Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Caaatkhad    03/11/2020    10 recensioni
Tutti umani.
2 ottobre 1893, Londra, Inghilterra. Di fronte al cancello della dimora del dottor Cullen, tre sorelle e la loro zia avevano davanti un'opportunità che avrebbe cambiato la loro difficile e sofferta esistenza. Riusciranno a trovare finalmente la pace tanto agognata, o si ritroveranno in un intreccio famigliare scomodo e proibito? E l'arrivo di una piccola creatura, potrà riportare la pace in quella casa?
Tratto dalla storia:
"Ero un treno in corsa. I miei passi lenti, strascicati sul ciglio del marciapiede, compensavano la velocità dei miei pensieri, delle mie emozioni. Un battito, seguito da un altro più debole. A ricordarmi che da quel momento non sarei mai più stata sola."
Remake della storia "They will be in love." presa dal mio vecchio account Alba97.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo V





20 Ottobre 1893, Londra. Ore 9:25.

I sei ragazzi si riunirono insieme al padrone di casa e alla futura consorte intorno al tavolo da pranzo, per condividere una colazione molto più speciale delle altre.
Vi furono molte domande, i fratelli in particolar modo avevano molte perplessità per cui non riuscivano a capire come Carlisle Cullen, uomo di scienza molto razionale e logico, avesse potuto prendere una decisione cosí avventata in un lasso di tempo cosí breve.

- Ve l'ho già spiegato, figli miei. - Ripeté per l'ennesima volta Carlisle, appoggiando le posate accanto al piatto e intrecciando le dita delle mani davanti al suo viso, con i gomici appena sul tavolo.
- Ma padre... - Jasper provó a ribattere invano. - No, Jazz. Lo so che non mi avete mai visto prendere una decisione cosí all'improvviso, ma é successo e ne sono più che felice. - Disse il padre, sorridendo teneramente ad Esme seduta accanto a lui, che in quel momento sentiva addosso un grande peso.
- Padre, noi non stiamo assolutamente andando contro la vostra volontà, e proviamo un grande rispetto verso Esme. Dobbiamo solo realizzare che presto questa famiglia subirà un grande cambiamento. - Emmett aveva un'espressione molto seria, Rosalie aveva notato che in presenza del padre il ragazzo era completamente diverso e molto più rigido di quanto non fosse il resto del tempo.
- Esatto, padre. Sia io che Jasper abbiamo discusso stamattina a riguardo, e se la vostra felicità sta nel matrimonio con Esme, noi non possiamo che essere dalla vostra parte. - Carlisle sorrise al figlio minore.
- Bene, ragazzi. Ne sono felice. - Concluse quindi, permettendo al resto del tavolo di finire di consumare la colazione.
Le ragazze e la zia, nel frattempo, avevano ripreso a parlare tra di loro discretamente; Esme aveva raccontato loro di come il primo giorno, appena incrociato lo sguardo di Carlisle, qualcosa dentro di lei scatt
ó e non poté controllarlo. Forse si era resa conto che l'amore in lei poteva sbocciare come tanti anni prima, e che non era troppo tardi per lei per provare sentimenti tali.
Aveva anche detto che Carlisle, dal canto suo, non le nascose che la stessa sensazione la ebbe pure lui. Infatti non esit
ó un istante quando poche ore dopo chiese ad Esme di accompagnarlo in un viaggio di lavoro, che fu per loro galeotto.
- Abbiamo deciso di rimanere ospiti a casa di quel ricco nobile solo quando fummo messi al corrente che il povero padrone di casa, Billy Black, era rimasto vedovo. - Disse Esme, dispiaciuta.
La moglie Sara era malata da tempo, e Billy in una lettera disperata aveva richiesto al suo amico di vecchia data di poterlo raggiungere il prima possibile, per fare un ultimo tentativo e cercare di salvarla.
Carlisle aveva già previsto in precedenza di rendere visita al signor Black, ma non appena ricevette quella lettera decise che era più che necessario rendercisi il prima possibile.
- Ed é per questo motivo che non abbiamo potuto avvisarvi, bambine mie. - Concluse lei. Le sorelle, ancora frastornate da tutti i cambiamenti dell'ultimo periodo, non poterono che comprendere la zia. In fondo, non stava succedendo anche a loro di infatuarsi dei Cullen?
- Già. - Sussurr
ó Rosalie, smuovendo con la forchetta l'acino d'uva che rimaneva sul suo piatto. Alice la guardó corrucciando le sopracciglia, mentre Bella le diede un debole calcio sotto al tavolo, per farla tornare alla realtà.
I suoi pensieri erano concentrati solo su quello che era successo in quella stanza, la sera prima. Non riusciva a dimenticare le mani roventi di Emmett sul suo corpo, ma soprattutto il dolore che aveva provato lei quando lui l'aveva lasciata sola subito dopo.
Ma l'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento, era farsi scoprire da
l resto della famiglia. Quindi si destó dai suoi pensieri. - Già, zia. Non é un problema, abbiamo passato di peggio. - Disse, stringendo le labbra in un impeto di nervosismo durato poco meno di un istante.
- Beh, in ogni caso sono felice che da oggi in poi noi tutti potremo considerarci come un'unica famiglia. - Disse Carlisle, guardando negli occhi tutti e sei i ragazzi, uno dopo l'altro. - So che non sarà semplice abituarsi da subito all'idea, ma credo che con il tempo le cose andranno bene. - Termin
ó.
- Ma quindi... Noi non dovremo più servire... - Carlisle interruppe Bella con una risata cristallina. - Oh no, Isabella, assolutamente no. Ora fate parte della famiglia tutte e quattro, nessuno sarà al servizio di nessuno e, anzi, io ed Esme in questi giorni terremo dei colloqui per poter assumere un paio di governanti che potranno occuparsi di voi come si deve. -
- Non sia mai che la prossima sarà per me. - Ringhi
ó a denti stretti Emmett, facendo gelare il sangue nelle vene di Rosalie. Tutti si girarono a guardarlo, e il padre con una punta di rabbia lo fissó a lungo.
- Scusatemi, padre. Era inappropriato. -  Disse poi lui, con un tono alquanto scocciato. Esme aveva lo sguardo basso, e il ragazzo lo not
ó, ma non replicó.


Tutti i commensali si erano alzati per recarsi ognuno alle proprie attività, Carlisle aveva un importante appuntamento in città e si era quindi congedato velocemente e le ragazze si erano dirette in camera per prepararsi.
Emmett si era trattenuto qualche istante in più, cercando poi di raggiungere la futura moglie del padre.
- Esme, io... - La donna si fermó, senza girarsi veramente a guardarlo, voleva prima sentire cosa avesse da dirle. - Mi dispiace. Non volevo ferirvi. - Disse, mettendo via l'orgoglio per la prima volta dopo tanto tempo. Esme sorrise, girandosi finalmente per guardarlo negli occhi.
- Capisco. Sai, io non voglio prendere il posto di vostra madre. Non l'ho mai fatto nemmeno per le mie nipoti quando sono rimaste orfane, le ho cresciute come figlie ma mai ho detto loro di essere la madre. Non potrei farlo nemmeno con voi. - Disse quindi. Dietro di lei, i fratelli avevano ascoltato tutta la conversazione, poiché non vedendo Emmett uscire dalla sala da pranzo si stavano chiedendo che cosa avesse.
- Grazie, Esme. - Sussurr
ó Jasper, con un nodo alla gola e gli occhi improvvisamente lucidi. Se fino a quel momento non aveva ancora saputo dare un nome a quello che sentiva, improvvisamente un'immagine si presentó davanti agli occhi. Finalmente aveva capito cosa aveva spinto il padre ad innamorarsi cosí velocemente di quella donna. Aveva una immensa sensibilità, che lui percepiva subito, e riusciva a dare amore anche a chi non lo chiedeva.
Rimasero tutti e quattro in silenzio, osservandosi con cautela. I tre fratelli stavano lentamente accettando che la donna sarebbe presto diventata la loro matrigna, ed erano sempre più convinti che il padre avesse fatto una buona scelta. Avrebbero forse trovato in lei quella figura materna che da anni mancava loro?



                                                             ***************************



25 Novembre 1893, Londra. Ore 3:41.


Due voci strozzate, mescolate nel silenzio della notte, interrotte da diversi ansimi, riecheggiavano nella camera da letto di Emmett Cullen. Due corpi viaggiavano all'unisono sulle onde del piacere più puro, nascosti solo da una coperta che dava loro un pizzico di intimità in più.
Dal giorno in cui Carlisle ed Esme si erano ufficialmente fidanzati, Rosalie non aveva più potuto sottrarsi alle richieste dirette ed esplicite di Emmett. Quasi ogni notte, dopo essersi accertata che le sorelle dormissero, si dirigeva verso la sua stanza, sapendo che lui la aspettava. Ci andava con cautela, facendo attenzione che nessuno la potesse vedere o sentire. Entrava, e come ogni notte lui era lí, davanti alla finestra come il giorno del loro incontro. Sapeva di sbagliare, sapeva che niente la obbligava più a rispondere alle richieste del ragazzo, ma non poteva più farne a meno.
Una volta finito, Emmett non si occupava più di lei. Forse lei desiderava da lui avere quello che non aveva mai ricevuto prima da un uomo, un amore pure.
Quella notte, per l'ennesima volta, Emmett si stava infilando un paio di pantaloni di cotone per poter poi andare a dormire. Rosalie era ancora sotto alle coperte, ricoperta da una vestaglia da notte leggera e svolazzante di colore bianco splendente, e i capelli le contornavano il viso intristito. Si riprometteva ogni volta di non cascarci di nuovo, ma quando prima di cena Emmett le faceva cenno, lei non riusciva a dire di no.
Si alzó lentamente, non se la sentiva di guardarlo in faccia per la delusione. Raccolse il suo vestito dalla sedia accanto, indossandolo poi svogliatamente. Si avvolse i capelli in uno chignon disordinato, e senza dirgli nulla uscí dalla stanza, sotto il suo sguardo confuso.
Emmett era riuscito a distruggere la corazza che da anni stava cercando di costruire intorno a sé. Da quando la madre era morta e avevano dovuto lasciare Parigi insieme alla zia, erano successe tante di quelle spiacevoli avventure da farle credere che peggio di cosí non sarebbe potuto andare.
Inizi
ó a camminare, dirigendosi verso una delle terrazze in fondo al corridoio. Cercava di non fare rumore, per non svegliare il resto della casa.
Arrivata davanti alla porta vetrata, la aprí delicatamente e uscí; l'aria gelida dell'inverno la colpí in pieno viso, ma la tua testa era talmente piena di pensieri che nemmeno se ne accorse.
Ripensava agli anni passati, a tutti quei volti che aveva incontrato nel corso degli ultimi anni, e di come sia lei che le sue sorelle avessero dovuto difendersi dal male che capitava loro.
Gli alberi di fronte a lei ondeggiavano soavi, accarezzati dal vento che soffiava impetuoso. Rosalie li osservava attenta, avrebbe voluto avere delle radici profonde e una cortezza forte e resistente come le loro, in presenza di Emmett.
Una voce la chiam
ó, sussurrando, alle sue spalle. Lei sobbalzó, ritrovandosi Jasper davanti che la guardava incuriosito.
- Che ci fai qui, Rosalie? Non credi sia tardi? - Le chiese, con le braccia conserte. Il ragazzo si era ormai abituato alla presenza delle quattro donne, aveva instaurato un bellissimo rapporto con la maggiore delle sorelle proprio perché entrambi avevano molte similitudini caratteriali, sembravano quasi fratelli.
- Oh, Jazz. Beh, hai proprio ragione, é tardi. Ma non riuscivo a dormire. - Disse lei, sospirando profondamente. Lui si appoggi
ó alla ringhiera con gli avambracci, guardando giù nel giardino completamente buio.
- Siamo in due, Rose. Questa notte é lunga e difficile per entrambi, direi. -
Rimasero in silenzio a lungo, a contemplare la natura che si manifestava libera davanti ai loro occhi. All'improvviso, delle fitte gocce di pioggia quasi taglienti iniziarono a colpirli, e decisero di rientrare velocemente.
- Non ci avete mai raccontato cos'é successo davvero prima che arrivaste qui. - Disse lui, con fare serio e tenendo le mani dietro alla schiena.
- É vero. Ma non credo che sia giusto farlo se le mie sorelle non ci sono. Siamo tutte e tre coinvolte, é la nostra storia. - Disse quindi la bionda, aggiustandosi un bottone del corpetto del vestito.
- E quale migliore occasione di domani all'ora del thé per farlo? Mio padre ed Esme saranno in città per affari e impegni per il matrimonio, non avete più scuse. - Disse lui, guardandola e accennando un sorriso furbo. Lei rise, cercando di non fare troppo rumore.
- Non dimenticare che domani sera ci sarà Laurent a cena, non lo vediamo da un mese ormai. - Sussurr
ó Rosalie, fermandosi insieme al ragazzo davanti alla sua camera. - Ti do la mia parola che saprai tutto. - Lui annuí con la testa, per poi entrare dopo averle augurato la buonanotte.
La ragazza si avvi
ó quindi verso la sua stanza, passando velocemente davanti a quella di Emmett. Provó ad ascoltare, ma nessun rumore usciva da quella stanza; si ritiró per andare a dormire, con ancora un macigno sul cuore.


                                                                     **********************

- Basta cosí, grazie. - Disse Bella, alzando appena la mano destra, e Julian tremante le porse la sua tazza di thé nero con aggiunta di latte. Lei prese un cucchiaino di zucchero bruno, e mescoló lentamente la sua bevanda, mentre gli altri finivano di essere serviti.
I sei ragazzi erano accomodati in un salone adibito a grande libreria, fuori una pioggia incessante batteva contro le finestre e il cielo nuvoloso si scuriva sempre di più.
I due futuri signori Cullen erano andati in città al mattino, e non sarebbero tornati fino a sera in compagnia di Laurent, per la cena.
- Rosalie. - Disse Jasper, guardandola dritto negli occhi. Lei sospir
ó appena, sapeva che non avrebbero più potuto rimandare il momento. Sua zia aveva detto loro che Carlisle era già al corrente del loro passato, e che lo aveva accettato senza tentennare minimamente, e ció le rassicurava molto, ma non era comunque facile per loro ricordare quei momenti.
Alice addent
ó un pezzo di gingerbread cake, che aveva preparato al mattino insieme a James.
- E va bene. - Sussurr
ó Rosalie, cercando lo sguardo delle sorelle. Bella posó una mano sulla sua gamba, invitandola a lasciarla parlare.
- Siamo tornate in Inghilterra nel 1887, zia Esme aveva ricevuto una lettera da un'amica di mamma; al nord di Manchester vi era questa fabbrica di tessuto che cercava tessitrici e zia ci propose di andare.
Accettammo subito, non volevamo essere un peso per lei e tornare in Inghilterra sarebbe stato più semplice che restare a Parigi. - Emmett stava giocherellando con il cucchiaino, sguardo basso fisso sulla tazza fumante di fronte a lui, ma era molto attento al racconto, nonostante non volesse farlo trasparire agli altri.
- Abbiamo alloggiato in alcune camere in cui vivevano altre lavoratrici che venivano da fuori, come noi. La maggior parte di loro era inglese, compresa Anne, l'amica della mamma. I primi giorni ci sembravano duri, il lavoro era intenso e le ore di riposo erano poche, ma quando la zia ricevette il nostro primo stipendio ci sembrava cosí tanto soddisfacente... Ci sentivamo finalmente indipendenti. - Bella prese una pausa, sorseggiando il thé. Alice decise quindi di continuare il racconto.
- Passarono i mesi, ci eravamo ormai abituate al lavoro ed eravamo più o meno tutte solidari tra di noi, sapevamo che non era un ambiente facile per le donne ma dovevamo tirare avanti. Un giorno, il figlio del capo, un certo Royce King, venne in fabbrica per controllare come procedessero i lavori. Solitamente era il capo stesso a venire, ma quel giorno mand
ó lui. - Alice si fermó, guardando sua sorella Rosalie che era diventata improvvisamente cupa in volto. Lei annuí appena, invitandola a continuare e a non fare caso a lei.
- Passava vicino ad ogni filatoio, sembrava affascinante e gentile al primo impatto, e quando venne il nostro turno si rivolse a noi con un sorriso ammaliante e seducente. Seppe conquistare la nostra fiducia quasi subito. - Si adombr
ó, stringendo con forza il tovagliolo tra le mani.
- Eravamo ingenue, direi. - Rosalie interruppe la sorella, con un'espressione dura in viso. - E lui non era di certo un agnello. - Si alz
ó, lasciando la sua tazza di thé a metà e spostandosi verso la finestra per tirare le tende, ormai fuori era completamente buio.
Le ragazze continuarono a raccontare i dettagli della loro storia, fino a poco prima del loro arrivo a casa Cullen.

- Sí, é esatto. Royce ci picchiava, insieme alla sua famiglia. E dopo avermi ingannata, cercando di convincermi che lui voleva sposarsi con me e avere dei figli, beh... - Rosalie abbass
ó lo sguardo, mentre la sua voce si spezzó. - Abusó di me. - Sussurró. I fratelli Cullen erano lividi di rabbia.
- Non ero di certo la prima né l'ultima. - Termin
ó lei, poi si scusó con i presenti e uscí dalla stanza.
Emmett la seguí subito, camminando con passi pesanti e le mani strette a pugno, sotto lo sguardo attonito degli altri.
- Mi dispiace. - Disse Edward, guardando le sorelle. - Se c'é qualcosa che possiamo fare, sapete che siamo qui. Siamo una famiglia ora. - Concluse, serio. Jasper lo appoggi
ó.
Dopo qualche minuto di silenzio, Bella volle rompere il ghiaccio.
- Sapete che cosa hanno organizzato Carlisle e la zia per il matrimonio? Ci hanno detto che ci sarà tutta la vostra famiglia. - Chiese, accomodandosi sulla sedia e allungando appena le gambe per sgranchirle.
- Oh, beh in effetti ce ne ha parlato un paio di giorni fa. E se posso permettermi... - Jasper si avvicin
ó alle ragazze. - Sono ben contento che li vedremo solo al matrimonio. Le mie zie e le cugine possono essere abbastanza invadenti. - Concluse, facendo scoppiare a ridere Edward.
- Non tirare fuori quel discorso, non finiremmo più di raccontare di loro. - Disse, continuando a ridere di gusto.
- Beh, non abbiamo altro da fare noi oggi. - Disse Alice, ridendo insieme a loro. Bella scosse la testa divertita, unendosi ai tre.
- Oh, zia Genevieve é logorroica. Ma davvero, davvero tanto. E sua figlia Gertude é forse peggio di lei. Una volta ha voluto raccontarci di come era riuscita ad attraversare il giardino nonostante ci fosse un topo che gironzolava vicino a lei... Per
ó ci ha messo circa tre ore per farlo! E siccome nostro padre ci dice sempre di non mancare di rispetto ai parenti... - Edward rideva sempre più forte, i suoi occhi stavano lacrimando dallo sforzo, e Jasper aveva iniziato a raccontare sempre più aneddoti sulla sua famiglia, cercando di fare divertire le due ragazze per distrarle dal racconto di prima.



                                                      ******************************



Emmett afferr
ó Rosalie per il polso, costringendola a fermarsi. La ragazza stava piangendo in silenzio, e quando lui la giró chiuse gli occhi per non doverlo guardare.
- Perché non me lo hai detto? - Chiese lui, furioso. Lei non rispose, dalla sua bocca uscirono sono dei singhiozzi strozzati.
- Rispondi! - Disse lui, avvicinando il viso al suo. Lei abbass
ó dunque la testa, per evitare il contatto diretto. Lui allentó la presa senza lasciarla, e fece un profondo respiro.
- Avresti dovuto dirmelo, Rosalie. - Disse poi, sospirando. - Mi sono sentito talmente in colpa, pensavo di aver fatto un terribile sbaglio quel giorno. Mi hai ingannato. - Rosalie sbott
ó sentendo le sue ultime parole, e di colpo diede un ceffone a Emmett, cosí forte far girare appena la testa del ragazzo, che subito si toccó la guancia colpita in raccolto silenzio.
- Non ti permettere! - Grid
ó lei, nonostante la richiesta del ragazzo di mantenere la calma. - Ho sopportato tutto da quando sono qui, ho sopportato tutto per anni per amore delle mie sorelle, ma ora basta! Non mi faccio più mettere i piedi in testa da nessuno, soprattutto da te! - Concluse, piangendo sempre più e lasciando Emmett solo in mezzo al corridoio, con la mano sulla guancia intento a massaggiarsi.
Rosalie si scontr
ó con Julian, che balbettando le chiese cosa fosse successo. Lei non gli rispose, e camminó spedita in camera, per poi infilarsi sotto alle coperte.


25 Novembre 1893, Londra. Ore 18:58.


Laurent, Carlisle e Esme erano appena tornati da Londra, fortunatamente la pioggia si era fermata poco prima del loro arrivo. Bella ed Alice erano pronte per la cena e per accoglierli con grande gioia insieme a Edward e Jasper.
- Che bel benvenuto che mi tocca stasera! - Disse Laurent, togliendosi il cilindro e andando ad abbracciare le ragazze, stringendo poi la mano ai ragazzi.
- Dov'é la mia terza figlioccia? - Chiese poi, sfilandosi la giacca e porgendola educatamente a Trevor, che con aria indispettita raccolse i vestiti e si dilegu
ó in fretta.
- Non si sente bene, sta riposando. - Dissero le sorelle, dopo essersi scambiate un'occhiata. Sapevano cosa fosse successo tra Rosalie ed Emmett qualche ora prima, e il sospetto che tra di loro ci fosse qualcosa in più si era annidato nelle loro menti, ma non era sicuramente il momento adatto per parlarne.
- E invece Emmett? - Chiese Carlisle, corrucciando appena le sopracciglia. Apparve un istante dopo, adombrato. - Chiedo scusa per il ritardo, stavo lavorando e non ho visto il tempo passare. - Disse quindi, unendosi ai fratelli.
- Beh, direi che possiamo accomodarci a tavola allora. - Disse il capofamiglia, con un caloroso sorriso. Si incamminarono verso la sala da pranzo, parlando tra di loro a bassa voce.
All'improvviso, un urlo agghiacciante li fece sobbalzare e correre verso le scale. Esme e le ragazze iniziarono a gridare, mentre Carlisle si precipit
ó a soccorrere Rosalie insieme al figlio maggiore.
L'ultima cosa che la ragazza vide prima di perdere i sensi, furono gli occhi di Emmett pieni di paura. Poi, il buio.
   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Caaatkhad