Serie TV > Supernatural
Segui la storia  |       
Autore: Luinloth    07/11/2020    7 recensioni
Gli angeli sono scesi sulla terra e hanno soverchiato l’umanità, regredendola ad uno stato quasi medievale. Gli umani lavorano come schiavi alla costruzione di una torre, di diverse torri sparse intorno al globo, ma nessuno sa cosa succederà una volta che il loro lavoro sarà concluso. John Winchester è a capo di una delle cellule della Resistenza e Dean nei confronti degli angeli non ha mai provato altro che odio, per ciò che hanno fatto alla sua famiglia, per ciò che hanno fatto a Sam. Finché, un giorno, Castiel non viene assegnato al suo cantiere e tutte le certezze che aveva iniziano a sgretolarsi. Ma come gli ripete spesso suo padre, un umano non dovrebbe mai fidarsi di un angelo.
80% AU, 20% what if (vi assicuro che non è così complicato come sembra)
Dal testo:
«Perché?» […]
«Perché ho sempre creduto che non mi importasse» […] «Ma mi sbagliavo»
Genere: Angst, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Disclaimer: storia scritta senza scopo di lucro, nessuno dei personaggi mi appartiene






27. Cocci




10 giugno 2009

Il giorno successivo, Missouri fece la conta dei morti.

Un silenzio funebre discese all’interno del magazzino di Poughkeepsie e lì rimase, a stagnare sopra le teste dei sopravvissuti. A guisa di spettro, per una notte intera.

Poi di giorni ne passarono altri due, ma tante parole rimanevano troppo difficili da pronunciare, e molte risultavano ancora troppo dolorose.

Tutte le altre sarebbero state superflue, in ogni caso.

«Come vanno i punti?»

Anna si stava pian piano riprendendo. Charlie non aveva più la faccia gonfia e Jack camminava normalmente, senza bisogno d’aiuto.

«Tirano molto?»

Sam, invece, aveva insistito affinché l’angelo lasciasse che il suo sopracciglio spaccato si cicatrizzare naturalmente, adducendo improbabili scuse per cui non valeva davvero la pena sprecare i suoi ancora ridotti poteri per così poco.

«Solo se dormo sul lato sinistro» specificò il più piccolo, sollevandosi sui gomiti «Per il resto quasi non li sento»

Dean annuì, ma soltanto con la testa: l’alone rossastro che si allargava fino alla palpebra di Sam sembrava strillare tutto il contrario.

E che quell’improvvisa preoccupazione per i tempi di recupero di Anna fosse una scusa bell’e buona era chiaro come il sole, ma se suo fratello non si sentiva ancora pronto ad accordare a un angelo il permesso di guarirlo non sarebbe di certo stato lui a costringerlo.

Perciò, il maggiore non aggiunse altro. Si mise seduto, litigò per un po’ con la coperta che durante la notte gli si era aggrovigliata intorno alle caviglie, poi allungò le braccia verso l’alto e cominciò a stiracchiarsi con estenuante lentezza.

«Ah, la mia povera schiena!»

Charlie era stata fin troppo generosa nel definire il deposito di Poughkeepsie ‘non il luogo ideale per una villeggiatura’.

Il letto che Dean aveva potuto — relativamente — godersi finché la febbre non gli aveva dato tregua adesso era occupato da una coppia di gemellini di sei anni e dalla loro sorellina più piccola.

«Come se questa fosse la prima volta che dormi per terra…»

Ma mai una volta che Sam perdesse l’occasione di puntualizzare, eh.

«Si, beh, a dieci anni mi sarei addormentato pure sopra un tappeto di chiodi…» mugugnò Dean, inclinando la testa a destra e a sinistra fino a farsi scrocchiare il collo.

L’edificio era indubbiamente ben rifornito — beni di prima necessità, attrezzature per la radiotrasmissione, armi e almeno una dozzina di generatori ancora funzionanti — ma si trattava, per l’appunto, di un deposito.

Un riparo di fortuna, un luogo di momentanea sosta, al massimo.

I posti letto erano decisamente insufficienti — per tacere dei servizi igienici — e così lui, Sam e Jack non avevano potuto far altro che rimediare un paio di scatoloni, qualche vecchia coperta e un comodo angolo di pavimento sul quale accoccolarsi.

«Jack dorme ancora?» domandò.

Sam si sporse leggermente verso il nephilim. Dal bozzolo di lana scura che gli respirava affianco sbucava solo una matassa di capelli biondi.

«Sembra di sì» mormorò.

Dean maledisse i suoi trent’anni — e le sue articolazioni andate in malora a venti — e si tirò in piedi con un gemito «Vado a vedere se Anna ha bisogno d’aiuto con la distribuzione dei pasti…» biascicò, stropicciandosi gli occhi «Tanto ormai sono sveglio…»

Gli avessero messo a disposizione cuscini di piume e lenzuola di seta su cui coricarsi, le sue notti sarebbero rimaste comunque insonni.

Un infinito spazio nero in cui lui seguitava a girarsi e rigirarsi su se stesso, a srotolare e riarrotolare la sua ultima conversazione con Charlie a ogni contorsione del suo corpo indolenzito sulla vernice scrostata che rivestiva il pavimento.

Certo, l’ipotesi dell’Occulto era ragionevolmente sensata.

Quando Aniel aveva deciso di voltare le spalle agli Arcangeli, abbandonando la Corte, si era ritrovata una sentenza di morte sopra la testa nel giro di qualche giorno; se Castiel era ancora vivo, e oltretutto libero di andarsene in giro insieme al resto dei suoi fratelli, doveva aver trovato un modo per placare l’ira di Michael, ed evitare — almeno — la stessa condanna.

Stando a quanto sosteneva Gabriel aveva ancora il suo appartamento blu all’ottantaseiesimo piano e la camicia bianca allacciata fino all’ultimo bottone, Dean avrebbe dovuto esserne sollevato, eppure continuava a non dormire.

Castiel gli era piombato addosso e gli aveva sfondato la cassa toracica con un calcio.

Castiel.

Lo stesso angelo che aveva infilato lui e Sam in un montacarichi e li aveva fatti letteralmente evadere dall’Empire State Building —mettendo a repentaglio la sua stessa vita — due giorni dopo che Dean lo aveva preso a schiaffi.

Castiel.

Che una sera gli aveva persino chiesto il permesso prima di…

«TU!»

Fu come ricevere un proiettile in pieno viso.

E lui la odiò — per un istante, un istante solo — quella voce rabbiosa, dritta contro la sua nuca.

«Tu!»

Dean le era passato davanti e non l’aveva riconosciuta.

Senza i pantaloni azzurri, la giacca sagomata e i capelli biondissimi che le ondeggiavano sulle spalle.

«Come hai potuto!»

Claire indossava un cappotto verde troppo lungo ed era magra, magra, magra, così tanto che quando si scagliò contro di lui e cominciò a tempestargli il petto di pugni, il ragazzo esitò a bloccarla.

«C-Claire…»

Aveva paura di spezzarle un polso.

«Dopo tutto quello che abbiamo fatto per te!» le nocche ossute della ragazzina gli si conficcavano nelle costole, ma i suoi colpi erano troppo deboli per fargli davvero male «Dopo tutto quello che lui…»

«Claire…»

Un altro schiaffo.

«Che lui ha fatto per te! Come hai potuto!»

«Per favore…» il maggiore la afferrò per le spalle «Claire, calmati…»

Lei per tutta risposta gli assestò una testata sul mento.

«E’ colpa tua!» ululò, approfittando del contraccolpo per liberarsi dalla sua stretta e rifilargli una seconda scarica di cazzotti — ancora più fiacca della prima — ma stavolta Dean non tentennò, e sue dita si serrarono decise intorno ai polsi della ragazzina, bloccandoglieli ai lati del busto.

«Te ne sei andato!»

Lei provò divincolarsi ma le sue braccia, sotto gli strati imbottiti del cappotto, assomigliavano piuttosto a due stecchini.

«T-te ne sei andato e io… ti ho cercato dappertutto…»

Dean mollò la presa sui suoi polsi.

«Shhhh…»

«…eri sparito…»

Claire piangeva senza singhiozzi.

«…e Castiel era sparito…»

La faccia premuta sul suo petto e le dita avvinghiate alla sua schiena. Troppo piccola nel suo cappotto troppo grande, si era aggrappata alla sua maglietta sbrindellata come una bambina alla gonna della madre.

«Va tutto bene, adesso sei qui… io sono qui…» lui le passò una mano tra i capelli arruffati «Va tutto bene…»

Aveva quindici anni. Praticamente era una bambina.

«Mi dispiace averti lasciato sola…» mormorò «Mi dispiace, non avrei mai voluto che le cose andassero così»

«Dovevi fare rapporto a Metatron quella mattina»

Smorzata dal tessuto, la voce di Claire era senza colore. Il suo fiato passava attraverso la stoffa e si addensava in bolle tiepide a contatto con la pelle di Dean.

«Quando non ti sei presentato sono venuta a cercarti in stanza ma non c’eri. Non eri in camera di Castiel, non eri in biblioteca, non eri da nessuna parte. Poi mentre tornavo su, dalle cucine, Dumah ha sfasciato le porte dell’ascensore e mi ha trascinato per le scale fino al novantesimo piano»

Il ragazzo deglutì.

«Ti hanno fatto del male?»

Claire scollò la faccia dalla sua maglietta ormai zuppa e sollevò il viso verso di lui.

Non disse di sì. Ma non disse neanche di no.

«Mi hanno rinchiuso in una di quelle loro orribili celle senza luce» rispose «Non avevo la minima idea di che cosa stesse succedendo, l’unica cosa che Dumah ci teneva a farmi sapere, quando si ricordava di portarmi da mangiare, era che fossero parecchi mesi che un Collaborazionista infedele non veniva buttato giù dal grattacielo»

Una lunga treccia scomposta le penzolava dietro le spalle, e anche quella sembrava troppo lunga. Ogni parte di lei, in realtà, restituiva la stessa identica impressione, di essere troppo, o troppo poco.

«Ti giuro che se avessi immaginato che ci saresti andata di mezzo anche tu…»

Dean fece per cingerle di nuovo le spalle, ma stavolta lei si ritrasse, posandogli entrambi i palmi sul petto.

«Saresti rimasto lì?»

Claire si tirò su le maniche del cappotto.

«Mi hanno tenuto rinchiusa per due settimane, poi una una mattina hanno aperto la porta della cella e mi hanno buttato fuori» esalò, sfregandosi gli occhi gonfi e staccandosi definitivamente da lui «Senza una spiegazione, senza niente: Metatron mi aveva rimpiazzato con quella deficiente di Alex e io sono finita a ricopiare i dannati registri e a sistemare tutto il lavoro che tu avevi lasciato appeso!» esclamò, facendolo sussultare, ma non era per due settimane senza luce, e nemmeno per tutti quei chili in meno che si era avventata contro di lui.

Che aveva incrociato le braccia al petto e che ora lo guardava con l’espressione truce di chi l’avrebbe volentieri preso a pugni di nuovo, e con maggiore convinzione, e a quel punto il ragazzo desiderò davvero, davvero che lo facesse, invece di continuare a fissarlo così, perché Gabriel poteva aver visto e creduto quel che voleva, e Charlie poteva aver interpretato le sue parole come voleva, ma la verità era che Dean, nel profondo, lo sapeva.

«Castiel è stato buttato fuori una settimana dopo di me»

Lo sapeva.

L’aveva sempre saputo.

Dal momento in cui i loro sguardi si erano incontrati, e al posto dei suoi occhi Dean aveva trovato due cocci di vetro.

«L’ho trovato nel suo appartamento che tirava via la cenere dalle pareti»

Claire aveva abbassato la voce.

«Non era rimasto nient’altro, persino i vetri della finestra erano stati spaccati» sussurrò. L’assonnato brusio del primo mattino che riempiva il locale — e che cominciava ad aumentare lentamente di volume — era ormai a un soffio dal sovrastarla.

«Era stato tutto bruciato»

Lui ci mise qualche secondo ad accorgersi che il gelo che sembrava avvilupparsi come un rovo intorno al suo braccio non era dovuto a nient’altro che all’umidità della parete contro la quale aveva dovuto appoggiarsi.

«Ti… ti ha detto qualcosa?»

«Non mi ha nemmeno riconosciuto»

«Ehi, ragazzina!»

Due decise ottave sopra il rumore di fondo — ma solo leggermente più acuto delle urla che avevano cominciato a inseguirsi dentro la sua testa — Dean percepì sollevarsi un altro timbro familiare.

«Per la miseria, ma dove ti eri cacciata? Ti sembra questo il modo di ringraziare?»

La sagoma affilata di Jo gli sfilò accanto senza degnarlo d’un cenno, puntando come una freccia in direzione della quindicenne corrucciata di fronte a lui.

«Dove pensavi di andartene?» la rimproverò, piazzandosi davanti a lei a braccia conserte «Charlie ha bisogno di parlarti»

«Abbiamo già parlato»

Claire drizzò le spalle e alzò il mento, ma come tentativo di spavalderia non suonava molto convincente, oltre a stonare in maniera quasi comica con i suoi occhi lucidi e le guance ancora arrossate.

«O forse non l’ho ringraziata a sufficienza?» mugugnò, in un moto d’impulsività che le costò tutta la baldanza che era riuscita a racimolare, e che fece fremere Jo da capo ai piedi.

L’unico motivo per il quale la più piccola riuscì a scampare alla sberla che l’altra era oramai pronta ad appiopparle fu la figura morbida che nel frattempo li aveva, lentamente, raggiunti.

«Charlie voleva soltanto assicurarsi che avessi trovato un posto per dormire»

Claire avvampò, e l’espressione di Ellen, per quanto visibilmente provata, si addolcì.

«Sono contenta di rivederti, Dean» lo salutò la donna, prima di avanzare zoppicando verso sua figlia.

«Jo, accompagnala tu da Charlie»

«Ma mamma…»

«E non voglio sentirvi accapigliarvi come due gatte appena girato l’angolo, siamo intesi?»

Jo storse la bocca, ma non obiettò oltre. Dal canto suo, Claire si era stretta nel suo cappotto con aria talmente mortificata che Dean dubitava avrebbe obiettato mai più a chicchessia, e non disse nulla nemmeno quando l’altra le allungò un colpetto dietro le spalle, esortandola a muoversi.

«Dopo… dopo vengo a vedere come ti sei sistemata, ok?» propose Dean, ma la ragazzina lo oltrepassò in silenzio, trascinando i piedi.

«Le passerà»

Ellen aveva aspettato che le due ragazze fossero sufficientemente lontane, prima di tornare a rivolgersi a lui.

«In ogni caso…» gli sorrise «Ti trovo bene»

«Immagino che sia merito vostro se Claire è qui»

Dean ricambiò il sorriso, ma non era mai stato bravo con i convenevoli.

«Gabriel ci aveva consigliato di tenerla sott'occhio…» Ellen allungò il collo e rimase qualche secondo a scrutare l’andirivieni degli uomini alle spalle del ragazzo, come a sincerarsi che sua figlia e Claire non si fossero attardate a battibeccare nelle immediate vicinanze «Né Naomi né Dumah l’hanno toccata, a quanto pare» rispose «Ma Lucifer aveva già dimostrato di potersi vendicare sugli umani altrui, una volta scoperto che un altro angelo aveva osato mettere la mani sui suoi»

«Sembra quasi che tu stia parlando per esperienza personale»

Lei gli lanciò uno sguardo che tagliava come una scheggia, ma non c’era alcun risentimento nel modo in cui, un attimo dopo, gli si accostò per prenderlo sottobraccio.

«Vieni, accompagnami per favore» glissò «Da New York a Poughkeepsie sono più di cento chilometri e io ormai ho una certa età…»

Charlie purtroppo non aveva ulteriori letti da offrire, ma aveva comunque messo a disposizione di Ellen la stanza che condivideva con la compagna, oltre che con Patience e Missouri — che poi altro non era che il locale in cui erano state stoccate le apparecchiature elettroniche — almeno per garantirle un po’ di relativa privacy e di tranquillità dopo le frenetiche vicissitudini degli ultimi giorni.

Il ragazzo l’aiutò di buon grado ad attraversare il magazzino, rallentando il passo ogni qual volta lei gli sembrasse particolarmente affaticata, o quando qualcuno decideva di aggiungere una manciata di parole in più al mesto cenno con il quale la maggior parte degli uomini la salutava.

Dean non aveva visto ancora nessuno — nemmeno Kevin — sorridere, o almeno tentare un espressione che non fosse di pura — e più o meno cupa — angoscia, da quando si era risvegliato febbricitante alla periferia della un tempo ridente cittadina di Poughkeepsie.

Ma d’altronde.

Gabriel era stato scoperto.

Loro erano stati costretti ad abbandonare il bunker in fretta e furia, ed erano comunque morti a decine. Erano tre giorni che dormivano sul pavimento e in quelle condizioni pietose, ammassati l’uno sull’altro, non avrebbero resistito ancora a lungo senza impazzire.

«Tuo fratello come sta?»

Ellen gli strinse dolcemente il braccio.

«Bene. Meglio» esalò lui di getto, prima di optare per una più sincera rettifica «Fino a tre giorni fa, almeno: adesso finge di dormire…»

‘Esattamente come faccio anch’io’, fu lì lì per aggiungere.

«Ed è troppo terrorizzato da cosa potrebbe essere successo a Gabriel persino per chiedere a Charlie che cosa c’entrasse lui, con tutto questo»

«E’ stata un’idea di Anna, in realtà»

Ellen sospirò.

«E a tutti sembrava una follia, all’inizio: mettersi in contatto con un Arcangelo, per di più dopo essere fuggita dalla Corte e con una sentenza di morte sopra la testa… Charlie non ha dormito per giorni» gli confidò, mentre passavano accanto a una pila di vecchie scarpe da risuolare.

«Ma Anna naturalmente conosceva gli Arcangeli molto meglio di qualsiasi Occulto e Gabriel, beh… Gabriel è sempre stato un grande sostenitore della teoria del ‘vivi e lascia vivere’ oserei dire, dopo cinque anni trascorsi con lui: se Anna aveva deciso di trascorrere un’eternità da reietta e rimanere a vagabondare sulla Terra per il resto dei suoi giorni, non sarebbe stato certo lui a riconsegnarla a Michael» precisò, fermandosi a riprendere fiato «E poi ho sempre pensato che un po’ la invidiasse»

Stavolta toccò a Dean bloccarsi sul posto, confuso.

«La… invidiasse?»

«Per aver avuto abbastanza coraggio da piantarli tutti in asso e andarsene, sì» ripetè lei, serissima «Vedi, a Gabriel tutta questa faccenda dell’umanità perfetta, e pacifica… non è mai interessata granché. Ha sempre assecondato il resto degli Arcangeli quel tanto che bastava affinché non gli stessero col fiato sul collo ma ad essere sincera… non credo che abbia mai pienamente condiviso i piani di Michael»

«E quando Anna gli ha chiesto di collaborare con la Resistenza lui ha semplicemente…» Dean era sempre più incredulo «…accettato

Per carità, Gabriel poteva anche essere un angelo eccentrico, svolazzare liberamente su e giù per l’Empire State Building pavoneggiandosi nel suo bel frac e magari anche sentirsi sufficientemente compassionevole da non fare a pezzi i Collaborazionisti sorpresi fuori dalle loro stanze in piena notte ma — diamine — era pur sempre di un Arcangelo che si stava parlando!

«Oh no, Dean, no. Affatto»

«Finirò per dover ripetere due volte lo stesso discorso, tra te e Sam…» ponderò Ellen, con un sospiro malinconico «Ma giacché ormai stiamo parlando…» gli concesse «…Anna non ha mai menzionato la Resistenza, quando ha chiesto a Gabriel di prendere me e Jo sotto la sua custodia» chiarì «Credo che gliel’abbia piuttosto chiesto come cortesia personale. E credo proprio che l’idea di farla sotto il naso di Michael — non solo tenergli celato il suo incontro con una traditrice del calibro di Aniel, ma persino concederle favori — Gabriel la trovasse anche molto divertente»

Dean aggrottò la fronte, a metà tra lo scettico e il colpito.

«Ricordami di non chiedere mai barzellette ad un angelo» borbottò, ed Ellen si lasciò sfuggire una risata.

Più di qualcuno si girò a guardarli.

«Ad ogni modo…» proseguì la donna, ricomponendosi «L’obiettivo di Anna era quello di infiltrarsi all’interno dell’Empire State Building. Ci sarebbe voluto tempo — anni, almeno — prima di riuscirci, ma era l’unico modo per poter fare fuori gli Arcangeli, e possibilmente tutti in una volta. Dopodiché un conflitto aperto sarebbe stato inevitabile, ma con i pezzi grossi fuorigioco almeno avremmo avuto delle serie possibilità di vittoria»

Non era un’idea così stupida, dovette convenire Dean.

«E poi cos’è cambiato?»

«Poi è arrivato Sam»

E allora tanto valeva fermarsi, trovare una pila di casse sufficientemente alta da garantire loro un minimo di riservatezza e infilarcisi dietro, perché lui non avrebbe mai lasciato andare Ellen prima della conclusione di quella storia.

«Non essere così ingenuo da credere che Gabriel non sapesse…» e lei doveva essersene resa conto — di essere arrivata al punto di non ritorno — perché i suoi passi avevano cambiato direzione «O che non sospettasse, quantomeno»

L’ansa del corridoio nella quale si erano fermati era ragionevolmente appartata, e puzzava di muffa.

«Rumori terrificanti che si udivano fin dentro l’ascensore, accesso all’ottantaquattresimo piano interdetto per giorni» snocciolò «Che qualcosa di losco si stesse consumando tra quelle pareti era praticamente noto a tutti, di certo non soltanto a quel poveraccio di Samandriel» commentò con una smorfia «E non era la prima volta che sentivo urlare, ma quelle urla io… scusa»

Ellen s’interruppe, serrando le labbra.

«E’ pur sempre di tuo fratello che stiamo parlando»

«Non… non importa»

Non che non importasse — non che ogni volta che Dean ripensasse a quei quattro anni non riavvertisse il desiderio macabro e altrettanto pressante di appendere Lucifer a un gancio e lasciarlo sanguinare fino a quando non si fosse seccato — ma ormai anche lui aveva sentito Sam urlare, più d’una notte, da quando erano fuggiti dalla Corte.

«Continua»

Lei gli scoccò un’occhiata grave, ma proseguì.

«A quel punto è stato troppo anche per Gabriel» mormorò «Ha aspettato che Lucifer se ne andasse e poi è entrato in quell’appartamento e ha trovato… quel che ha trovato, immagino. Non chiedermi di più» si schermì, prima che lui potesse pretendere ulteriori dettagli «Non saprei dirti altro: non era un tipo di confidenza che avrei potuto prendermi, non in quel frangente, neanche con un Arcangelo come Gabriel. So solo che quando è tornato su era talmente pallido che ho avuto paura svenisse, e che da quel giorno ha cominciato a scendere all’ottantaquattresimo piano molto più spesso del solito»

Questa poi.

Suo fratello aveva menzionato spesso il nome di Gabriel durante le loro conversazioni — e anche l’Arcangelo aveva dato prova di conoscere lui e Sam, la notte in cui Dean aveva avuto la sfortuna, o la fortuna, sarebbe stato più giusto dire, ora, di incrociarlo — ma non aveva mai accennato a niente del genere.

«Però continuo a non capire, cosa c’entra la Resistenza con mio fratello e con il suo…» il ragazzo scosse la testa «…rapporto con Gabriel?»

Col cavolo che stavolta avrebbe concesso a Sam di tenere per sé i particolari.

«Adesso ci arrivo»

Ellen sì staccò dal suo braccio e andò a sistemarsi su una cassa di legno lì accanto, senza etichette e mezza marcita, come se qualcuno l’avesse perduta lungo la strada e non fosse mai tornato a riprendersela.

«Per qualche settimana è filato tutto… liscio, diciamo così» disse «Lucifer non sembrava essersi accorto di niente, o comunque aveva deciso di tollerare — per il momento — le intrusioni di un altro Arcangelo nel suo appartamento, almeno finché Gabriel non è… non ha deciso di spingersi oltre»

«Per spingersi oltre intendi…»

«L’ha curato»

Ellen si morse il labbro inferiore «L’ha curato, e naturalmente Lucifer se n’è accorto»

«E non ne è stato molto contento» Dean completò la frase al posto suo, rabbrividendo, mentre lei smetteva di tormentarsi le labbra solo per cominciare a grattare con le unghie contro il legno fradicio della cassa su cui sedeva.

«Hanno litigato» confermò «Hanno litigato ed è stato… terrificante» ammise, chiudendo gli occhi per un istante «Le loro grida si sentivano a tre piani di distanza e per qualche giorno Gabriel non ha spiccicato parola, non credo sia nemmeno mai uscito dalla sua camera a dirla tutta. Poi una notte Lucifer ha sorpreso Jo dove non avrebbe dovuto trovarsi e… e niente mi toglierà mai dalla testa che la stesse spiando già da tempo, aspettando solo il momento più adatto per…»

Adesso però era di sua figlia, che si stava parlando.

«Se quel giorno Gabriel non fosse stato a Corte, Lucifer l’avrebbe uccisa»

Fu Dean a chiederle di fermarsi. Ellen rimase a osservarsi intensamente le punte dei piedi, in silenzio, per più di qualche minuto.

«Allora… non so come abbia fatto, Gabriel, a rendersene conto» riprese infine, solo leggermente rianimata «Non so se in fondo l’avesse sempre pensato e se fino a quel momento l’avesse consapevolmente ignorato, o se l’avesse realizzato solo dopo che Lucifer aveva sorpreso Jo a frugare tra i registri di Metatron in piena notte, fatto sta che quel giorno lo capì»

«Che non eravate lì solo perché il buon cuore di Anna voleva salvarvi da una vita di stenti»

La donna annuì.

«Che quello che lui considerava un gioco — un divertente sberleffo all’autorità — per gli umani non lo era mai stato. E che quel suo blando disinteresse per la causa di Michael non bastava più: era il momento di decidere da che parte stare»

«E dopo che cosa è successo?»

«Dopo quanto era accaduto a Jo, sarebbe stato meglio per tutti che nessun altro Arcangelo si facesse più vedere nei paraggi dell’ottantaquattresimo piano» Ellen si passò nervosamente una mano tra i capelli «Ma Gabriel ci ha chiesto ugualmente di tenere d’occhio tuo fratello, e di aiutarlo per quanto avremmo potuto»

Il formicolio che Dean avvertiva espandersi dalla punta delle sue dita era lo stesso del giorno in cui — sotto l’attenta supervisione di Claire — il mucchio di tondini e asticelle che da ore allineava pazientemente sopra il foglio aveva acquisito finalmente un senso, e lui aveva letto la sua prima parola.

«Gabriel sapeva…» realizzò in un lampo di sbigottimento «Gabriel sapeva di Kelly, di… di Jack, la notte in cui è nato…»

«Lucifer era a Corte quella notte» lo infilzò Ellen «Chi altri credi che l’abbia tenuto lontano da quell’appartamento?»

Dean si sentì gelare.

Anziché Gabriel, quella notte avrebbe potuto trovarsi di fronte a ben altro Arcangelo.

«E Sam… Sam lo sapeva?»

«No, Sam non ne sapeva niente, sarebbe stato troppo pericoloso informarlo dei piani della Resistenza, per noi, e per lui stesso» ammise lei «E Gabriel non avrebbe potuto portare via da lì né lui né Kelly, senza scatenare un putiferio e rischiare di far saltare tutte le nostre operazioni, sebbene il piano originale prevedesse che lui facesse fuggire almeno Jack, il prima possibile. Il piano originale, naturalmente» fu costretta a specificare.

«Alla fine di aprile Gabriel è stato spedito in tutta fretta a sedare delle rivolte in America Latina, i tempi si sono allungati e nel frattempo… Dean?»

Nel frattempo Castiel aveva deciso di precederlo.

«Dean, ti senti bene?» Ellen gli si avvicinò, sfiorandogli una guancia «Sei pallido… Hai mangiato qualcosa stamattina?»

«Sto… sto bene, non preoccuparti» abbozzò lui, con falsa indifferenza «Andiamo, abbiamo parlato fin troppo e tu hai bisogno di dormire»

«Anche tu, mi sembra»

Dean finse di non sentirla.

La riaccompagnò lentamente fino alla stanza di Charlie — l’Occulto non c’era, né Anna, né nessun altro, e il locale era vuoto e talmente angusto e freddo che lui si chiese come potesse qualcuno addormentarsi lì dentro — la salutò con un cenno del capo, chiuse la porta, e un secondo dopo le sue gambe scattarono da sole.

Camminava talmente in fretta che per poco non si scontrò con suo fratello, che gli arrivava incontro dalla parte opposta.

«Dean! Ma che cosa… ma non dovevi andare ad aiutare Anna?»

«Devo parlare con Charlie»

Il sopracciglio spaccato di Sam si corrugò in una linea inquieta.

«Dean, è successo qualcosa?»

Lui lo scansò, letteralmente, come avrebbe fatto con uno dei tanti scatoloni sparsi in giro, ed era già tornato a mangiarsi lo spazio che lo separava dall’Occulto a grandi falcate, quando qualcosa lo costrinse a fermarsi.

«Dean…»

Suo fratello lo stava trattenendo per un polso.

«Non hai dormito niente nemmeno stanotte, io credo proprio che tu abbia bisogno di…»

«L’unica cosa di cui ho bisogno adesso è di parlare con Charlie, Sam!»

Nemmeno cinque secondi dopo gli stava già chiedendo scusa.

Ma non era quello il momento di riposare.

Finché Castiel sarebbe rimasto in quel grattacielo lui non avrebbe mai potuto riposare.

E se non fosse riuscito a portarlo via, probabilmente Dean non avrebbe dormito mai più.













Ciao a tutti,
Comincio con il ringraziarvi per le vostre — come sempre — bellissime recensioni, e a dare il benvenuto ai nuovi lettori ♡
So che questi capitoli, incluso il prossimo, (oltre ad essere illegalmente lunghi) sono piuttosto discorsivi e forse un po’ noiosi, ma ormai ci stiamo avviando verso la fine della storia ed era arrivato il momento di tirare le somme e di chiarire ciò che ancora era rimasto in sospeso dalla seconda parte. In ogni caso, commenti, critiche, pareri, sono sempre i benvenuti :)
Avevate capito più o meno tutte che a Castiel fosse accaduto qualcosa di, ehm, brutto (T__T) ma avrete anche capito che Dean non ha intenzione di restarsene con le mani in mano ancora a lungo, ora che sa come stanno realmente le cose.
Vi abbraccio forte, ci rivediamo tra due settimane†
Take care ❀*



†Sempre che io sopravviva al finale della serie, considerato il mio già precario stato emotivo dopo l’ultimo episod*piange*

   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: Luinloth