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Autore: Picci_picci    04/11/2020    4 recensioni
Sono passati mesi da quando Ladybug e Chat Noir non si vedono più. Solo una muta promessa li unisce: non scordarsi mai l’uno dell’altra. Vanno avanti nel loro presente, ma continuano a vivere nel passato e nel loro ricordo. Marinette, ormai, è a tutti gli effetti la stagista personale di Gabriel Agreste, praticamente il Diavolo veste Agreste nella realtà, e Adrien sta tornando da Londra per imparare a gestire l’azienda di famiglia.
Cosa mai può andare storto?
Tutto, se ci troviamo alla maison Agreste.
Mettetevi comodi e preparatevi a leggere una storia basata sulle tre cose indispensabili di Parigi: Amore, Tacchi alti e...là Tour Eiffel.
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"Perché l'amore è il peggiore dei mostri: ferisce, abbandona, ti rende pazzo, triste ed euforico allo stesso tempo. Ma è anche l'unica cosa bella che abbiamo in questa vita."
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L’amour'
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Fece un sospiro. 

Dopo essersi ripresa dallo scompenso cardiaco causato da Adrien, Marinette era salita a bordo di una delle vetture argento della famiglia Agreste, diretta al Grand Hotel de Paris. Ora si trovava davanti alla porta di entrata e si ripeteva nella mente uno dei mantra di Gabriel: ‘comportati come se il mondo fosse ai tuoi piedi, come se tu fossi su uno scalino più in alto rispetto a tutta l’umanità.’ 

Indossò gli occhiali da sole, la giacca era solo appoggiata sulle sue spalle e, dall’incavo del gomito, pendeva la sua borsa nera firmata Gabriel Agreste dell’ultima collezione, a cui lei stessa aveva partecipato: era l’immagine della classica donna parigina, sofisticata e di potere.

L’immagine di una persona è tutto, può dire molte di cose.

Se per questo può mandare anche fuori pista, l’immagine di Adrien e quella di Chat Noir sono completamenti differenti. O forse, lo erano; quel bacio era stato proprio un gesto da Chat Noir. 

Stava di nuovo arrossendo. E non poteva permetterselo ora.

Entrò nella hall con passo di carica, quasi non degnò d'uno sguardo il receptionist.

Se sua madre l’avesse vista ora, l’avrebbe presa a botte con una baguette.

“Madame, dove va?”, chiese cordiale il dipendente dietro il bancone.

Lei si girò e abbassò di poco gli occhiali da sole, “prego?”.

Lui si irrigidì, nervoso; il tono alla Gabriel Agreste funzionava sempre.

“Madame, mi scusi, ha un appuntamento-”, ma venne interrotto.

“Sa chi sono io?”

Il dipendente la guardò accigliato.

“Sono la stagista personale di Gabriel Agreste, mi ha mandato lui”, ecco il suo biglietto da visita, la sua carta vincente.

“Monsieur Agreste?”

“Ne conosce altri?”

L’uomo, alto e allampanato con i capelli tirati indietro da un chilo di gel, deglutì, “e per quale motivo, se posso sapere?”

“Devo incontrare una persona, alloggia in questo hotel sotto anonimato. So già dove devo andare e chi devo incontrare, quindi, se mi lascia libera, io andrei.”

Prima che il dipendente dicesse qualcosa, lei lo fermò alzando una mano, “sono tenuta a mantenere il segreto; Gabriel ci tiene molto.”

“Ehm”, Marinette vide esattamente quanto l’uomo era difficoltà, ma d'altronde non si può dire di no a Gabriel Agreste.  E infatti, “va bene, madame, prego.”

Marinette sorrise brevemente ed entrò in ascensore.

Bene, il primo passo era andato.

Sapeva già dove alloggiava Chloè e non ci mise molto tempo ad individuare la sua suite. 

Evitando da essere vista da dei camerieri o dal personale dell’hotel, bussò velocemente.

“Jean pierre, è aperto!”

Sì, sono proprio Jean pierre, pensò Marinette.

Abbassò la maniglia e entrò, “sai dovresti controllare di persona chi bussa alla tua porta.”

Chloè, seduta sul suo divano bianco e con una vestaglia di seta rosa lunga fino ai piedi, si girò di scatto, “Marinette Dupain-Cheng.”

“Sì, è il mio nome”, disse lei avvicinandosi e posando la sua borsa sulla poltrona là accanto.

“Come sei entrata qui?”, chiese gettandosi i biondi capelli lunghi alle spalle, con un gesto stizzito, “fa niente, chiamo la sicurezza.”

“Non ti conviene scomodarli, sarò breve.”

“Bene. Parla”, le rispose l’altra sedendosi e accavallando elegantemente le gambe.

Marinette si ritrovò a pensare che Chloe potesse anche essere una stronza, ma avrebbe ucciso per avere almeno metà della sua grazia. Grazia nel portamento, non di certo per altro.

La mora rimase in piedi guardandola negli occhi, “Gabriel avrebbe dovuto tenere la sua sfilata al Trocadero, ma a quanto pare la richiesta del suolo pubblico è stata rifiutata senza un apparente motivo.”

“E allora perché sei qui? Ti sembro un impiegato del comune?”

“No, ma mi sembri la figlia del sindaco.”

Lei sorrise come il gatto cheshire, “e quindi? Dovrei farti un favore?”

“No, non dovresti impicciarti della mia vita.”

“Cosa ti dice che è stata colpa mia’”

“Ti prego, Chloè, non prendermi per stupida. Non ci siamo mai sopportate, ma abbiamo sempre riconosciuto le qualità dell’altra, anche quando pensavamo di non farlo.”

La bionda sorrise e prese un sorso di quello che Marinette decretò un Martini, “se sai già tutto questo, perché sei qui?”

“Perché non deve rimetterci Gabriel per il nostro astio!”

“Vorrei davvero capire cosa lui vede in te. “

“Forse il talento che tu non hai.”

Si era spinta oltre, lo sapeva, ma era stato più forte di lei. Di solito era Chat Noir quello che gestiva l’opinione pubblica, lui ci sapeva fare con certe cose, lei si arrabiava subito.

“Vai fuori di qui! Esci!”

“Chloè..”

“Fuori!”

Marinette la guardò negli occhi e si ricordò che, anche se molto in fondo, Chloè aveva un lato buono.

“Me ne vado”, decretò prendendo la sua borsa, “ma so che sei migliore di così.”

Lei incrociò le braccia al petto, “non ti conviene sfidarmi.”

“Volevo dire tutto il contrario”, possibile che quella ragazza prendesse tutto per un affronto?!

“Ricordati chi ha convinto Adrien a partire per Londra.”

Marinette spalancò gli occhi, “non ci provare..”

“Ci proverò eccome. L’ho convinto a partire perché me lo hai chiesto tu. Mi hai pregato di farlo. Ad essere sincera mi sfugge ancora il perché…”

“Avevo bisogno di riflettere. Con lui qui, non sarei riuscita a farlo.”

“Qualsiasi cosa sia, hai la mia risposta”, e la liquidò.

Marinette uscì infuriata da quella suite; non aveva risolto nulla, anzi aveva fatto di peggio. 

***

“Come è andata?”, chiese Adrien appena varcò la soglia della maison.

“Con te non dovrei nemmeno parlarci.”

“E perché?”

“Perché sono arrabbiata con te”, rispose lei entrando dentro l’abitacolo dell’ascensore.

“E per cosa, di grazia?”

Lei lo guardò con gli occhi spalancati, “Sul serio? Per il bacio!”

“Quel bacio innocente?”

“Me lo hai dato davanti a tutto l'ufficio!”

Lui alzò le spalle sorridendo, “anche tu baci Paul.”

“Sì, ma non in quel modo!”

“E quale modo sarebbe?”, chiese avvicinandosi pericolosamente al suo volto.

Lei arrossì e deglutì a vuoto; Cavolo, non ce l’avrebbe mai fatta!

“Lo sai.”

“Forse l’ho dimenticato.”

Forza Marinette, sei un’eroina, sei coraggiosa, “come se mi volessi, come se fossi tua, come se tu non desiderassi altro”, disse sottovoce.

Lui la guardò negli occhi mortalmente serio, “Perché è così, hai dannatamente ragione.”

Le porte dell’ascensore si spalancarono e le due sarte là davanti guardarono la scena incuriosite.

Marinette si imbarazzò ancora di più e camminnò velocemente verso il suo ufficio, lontano da occhi indiscreti.

Adrien dietro di lei, la tallonava.

“Rovinerai la mia reputazione”, disse continuando a camminare spedita.

“Non siamo nel settecento.”

“hai ragione, ma non voglio nemmeno passare per quella che se la spassa con il figlio solo per arrivare al capo.”

“Fidati, se ce la spassassimo, ora non saremmo così.”

“Bene.”

“Bene.”

Entrarono e andarono dritti nell’ufficio di Gabriel.

“Non ha voluto sentirne.”

“Ci hai parlato civilmente?”

“Certo.”

Gabriel la guardò con un sopracciglio alzato.

“Non si può parlare civilmente con quelle persone.”

Lui chiuse di scatto il giornale che stava leggendo, “dobbiamo trovare un’altra location, e dobbiamo farlo in fretta. Sempre che ce ne sia una disponibile.”

“La troveremo.”

“Dobbiamo.”

Rimasero tutti e tre in silenzio, ognuno assorto nei loro pensieri.

“Adrien guarda gli ultimi bilanci e fai una stima del budget rimasto. Marinette, tu chiama l’agenzia pubblicitaria e digli di tenersi pronti, passa al setaccio tutte le location rimaste e cerca di farti venire una delle tue brillanti idee.”

“Va bene, monsieur”, disse, uscendo.

Questa non ci voleva.

***

Erano le otto di sera e lei era ancora rinchiusa in ufficio. Possibile che non ci potesse essere un’alternativa? L’unica cosa buona era che la stampa non era ancora venuta a conoscenza della cosa. Sospirò, inviando un messaggio a sua madre dove le comunicava che avrebbe fatto tardi a lavoro e che avrebbe mangiato un panino fuori.

“Penso che per oggi, tu abbia fatto il possibile.”

“Non abbastanza.”

Adrien rimase fermo immobile davanti alla sua scrivania.

“Se n’è andato anche mio padre, l’orario di lavoro è finito e tu devi riposarti.”

Lei scosse la testa, in parte era colpa sua se quel casino era successo, “Non voglio deluderlo.”

“Non lo farai.”

“Già, perchè l’ho già fatto.”

Lui scosse la testa, “non ho ancora capito il vostro legame.”

Lei sorrise, spegnendo il computer “hai ragione, forse è meglio tornare a casa.”

Aveva cambiato discorso, non voleva parlarne.

“Ti do un passaggio.”

“Ti ringrazio, sono apposto così.”

“Marinette..”

“Sono apposto così, monsieur Adrien.”

Lì, lui non ci vide più.

La prese per un braccio e la schiacciò contro la porta, “Marinette”, disse con voce bassa e arrabbiata, “puoi farmi di tutto, puoi dirmi di tutto, ma non ti azzardare a far finta di non conoscermi, non trattarmi così.”

Marinette deglutì e sentì il respiro caldo di Adrien su di lei.

Cavolo, doveva rimanere lucida.

Lo toccò per una spalla e lo allontanò.

“Non chiamarmi mai più Monsieur Adrien.”

Lei lo guardò negli occhi e cedette, “va bene.”

Lui annuì, “ora ti porto fuori a mangiare e non voglio sentire discussioni a riguardo.”

Marinette lo guardò male, ma si morse la lingua.

Uscirono per strada e salirono sulla macchina nera di Adrien.

“Cosa vuoi?”

Lei rimase muta.

“Bene, allora scelgo io per tutti e due.”

Dopo qualche minuto, parcheggiò la macchina lungo la Senna e continuarono a piedi. Marinette si guardò intorno e, nonostante il dolore insopportabile ai piedi, sorrise; Parigi di notte era ancora più bella.

“Hai sempre avuto quello sguardo, sai?”

Lei lo guardò incuriosita.

“Quando guardi Parigi hai sempre quello sguardo di completa adorazione, ami veramente questa città. È la prima cosa che mi ha fatto innamorare di te.”

Lei rimase bloccata a quelle parole.

Non poteva, però, sganciarle una bomba del genere. 

Non ora, non così.

“Come traumatizzare una ragazza in meno di tre secondi.”

Due sguardi si posarono sulla giacca di Adrien, dove un esserino nero spuntava dal taschino.

“Che c’è? Si mangia?”

“Io sì, tu no.”

“Ma come?!”

“Non te lo meriti.”

“Nemmeno tu, se per questo.”

Marinette rise, “Tu e lui siete sempre così?”

“Se non peggio”, rispose Adrien.

“Quindi cosa mangiamo?”, chiese lei.

“Ora mi parli?”

“La fame sta vincendo la mia rabbia.”

“Concordo. Voglio il camembert!!”

“Ma tu non sei arrabbiato.”

“Moccioso, io con te sono arrabbiato sette giorni su sette, ventiquattr’ore su ventiquattro-”

“Ho capito, ho capito”, disse lui alzando le mani in aria.

Quando sentirono le note di una canzone parigina, si avvicinarono e videro il carretto dei gelati di Andrè.

“Ecco la nostra cena.”

Marinette lo guardò e si beò della sua vista, “dovresti essere illegale Adrien Agreste.”

Poi, andò a salutare allegramente Andrè.

Lui rimase indietro a guardarla: la camminata sicura sui tacchi, i capelli neri che si muovevano ad ogni passo (vivi come lei), il suo sorriso dolce e contagioso, gli occhi che brillavano.

Era la cosa più dannatamente perfetta che avesse mai visto.



Angolo autrice
Bene, sono tornata! Notizia che non so se vi farà felici, ma il prossimo capitolo è già in fase di scrittura quindi penso di poterlo pubblicare antro domenica, ergo: due aggiornamenti in una settimana! Detto ciò, ringrazio ancora di cuore ogni persona che legge e commenta questa storia.
Un bacio,
Cassie
   
 
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