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Autore: Felpie    02/11/2020    4 recensioni
In un tempo di università, amicizie, amori ed esperienze nessun giovane può conoscere il proprio destino. E Merlino non sa proprio cosa lo aspetta, quando sceglie di prendersi in casa un viziato figlio di papà - che poi così tanto viziato e tanto figlio di papà non è - che diventerà ben presto molto di più di un semplice conquilino.
Tra litigi, lotte per la supremazia, risate e malintesi la vita in quel semplice, piccolo appartamento turberà la quiete che Merlino ha costruito intorno a sé e lo porterà nella più magica avventura della sua vita.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Galvano, Gwen, Lancillotto, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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So she said what's the problem baby
What's the problem I don't know
Well maybe I'm in love
Think about it every time
I think about it
Can't stop thinking 'bout it

How much longer will it take to cure this
Just to cure it cause I can't ignore it if it's love
Makes me want to turn around and face me but I don't know nothing 'bout love
Come on, come on
Turn a little faster
Come on, come on
The world will follow after
Come on, come on
'Cause everybody's after love
(Accidentally in Love - Counting Crows)






Quando uno si sveglia generalmente ci mette un attimo a capire dove si trova. E quando ci si addormenta ubriachi, generalmente è anche peggio, soprattutto perché a volte non si ricorda nemmeno di essere andati a dormire.

Ora Merlino è sicuramente su un letto, con le persiane abbassate malamente perché la luce gli sta arrivando dritta sugli occhi e lo sta disturbando. Ma in che letto si trovi esattamente ci mette qualche secondo prima di capirlo.

Però quelle lenzuola morbide hanno proprio lo stesso odore di quelle di casa sua. E anche lo stesso colore, per quanto può vedere nel buio della stanza. Che dalla fisionomia ricorda molto la sua. E quindi viene fuori la seconda domanda: com’è arrivato nel letto di camera sua? Perché l’ultima cosa che ricorda è il sorriso di Artù e la vodka che gli corre giù lungo la gola.

Non crede sia plausibile essere tornato in moto dietro ad Artù perché lui sicuramente non sarebbe stato in grado di reggersi, ma dubita molto anche che Artù sia stato in grado di guidare.

Mentre cerca di scacciare il mal di testa lancinante che sente – dannato alcol – qualcuno bussa alla porta e il viso di Artù fa capolino.

“Allora sei sveglio” lo saluta, entrando subito nella stanza e dirigendosi verso le tende “Credevo di dover chiamare l’ambulanza, non davi alcun cenno di vita”

Merlino è sveglio da troppo poco tempo e non si è ancora fatto le domande fondamentali che bisogna porsi appena svegli al mattino – chi sono io, dove mi trovo, che giorno è – quindi non si prende la briga di rispondergli, limitandosi a tossicchiare per schiarirsi la gola che sente secchissima.

Artù fa il giro del letto e gli passa la bottiglietta d’acqua che il moro è solito tenere sul pavimento, in un qualche angolo della stanza; Merlino beve avidamente, sbrodolandosi leggermente e si pulisce la bocca con la mano.

“Come ti senti?”

“Uno schifo” ma Merlino sta sorridendo mentre lo dice; si mette a sedere lentamente, tenendosi la testa con una mano “Tu come stai?”

“Ho avuto giorni peggiori”

“Sul serio?” chiede il moro, ironico, ridacchiando.

“Ehi, non ho mica bevuto tanto quanto te”

“Ho il vago ricordo di te che continui ad offrirmi da bere e di Lancillotto che cambia le bottiglie di birra vuote tra le mie mani con quelle piene” commenta Merlino “Direi che la colpa non è mia”

“Anche quando ti alzi la mattina dopo una sbronza non perdi la tua capacità di argomentare”

“Tu sei il re delle argomentazioni”

“Ecco, appunto”

Merlino ridacchia, prima di scansare le gambe dal letto per permettere ad Artù di sedersi.

“Come siamo tornati a casa?”

“In macchina, ci ha riportato Lancillotto”

“E la moto?”

“Prima Parsifal mi ha accompagnato a riprenderla”

“Sei diventato stranamente assennato con il nuovo anno d’età” dichiara il moro, muovendo la testa su e giù, come per aumentare la veridicità delle sue parole.

“Sei un idiota”

“Peccato che le tue maniere sono sempre orribili” conclude subito dopo, sorridendogli “Ti è piaciuta la festa?”

Artù annuisce, guardandosi i piedi “Mi sono divertito molto e mi ha fatto bene. Non lo avrei mai detto mentre cercavi di convincermi ad uscire di casa ieri”

“Dovresti imparare a fidarti un po' più di me, asino” lo prende in giro Merlino, dandogli un piccolo pugno sul braccio.

“Forse hai ragione…”

Il moro sgrana gli occhi quando capisce che quelle parole non le ha solo immaginate, ma Artù le ha dette davvero; il biondo però non gli dà troppo tempo di pensarci – come al solito – perché aggiunge subito, a voce più bassa “Grazie. È stato… un bel pensiero”

“È stata di Morgana l’idea”

“So che tu l’hai aiutata, però. E che hai scelto la location”

“Diciamo che io ho detto piscina e lei ha fatto il resto”

“Hai fatto una bella cosa” insiste Artù, girandosi per guardarlo negli occhi e Merlino esita un attimo.

“Te l’ho detto, Artù: avevi bisogno di ridere” dichiara serio.

“Hai ragione… mi ha fatto bene”

“Cosa odono le mie orecchie? Il grande Artù Pendragon mi sta forse dando ragione?”

“Merlino”

“Sì?”

“Stai zitto”

Il moro sorride, senza nemmeno accorgersene “È stato un piacere, Artù”

E anche il biondo si ritrova a sorridere, prima di alzare una mano per scompigliare – violentemente – i capelli dell’amico e ritrovarsi a ridacchiare insieme a lui.

“Certo che eri proprio bello ubriaco ieri” commenta Artù, mentre l’altro cerca di sistemarsi i capelli.

Merlino annuisce “Non ho visto nemmeno cosa ti hanno regalato gli altri…”

In quel momento al moro viene in mente un dettaglio che aveva totalmente trascurato; si alza dal letto, raggiunge lo zaino lanciato malamente per terra e prende il pacchetto rimasto al suo interno, che porge poi ad Artù – che ha passato l’ultimo minuto a guardarlo confuso.

“Questo è il mio regalo. Volevo dartelo ieri ma sai, mi è rimasto nello zaino e poi ho avuto altre… cose per la testa, diciamo”

“Cioè lo scolarti da solo una mezza bottiglia di vodka?”

“Non ero solo e non era metà” ci tiene a precisare il proprietario della camera, ma Artù non lo sta già più ascoltando, troppo concentrato a guardare la busta che ha tra le mani.

“Posso aprirlo?”

“Certo che sì, è il tuo regalo” esclama il moro “Forza, dai, voglio vedere la tua espressione di pura gioia quando lo vedrai”

“Non ti sembra un regalo un po' troppo sottile, Merlino?” gli fa notare Artù, con aria fintamente offesa, mentre guarda la busta di carta tutta stropicciata e con gli angoli piegati.

“Solo perché sei ingrassato non vuol dire che i tuoi regali debbano essere più grandi” lo prende in giro l’altro, guadagnandosi all’istante una pacca – forte – in piena schiena, che lo fa tossire.

“Io non sono ingrassato, il mio fisico è meraviglioso” ribatte infatti il biondo, prima di guardare di nuovo il regalo che tiene tra le mani.

“Che aspetti?” domanda il moro, impaurito di aver fatto qualcosa che non va: Artù non voleva ricevere regali? Voleva che glielo facesse insieme agli altri perché il loro rapporto non è poi così speciale? Si aspettava sul serio un regalo più grosso?

“Stavo guardando la busta. Qualcuno mi ha detto che anche il pacchetto è importante” si limita a dire il ragazzo, prima di rompere la carta delicatamente.

Merlino si scopre a trattenere il respiro, mentre Artù tira fuori il biglietto – che è effettivamente il regalo – che si trova nella busta, facendo attenzione a non spiegazzarlo – più di quanto già non sia – e capisce in quel momento quanto forte è il suo desiderio che il regalo piaccia al suo coinquilino. Quanto spera di averci azzeccato e di avergli fatto un regalo pari a quelli che ha ricevuto da lui. Di averlo fatto sentire speciale come Artù fa sempre sentire lui.

Il biondo guarda per parecchio tempo la lettera e il moro si chiede se ci sia sul serio qualcosa che non va: è un biglietto con su scritto “Buono per una passeggiata a cavallo di due ore”, quanto ci può mettere quel somaro a leggerlo? Gli sta salendo l’ansia.

“Perché mi hai fatto un regalo così?” mormora Artù e ciò non fa che aumentare l’agitazione di Merlino.

“Perché mi era sembrata una cosa divertente… sai, tu sei un asino… tu vai a cavallo… un asino a cavallo… fa ridere!”

Sì, e tu fai pena, Merlino. Come ti è venuta in mente un’idea così sciocca? È ovvio che non fa ridere.

“No, no, scusa…” lo blocca il biondo “Intendevo dire… come facevi a sapere che mi sarebbe piaciuto fare una passeggiata a cavallo? Non credo di averlo detto a nessuno né tantomeno di avertelo mai proposto”

E sentendo queste parole il cuore del giovane medico inizia – finalmente – a rallentare e Merlino si sente un po' più tranquillo. Poco, ma un po' più tranquillo.

“Morgana mi ha detto che ti piacciono i cavalli…” spiega “Ed ho pensato che poteva essere una cosa divertente ed originale…”

Artù continua a fissare il bigliettino, senza prestare troppa attenzione alle parole del moro, che si arrischia a dire “Quindi… ti piace?”

Il biondo alza lo sguardo di scatto e lo guarda “Se mi piace? È un regalo meraviglioso… grazie”

E Merlino si ritrova a sorridere senza nemmeno accorgersene, sentendo una gioia indescrivibile scaturita da cinque semplici parole; potrebbe benissimo giurare che il sorriso gli stia andando da un orecchio all’altro, ma si forza di rimanere ben piantato sul letto e non levitare a qualche centimetro. Però Artù lo guarda e ridacchia, quindi qualcosa di buffo ce lo deve proprio avere.

“Comunque se io sono un asino tu sei un vero idiota, Merlino” ci tiene a precisare il biondo “Anzi, no, com’era quell’espressione totalmente assurda che ti eri inventato? Quella che fa concorrenza a porca paletta?”

L’altro fa una faccia offesa “Ti ho appena fatto il miglior regalo del mondo e tu mi tratti male? Sei una persona orribile, mi riprendo il buono”

“Il miglior regalo del mondo mi sembra di averti detto che è stato il mio maglione con le renne”

“Com’è che si chiamava?”

“Chi?”

“Come chi! La renna”

“La renna?” domanda Artù confuso e l’altro annuisce con vigore.

“Sì, dai, la renna di Natale”

“Intendi Rudolph?”

“Proprio lei”

“Ma cosa c’entra in questo momento?”

“Non mi veniva il nome” si giustifica Merlino, alzando le spalle “Mi urta non ricordarmi i nomi delle cose”

“Merlino, lasciatelo dire, sei ancora ubriaco” commenta Artù, dandogli una spinta sulla spalla e facendolo traballare un minimo all’indietro “Preferirei… non so, che ti mettessi a cantare, che facessi il giocoliere, che camminassi per casa barcollante… ma non parlare della renna di Babbo Natale!”

Merlino scoppia a ridere di gusto, rilasciando insieme adrenalina ed ansia che aveva accumulato mentre Artù scartava il regalo. Artù… era sempre colpa sua, maledetto.

In quel momento, l’occhio gli cade sul telefono e sulla solita lucina che gli indica l’arrivo dei messaggi: si ricorda all’improvviso dell’impegno preso con Alator per il giorno dopo e l’ansia torna all’istante.

“Ma che ore sono?”

“Quasi le 13” risponde Artù, controllando l'ora.

“Miseriaccia, è tardissimo!” esclama Merlino, alzandosi di scatto, mentre il coinquilino lo guarda confuso.

“Che devi fare, si può sapere?”

“Oltre preparare il pranzo per Sua Altezza Reale?” chiede ironico il moro “Devo preparare alcune cose, domani vado un paio di giorni via con Alator. E poi devo studiare o rimarrò indietro a solo un mese dall'inizio delle lezioni”

“Sei noioso, Merlino” sbuffa Artù, alzandosi “Non puoi iniziare a studiare così presto”

“Non siamo tutti bravi come voi, Altezza”

“Dove vai con Alator?”

“Mi ha detto che vuole fare un giro in moto per la campagna e dormire fuori. Sai... quello che era in programma quando tuo padre si è ammalato...” spiega Merlino, un po' a disagio, senza sapere nemmeno perché.

Artù lo guarda per qualche secondo senza dire una parola “Vai a fare un viaggio in moto... con Alator?”

“Sì, lo so che è assurdo, però me lo ha proposto ed è tanto che non stiamo un po' di tempo assieme”

“Quindi avete ufficializzato la cosa?” domanda il biondo, un po' bruscamente.

Merlino si tocca i capelli, nervoso “Uhm, no, in realtà ancora no. Credo che ne parleremo stasera”

“E... avete intenzione di...” Artù si blocca, senza terminare la frase e il moro ci mette qualche istante per capire come si doveva concludere.

“NO!” esclama frettolosamente – ma perché si imbarazza così tanto a parlare di certe cose con Artù? “Cioè, non lo so. Potrebbe succedere. Dipende dalla situazione, insomma”

Vedendo che l’altro sta per dire qualcosa, Merlino aggiunge “Tu invece? Che programmi hai per domani?”

Il biondo è preso un po’ in contropiede dal cambio di argomento, ma si riprende in fretta e scrolla le spalle “Non lo so, forse andrò al locale di Parsifal insieme a Leon e Gwaine”

Il moro annuisce, come a dire che ha capito, ma si sente stranamente dispiaciuto per qualcosa: sì, è vero, un po' gli dispiace abbandonare per un paio di giorni la sua casa – e Artù – ma sarà una cosa rapida, no? Tornerà presto.

E per convincersi di questo, prepara lo zaino molto più velocemente dell’altra volta, come se non dovesse metterci nulla di particolare. Perché tanto tornerà presto. Sarà di nuovo a casa in nemmeno un paio di giorni. Da Artù.

Oh, cazzo.

Quando arriva Alator e gli deposita un leggero bacio sulle labbra, chiedendogli se è pronto, Merlino vorrebbe tanto rispondergli di no. Quando Artù gli fa un cenno con la testa per salutarlo, tornando a concentrarsi sulla televisione un attimo dopo, Merlino vorrebbe tanto mandare all’aria quell’uscita. Quando cinge la vita di Alator con le braccia, stringendosi a lui un poco su quel dannato aggeggio, Merlino vorrebbe tanto scendere, tornare in casa e mangiare le patatine sul divano con Artù. Quando la moto romba e il viaggio inizia, con Alator che parla ma senza che capisca le parole portate via dal vento, Merlino chiude gli occhi e capisce che qualcosa non va. Che non è questo ciò che vuole.

Artù ha un anno più di lui, gli occhi azzurri, i capelli biondi e i denti dritti. Artù ama dormire fino a tardi, lanciargli contro le cose e le partite della domenica. Artù gli legge sempre il giornale, gli compra le caramelle e lo critica per la sua pessima cucina. Artù è mille cose diverse eppure è il ragazzo più semplice del mondo mentre beve una birra mezzo nudo sul divano. Artù è invadente, fastidioso, prepotente, arrogante e vuole avere sempre l’ultima parola; ma è anche dolce, premuroso e tremendamente ammaliante. E Merlino è irrimediabilmente, follemente, totalmente innamorato di lui.

Come può stare con Alator, mentre sente certe cose per Artù? E come può far finta di non provarle, quando è chiaro come il sole che quelle dannate strette allo stomaco che sente costantemente in compagnia del suo coinquilino sono dovute alla spaventosa sintonia che sente con lui e all’attrazione che prova?

Ha avuto problemi con Will, perché Artù si è infilato nella loro vita – senza nemmeno accorgersene – e perché gli ha dato tutto ciò che avrebbe sempre voluto dal suo ragazzo: sicurezza, leggerezza, certezza. È lì per lui, il coinquilino che conosce da un anno, e rappresenta perfettamente la persona che vuole al suo fianco. E Will e Alator non possono comunque nulla contro questa cosa, per il semplice motivo che non sono Artù. Nonostante lui sia un asino prepotente, arrogante ed etero.

Ed ora, invece, si ritrova in moto dietro ad Alator, andando chissà dove nel bel mezzo della campagna, mentre il vento gli fa freddo e i rumori delle macchine che gli passano accanto gli fanno paura, quando potrebbe essere benissimo a casa con Artù, a guardare una stupida partita di football di cui non gli interessa nulla, a preparare i biscotti alla cannella di cui invece avrebbe davvero voglia in questo momento o semplicemente a bere una birra.

E questa uscita, piuttosto che ufficializzare il suo rapporto con Alator, ha messo in chiaro, fin dal primo minuto, che non è lui la persona che Merlino vuole. Non è lui la persona con cui vorrebbe essere in giro in questo momento. Non è lui la persona di cui è innamorato.

Il moro si stringe di più alla schiena del ragazzo – che sembra così diversa da quella del suo coinquilino e che non lo fa sentire minimamente a suo agio – mentre prendono una curva stretta; quando Merlino ha riaperto gli occhi – dopo parecchio tempo, in modo da non vedere le entrate nelle strade affollate, né le strade affollate stesse – si è trovato in un paesaggio totalmente sconosciuto e parecchio brullo per essere così vicino alla città. Sono arrivati in montagna, lo si capisce bene, perché ciò che vede intorno a sé è totalmente diverso da prima: ci sono alberi, ghiaia, terreno sterrato con pozzanghere melmose e profumo di bosco. Ed è anche un po' più buio perché il sole del tardo pomeriggio è nascosto dietro ad una nuvola e coperto dalle fronde degli alberi.

Merlino spera che arrivino presto, quella strada non gli piace. O meglio, il paesaggio è meraviglioso, ma preferirebbe nettamente vederlo a piedi. O in macchina. O in qualsiasi altro mezzo di trasporto che non sia una moto enorme e dall’aspetto instabile.

E sta iniziando ad avere freddo, l’umidità gli sta entrando nelle ossa nonostante la giacca a vento pesante che si è messo. Ma perché stanno facendo un viaggio in moto a inizio novembre, si può sapere? Non potevano rimandarlo? O non farlo direttamente mai e prendere semplicemente una cioccolata calda in un locale?

Si accorge di aver chiuso gli occhi solo quando uno stridio inquietante lo coglie alla sprovvista e li riapre di scatto, giusto in tempo per vedere la moto scivolare e ritrovarsi scaraventato via, pochi metri più in là, illuminato solo dai fanali della moto ormai a terra. Sente un dolore sordo alla spalla, il cuore pulsare sangue velocemente e la frenata di una macchina, prima di vedere dei puntini neri davanti a sé e perdere conoscenza.

Quando si risveglia, la prima cosa che lo colpisce è il forte odore di disinfettante che lo circonda e il suono costante, regolare e alquanto fastidioso di un macchinario: ha fatto ore sufficienti di tirocinio in ospedale per capire all’istante dove si trova. Apre gli occhi, sentendo la testa pulsare leggermente e nota subito l’infermiera dai capelli corti e rossi che sta sistemando le medicine sul comodino accanto a lui.

“Ben svegliato!” lo saluta subito. Ha le lentiggini, gli occhi marroni ed un piercing sul naso “Come ti senti? Hai fatto una bella caduta, è una fortuna che tu te la sia cavata con così poco”

Il moro prova a mettersi leggermente seduto e sente qualcosa bloccargli i movimenti.

“Ti hanno ingessato il braccio” lo informa la ragazza “Hai una spalla lussata, ma per il resto sei sano come un pesce”

Con la mano libera, Merlino si tocca prima la fasciatura e poi se la porta alla testa, dove si afferra i capelli.

“Potresti avere un po' di emicrania dovuto al colpo, ti ho portato delle medicine” continua l’infermiera, parlando a macchinetta, passandogli le pasticche e un bicchiere d’acqua “Hai fatto spaventare parecchio il tuo amico”

Il ragazzo osserva le pillole, prima di buttarle giù in un sorso veloce; poi, con voce roca, domanda “Quale amico?”

“Ne hai parecchi qui fuori, a dire la verità. Stanno aspettando il tuo risveglio da almeno un paio d’ore”

“Che ore sono?”

“Quasi mezzanotte”

“Dovrebbe essere finito l’orario di visita” le fa notare Merlino e la ragazza gli rifila un sorriso.

“Vedo che sei informato: però il reparto è praticamente vuoto, oggi abbiamo dimesso quattro pazienti e i tuoi amici sembravano tutti molto ansiosi di vederti. Soprattutto un biondino decisamente carino e un ragazzo dai capelli lunghi” si avvicina un po', come per confessargli un segreto “Ed io sono qui da sola ed ho preso decisamente troppi caffè per volerli mandare via”

L’infermiera gli fa l’occhiolino, prima di iniziare a segnarsi i valori vitali su un foglio.

“E il ragazzo che stava con me?” domanda il moro.

“Lui non ha mai perso conoscenza e non ha riportato ferite gravi. Solo graffi, lividi e qualche acciacco, ma è potuto uscire: il dottore gli ha ordinato di andare a casa a dormire, anche se lui sarebbe voluto rimanere ad aspettarti. Lo hanno convinto ad andar via solo quando sono arrivati i tuoi amici”

La ragazza gli sorride, prima di girarsi verso la porta “Devo controllare altri pazienti: di norma ti dovrei dare un tranquillante e farti dormire, ma credo che ti possa essere più d’aiuto vedere i tuoi visitatori, vero?”

E senza nemmeno aspettarsi una risposta esce dalla stanza, lasciando un Merlino solo e leggermente confuso; dura poco però la solitudine perché un attimo dopo Freya, Lancillotto, Artù, Gwaine e Parsifal entrano nella stanza. Il moro sbatte le palpebre un paio di volte, come ad accertarsi che siano tutti davvero lì: non sa se sia sta la botta, i farmaci o il mancamento, ma si sente davvero confuso.

“Merlino!” esclama Freya, abbracciandolo dolcemente “Ci hai fatto così preoccupare, accidenti! Alator ha chiamato Lancillotto solo dopo che eri già stato portato qui, ma non sapeva dirgli molto visto che stavano visitando anche lui. Come ti senti?”

“Un po' stordito…” mormora Merlino, schiarendosi la voce “Non so nemmeno cosa sia successo, in realtà”

“Alator ha detto che la moto ha preso una pozzanghera e che siete scivolati per colpa della ghiaia” interviene Parsifal “Tu sei stato sbalzato fuori dalla moto, mentre lui è riuscito a buttarsi di lato solo una volta che la moto era a terra. Ti fa male il braccio?”

“Credo di aver ingerito un antidolorifico o che mi abbiano messo una pomata perché ancora non sento molto. Mi sono svegliato solo da pochi minuti”

“Hai bisogno di qualcosa? Acqua, vestiti puliti, medicine?” domanda Lancillotto “Gwen si scusa di non essere qui con te, ma aveva il tirocinio di notte proprio stasera”

“Non c’è problema… non sareste dovuti venire nemmeno voi, io sto bene…”

“Sciocchezze! Hai un braccio appeso al collo” esclama Gwaine.

“Gwaine, l’infermiera ci ha detto di fare piano” lo rimprovera Lancillotto “O ci farà uscire a tutti. Già non dovremmo essere qui…”

“Merlino ha un braccio rotto ed io sto dove mi pare” dichiara l’altro, totalmente sordo alle parole dell’amico “Merlino, cucciolo, ti hanno fatto tanto male? Dove deve darti il bacino per farti passare tutto il tuo amichetto Gwaine? Deve andare a picchiare Alator per quello che ti ha fatto? Tu dì una sola parola ed io vado”

Il moro alza gli occhi al cielo alle parole dell’amico, anche se deve trattenere un sorrisetto per non dargli quella soddisfazione “Sto bene, Gwaine, sul serio. L’infermiera è sparita o le avrei chiesto quando potrò uscire da qui”

“Sfuggente quella tipa, in effetti…” commenta Freya, mentre Lancilotto risponde alla domanda “Ha detto che ti terranno domani in osservazione perché potresti aver battuto la testa, ma se stai bene dopodomani potrai uscire senza problemi”

“Comunque Merlino ti ho preso una cosa” interviene di nuovo la ragazza, mostrandogli un piccolo pacchetto di caramelle “Non so se te le ricordi, erano quelle che avevamo mangiato tutta la notte quando eravamo venuti a trovare Fox. Ho avuto un grande déjà-vu quando Lancillotto ci ha chiamato stasera…”

Il moro sorride e afferra il pacchetto “Non so se le posso mangiare, ma ho una fame che non ci vedo, ragazzi. E poi adoro queste caramelle, mi sembrerebbe sprecato non mangiarle”

“Davvero le adori? Non ce n’eravamo accorti quando, quella sera, avevi svaligiato il distributore automatico” sogghigna Gwaine “Non so come non ti sia venuto il diabete dopo quella notte”

“Il giorno dopo non aveva mangiato nulla!” racconta Lancillotto, lasciandosi andare ai ricordi “Anche se diceva che era perché era preoccupato per Fox… non ci ho mai creduto, Merlino. So benissimo che avevi solo fatto un’indigestione di zucchero”

“Io ero davvero preoccupato per Fox, razza di insensibili” protesta il moro, offeso “E per sfogare la mia ansia mangiavo. E siete sempre voi a lamentarvi che quando sono sotto esame non mangio. Accontentatevi una buona volta o ditemi che devo fare quando sono agitato”

Scoppiano tutti a ridere alle parole del ragazzo, anche se lui non può fare a meno di notare che Artù non ha detto una parola da quando è entrato, né gli ha mai staccato gli occhi di dosso. Gli fa piacere che sia lì, gli fa più piacere vedere lui che chiunque altro, ma al tempo stesso gli dispiace che sia lì. Che lo veda stanco, pallido e sporco, con un braccio appeso al collo e i capelli in disordine.

Che cosa stupida, però, dopotutto lo vede anche tutti i giorni appena sveglio, non può essere tanto peggio…

Però il cuore gli inizia a battere forte nel petto, quando tutti gli amici lo salutano mentre Artù gli comunica che sarebbe rimasto qualche altro minuto; quasi non si accorge di Freya che gli dà un bacio sulla guancia, di Lancillotto e di Parsifal che gli promettono di tornare a trovarlo domani e di Gwaine che gli bacia l’altra guancia. Sa solo che ad un certo punto è lì, in quella stanza di ospedale a mezzanotte passata, da solo con Artù.

“Merlino…” mormora il biondo, sedendosi sul bordo del letto.

“Artù… che cosa ci fai qui?”

“Guarda che sei tu quello sdraiato su questo stupido letto” gli fa notare Artù e Merlino non può non sentire la nota nervosa che ha nella voce.

“No, intendo in un ospedale… tu odi gli ospedali”

“Sì, ma tu sei qui, pensavi che me ne sarei rimasto a casa?” ribatte Artù con fare ovvio “Che è successo? Mi sono rovesciato una tazza di tè bollente addosso quando Lancillotto mi ha detto che eri qui”

La cosa, nonostante la situazione, l’ansia che sente e il fatto che sia mezzanotte passata lo diverte.

“Tu ti sei preparato una tazza di tè? Tu sai accendere un fornello?” ridacchia Merlino, prima di tornare serio vedendo lo sguardo dell’amico “Sono caduto da una moto”

“Sei salito su una moto?”

“Ero con Alator, lo sai… siamo scivolati sulla ghiaia, credo, o su qualcosa di viscido… non sono sicuro. Siamo finiti fuori strada, insomma. Ma credo che tu lo sappia meglio di me” sussurra il moro, a disagio.

“Tu odi le moto, perché ci sei salito?” puntualizza l’altro, senza staccargli gli occhi di dosso.

“Perché mi aveva chiesto di fare un giro con lui…” ma mentre risponde così Merlino sa benissimo che ci deve essere qualcosa dietro perché Artù sapeva benissimo che sarebbe uscito con Alator e che sarebbero andati in moto.

“E che ne era di ciò che hai detto a Capodanno? Che avresti pensato più a ciò che è meglio per te e meno a ciò che è meglio per gli altri?”

Merlino guarda confuso il biondo, che sembra sconvolto dalla rabbia e dalla preoccupazione “Artù… ma che ti prende? È solo un braccio rotto… e sono salito spesso sulla tua moto”

“Sì, ma io so guidare bene e con te dietro sto sempre attento…” balbetta un attimo, prima di riprendere il tono un po' arrabbiato “Non ti avrei mai fatto cadere, insomma!”

Il moro si trattiene dal dirgli che Alator non l’ha sicuramente fatto volontariamente, che era salito sulla moto perché lo voleva – e questo forse evita di dirlo perché non è sicuro che sia la verità e lui le bugie non le sa proprio dire – e che non è stata colpa di nessuno perché in quel momento Artù ha davvero un’espressione che non gli ha mai visto e Merlino si dispiace di averlo fatto preoccupare così tanto.

“Sto bene, Artù… questo è l’importante, no?” mormora il ragazzo “Non preoccuparti, presto tornerò a casa e ti cucinerò qualcosa di decente… non perderai il tuo cuoco personale”

E a quelle parole – perché devono essere state per forza quelle parole, no? – il biondo sembra tranquillizzarsi: le spalle si rilassano, il volto si distende e le sue labbra si aprono in un sorriso, prima di dichiarare “Merlino, sei veramente un idiota”

“Tu ti sei rovesciato addosso una tazza di tè bollente e l’idiota sarei io?” gli fa notare il moro, con fare pensieroso.

“Ti darei un pugno, se non fosse che hai un solo braccio sano e non vorrei che perdessi anche l’uso di quello”

“Sei troppo violento, devi imparare a comunicare con le parole”

“Un ringhio va bene?”

“No”

I due ragazzi si guardano e si sorridono a vicenda; è Artù a parlare di nuovo “Vuoi riposarti? Devo andare via?”

Merlino scuote la testa “Tanto tra poco tornerà l’infermiera e ti manderà via a calci. Sai che pensa che sei carino?”

“Io sono carino” sottolinea il biondo “Vuoi che ti faccia ancora un po' compagnia?”

“Mi farebbe piacere. Prima che lei ti prenda a calci. Vorrei vedere anche quello, sai?”

“Sei un idiota”

“Se me lo dici tre volte di fila vinco un premio?”

“No. Perché sei un idiota”

E Merlino ride di gusto, senza pensare al braccio rotto, al letto di ospedale o alla mezzanotte passata e al sonno farmacologico che sente arrivare.

“Posso sapere qual è la storia di queste caramelle?” domanda Artù, prendendo in mano il sacchetto ormai vuoto.

“Non c’è molto da spiegare in realtà” risponde il moro “Una volta siamo venuti qui a mezzanotte e io avevo fame ed ero in ansia, quindi ho letteralmente mangiato tutte le caramelle del distributore”

“Sono di una sottomarca scadentissima, molto meglio le mie” commenta il biondo, guardando il nome “Ed eri preoccupato per tal Fox?”

“Era il mio ragazzo” risponde Merlino a bruciapelo “Il mio… primo ragazzo”

“Sì?” dice distrattamente Artù “E che gli era successo?”

“Una rissa in un bar. Sai, era uno con un forte senso della giustizia e con un’impulsività difficile da trattenere, se provocata”

“E dov’è adesso?”

Merlino scrolla le spalle “Fa il giornalista freelance, specializzato in zone di guerra. E fa volontariato in un’associazione umanitaria. Potrebbe essere ovunque, letteralmente in ogni zona del mondo”

“Non ha funzionato?”

Artù sembra stranamente curioso di sapere.

“No. Diciamo che è un’anima troppo libera per stare troppo tempo nello stesso posto. Però ci sentiamo ancora ogni tanto… ha anche una passione per la fotografia, oltretutto, e vede dei posti mozzafiato. A volte mi manda le foto che fa e che sa che mi possono piacere”

“Ha un nome alquanto ridicolo, se posso dire”

“Era un soprannome: una volta, quando ancora faceva il liceo, è riuscito a nascondersi nell’aula professori ed è rimasto lì per prendere le tracce di alcuni esami che ha avuto nei giorni successivi. I professori l’hanno scoperto, ma non hanno mai avuto prove per dimostrarlo e i suoi amici lo hanno soprannominato così”

“Veniva in classe con te?”

“No, è più grande” Merlino si appoggia alla testata del letto “Sai quei tipi più grandi che pensi siano irraggiungibili eppure vorresti ad ogni costo una chance con loro? Ecco, lui era così”

Il moro lo guarda, prima di sorridere “Ma che dico, tu sei Artù Pendragon, non hai mai avuto problemi di questo tipo”

“Vuoi che arrivi al quarto “sei un idiota”?”

Il ragazzo sorride e scuote la testa “Sono felice che tu sia passato qui nonostante… nonostante tutto”

“Dovevo vederti” dichiara il biondo “E sono… felice che tu stia bene. Passerò domani, d’accordo? E ti porterò delle vere caramelle. Tanto l’infermiera ha detto che sono carino, no?”

Artù gli strizza l’occhio e si alza dal letto “Buonanotte, Merlino. Cerca di riposare”

“Buonanotte, Artù. Grazie”

E non appena il coinquilino esce dalla porta, chiudendosela alle spalle, il moro si ritrova a pensare a ciò che avrebbe voluto dire ad Alator. A ciò che prova per Artù.

Può ignorare davvero il fatto che la visita di Artù è quella che gli è stata più gradita, soprattutto visto e considerato il suo terrore per gli ospedali? E lo ha fatto per lui, solo per lui.

E se il fatto di essere caduti dalla moto e di non essere mai arrivati al campeggio non è un segno, che cos’altro è?

No, Merlino, che cosa vai a pensare, ora stai davvero delirando. Chissà cosa c’era dentro quelle pasticche che hai preso, ti hanno drogato e nemmeno lo sai. O forse sei solo leggermente fuori di te. Probabile, visto che stai parlando da solo. Cioè, non proprio parlando, pensando. Aiuto, stai impazzendo.

Però Artù è davvero bello e tremendamente gentile e questo lo pensavi già da prima, quando sicuramente non eri sotto effetto di farmaci. Ed è venuto a trovarti. Che gesto carino…

E con questi pensieri – e una buona dose di melatonina in corpo – il ragazzo scivola lentamente nel sonno.

Il giorno dopo, quando si risveglia, Gwen è già lì e lo abbraccia forte, scusandosi per non essere andata lì prima. Ha l’aria stanca e le occhiaie sotto gli occhi, ma la sua espressione è serena dopo averlo visto. Però Merlino la manda a casa, non appena si presentano Artù, Lancillotto e Leon, perché crede che abbia davvero bisogno di dormire.

Il suo coinquilino gli ha sul serio portato le caramelle, quelle che gli piacciono tanto, e sta in ospedale con lui quasi tutto il giorno a parte brevi pause, in cui l’infermiera dai capelli rossi lo spinge letteralmente fuori dalla porta per mandarlo a mangiare e per far mangiare Merlino.

Lo viene anche a prendere il giorno dopo, quando viene dimesso dall’ospedale, per accompagnarlo a casa insieme a Freya e Morgana, che era fuori città in quei giorni ed era rientrata solo la sera prima tardi. Le due ragazze sono già sul taxi quando Artù fa fermare il suo coinquilino proprio davanti alle porte dell’ospedale.

“Ho bisogno di parlarti” esordisce, a voce un po' bassa per non farsi sentire dalle due ragazze.

“Qui?” domanda confuso il moro, guardandosi intorno.

“No, non qui. Ti va di andare a cena fuori?”

“Addirittura? Viviamo insieme, Artù, possiamo parlare quando vuoi” ridacchia Merlino, ma Artù non sembra aver voglia di scherzare.

“Preferisco andare fuori. Ma non ti sto dicendo che ci dobbiamo andare oggi, eh. Pensa prima a guarire e a toglierti quel gesso, poi andremo a cena”

“Sei sicuro? È successo qualcosa di grave?” si preoccupa subito l’altro. Perché Artù dovrebbe voler andare a cena fuori con lui, dicendoglielo addirittura con così tanto anticipo?

“Sì… cioè no, no. Non preoccuparti, è una cosa che può aspettare” dichiara dopo un po' di incertezza il coinquilino “Tu pensa a rimetterti, ora. E poi usciremo”






Spazio autrice persona assolutamente contro le scene tragiche vi presento Fox
E come ai cari poeti inglesi del ‘900 anche ad Artù serve la sua epifania: un incidente in moto è forse un po' clichè? Forse. Ma questa storia inizierà e finirà con i clichè, perché io li adoro e a volte sono tremendamente veri. 
E Merlino si è svegliato, yuppi! Sono bastate una moto ed una schiena a cui stringersi che non fosse quella di Artù - e tanti tanti pensieri, ma quelli sono solo trascurabili dettagli perché Merlino li ha ignorati dal primo all'ultimo - per fargli capire che c'è qualcosa che non va nel suo rapporto con il suo coinquilino (e forse era anche ora). Perdonatemi per la scena in ospedale - che personalmente di solito odio, non so perché in questa storia ce ne ho infilate due - e come sempre non sono stata molto dettagliata per evitare di addentrarmi in un campo che non mi compete. Non so nemmeno se al pronto soccorso dei visitatori possano entrare così tardi, ma facciamo di sì.
Per quanto riguarda Fox lui con questa storia non c'entra assolutamente nulla, ma è un personaggio importante nell'altra long che sto scrivendo (e che presto pubblicherò) quindi non ho resistito ad inserirlo anche qui.
Invece la canzone all'inizio è una delle mie canzoni preferite (e sono sicura che la conoscete in parecchi, anche se leggendola pensate di no - ma qualcuno le legge?) quindi volevo inserirla tantissimo e mi sembrava molto calzante per la situazione. Inoltre è un giorno importante per me oggi quindi volevo inserire tutto quello che mi pareva e punto (fenomenali poteri cosmici).
Ringrazio tantissimo Koa__ per le sue bellissime recensioni e per amare così tanto la mia storia e Resha_Stark che ha letto la storia tutta d'un fiato e che ci si è appassionata fin da subito. E anche chi ha aggiunto la storia tra preferite/ ricordate/ seguite: continuate ad aumentare e riempite il mio cuoricino di orgoglio.
Il prossimo capitolo penso sia il mio preferito (o comunque molto in alto in classifica), vi lascio dicendovi solo questo (sì, questo e le altre troppe parole che ho scritto in precedenza).
A presto,
Felpie

 
   
 
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