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Autore: musa07    08/11/2020    3 recensioni
"Impossibile, in quel momento, non riportare alla memoria il ricordo di una domenica pomeriggio, di ritorno da un ritiro durato un week-end, mentre si trovavano sul pulmino.
Era seduto nell’ultima fila, dal lato del finestrino – dopo aver vinto il posto tanto ambito a morra cinese contro Bokuto (che, per inciso, perdeva sempre) – ed osservava il paesaggio fuori mentre le prime ombre della sera si allungavano pigramente, ascoltando il silenzio dell’abitacolo, poiché tutti, tranne lui, giacevano felicemente abbandonati tra le braccia di Morfeo [...] Stava pensando proprio a questo, in quel momento, e si ricordò di aver sentito sulla sua spalla il peso della testa di Koutarou, che aveva preso bellamente sonno [...]"
Perché la BokuAka ha bisogno di più amore. E quindi si subisce i miei attacchi molesti
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E rieccomi!
Io penso che la BokuAka se ne stesse felice e tranquilla
- senza la mia molesta presenza -
prima che io andassi in fissa completa per loro due.

Per la solita rubrica “non gliene frega ‘na cippa lippa a nessuno”,
questa os mi è stata inspirata mentre ieri mi trovavo fuori a pranzo con alcune amiche
(nessun DPCM è stato infranto per questo),
persone che conosco e sono a fianco a me
da più della metà della mia vita
(sì, sono vecchia!)
e ad un certo punto mi sono persa ad osservale
e a pensare a quante cose sono cambiate in questi anni
e a quante, invece, sono rimaste identiche.

Per la seconda parte della suddetta rubrica,
mentre scrivevo ascoltavo la OST del Signore degli anelli.
Vi lascio il link della canzone nello specifico.
https://www.youtube.com/watch?v=LML6SoNE7xE


 

Segui il sentiero dorato


 

Keiji, almeno una volta al giorno, sentiva il naturale bisogno di stare da solo, di ritagliarsi un momento per sé, immerso nella lettura di qualcuno dei suoi amati libri.
Anche se si trovava a casa, doveva prendere, uscire, per andare nel piccolo parco che si trovava proprio davanti oppure, ancora meglio, ad imboscarsi nel lungo argine ad appena due minuti di bicicletta. Saltava in groppa alla sella e già sentire il vento che gli accarezzava gentilmente il volto, lo catapultava dentro a qualcuna delle sue amate storie, le pagine del romanzo già pronte ad accoglierlo.
Ed ecco che una volta arrivato, lì si sedeva, appoggiando la schiena su di un tronco e nel momento in cui sollevava lo sguardo sopra di sé e gli occhi venivano colpiti da un leggero fascio di luce che riusciva a farsi spazio tra le fronde dei rami, sospirava beato, riempiendosi di quel momento. Della beatitudine di quel momento.
Non leggeva, o scriveva, per sfuggire dalla realtà – la sua realtà andava più che ottimamente bene - ma per riposarsi, per ricaricarsi, anche se era perfettamente conscio che a volte fosse dura tornare al di qua dello specchio, dopo che si era stati rapiti da quei racconti e da quei personaggi in grado di regalarti emozioni uniche ed indescrivibili. Che, come per Alice o Dorothy*, per quanto lo desiderassi, era sempre un po' un trauma risvegliarsi dal fantasticare ad occhi aperti e ritornare a casa.
Koutarou, questo suo bisogno, l’aveva imparato molto presto e lo rispettava sacralmente. Anche quelle volte in cui capitava durante la pausa pranzo al Liceo; l’ace sapeva perfettamente dove l'avrebbe trovato per pranzare insieme, ma gli lasciava sempre quei cinque minuti di depressurizzazione, come li chiamava lui.

Ecco perché anche in quella settimana di ritiro, Keiji, ogni giorno ad un certo punto spariva e si avventurava fino alla piccola collinetta dietro ad una delle palestre.
Si sedeva sotto l'enorme acero, fedele libro alla mano, lo apriva e la prima cosa che faceva era inspirare estasiato il profumo delle pagine prima di buttarsi a capofitto nella lettura, dove si estraniava da tutto e da tutti.
Cosa che stava facendo anche in quel preciso istante e fece quasi un infarto nel momento in cui la voce di Kenma si levò al suo fianco.
- A volte stare dietro a Kuroo è veramente stancante. -
- Oddio! - sfiorato l'infarto a soli 17 anni! - Kenma... quando? E da dove…? - osservandolo. Pareva fosse lì già da un bel po', switch in mano. Aveva parlato quasi rivolgendosi a se stesso, mentre proseguiva a giocare e gli occhi non si erano alzati dallo schermo.
- Star dietro a Kuroo è stancante. - ripeté, sollevando infine gli occhi suoi suoi e Akaashi sorrise. Come dire? Lo capiva perfettamente. Anche star dietro a Bokuto, ad averlo a fianco, a volte risultava impegnativo. La loro energia infinita, frizzante, inesauribile, per due calmi, solitari e tranquilli come lui e Kenma a volte poteva indubbiamente risultare ostica, fermo restando che, almeno dal suo punto di vista, lui da Bokuto traeva una forza infinita, mentre lui, a sua volta, con la sua seraficità pungente dava un freno a Koutarou, compensandosi a vicenda in modo egregio.
- Dai, ancora qualche mese e poi sarai tranquillo. - scherzò Akaashi, perché era certo che a Kenma sarebbe mancato da morire il suo amico di infanzia.
- Già… Anche se indubbiamente mi mancherà. Forse. - fu, infatti, la replica, detta con il solito tono atono.
Kenma portò le ginocchia al petto, guardando giù dalla collinetta e Keiji seguì il suo sguardo, mentre le pagine del libro, frustate da un colpo di vento improvviso, avevano iniziato a sfarfallare allegramente, portando alle sue orecchie una dolce melodia.
Si mise ad osservare attentamente gli altri ragazzi. Se ne stavano in diversi gruppetti, in una combinazione caleidoscopica, dai quali giungevano il suono delle loro voci che si mescolavano, delle loro risate che si levavano, mentre tutti si gustavano quel momento di riposo.

E Akaashi si trovò a pensare che ci sono momenti in cui vorresti che tutto rimanesse com'è in quell’istante. Magari non sarà perfetto agli occhi degli altri, ma lo è per te.
Ed è come se guardassi una foto, dove niente cambierà, nessuno invecchierà, nessuno se ne andrà, nessun legame si perderà, tutto resterà com'è ora.
Resterà così per sempre...
Egoistico? Forse... Ma, d'altra parte, è normale desiderare che quel frammento perfetto resti immutato. E per quanto lo può accogliere dentro di te, come sensazione, come ricordo, temi che con il tempo andrà smarrendo i suoi contorni, si farà via via sfocato... e allora, cosa resterà?
Keiji una volta aveva letto che quando provi un senso di malinconia è perché sono i ricordi che ti vengono a trovare; ricordi di momenti che non ci sono più, di persone che non ci sono più...

Osservava la scena davanti a sé, come se stesse vivendo un sogno, come molto spesso gli capitava quando leggeva un passaggio che lo colpiva particolarmente e allora sollevava gli occhi dalle pagine e lo riviveva davanti a sé.
Le sue labbra si piegarono in un lieve sorriso, mentre guardava gli altri, quasi fossero stati attori su di un palcoscenico e fu quello l'istante in cui dentro di sé si trovò a desiderare che tutto rimasse così.
Certo, da quando era entrato in squadra, c'erano cose che erano cambiate. In positivo ovviamente. Altre, invece, erano rimaste uguali.
Gli occhi si permisero di vagare ancora, per cercar di imprimere il più possibile nella memoria. Osservò i suoi compagni, gli altri ragazzi, le altre squadre.
Koutarou…
Tra qualche mese quelle squadre non sarebbero più esistite come lo erano in quel momento.
Nemmeno la sua... Da lì a qualche mese, Koutarou non avrebbe più fatto parte della loro squadra, non sarebbe più stato il loro casinista e incasinato capitano.
Keiji era un abitudinario da paura e l'idea che alla mattina, con qualsiasi tempo – pioggia, sole, vento, neve – non avrebbe più trovato Bokuto ad attenderlo, assordandolo, una fitta al cuore lo attraversava. Certo, si trattava di un solo anno, poi l'avrebbe raggiunto all'università, ma quanto faceva male anche solo il pensiero...

Impossibile, in quel momento, non riportare alla memoria il ricordo di una domenica pomeriggio, di ritorno da un ritiro durato un week-end, mentre si trovavano sul pulmino.
Era seduto nell’ultima fila, dal lato del finestrino – dopo aver vinto il posto tanto ambito a morra cinese contro Bokuto (che, per inciso, perdeva sempre) – ed osservava il paesaggio fuori mentre le prime ombre della sera si allungavano pigramente, ascoltando il silenzio dell’abitacolo, poiché tutti, tranne lui, giacevano felicemente abbandonati tra le braccia di Morfeo.
Provava sempre un sentimento dicotomico al rientro dai ritiri: da una parte era contento di tornare a casa, tra le sue cose, d'altra, il pensiero di non passare più a stretto contatto con i suoi compagni momenti fondamentali come quelli dei pasti o del risveglio, gli lasciava sempre un senso di vuoto.

Stava pensando proprio a questo, in quel momento, e si ricordò di aver sentito sulla sua spalla il peso della testa di Koutarou, che aveva preso bellamente sonno.
Sentire il respiro di Bokuto, il calore del suo braccio attaccato al suo, il peso del suo corpo addosso, gli aveva dato una sensazione di calore che andava ben oltre a quello fisico, gli aveva dato una sensazione di casa.

Immerso in questi pensieri, aveva finito per appoggiare a sua volta la testa su quella di Koutarou, inspirando profondamente, rendendosi conto solo in quel momento di come il profumo dei capelli di Bokuto, della sua pelle, fossero diventato parte del suo vissuto ormai.
All'epoca non stavano ancora insieme né tanto meno si erano dichiarati, diciamo che era una situazione un po' strana, da impasse.
Avevano capito che provavano qualcosa al di là di una semplice amicizia ma non sapevano bene come muoversi. Certo, in quei tre giorni, più e più volte entrambi erano stati lì per dire qualcosa all'altro, per fargli capire qualcosa, ma poi il timore e l'imbarazzo avevano vinto.
Perso com'era in questi ragionamenti, non si era accorto che Koutarou si era risvegliato.
- ‘kaashi? -
- Hum? - aveva sollevato la testa e portato lo sguardo verso di lui, a dir poco meravigliato del fatto che la voce dell’altro fosse lieve e non superasse, come al suo solito, il milione di decibel.
Ok, si era meravigliato per il tono della voce, ma le parole che quella voce formularono l’attimo immediatamente successivo, lo avrebbero lasciato a dir poco scioccato.
- T-tu, tu mi piaci. Tanto. – aveva proferito l’ace, portando finalmente lo sguardo su di lui, con ancora gli occhi assonnati. E davvero Keiji aveva pensato che il suo capitano dovesse esser ancora addormentato.
- Mi piaci, Akaashi. - aveva ripetuto, più fermo e risoluto.
Non avrebbe potuto esser altrimenti. Non avrebbe potuto non essere Bokuto quello, tra i due, a parlare per primo. Ad avere quella sua solita schiettezza disarmante. Anche se aveva tartagliato e buttato fuori le parole tutte d’un fiato, tanto da farle sembrare come se fossero un’unica parola, spiando di sottecchi la sua reazione.
- Anche tu a me. – aveva spiattellato anche lui alla fine, ancora prima di riprendersi completamente dalla sorpresa perché doveva cogliere quel momento. Ora o mai più! Aveva sperato solo di non essersi mangiato le parole e che il messaggio fosse arrivato forte e chiaro. (Anche perché non l’avrebbe di certo ripetuto!) E, soprattutto, di aver capito giusto ciò che Koutarou gli aveva detto. 
Ed ecco che quest’ultimo l’aveva fissato silenzioso, scrutandolo negli occhi dubbioso. Oddio, possibile davvero che, nel farfugliamento dei suoni confusi che aveva emesso sussurrando, Bokuto non avesse capito?
- Anche tu. Mi piaci – aveva ripetuto, abbassando ancora di più la voce, ma – questa volta – non per timore che qualcuno dei suoi compagni si fosse svegliato e li stesse ascoltando ma perché si stava vergognando come un ladro, mordicchiandosi il labbro inferiore dal nervosismo, le guance andate irrimediabilmente a fuoco.
- Sì, ma tu non come amico. Sì, anche quello… ma… e-ecco… non solo… – ecco che Bokuto aveva preferito chiarire. E fu allora che Keiji si era permesso di sorridere, adorabilmente imbarazzato.
- Hum-hum… - aveva annuito – Anche tu mi piaci non come amico. –

- Eh?! – aveva esclamato Bokuto sbalordito, ed ecco che anche le sue guance avevano allora passato ogni gamma possibile di rosso.
- Shhhh! – l’aveva redarguito divertito, portandosi l’indice alle labbra, poggiando la fronte sulla sua. In quel gesto che sorprese non poco Bokuto e che l’aveva fatto infartare nel trovarsi ad un soffio da quei suoi due meravigliosi pozzi screziati di verde.
Ed era stato solo quando lui li aveva socchiusi quei due pozzi, con un lieve sospiro, che Koutarou aveva portato la mano verso la sua. Questi aveva chiuso gli occhi per calmarsi e darsi coraggio e a Bokuto era parso un tragitto lunghissimo, quello che stavano compiendo le sue dita alla ricerca di quelle di Keiji e quando i dorsi erano finalmente venuti in contatto, l’ace era stato certo di aver perso un battito. Come lui stesso, d’altronde. Il quale si era irrigidito per un secondo ma era stata questione solo di un attimo. Quando aveva sentito il palmo del suo compagno ricercare il suo, così caldo, così avvolgente, la sua mano si era mossa da sola. Le dita si erano intrecciate e loro due avevano sorriso. Non si erano guardati. Non ce n’era bisogno!
E poi alla fine era successo. Come se fosse la cosa più naturale del mondo. Perché lo era.
Gli occhi, gli sguardi, si erano nuovamente calamitati gli uni verso gli altri, i loro volti si erano avvicinati, le loro labbra si erano avvicinate, mosse da sole, senza bisogno che nessuno dei due dicesse loro cosa fare, come se non aspettassero altro da tempo immemore. I loro respiri si erano mescolati, le punte dei loro nasi si erano sfiorate impacciate prima di unirsi in un bacio che non aveva sorpreso nessuno dei due. Così come nessuno dei due si era sorpreso nel sentire quanto morbide e invitanti risultassero le labbra dell’altro, mentre ancora si sperimentavano, permettendosi a vicenda di conoscersi e abituarsi a quel nuovo contatto mai sperimentato prima, sempre con il timore di essere scoperti.

E quella sera, quando si sarebbe trovato disteso a letto, pancia sotto, Keiji avrebbe rivissuto attimo per attimo quello sfiorarsi leggero tra le loro labbra. Di quanto morbide fossero quelle di Koutarou. Di quanto calde fossero. Di come avrebbe voluto che quei secondi non finissero più. E di come era stato tutto così semplice e naturale. Nessun imbarazzo. Nessun turbamento…
Avrebbe sospirato felice, prima di chiudere gli occhi e addormentarsi serenamente.

Keiji si ricordava che alla fine del loro primo, goffissimo ma, proprio per questo, meravigliosissimo bacio, nuovamente con la testa appoggiata l’una sull’altra, aveva spostato lo sguardo da Bokuto agli altri, davanti a sé e aveva sorriso. Quei ragazzi erano molto più di semplici compagni di squadra, erano parte della sua vita e lo sarebbe sempre stati. Comunque sarebbe andata…

E anche in quel momento si trovò a provare la stessa sensazione.
- Akaashi? - il primo tentativo di Kenma andò a vuoto – Akaashi? - ci riprovò ed ecco che Keiji si risvegliò come da un sogno e spostò gli occhi di lui.
- Va tutto bene? - gli chiese il biondo, che aveva notato un cambiamento nella sua espressione.
- Sì. Sì, va tutto bene. – impreziosendo le labbra con un piccolo sorriso, portando lo sguardo di nuovo davanti a sé, mentre Bokuto si stava avvicinando a loro, risalendo lungo il pendio, chiamandolo a gran voce.
- Va tutto bene sì... - ripeté, alzandosi e regalando a Koutarou il suo sorriso più bello di sempre – È bello tornare a casa sapendo che c'è qualcuno che ti aspetta. -

 

FINE

 

 

*ovviamente faccio riferimento ad Alice del Paese delle Meraviglie e a Dorothy del Mago di Oz, da cui anche il titolo della OS

   
 
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