occhi di un bambino, così come pure gli stessi personaggi della storia interpretano i vari tipi di adulti – di esseri umani, infatti.” Sorrise tra sé. “Devo ammetterlo, questa caratteristica del racconto mi ha sempre affascinato; è interessante il modo in cui Carroll sceglie di descrivere diverse tipologie di umani, sebbene il suo approccio sia chiaramente stereotipato, in quanto tutte le persone sono uniche e-”

“Stai divagando”, lo interruppe Namie, affatto intenzionata a sorbirsi l’ennesimo monologo sulla magnificenza degli esseri umani.

Izaya si fermò, sorpreso.

“Ah. Hai ragione. Mah, non importa. Chiunque ci sia dietro la diffusione della nostra candida amica” – sollevò la pillola davanti al viso – “dubito che avesse in mente simili riflessioni quando l’ha nominata. Ciò nonostante, il paragone rimane divertente.”

Izaya posò la bianca pillola sul tavolo. Più precisamente, al centro di una scacchiera. Questo, prevedeva, sarebbe stato un gioco interessante.

Si allungò a prendere un mazzo di carte dal tavolo.

“Non sei eccitata, Namie-san?”

“No. Non assumere che siano tutti malati come te, razza di svitato.”

Izaya sbuffò una risata. “È qui che ti sbagli, Namie-san. Siamo tutti matti qui”, citò. “Io sono matto, tu sei matta-”

“Chi stai chiamando ‘matta’?!”

“Inseguiremo il Bianconiglio fin nella sua tana, e poi giù nel Paese delle Meraviglie…”, continuò l’informatore, sfogliando il mazzo con entusiasmo febbrile.

Si fermò quando trovò la carta che cercava.

“…fino alla Regina di Cuori.”

Incurvò le labbra in un sorriso sinistro.

“Speriamo solo di non perdere la testa nel frattempo.”


 

. . .


 

Hirota Taiki.

Era il nome scritto sul foglietto che Shiki aveva consegnato all’informatore.

Chi era Hirota Taiki, il misterioso spacciatore?

Per prima cosa, non era un mistero. Per niente. Nel giro di un’ora, Izaya aveva radunato tutte le informazioni che si potessero desiderare sul suo conto – conosceva la sua età, l’aspetto, dove viveva, dove era andato a scuola, chi erano i suoi familiari stretti, qual era il suo reddito… cioè nullo, ufficialmente.

A venticinque anni, il giovane uomo era disoccupato, e secondo i dati di Izaya, il suo ultimo impiego risaliva a tre anni prima.

Dopo aver lasciato la scuola, da cui era stato espulso per – sorpresa, sorpresa! – possesso di sostanze illecite, si era mantenuto per alcuni anni svolgendo lavoretti umili qua e là, fino a essere assunto come cameriere. Era stato licenziato, poco dopo, per essere stato coinvolto in una rissa con un cliente. Da allora, non aveva più lavorato…

non aveva più lavorato in modo onesto nella sua vita.

Non che Izaya potesse permettersi di giudicare.

Se fosse stato uno spacciatore fin da allora, l’informatore non ne era certo. Probabile, ma non sicuro al cento percento. Che fosse uno spacciatore adesso – ora, su quello non ci pioveva.

L’altra cosa su cui aveva l’assoluta certezza, era che Hirota Taiki non era la sua Regina di Cuori. L’uomo non aveva né l’ingegno né i mezzi materiali per orchestrare una simile operazione. Tutt’al più poteva passare per un soldatino di carta, appena più in alto nella gerarchia rispetto ai due individui che si erano trovati alla mercé di Akabayashi. A sua volta, il soldatino prendeva i suoi ordini da qualcuno, e all’informatore non restava che scoprire chi.

A questo scopo, Izaya era passato a metodi di osservazione più… diretti.

Più precisamente, tallonare Hirota attraverso mezza Ikebukuro in pieno giorno.

Secondo le sue fonti, Hirota veniva di frequente avvistato in una certa strada di Ikebukuro, curiosamente sempre alla stessa ora del pomeriggio e curiosamente sempre portando con sé uno zaino. Guarda a caso, la strada in questione correva a meno di un isolato di distanza da un lussuoso locale gestito dalla mafia giapponese, dove era stata trovata la pillola che, al momento, giaceva abbandonata su una scacchiera nell’appartamento di Izaya.

L’informatore poteva azzardare un’ipotesi sul contenuto di quello zaino.

Erano le cinque e mezza e Hirota, venti metri più avanti, si stava dirigendo esattamente nella direzione prevista. Se tutto fosse andato secondo i piani, Izaya sarebbe riuscito ad assistere a un incontro interessante.

Hirota si fermò, subito imitato dall’informatore. Izaya si chinò per fingere di allacciarsi le scarpe, chiedendosi se fosse stato scoperto. Invece, vide con la coda dell’occhio come Hirota si avvicinò a un distributore automatico per acquistare una soda.

Nonostante il sollievo di non essere stato scoperto, Izaya si fece teso alla vista del distributore.

Si augurava solo di evitare una certa bestia di sua conoscenza.


 

. . .


 

Shizuo annusò rumorosamente l’aria.

“C’è qualcosa che non va?”, gli domandò Tom.

Shizuo aggrottò le sopracciglia. “No, è solo… non lo senti? C’è un odore strano nell’aria.”

Tom provò ad annusare a sua volta. “Mh. Io non sento niente”, disse, perplesso. “Oh, guarda, quel tombino laggiù è aperto. Potrebbe essere l’odore delle fognature.”

“Non sono le fognature”, rispose con certezza il biondo, scuotendo il capo.

No… era un odore ben più sottile, ben più subdolo e familiare. Shizuo si rese conto di conoscere quell’odore. Era…

“Iiii-zaaa-yaaaa”, pronunciò in un ringhio animalesco.

Sotto il cerotto che la copriva, la ferita sul suo collo iniziò a pizzicare. La grattò con rabbia.

Maledetto! Che cosa ci fa a ‘Bukuro? Gli avevo detto di stare alla larga dalla mia città!

Seguendo la traccia come un cane da punta, fece alcuni passi in avanti, giungendo a un crocevia, e girò il capo verso la strada alla sua destra. Non c’erano dubbi, l’odore proveniva da lì.

Il biondo registrò a malapena la voce di Tom che lo chiamava.

L’odore era più forte, adesso. Shizuo serrò i pugni, fremente di rabbia.

La pulce era vicina.


 

. . .


 

Izaya si inclinò in avanti, sporgendo appena dall’angolo dietro a cui era nascosto, nel tentativo di ottenere una visuale migliore dell’incontro che stava avendo luogo all’interno del vicolo stretto e sporco.

Hirota era in compagnia di altri quattro ragazzi, tutti all’incirca della sua età o più giovani di lui, e uno avrebbe potuto addirittura essere uno studente delle superiori. Non che Izaya si sarebbe stupito – lui meglio di chiunque altro sapeva che non si era mai troppo giovani per invischiarsi con il lato oscuro della città.

Dunque quei ragazzi erano i soldatini semplici agli ordini di Hirota, i comuni spacciatori di strada incaricati di gestire la vendita vera e propria.

Presto, Izaya ne era certo, Hirota si sarebbe tolto lo zaino dalle spalle. Lo avrebbe aperto e avrebbe distribuito ai ragazzi alcune confezioni di pillole bianche. Questi le avrebbero nascoste nei loro zaini, nelle loro tasche, e si sarebbero dileguati, per poi ricomparire qualche ora dopo, agli angoli delle strade e all’interno dei locali, pronti a promettere un viaggio in una terra fantastica a chiunque fosse disposto a pagare, sia che fossero mocciosetti viziati in cerca di un po’ di intrattenimento, oppure tossicodipendenti disperati per un'altra dose. Sarebbero stati fatti affari d’oro, essendo le pillole piuttosto costose rispetto alla media delle droghe che in genere giravano per il mercato nero, ma non così costose da essere fuori dalla portata della popolazione media.

Già, le meraviglie causate dalla folle saturazione delle sinapsi e una vera e propria festa di impulsi nervosi a livello del lobo occipitale erano offerte al modico prezzo di qualche centinaio di yen, e quello ben più caro di danni permanenti al sistema nervoso.

Il problema dei costi nascosti, eh?

Ma una cosa per volta. Prima ancora che le pillole passassero di mano, in quel lurido vicolo, Hirota avrebbe probabilmente preteso che gli venisse consegnato il denaro ricavato dalla vendita della notte precedente.

Al momento però, non stava accadendo nulla di tutto ciò.

“…razza di idioti”, stava dicendo Hirota. L’uomo era furibondo, come si poteva intuire dal gesticolare frenetico e la faccia paonazza, eppure in qualche modo riusciva a mantenere il tono di voce pari a un sibilo, basso abbastanza da rendere difficoltoso per Izaya seguire la conversazione.

L’informatore digrignò i denti, infastidito, e si tese in avanti quanto più osava fare.

“…brutti deficienti… come vi è venuto in mente… yakuza…”

Ah! Adesso si spiegava perché Hirota era così furioso.

Dunque quei due spacciatori hanno deciso di invadere il territorio della yakuza di loro spontanea volontà, pensò Izaya. Si chiese se avesse dovuto informare Shiki del fatto che non si trattava di un atto di sfida da parte del misterioso gruppo, quanto piuttosto della pessima decisione di due menti limitate.

Sempre che non ne fossero già al corrente. Dopotutto, era stato il famigerato Demone Rosso a condurre l’interrogatorio.

Con una scrollata di spalle, Izaya si risolse a consegnare a Shiki solo le informazioni che gli erano state espressamente richieste… sfortunatamente, l’innocenza dell’individuo a capo non era compresa nel pacchetto.

Sulle sue labbra lampeggiò un piccolo ghigno eccitato.

Se è uno scontro che la yakuza vuole, chi sono io per fermarli?

“Quando lo saprà il capo…”

Il capo!

La conversazione stava prendendo una piega interessante. Era importante che Izaya ascoltasse questa parte… la parte sul capo… finalmente avrebbe saputo chi…

Chi… cosa?

Aveva perso il filo dei suoi pensieri.

Dannazione.

Si trovò a sbattere le palpebre mentre la scena alternava tra nitidezza e sfocatura. D’un tratto, le voci degli spacciatori sembrarono arrivare da molto lontano, rimbombando lungo le pareti del vicolo come in un lungo tunnel sotteraneo.

Un tunnel senza fine…

Izaya scosse con forza il capo. Doveva restare concentrato!

Il capo… devo…

Sentendosi barcollare, fece un passo indietro, e finì per mettere il piede in una pozzanghera di dubbia origine. Si affrettò a spostarsi, per poi rifilare un’occhiata truce alla pozzanghera che gli aveva infradiciato una scarpa.

Questo posto puzza, Izaya-san. Non mi piace. Andiamo da qualche altra parte!

“Psyche”, mormorò Izaya all’udire la voce familiare. Digrignò i denti, frustrato.

Non adesso, dannazione!

Si forzò a riportare l’attenzione sul gruppo di spacciatori. Giusto, si disse, era venuto fin lì per assistere all’incontro tra Hirota e quei ragazzi. Hirota stava parlando del capo…

Ara, ara, sono proprio dei brutti ceffi, ne?

Hirota stava parlando del capo, ovvero l’individuo su cui Izaya stava indagando. Che cosa stava dicendo? Maledizione, Izaya non riusciva a distinguere le parole!

Non mi piacciono Izaya-san! Non voglio restare qui!

“Psyche, chiudi il becco”, sibilò sottovoce.

Si morse il labbro inferiore, tentando di mettere ordine tra i suoi pensieri ingarbugliati e confondendosi soltanto nel cercare di capire da dove cominciare.

“Devo concentrarmi”, mormorò. “Devo concentrarmi.”

Concentrarmi… ma su cosa…?

Possiamo andare via, Izaya-san? Ooooh possiamo andare al karaoke? Voglio andare al karaoke, Izaya-san~!

L’informatore digrignò i denti, frustrato. Era inutile, comprese con rabbia. Del tutto inutile. Con Psyche in giro nella sua testa, non sarebbe riuscito a combinare più niente. Tanto valeva avviarsi verso casa e sperare che l’insopportabile alter non decidesse di saltare fuori mentre era ancora a Ikebukuro.

Rivolse la schiena a Hirota e i suoi spacciatori – alla sua possibilità di ottenere preziose informazioni – e si allontanò su gambe traballanti.

Dove andiamo? Possiamo andare al karaoke?

“No, Psyche, non possiamo andare allo stupido karaoke. Non che a te importi, ma alcuni di noi hanno un lavoro”, sibilò Izaya.

Ugh. Che palle.

“Tu, piccolo… Hai un’idea del genere di occasione d’oro che mi hai appena fatto perdere?!”

Il tono del corvino cresceva di volume man mano che si allontanava dal luogo dell’incontro.

“Non mi interessa cosa fai lì dentro, o cosa fai in chat. Non mi importa se di tanto in tanto decidi di uscire a combinare guai, finché ti tieni alla larga da Ikebukuro…”

Ovvio, vuoi tenerti il quartiere più divertente di Tokyo tutto per te…

“…ma non ti permetto di interferire con il mio lavoro!”

Distratto dal dialogo nella sua testa, inciampò in un sacchetto dell’immondizia. Agitò le braccia disperatamente, ma, fallendo nel trovare un supporto, finì lungo disteso a terra.

L’informatore sentì una risata – non sua – prorompere dalla sua bocca. Serrò le labbra non appena se ne accorse. Si rialzò e si spolverò i pantaloni.

“Non è divertente”, sibilò. “Perciò, perché non mi lasci in pace e te ne torni a giocare o qualsiasi cosa tu-”

“Izaya?”

Izaya si paralizzò all’istante. Il sangue gli defluì dal volto.

Era convinto di essere da solo. Non si era neppure accorto che qualcuno si era avvicinato alle sue spalle.

Era stato disattento. Sbadato.

Dannazione.

Pregò di non avere commesso un errore irreparabile.

Lentamente, si voltò a incrociare lo sguardo confuso, perplesso e furibondo del Mostro di Ikebukuro.


 

. . .


 

Il vicolo era così maleodorante che quasi soffocò l’odore della pulce. Quasi. L’odore di Izaya era inconfondibile.

Era vicino, pensò Shizuo con feroce eccitazione. Questa volta non gli sarebbe sfuggito, giurò, stringendo i pugni.

Proseguì per alcuni metri, girò l’angolo – ed eccolo lì, il suo peggior nemico. Shizuo ghignò trionfante nel notare che la pulce era voltata di spalle, e non sembrava avere la benché minima idea che il biondo era così vicino.

È l’ultima volta che sconfini a Ikebukuro, Izaya-kun.

Si preparò ad attaccare…

“Hai un’idea del genere di occasione d’oro che mi hai appena fatto perdere?!”

Eh?

Per un secondo, Shizuo fu convinto che l’informatore si fosse accorto di lui. Già poteva immaginare il ghigno che Izaya gli avrebbe rivolto, il modo in cui lo avrebbe schernito prima di estrarre quel suo coltellino e attaccarlo.

Izaya non fece nulla di tutto ciò.

“Non mi interessa cosa fai lì dentro, o cosa fai in chat. Non mi importa se di tanto in tanto decidi di uscire a combinare guai, finché ti tieni alla larga da Ikebukuro. Ma non ti permetto di interferire con il mio lavoro.”

Okay, a questo punto Shizuo era abbastanza sicuro che Izaya non si stesse rivolgendo a lui. Che stesse parlando al telefono?

No… il corvino teneva entrambe le mani in tasca.

Ma allora… sta parlando da solo?

Fu in quel momento che Shizuo vide qualcosa di incredibile: Izaya, agile e atletico Izaya, inafferrabile come la pulce che era, maestro di parkour, inciampò su un sacco della spazzatura e cadde in modo assolutamente ridicolo.

Le spalle di Shizuo tremarono in una risata silenziosa, che era sul punto di prorompere dalle sue labbra e mandare all’aria il suo piano di un attacco a sorpresa, quando Izaya lo anticipò.

Il corvino scoppiò in un riso acuto, quasi isterico. Si interruppe bruscamente dopo un secondo. “Non è divertente!”, sbottò.

Il biondo rimase a bocca aperta.

“Perciò, perché non mi lasci in pace e te ne torni a giocare o qualsiasi cosa tu-”

“Izaya?”, pronunciò Shizuo, incapace di trattenersi.

Ora, il biondo aveva accettato da tempo l’idea che la pulce fosse fuori di testa. Quel parassita succhiasangue poteva rovinare la vita di qualcuno senza provare il minimo rimorso; al contrario, avrebbe probabilmente sghignazzando per tutto il tempo, come se si trattasse di un grandioso, fottuto scherzo.

Ma questo… be’, questo era un livello completamente nuovo di stranezza. Perfino per lui.

L’informatore, che si era pietrificato al suono della sua voce, di voltò a fronteggiarlo.

“Ah, Shizu-chan. Che piacere inaspettato!”, disse la pulce, il suo solito ghigno già spalmato sulla faccia. “Haha, scherzavo. È un assoluto dispiacere, come al solito~. Ne, come mi hai trovato?”

“Tch. È bastato seguire il tanfo di pulce. Potrei distinguere quella scia tossica ovunque.”

Izaya parve genuinamente offeso. “È impossibile che io emani un odore sgradevole. Per tua informazione, mi lavo puntualmente e accuratamente una volta al giorno.” L’apparenza giocosa fece la sua ricomparsa. “Il ché è più di quanto facessero i tuoi simili, lo sai, Shizu-chan? Temo che gli uomini di Neaderthal non fossero familiari con le meraviglie della doccia-”

“Con chi stavi parlando?”

Per un istante, il sorriso svanì completamente dal volto della pulce, e Shizuo fu in grado di dare una buona occhiata dietro alla sua maschera. La pulce sembrava… spaventata?

Izaya si mise a ridere, eccetto che stavolta – stavolta Shizuo era sicuro che fosse una messa in scena.

“Chissà~”, fece, allargando le braccia. “Forse stavo parlando con la mia coscienza…”

“Non ne hai una con cui parlare”, ribatté Shizuo.

Izaya roteò gli occhi. “Esilarante, detto dal mostro…”

Questi strinse la mascella con tanta forza da farla scricchiolare.

“Mi piacerebbe trattenermi oltre. Sfortunatamente, oggi sono di fretta e non sono dell’umore giusto per un combattimento. Ci vediamo in giro, Shizu-chan. Bye bye~!”

Shizuo ci mise un attimo a realizzare che il suo nemico giurato gli aveva dato le spalle e si stava allontanando con tutta calma, del tutto incurante della sua presenza.

“Cos- oi, aspetta! Dove credi di andare?!”

Come Shizuo fece un passo nella sua direzione, Izaya scattò, schizzando via come un lampo. Senza pensarci due volte, il biondo si gettò all’inseguimento. Inseguì la pulce lungo un paio di vicoli e strade secondarie, per poi uscire su una strada principale, dove Izaya guizzò immediatamente tra la folla.

Shizuo fu costretto a fermarsi. Si guardò attorno, alla ricerca di una chioma corvina, o una fila di denti bianchi scoperti in un ghigno, o un orlo di pelliccia su una giacca nera.

“Merda!”

Izaya era riuscito di nuovo a dileguarsi. Shizuo considerò la possibilità di radere al suolo la città pur di trovarlo, ma prima che potesse arrivare a una decisione, il suo cellulare vibrò. Controvoglia, lo aprì, per poi sentirsi sprofondare come constatò che si trattava di un messaggio di Tom-san, il quale gli chiedeva se sarebbe tornato al lavoro o se intendeva prendersi la giornata libera. Il biondo si affrettò a rispondere.


 


 

[A: Tanaka Tom, 18:47

Sto tornando indietro adesso.


 

Da: Tanaka Tom, 18:48

Okay!


 

A: Tanaka Tom, 18:49

Mi dispiace, Tom-san. Non capiterà mai più.


 

Da: Tanaka Tom, 18:49

Non ti preoccupare. L’importante è che tu stia bene.]


 


 

Shizuo prese la strada del ritorno con un sospiro. Tom-san era troppo buono con lui, ma era soltanto perché l’uomo era una brava persona in generale. Davvero Shizuo non si meritava un superiore così paziente e comprensivo. E di sicuro Tom-san non si meritava un combinaguai come lui che, oltre ad andare fuori dai gangheri alla prima occasione, era pronto a mollare tutto per correre dietro alla pulce.

La pulce…

Chissà poi cosa diavolo gli è preso.

C’era qualcosa di profondamente snervante nella risata stridula che era uscita dalla bocca di Izaya, prima che l’informatore si interrompesse bruscamente e si… sgridasse da solo?

Shizuo scosse con forza il capo. Aveva già sprecato abbastanza tempo dietro a Izaya – durante la giornata, e a dirla tutta anche nella sua vita in generale. Giurò a se stesso che, almeno per il resto del giorno, non avrebbe più pensato alla pulce per un singolo minuto.

Come la maggior parte dei suoi buoni propositi, anche quello fallì miseramente.


 

   
 
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