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Autore: chemist    05/11/2020    2 recensioni
Tyrion Lannister è membro di una delle più potenti famiglie di Westeros, ma deve guardarsi le spalle persino da suo padre e da sua sorella.
Sansa Stark è una figlia del Nord finita nella fossa dei leoni proprio mentre la sua casata viene abbattuta.
La figlia disgraziata e la scimmia demoniaca, uniti per caso contro un mondo che li disprezza e li vuole morti.
Ma con un’anima complementare al proprio fianco.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sansa Stark, Tyrion Lannister
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 16: Il gioco del trono
 
Uno degli aspetti peggiori della detenzione (e la scelta era vasta tra l’oscurità, la claustrofobia, l’umidità e quei lunghi silenzi che avrebbero fatto impazzire chiunque) era l’interminabilità delle giornate.
Tyrion aveva perso la cognizione del tempo in quella maledetta cella: per quel che ne sapeva, potevano essere trascorsi pochi minuti, delle ore o persino degli anni. Il cervello iniziava a giocargli brutti scherzi e ad ogni istante si spegneva un po' di più.

In realtà erano passati un paio di giorni dalla morte di Joffrey e il mondo, lì fuori, era ancora in subbuglio. La sua vita, di contro, si era ridotta a dei pasti sporadici, tanto sonno e qualche timida chiacchierata con Sansa, che si trovava ovviamente nelle medesime condizioni.
Parlavano per lo più del passato, quello a Castel Granito e quello a Grande Inverno: era l’unico modo per conoscersi un po' meglio e per non ripensare al loro matrimonio, che apparentemente aveva mandato in rovina entrambi.
Niente e nessuno avrebbe potuto scacciare dai loro cuori la sensazione d’esser stati privati d’un pezzo delle loro esistenze, sprecandolo inesorabilmente, ma forse a qualcosa era servito: Tyrion scoprì un lato indomito, da vera lupa, di sua moglie, capace d’affrontare con dignità pure il precipizio metaforico in cui erano stati spinti, e Sansa comprese più a fondo il senso d’estraniamento di suo marito dalla sua famiglia.
Forse era un paradosso, ma a entrambi sembrava di aver conosciuto più dettagli l’uno dell’altra nel ribrezzo di quelle due celle piuttosto che nell’ingannevole sfarzo della loro recente vita coniugale alla Fortezza Rossa.

Un pomeriggio, dopo aver consumato un pranzo striminzito, i due prigionieri malgrado le scomodità cedettero al bisogno impellente di riposare occhi, cervello e corpo, e ne approfittarono per dormire un po'. La quiete, tuttavia, ebbe breve durata: l’insistente scricchiolio dei cancelli della prigione e il tonfo sordo di passi affrettati li svegliarono.
“Bene. Liberatela”, disse una voce che era poco più di un sussurro.
Tyrion, ancora in dormiveglia, si ridestò completamente quando udì Sansa domandare “chi…chi siete?”, con fare spaventato.
A quel punto infilò il suo malridotto naso fra le sbarre per vedere chi fosse. C’erano due uomini davanti alla cella di Sansa, decisamente due brutti ceffi; dietro di loro, con la schiena poggiata al muro, un terzo osservava che andasse tutto liscio; e fuori i cancelli, in lontananza, poteva scorgere la sagoma di un quarto che ondeggiava la testa in modo guardingo, come se stesse facendo il palo.
Un rumore metallico lo avvertì poi che la cella di sua moglie fosse stata aperta.
Un salvatore…possibile che ce ne siano ancora in questa città?, pensò.
Ma la sorpresa che li attendeva era tutt’altro che piacevole: Sansa trattenne il fiato sconvolta, uno dei due uomini che avevano aperto la cella le fece segno col dito di star zitta e quello che dava gli ordini fece un passo verso destra, in maniera tale che la debole luce delle fiaccole ne rivelasse il volto.
“Tu!” esclamò Tyrion, al quale di colpo si afflosciarono le gambe.

Ditocorto lo stava fissando con occhi vispi e con quell’enigmatico sorriso che lasciava sempre presagire il peggio. I suoi sottoposti, intanto, avevano bloccato le braccia di Sansa per evitare che facesse avventatezze.
“Che significa tutto ciò?” chiese Tyrion mentre anche le ultime speranze lo abbandonavano: la sua mente aveva già compreso quel che stava succedendo.
“Sei contenta, Sansa? Stai per lasciare il luogo di tutte le tue disgrazie” affermò Baelish, rivolgendosi alla ragazza ma senza mai distogliere lo sguardo dal Lannister.
“E dove intendi portarla?!” ringhiò quest’ultimo.
“Non ti riguarda, mio lord, dal momento che non farai parte dell’equipaggio” lo ammonì l’altro, confermando i suoi timori.
“Lurido bastardo…” inveì Tyrion, ormai dimentico delle convenzioni e del rispetto che anni prima li legava, mentre Sansa implorava “ti prego, libera anche lui! Liberalo e fallo venire con noi!”.
“Portatela via, e fatelo discretamente. Io vi raggiungerò fra poco” ordinò Ditocorto ai suoi uomini, che dopo un cenno d’assenso si avviarono verso l’uscita insieme alla Stark. “Io voglio scambiare ancora qualche parola con il leone in gabbia”.

Rimasero soli. Tyrion ribolliva di rabbia e disprezzo.
“Come hai fatto ad avere le chiavi della sua cella?”.
“Credi forse che i custodi della prigione non siano avvezzi ai bordelli?” si vantò Baelish, godendosi i frutti che la sua complessa rete d’informazioni e attività aveva portato. “Se ti interessa potrei anche raccontarti le loro perversioni; anche se, in tutta onestà, non c’è molto da dire…si accontentano di donne banali, quasi grossolane…non sanno cosa voglia dire avere per le mani una vera lady…”.
“Se ti azzardi a torcere anche un solo capello a Sansa ti giuro che…”.
“Suvvia, sai meglio di me che lei è più utile da viva che da morta” lo interruppe l’ex maestro del conio, togliendogli il tempo di terminare la minaccia. “Inoltre, fossi in te non mi prodigherei nell’elargire agli altri condanne che presto potrebbero toccare a te”.
“Finché respiro, valgo più di te” cercò di intimidirlo Tyrion, in barba al suo essere un nano ripudiato dietro le sbarre dai suoi stessi parenti.
“Respirerai ancora per poco. Ci sarà un processo e credo tu sappia quanto la tua presenza sia sgradita ultimamente”.
Poi Ditocorto gli andò più vicino, chinandosi sulle ginocchia per porre le loro facce alla stessa altezza: “e questa sarà la fine di Tyrion figlio di Tywin, la scimmia demoniaca. Un epilogo miserabile per un essere miserabile…ma soprattutto un epilogo a lungo tessuto e finalmente pronto a realizzarsi”.
L’espressione confusa del prigioniero tradiva la sua estraneità alla questione, dunque, sentendosi quanto mai al sicuro dall’altra parte della barricata, aggiunse: “sai, le tue supposizioni erano corrette. C’è il mio zampino in molte delle disavventure che ti sono capitate nelle ultime settimane: l’aggressione di quei tre uomini nei confronti di Sansa, il primo tentativo di fuga con quel ridicolo giullare, persino il fatto che tu sia chiuso qui dentro…tutto, o quasi, era premeditato”.
“Non ho mai conosciuto un essere più viscido di te, pezzente!”.
“Gli insulti non ti serviranno a nulla” lo derise ancora una volta Baelish, rimettendosi in piedi e stirandosi i vestiti con una mano. “Devo ammetterlo: sei stato un temibile avversario per il potere, uno dei più difficili da mandare fuori pista…la tua intelligenza ha soltanto un difetto: capisci le cose sempre troppo tardi. Addio, Folletto!”.
E così dicendo s’incamminò compiaciuto verso la nave ferma al porto, lasciandosi alle spalle tutte le inutili imprecazioni di Tyrion.

 

 
Le gambe di Sansa, indolenzite dalla sostanziale immobilità che la prigionia le aveva imposto, non erano più abituate a correre e le ci volle una fatica notevole per protrarsi fino al molo, per lo più con due robusti uomini che la trascinavano. Sebbene non stessero scappando da nessuno, infatti, dovevano muoversi rapidi e silenziosi per non attirare l’attenzione delle innumerevoli guardie pronte a riferire ogni più piccolo spostamento alla regina.
Ormeggiata sul posto c’era una nave sufficientemente grande da garantire un viaggio agevole, ma non abbastanza da apparire sospetta. Gli uomini sulla terraferma ed altri due sull’imbarcazione la aiutarono a salire.
In breve alla combriccola si ricongiunse anche Ditocorto che, una volta sopra, diede l’ordine di partire immediatamente.
“Ma lord Baelish, dov’è Tyrion? Perché lo hai lasciato lì?” obiettò Sansa, allarmata dall’uragano degli eventi che la stava travolgendo dopo giorni e giorni di ineluttabile quotidianità vissuti fra la sua stanza ed i giardini di Approdo del Re.
“Chiamami Petyr, mia cara” rispose l’altro. “Vedo che ancora non hai imparato la lezione: non siamo in una canzone cavalleresca, Sansa. Non c’è spazio in questo mondo per pietà e compassione”.
“E questo che c’entra con…”.
“Tyrion Lannister è un disonesto, colpevole del massacro degli Stark tanto quanto il resto dei suoi familiari” la anticipò lui. “Non sciupare il tuo bel viso con lacrime per individui che non le meritano. Sapevi che ha avuto un’altra moglie prima di te?”.
“S-si, me lo ha raccontato”. La storia di Tysha era ancora vivida nei suoi ricordi.
“Bene, spero che abbia avuto l’onestà di raccontarti anche com’è finita. Ma siccome ben poco di quel che esce dalla bocca del Folletto è degno di fiducia, ti dirò io com’è andata: quando si fu stancato di lei, la regalò ai soldati di suo padre come se fosse un giocattolo, e solo gli Dei sanno cosa le hanno combinato quelle rudi canaglie”.
La versione era molto diversa da quella che aveva sentito da Tyrion, che sosteneva d’aver amato sul serio Tysha e d’esser stato costretto dal padre a guardare mentre gli altri la violentavano. A quel punto, però, non sapeva più a chi credere.
“Dalla tua faccia interdetta deduco che non conoscevi la verità. Niente che non mi aspettassi: sono certo che prima o poi avrebbe fatto lo stesso anche con te”.
No, questo non lo avrebbe mai fatto, pensò Sansa senza il minimo dubbio.
Ma cosa poteva fare? Gettarsi in mare, così lontano dalla costa, equivaleva a morte certa, esattamente come provare a ostacolare Ditocorto e la sua banda. Non aveva altra scelta che assecondarlo.
“Io non…non riesco a capire…”.
“È normale che tu sia scossa, Sansa, ma lascia che ti rassicuri almeno su una cosa: adesso sei al sicuro, non hai nulla da temere con me. Conosci il legame che avevo con tua madre; Catelyn andò in sposa al lord che suo padre aveva eletto, mandando in frantumi i miei sogni di una lunga e felice vita assieme a lei…eppure, prima di intraprendere la strada che l’avrebbe portata alla morte mi affidò qualcosa di ancor più prezioso: sua figlia, quella delle due che più le somigliava. Mi ha affidato te, Sansa. Ed io, fin dal principio, non ho fatto altro che escogitare un piano per trarti in salvo: non immagini nemmeno fin dove mi sono spinto per donarti un futuro migliore. Per esempio…” si stoppò Petyr, sporgendosi verso l’orecchio della rossa come per riservare soltanto a loro ciò che stava per dire, “…chi credi che abbia ucciso Joffrey?”.
Un brivido fulmineo cavalcò lungo la nuca di Sansa. Era stato lui, dunque.
“Ma non è solo farina del mio sacco, no. Da solo non avrei probabilmente potuto fare nulla. Per fortuna, quando sono tornato nella capitale ho trovato un’alleata scaltra e potente. Noti qualcosa di strano nella tua collana?” la interrogò provocatoriamente, maneggiando il monile che portava appeso al collo.
In effetti si accorse solo allora che nella collana mancava una pietra. Tentò di ricordare se ci fosse qualcuno che avesse mostrato una qualche morbosità per quel gioiello, e alla fine un nome le apparve in mente come un’epifania.
Per tutti gli Dei…lady Olenna…
Il ghigno di Baelish si allargò nel constatare la sua realizzazione. “So cosa stai pensando: perché l’ho fatto? Fai bene a chiedertelo. Joffrey mi ha concesso ricchezza, fama, terre…mi ha dato Harrenhal, un castello ambito da tantissimi lord…ebbene la risposta è altrettanto semplice: l’ho fatto perché la sua dipartita era necessaria al gioco”.
“Il gioco? Di che gioco parli?”.
“L’unico gioco che esiste: il gioco del trono” sentenziò infine Ditocorto, riempiendosi i polmoni della fresca e salubre aria marina. “Sono finiti i tempi in cui eravamo due deboli pedine nelle mani dei più forti: da questo momento, siamo noi che facciamo le regole”.
Dietro di loro, Approdo del Re era ormai un innocuo e sparuto ammasso di luci che stava pian piano scomparendo nell’abisso dell’orizzonte.
“E…e Tyrion? Che ne sarà di lui?” era l’enorme cruccio che tormentava la povera Sansa.
“Vedo che malgrado tutto continui a premurarti di lui. Non c’è che dire: i burattinai Lannister ti hanno trasformata proprio nella moglie modello, sempre leale al proprio maritino” commentò Petyr scocciato prima di ricomporre, qualche secondo dopo, la sua espressione sardonica. “A tal proposito, concedimi di esprimere un parere sincero: la vedovanza ti si addice, mia cara. Tyrion sarà processato domani, e non ha una singola speranza di uscirne vivo”.

Eccomi di ritorno dopo una pausa forzata che a me (e credo anche a voi) è parsa interminabile, ma a cui non ho potuto far altro che soccombere vista la mole di ostacoli che mi si sono parati davanti tra impegni universitari ed extrauniversitari, problemi con Internet che mi hanno messo fuori uso il computer ed un lutto familiare che mi ha scosso profondamente.
Non mi pare però il caso di mettermi a parlare della mia vita in questi spazi, dunque torniamo alla storia: Ditocorto ha fatto nuovamente irruzione fra Tyrion e Sansa, separandoli in maniera brusca e spietata.
Solitamente definisco i capitoli più brevi come transitori, ma non è questo il caso: questo capitolo, pur essendo più piccolo, è un punto di svolta bello grosso che mi porta in dote molti timori sul come proseguire il mio racconto.
Proprio per tale ragione, apprezzerei molto se chi sta continuando a leggermi mi desse, nello spazio recensioni, un’opinione sincera sulla direzione intrapresa dalla fanfiction.
D’altra parte, non si finisce mai d’imparare!
Chiudo ringraziandovi per la pazienza che avete avuto nell’arrivare ancora una volta fin qui e augurandovi un prosieguo speranzoso in questo periodo tanto delicato per l’Italia e per il mondo.
Alla prossima!
   
 
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