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Autore: Kaiyoko Hyorin    08/11/2020    3 recensioni
Quando Kat si sveglia in mezzo a un boschetto rigoglioso, preda della nausea e di un forte mal di testa, non ha idea di ciò che l'aspetta.
Come questa ce ne sono altre di storie, imprese memorabili capitate per fortuna o per volere del destino a persone apparentemente ordinarie. Eppure ve ne propongo un'altra, sperando possiate trovarla una lettura piacevole.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lo Hobbit'
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“While the woods are all around
all the roads become the same.
Leaving memories behind
the song fills the void.”
[ The Returning Race, Wind Rose ]




Erano passati due giorni da quando Thorin aveva discusso con Kat e da allora la giovane non gli aveva più parlato, non volentieri per lo meno, cosa che lasciava il nano in balia d'un turbinio di emozioni contrastanti. Si sentiva sollevato di non dover affrontare quei suoi occhi grigio-verdi così schietti e puri, ma al contempo era frustrato d’essersi privato della possibilità di rivolgerle la parola ed ascoltare la sua voce. Ed era imbarazzato, sotto sotto, per aver inteso erroneamente che fra lei e lo hobbit vi fosse qualcosa di più di una semplice e sincera amicizia.
Se il suo orgoglio non glielo avesse impedito, avrebbe ammesso d’esserne stato geloso, ma da tempo si era ripromesso di tenerla alla larga da sé ed era determinato più che mai a mantenere quel proposito. E questo nonostante la considerasse la creatura più sorprendente che avesse incontrato durante tutta la sua lunga vita di Nano.
Perché sì, era rimasto sorpreso delle parole che ella gli aveva rivolto riguardo la cicatrice che era destinata a portare per il resto della vita. Era stato in quel momento che una parte di lui aveva capito: ella non avrebbe esitato a ripetere l'esperienza e rischiare la sua stessa vita per salvarlo ancora, così come lo avrebbe fatto un qualunque altro dei loro compagni. Intimamente, Thorin non poteva non ammirarne il profondo coraggio e la determinazione, ma se ne sentiva anche inquietato, giacché rammentava perfettamente l'effetto che gli aveva fatto il vederla in pericolo più d'una volta, finanche il rischiare di perderla. 
E lui non credeva di essere abbastanza forte per vederla morire.
Per questo motivo era così determinato a fare in modo che non accadesse ancora e questo non gli rendeva di certo la vita facile, giacché ogni passo che li conduceva sempre più all'interno di quella foresta cupa e spettrale aumentava le possibilità di imbattersi in qualunque cosa pericolosa ed a loro ignota vi dimorasse. Inoltre, le provviste stavano per finire e se non avessero presto trovato qualcosa da mangiare sarebbero stati in seria difficoltà, come se già tutto il resto non bastasse a renderlo di umore intrattabile.
Quando diede l'ordine di fermarsi a riposare, nessuno della Compagnia mancò di trovare un punto relativamente accogliente per sedersi e, nella breve pausa che il capo concesse loro, fecero un rapido inventario dei viveri a disposizione.
– Di questo passo ne avremo per altri due giorni soltanto – commentò Dwalin, con un'aria cupa tanto quanto quella di Thorin, il quale annuì.
Fu la voce di lei, ancora una volta, a richiamare la sua attenzione.
Stava ridendo con Fili e Kili e pareva che i suoi nipoti non fossero gli unici a prestarle attenzione, giacché molti degli altri nani erano voltati verso di lei ed avevano un'espressione attenta e divertita sui volti barbuti. Kat stava raccontando loro una delle storie del suo popolo, una divertente, a quanto sembrava, che possedeva il potere di distrarre i membri della Compagnia dai languori dei loro stomaci.
Un secondo dopo Dwalin tornò a calamitarne l'attenzione con una singola e diretta domanda.
– Cosa intendi fare?
Voltandosi nuovamente a sostenerne lo sguardo, Thorin inarcò un sopracciglio.
– Che vuoi dire?
– Riguardo a tu-sai-cosa verso tu-sai-chi – ribatté impassibile e vagamente cospiratorio il nano tatuato.
Malgrado i sottintesi, l'erede di Durin comprese perfettamente a cosa egli si riferisse e strinse con rinnovata tensione la striscia di stoffa del suo bagaglio, mentre serrava le labbra in una smorfia piatta. Sapeva che era inutile negare con Dwalin, lo conosceva abbastanza e non avrebbe tradito il suo rispetto tentando di negare l'innegabile.
– Proprio niente – gli rispose invece, piuttosto seccamente anche per i suoi standard, stringendo il laccio del suo zaino per chiuderlo a dovere.
– Sai bene come funzionano queste cose, Thorin – lo redarguì nuovamente il suo compagno d'armi, in un tono che aveva del rassegnato – ..non troverai un'altra nana come lei.
Fermandosi improvvisamente nel richiudere il proprio bagaglio mezzo vuoto, il nano a capo della Compagnia sollevò lo sguardo di diamante sul volto barbuto dell'altro, perforandolo con un'occhiata che avrebbe intimidito un nano con meno esperienza e carattere.
– Lei non è una Nana – ribatté cupamente Thorin, ostinato, prima di alzarsi in piedi e chiudere così il discorso.
Quindi diede l'ordine di riprendere la marcia e, meno di due minuti dopo, la Compagnia era di nuovo in cammino sotto le alte fronde degli alberi di Bosco Atro, con solo la loro caparbietà nanica e la forza di volontà a spronarli ad andare avanti.


Kat sbocconcellava con attenzione l'ultima porzione di pan di via rimastale. L'aveva conservata in fondo al proprio sacco da viaggio proprio in previsione di tempi duri come quelli, ma oramai non ne rimaneva più e lei doveva farsi bastare un unico piccolo morso al giorno, per evitare di rimanere totalmente senza cibo.
Purtroppo Bombur, col suo appetito, aveva messo a dura prova le provviste già scarse della Compagnia e Kat, come molti altri, rimpiangeva il peso delle vivande sulle proprie spalle e persino il fatto che il nano rosso non fosse caduto addormentato, come invece avrebbe dovuto. Ed era in momenti come quello che ella sentiva viva in sé la mancanza del suo mondo e delle prelibatezze facilmente reperibili al supermercato sotto casa, ma cercava di non soffermare i propri pensieri su quell'argomento, giacché avevano un effetto controproducente su di lei.
Un altro giorno  identico a quello precedente stava giungendo al termine e questo aveva fiaccato il morale anche a lei, che eppure sapeva che l'epilogo di quella fase del viaggio doveva ormai essere prossimo. O almeno lo sperava, giacché la fame e le giornate tutte uguali rendevano il trascorrere del tempo una percezione distorta ed inaffidabile.
– Sei sicura che ti basti quella sottile pagnottina rinsecchita?
La voce di Kili interruppe il flusso dei suoi pensieri e lei sollevò lo sguardo sul nano sedutole di fronte, ritrovando sul suo volto un'espressione perplessa e con una nota derisoria nella piega delle labbra. Al ché Kat abbozzò un sorrisetto identico, senza tuttavia prendersela a male per la sfiducia del nano.
– Questo è lembas elfico e, sì, un morso mi basterà – ribatté pacatamente quella mezza verità, prima di concludere con un sospiro – anche se non so cosa darei per una bella salsiccia arrostita sulle braci!
– Non me ne parlare – si inserì nel discorso Bofur, che passava loro accanto proprio in quel momento e che decise di farsi ricadere seduto a terra fra lei e Kili – Ormai non faccio altro che sognare maialini arrosto e boccali di birra, ogni notte.
– Il pasticcio di patate di nostra madre non lo batte nessuno – se ne uscì Fili, unendosi alla comitiva, abbandonandosi a sedere accanto al fratellino, talmente vicino che lo urtò e quasi lo fece volar giù dalla pietra su cui si era appollaiato.
– Ehi! Trovati un posto tutto tuo, per una volta!
Il bisticcio venne sedato sul nascere da un discreto ed al contempo incisivo schiarirsi della gola di Dwalin, il quale lanciò ai due discendenti di Durin un'occhiata in tralice talmente espressiva che quelli, come se fossero tornati all'infanzia, si immobilizzarono subito e poi si diedero le spalle l'un l'altro, imbronciati ed orgogliosi.
Katla, che era rimasta ad osservare la scena con malcelato interesse, si ritrovò a sorridere divertita, prima di donare ai nani un'occasione di distrazione.
– Uno dei piatti preferiti del mio mo.. – s'interruppe appena in tempo, correggendo il tiro – ..popolo, è costituito da una grossa focaccia fatta con la farina di grano, ricoperta di pomodoro e formaggi e qualunque altra cosa si decida di metterci sopra, quindi il tutto viene cotto insieme in un forno a legna.
– Stai parlando della pizza? – intervenne Bilbo, cogliendola totalmente di sorpresa.
Kat, sbattendo più volte le palpebre, cercò di non far vedere quanto l’intervento dello hobbit l’avesse spiazzata e annuì. Non avrebbe mai immaginato che ad Arda ci fosse qualcuno che sapesse di cosa stava parlando.
– Oh sì, non è male – si unì Dori, suscitando il consenso di qualcun altro.
– E poi.. – continuò, in preda ad un nuovo guizzo d’entusiasmo Kat, non riuscendo a mitigare il proprio sorriso sornione – ..c’è il gelato: un dolce freddo e cremoso che è l'ideale per rinfrescarsi quando fa caldo.
– Oh sì, anche noi gente della Contea lo abbiamo – intervenne allora Bilbo, calamitando l'attenzione di tutti su di sé in un modo tanto repentino che sembrò suscitargli un certo imbarazzo, prima di spiegare come erano soliti farlo gli hobbit.
Tutti lo ascoltarono ed il discorso continuò con vari interventi da parte di un nano o di un altro, e Kat si ritrovò ad apprendere deliziata quali fossero le pietanze che ognuno dei suoi compagni preferiva o non vedeva l'ora di mangiare come prima cosa, quando ne avesse avuta l'occasione. Tutti tranne Thorin, il quale se ne rimase in disparte, apparentemente troppo preso a riflettere sui suoi crucci personali per partecipare e farsi trasportare dall'argomento. Quando poi si passò dal cibo ai passatempi preferiti e si finì persino per rivangare qualche aneddoto, la giovane donna non poté più ignorare l'erede di Durin e, approfittando d’essere nuovamente passata in secondo piano, si avvicinò al nano a capo della spedizione. Senza nemmeno chiedergli il permesso gli si sedette accanto, le gote che già s'arrossavano per quell'atto audace, almeno per i suoi canoni, ma fece del suo meglio per far finta di niente e starsene dritta con la schiena, puntellando le ginocchia con ambo le mani.
– Dobbiamo solo tenere duro ancora un po' e raggiungeremo il limitare della foresta – gli disse, scoccandogli un'occhiata di sottecchi, prima di tornare a fissare con ostinazione la selva di fronte a sé.
Stava osando tanto, ma era da quando l'aveva affrontato pochi giorni prima che si sentiva inquieta nei suoi riguardi ed era in preda al bisogno irrazionale di fare qualcosa. Lui tardò un poco a risponderle, ma quando lo fece, la sua voce profonda aveva una nota che tradiva la tenace insofferenza che doveva agitarglisi nel petto.
– Questa maledetta foresta sembra non avere fine e, se non ne usciremo prima dei prossimi due giorni, saremo costretti ad abbandonare il sentiero per procacciarci qualcosa da mangiare.
Riservandogli una nuova occhiata, Kat lo vide intento a sondare con rabbia malcelata il fitto di fronte a loro, le mani raccolte in grembo chiuse a pugno, ed il cuore le si strinse in una morsa.
– Be'... sono certa che in quel caso ce la caveremmo ugualmente – tentò, abbozzando un lieve mezzo sorriso d'incoraggiamento.
Un sorriso che l'altro non ricambiò, pur notandolo nel riservarle un'occhiata in tralice, cosa che la indusse a tentare ancora.
– Possiamo sempre seguire il sole e puntare ad Est – propose ancora, prima di soccombere al peso dello sguardo altrui ed abbassare il proprio, cedendo al proprio lato timido. Quando non era arrabbiata con lui era più difficile sostenere il peso di quei suoi occhi di ghiaccio, ammise a sé stessa con una nota di stizza.
– E tu sei in grado di determinare la posizione del sole, qui sotto?
Quella domanda, dal retrogusto provocatorio, la fece corrucciare e tornare a voltarsi in sua direzione, contrariata e vagamente interrogativa.
– Certo che no – ribatté – ma basterà che uno di noi si arrampichi in cima ad uno degli alberi più alti perché possa farlo.
A quella replica Thorin inarcò un sopracciglio e, per una volta, fu lui a distogliere lo sguardo da lei. Non le concesse neanche un cenno d'assenso, ma lei capì lo stesso di averne avuto ragione e non infierì ulteriormente, non desiderando affatto rendere il capo della Compagnia più insofferente di quanto già non fosse.
– Ad ogni modo, non ne avremo bisogno se continuiamo a seguire il sentiero – aggiunse, concludendo così il discorso ed annuendo a sé stessa per suggellare quel suo proposito.
Avrebbe fatto l'impossibile per evitare ai nani di perdere la strada, perciò non aveva motivo di preoccuparsi di fare incontri mostruosi, aveva decretato con sé stessa.
Aveva appena finito di formulare tale pensiero che l'attenzione di entrambi venne attirata da qualcosa che si mosse fra gli alberi di fronte a loro: una sagoma biancastra che, con un fruscio di fronde, scomparve dietro un ammasso di cespugli.
Immediatamente Thorin balzò in piedi mettendo mano all'arco, e Kat si alzò a propria volta con una strana ed innaturale calma a pervaderla. Non sapeva se fosse la presenza del nano al suo fianco a renderla padrona del proprio sangue freddo o se fosse qualcos'altro, fatto stava che fece un passo avanti, scrutando con attenzione il sottobosco.
I suoi occhi si adattarono in fretta alla penombra, più in fretta di quanto lei stessa si sarebbe aspettata, ma l'adrenalina in circolo la aiutò ad acuire ogni senso, e si concentrò soltanto su ciò che le si estendeva innanzi ed ai lati mentre metteva mano alla spada. Thorin, alla sua destra, procedette con lei, incoccando una delle frecce che Beorn aveva gentilmente donato loro, ma non la fermò e la cosa non poté che compiacerla intimamente.
Così avanzarono entrambi, guardinghi, spaziando con lo sguardo i dintorni alla ricerca di qualunque cosa fosse ciò che avevano scorto di sfuggita. Qualcuno dei nani della Compagnia s'era accorto del cambiamento e Dwalin e Balin s’erano avvicinati di qualche passo, pronti ad intervenire in caso di bisogno.
Avevano fatto soltanto pochi passi quando un nuovo fruscio alla sinistra della giovane donna li fece voltare entrambi in quella direzione. Kat estrasse la propria lama elfica dal fodero prima che, ad alcuni metri di distanza, quell'ombra bianca uscisse allo scoperto, rivelandosi nella sua vera forma. E la giovane donna si ritrovò a scrutare la sagoma di un enorme lupo bianco stagliarsi insolitamente nitida nell'oscurità. L'animale ricambiò il loro sguardo e Katla, incrociandone gli occhi ambrati ed intelligenti, avvertì il proprio respiro rallentare ed uno strano formicolio risalirle su per la schiena. 
Era la creatura più bella che avesse mai visto, si ritrovò a pensare nell'immobilità che permeò l'aria stessa.
Il lupo aveva qualcosa fra le fauci, notò. Una preda, forse un cervo. 
Un istante dopo aver formulato tale pensiero, Kat lo vide tornare a muoversi con cautela, abbassando il muso ed adagiando a terra il suo carico. Quando tornò a risollevarlo, sempre senza perderli mai di vista, ella ne vide le chiazze di sangue che avevano imbrattato il pelo vicino alle fauci serrate.
Inarcò un sopracciglio.
Non vi era minaccia nel modo di fare della belva, non un ringhio le giungeva nel silenzio che permeava l'aria immota della foresta, e la postura non era adatta ad un attacco imminente. Non sembrava nemmeno intimorito, pur continuando a studiarli come loro studiavano lui, e quando Kat, spinta da un impulso irrazionale, fece un nuovo piccolo passo avanti, quello drizzò le orecchie in sua direzione, come se si aspettasse qualcosa da lei.
Meravigliata e perplessa, la giovane donna era talmente assorta da dimenticarsi della presenza di Thorin subito dietro di lei, cosicché finì per sussultare quando il sibilo della freccia scoccata dal nano le passò accanto all’orecchio. Sotto i suoi occhi sgranati l'asticella di legno si conficcò nel tronco subito dietro al lupo, il quale si acquattò sulle zampe anteriori e balzò via, scomparendo in un istante nel fitto della vegetazione.
La contrarietà che divampò nell'animo della giovane donna fu talmente netta e violenta da farla voltare di scatto verso il nano, serrando i pugni lungo i fianchi.
– Che diamine ti è preso? – sbottò, riversandogli uno sguardo carico d’accusa – Sei impazzito?!
– Cosa è preso a te, piuttosto! – ribatté altrettanto infastidito Thorin, ricambiando il suo sguardo con uno altrettanto penetrante – Volevi farti ammazzare?
– No, certo che no!
– Non si direbbe!
– Come, scusa?!
– Perché la prossima volta non ti getti disarmata in mezzo ad una banda di Orchi? Sono certo che in quel caso avresti più possibilità di rimetterci la pelle!
Kat boccheggiò, allibita, mentre scrutava da capo a piedi la figura di Thorin Scudodiquercia come se fosse la prima volta che lo vedeva. Era rigido quanto lei e la fissava con biasimo ed una rabbia malcelata che non fecero altro che istigarla a ribellarglisi.
– Quel lupo non era una minaccia! Non ci avrebbe attaccati! – ribadì, drizzando le spalle e sollevando orgogliosa il mento, ma questo non provocò altro che uno sbuffo ironico nel nano di fronte a lei.
– Come fai a dirlo?
– Non lo so, – gli rispose decisa, giacché davvero non era in grado di spiegare a cosa fosse dovuta la sua certezza – però è così!
– Certo – fece quello, sarcastico, prima di deviare lo sguardo da lei ed indirizzarlo ai due nani nei pressi, incrociando gli sguardi di Dwalin e Balin mentre aggiungeva – ..non potevo aspettarmi nient'altro da una donna.
Katla trasalì pur non volendo e quell'ultimo commento sprezzante la ferì più di quanto avrebbe mai creduto, tanto da costringerla ad aggrapparsi con la mano sinistra alla stoffa del proprio mantello, poco sopra il cuore. 
Alla fine lui l’aveva ammesso, di considerarla insufficiente.
Non sarebbe mai stata abbastanza per il grande Thorin Scudodiquercia.
– Io sarò anche una donna – esordì, la voce bassa e più cupa di quanto le fosse mai uscita, pregna di un'amarezza che le faceva dolere le corde vocali – ma riesco ancora a vedere oltre il mio naso, a differenza di un nano di mia conoscenza!
Non gli lasciò nemmeno il tempo di replicarle qualcosa che si voltò, uscendo a grandi passi dal sottobosco e tornando senza più guardare nessuno in volto al proprio giaciglio. Si chinò ad afferrarlo con foga e, senza una parola di più, lo spostò nel punto più lontano dello spazio adibito ad accampamento, prima di avvolgersi nella propria coperta e rannicchiarsi contro le radici dell'albero vicino, dando la schiena al resto della Compagnia.
I nani, che non avevano mancato di seguirla con lo sguardo, non osarono chiamarla o porle alcuna domanda e anche dopo che l'ebbero vista prendere le distanze da tutti loro si lanciarono occhiate perplesse e preoccupate ed alcune cariche persino di un certo disagio. Fu soltanto quando il primo singhiozzo soffocato li raggiunse che, senza nemmeno bisogno di farsi un cenno, Fili e Kili si sollevarono in piedi all'unisono e, dopo aver recuperato i propri bagagli e le coperte, si affrettarono a raggiungerla.
Le si sedettero accanto, uno per lato, e non vi fu bisogno di parola alcuna: Kat finì per rannicchiarsi contro di loro, affondando il volto nella casacca di Kili mentre scioglieva il nervoso in copiose lacrime, aiutata dalle carezze premurose di Fili sul capo castano.
E nonostante la distanza a separarli, quando Thorin tornò appresso al fuoco con la selvaggina aiutato da Balin, Fili gli rivolse uno sguardo colmo di biasimo che egli non riuscì a sostenere, sviando il proprio e mollando la carcassa di quella che era stata una giovane cerva dal pelo marroncino a terra. Dopodiché, dati un paio di secchi comandi su cosa fare di quella carne, tornò al proprio posto di guardia.


Quello che venne definito, malgrado i pareri discordanti, il Dono del Lupo, diede da mangiare a tutti e quindici i membri della Compagnia di Thorin per una sera soltanto, ma era stato sufficiente a riempire loro le pance abbastanza da rendere il loro sonno più profondo di quanto altrimenti non sarebbe stato, coi crampi della fame a tormentarli.
Il giorno seguente Fili e Kili rimasero appresso a Katla tutto il tempo, camminando subito dietro di lei e Bilbo, che dal canto suo sembrava aver accolto il fare apprensivo dei due giovani nani con filosofica rassegnazione. Il suo definirli pari a due mamme chiocce aveva fatto ridere Kat, che eppure si sentiva grata delle premure dei nipoti dell'erede di Durin e ne apprezzava la vicinanza, soprattutto da quando, a metà giornata, aveva iniziato a notare la comparsa di una serie di spesse ed appiccicose ragnatele sui tronchi degli alberi che costeggiavano il sentiero.
Eppure, nonostante i tentativi dei suoi amici di rinfrancarla, la giovane donna non parlò molto, chiudendosi invece in sé stessa, ed anche Thorin conservò un umore piuttosto cupo e scontroso, cosicché la Compagnia si ritrovò in mezzo a due fuochi di malumore che ne alimentava la tensione.
Una tensione che sfociò quando, a metà pomeriggio, un'esclamazione angosciata si levò fra loro.
– Dov'è finito? Dov'è il sentiero?!
Era stato Ori a parlare ed immediatamente l'agitazione si diffuse come un'onda di marea fra i nani. Persino Katla e Bilbo si scambiarono un'occhiata, prima di voltarsi di scatto e guardarsi attorno alla ricerca della via perduta, ma niente. Ai loro occhi il sottobosco pareva uguale in ogni direzione ed il terreno non recava effettive tracce di alcuna strada precedentemente edificata da mano umana, elfica o nanica che fosse. 
Immediatamente il battito del cuore di Kat si fece più rapido, mentre udiva Thorin dare l'ordine di ritrovarlo ad ogni costo. Fu per questo che, finalmente, la ragazza cedette all'impulso e si fece avanti, andando incontro al capo della Compagnia.
– No, Thorin, è inutile: non abbiamo speranza di ritrovarlo – esclamò attirandone l'attenzione, e come i loro occhi si incrociarono ella serrò le labbra in una linea sottile, giacché vide subito sul suo volto barbuto una ben nota espressione contrariata – Dobbiamo continuare a muoverci, prima che sia tardi.
– Come fai ad esserne certa?
– Non ricordi ciò che ha detto Gandalf? – ribatté lei, serrando i pugni lungo i fianchi e tentando di mantenersi calma di fronte a lui – Una volta smarrito il sentiero, ha detto chiaramente che non lo avremmo più ritrovato.
– E allora cosa dovremmo fare?
– Come ti ho già detto ieri – gli rispose, stizzita, indicando il resto della Compagnia dietro di loro che li fissava discutere senza osare intervenire – qualcuno dovrà salire su uno di questi alberi e ritrovare il sole, soltanto a quel punto potremmo capire da che parte è l'Est e dirigerci in quella direzione.
Fu a quel punto che un timido Bilbo si fece avanti.
– Posso farlo io, se pensate sia necessario.. – si offrì volontario, calamitando l'attenzione di tutti.
Intimamente sorpresa per l'iniziativa presa dallo hobbit, in quanto mai prima di allora si era offerto volontario per una missione d'avanscoperta, Katla finì per scambiare una nuova occhiata con Thorin, il quale parve condividere con lei una malcelata sorpresa. Poi il momento passò e lui tornò ad assumere quella sua aria greve e seriosa.
– Va bene – concesse, la voce profonda nuovamente pregna di una calma controllata – ci affideremo a te ancora una volta, Mastro Baggins.
– Fa' attenzione, Bilbo – si raccomandò Kat, non riuscendo a trattenere la propria inquietudine, perfettamente consapevole che ormai si trovavano all'interno del territorio dei Ragni Giganti di Bosco Atro e che il rischio di venire attaccati era elevato.
Così lo scassinatore, aiutato da Dori e Nori a raggiungere i rami più bassi di uno degli alberi più alti dei dintorni, iniziò la sua ascesa e Kat si ritrovò a serrare la posa conserta delle braccia dal nervosismo mentre teneva il naso all'insù, come tutti gli altri. Eppure lei non cercava con lo sguardo Bilbo come invece facevano i suoi compagni, ma eventuali ombre sospette fra le fronde, non riuscendo ad impedirselo. Sapeva che il pericolo era in agguato sopra le loro teste.
Soltanto quando, inaspettatamente, la mano di Thorin le si serrò salda su una spalla e le infuse attraverso di esso nuovo calore e fermezza, ella riuscì a rilassarsi ed a pensare più lucidamente. E, per quanto, fino ad un attimo prima, potesse essersi sentita offesa ed arrabbiata nei suoi confronti, con quel gesto egli spazzò via ogni sua reticenza ed ai suoi occhi tornò ad essere il nano affidabile e premuroso che aveva imparato a conoscere nel corso di quel loro viaggio.
Le venne naturale cercare la mano di lui e posarvi sopra la propria, stringendo lieve le dita sulle sue, e nessuno dei due ebbe bisogno di abbassare lo sguardo per suggellare quel momento di intimo sostegno reciproco.
Perché Kat in fondo lo sapeva che, per quante volte si scontrassero l'un l'altra, alla fine avrebbe sempre potuto fare affidamento su Thorin Scudodiquercia.


Malgrado le precauzioni suggerite da Katla, dopo ore di cammino la Compagnia si rese conto di star girando in tondo, giacché incapparono in un porta-tabacco nanico terribilmente simile a quello di Nori. Così simile che il nano in questione controllò le proprie tasche, rendendosi conto di averlo perso solo in quel momento.
E le cose andarono soltanto peggiorando quando, calato il buio, quel tratto di foresta si risvegliò ed i richiami delle creature che l'abitavano indussero i nani al silenzio ed all'attesa nell'oscurità quasi totale. Quella sera, stremati ed irritati, consumarono le loro ultime provviste senza neanche accendere il fuoco e anche così non riuscirono a mitigare la fame dei loro ventri, che finì per tenerli svegli la maggior parte del tempo, cosicché quando giunse il mattino esso li trovò anche più di malumore di prima.
Era l'alba e stavano già per rimettersi in marcia quando, in lontananza, fra gli alberi, giunse un latrato di cani ed un’eco, come d’un corno da caccia. Allora tutti loro si misero in ascolto, cercando di determinare da quale direzione fosse giunto, e finirono per discutere ancora una volta sul da farsi.
Kat infatti era del parere di provare a chiedere l'aiuto degli Elfi del Reame Boscoso, mentre Thorin e molti altri della sua stirpe erano dell'avviso opposto. Erano ancora intenti a parlarne in toni sempre meno pacati, quando un grido di allarme si levò in avvertimento.
Il primo ragno si lasciò ricadere dagli alberi proprio addosso a Oin e Gloin, incontrando così una rapida fine ad opera delle loro asce. Subito dopo ne seguirono molti altri e Kat, pur assalita da un terrore nuovo e strisciante, sguainò subitaneamente la propria spada.
Combattendo al meglio delle proprie possibilità mozzò due delle otto zampe della prima creatura che le arrivò abbastanza vicina e trafisse con la piccola lama elfica l'addome di un altro che stava addosso a Bofur, il più vicino a lei, prima che il capo dei nani desse l'ordine di fuggire. Allora corsero per il sottobosco, combattendo per farsi strada in quel loro tentativo di sottrarsi all'accerchiamento, e la giovane ebbe a malapena l'illusione che, forse, ce l'avrebbero fatta, quando cadde.
L'ultima cosa che i suoi occhi videro fu il tentativo di Fili e Kili di raggiungerla prima che venissero bloccati da uno degli aracnidi giganti, e sentì qualcuno nella cacofonia generale chiamare il suo nome, poi una fitta alla schiena la fece sussultare e tutto intorno a lei si fece di tenebra.


Quando Thorin rinvenne, riportato alla realtà da una presenza che stava tranciando le spesse ragnatele che lo avvolgevano come in un bozzolo, non fu mai così felice di rivedere il volto del loro piccolo ed intrepido hobbit come in quel momento.
Una volta libero grazie all'operato di Mastro Baggins, i versi sibilanti dei ragni che si muovevano sui rami soprastanti gli fecero subito mettere mano ad Orcrist mentre, al contempo, passava in rassegna i propri compagni. Ognuno di loro aveva frammenti di ragnatela appiccicati addosso e gli ultimi stavano uscendo in quel momento, aiutati dagli altri, dalla tela vischiosa in cui erano stati avvolti.
Gli venne spontaneo cercare lei con lo sguardo, rammentando perfettamente di averla persa di vista mentre tentavano di scampare all'assalto delle malvagie creature, ma non la vide ed il suo cuore si strinse in una morsa d'inquietudine.
– Thorin! – la voce di Balin, allarmata, lo richiamò, e lui si voltò alla propria destra, trovando il nano chino su un fagotto di ragnatele insieme a Bilbo.
Immediatamente balzò in quella direzione, raggiungendoli con un paio di falcate, e quando abbassò lo sguardo vide che, all’interno di quel bozzolo che i suoi compagni stavano celermente stracciando con l'aiuto delle loro lame, vi era proprio Katla.
– Non si sveglia – annunciò il mezz'uomo, senza riuscire a mascherare la preoccupazione nella propria voce, né nello sguardo che gli rivolse.
– Dev'essere per la sua corporatura: è più esile della nostra, le ci vorrà più tempo per smaltire gli effetti del veleno – considerò Balin, calmo ma affrettato nell'esporre il suo punto di vista.
Thorin, sollevato, non poté che annuire alla spiegazione dell'amico, andando a scoccare una nuova occhiata al resto della Compagnia, che stava già raccogliendosi fra gli alberi. Kili scoccò una freccia verso i rami più alti ed un attimo dopo un urlo straziante infranse la quiete. Una serie di scricchiolii culminanti con un tonfo anticiparono la caduta di un gigantesco ragno predatore privo di vita.
– Dobbiamo andarcene – sentenziò, greve, l'erede al trono di Erebor, prima di chinarsi a raccogliere da terra il corpo della giovane. Se la mise in spalla e, con l'altra mano ancora stretta sull'impugnatura della propria spada, non dovette nemmeno dare l'ordine perché la Compagnia si mettesse di nuovo a correre fra gli alberi.
– Non vi fermate! – li spronò comunque Thorin, guidandoli nel sottobosco mentre lui per primo si apriva la strada con l'aiuto di Orcrist.
Corsero e combatterono per un tempo indefinito al capo della Compagnia, la cui percezione era distorta dall'adrenalina che gli scorreva copiosa nelle vene e lo spingeva ad andare avanti, determinato a raggiungere per sé ed i suoi la salvezza, ignorando la fatica e la propria debolezza. Spalleggiato da Dwalin e Balin che gli coprivano i fianchi, Thorin poté concentrarsi soltanto sulla via di fronte a sé ed i nemici che lo assalivano da quel fronte, cosicché gli fu meno difficile combattere trasportando con sé la ragazza.
Avevano percorso alcune centinaia di metri sul terreno cosparso di foglie secche, quando un grosso ragno si calò dai rami e si mise sul loro cammino, e Thorin rallentò soltanto perché consapevole di non potersi lanciare addosso alla creatura senza rischiare che Kat venisse ferita, ma nessun nano fece in tempo a fare una mossa che una freccia andò a piantarsi vibrante in mezzo agli occhi dell'aracnide. Il sibilo di morte di questi ne anticipò molti altri e la Compagnia si arrestò al centro di un avvallamento, raccogliendosi attorno al suo capo appena in tempo per vedersi costretti all'immobilità da una cospicua serie di punte di freccia puntate ad un palmo dai loro volti.
Persino Thorin, posto dinanzi a quella minaccia, trattenne meccanicamente il respiro ed ogni muscolo gli si tese mentre la presa sul corpo della ragazza si faceva più serrata. 
– Non muoverti, se ci tieni alla vita, nano – gli si rivolse sprezzante l'elfo che lo teneva sotto tiro.
Era di sangue Sindar, diverso dalla maggior parte dei suoi guerrieri, con capelli biondissimi ed iridi azzurre, e non gli ci volle più di un rapido sguardo per comprenderne il ruolo di capo di quel drappello di Elfi Silvani.
Thorin ne ricambiò l'occhiata fredda e minacciosa con una altrettanto penetrante, ma fu abbastanza saggio da fare come dettogli e non muovere un muscolo, cosicché quella sfida di sguardi si protrasse fra i due per una manciata di secondi, finché dal corpo che egli ancora reggeva sulla spalla non giunse un lamento.
Quel suono fu la causa di un nuovo picco di tensione, eppure anche di un'ondata di sollievo nell'erede di Durin, giacché era la prova che Kat era viva e stava riprendendosi. Diverse corde mandarono un sommesso cigolio, segno che venivano tese ulteriormente, ma a quel punto Thorin tornò con lo sguardo sull'elfo che lo stava ancora fronteggiando.
– Posala a terra – gli ordinò quello, impietoso.
L'animo del nano si ribellò al pensiero di dover lasciare la giovane donna, ma gli bastò una sola parola di Balin per convincerlo a collaborare.
Adagiò con cautela Katla sul terreno, quindi fece un passo indietro e venne spinto a raggiungere il resto dei suoi, che già era stato spostato in un punto più aperto del sottobosco e stava venendo perquisito, sotto il tiro degli arcieri.
Li privarono di ogni arma in loro possesso, ma durante la loro perquisizione Thorin non fece altro che tener d'occhio Kat e l'elfo che era rimasto accanto a lei per esaminarne brevemente le condizioni. Un'altra elfa gli si accostò ed entrambi si scambiarono qualche parola nella loro lingua, prima che la giovane donna ai loro piedi accennasse a muoversi. Fu solo un lieve movimento del capo, ma subito entrambi si chinarono su di lei e la femmina le sfiorò la pelle del collo con un rapido gesto di una mano.
L'istante dopo gli occhi di Katla parvero infine schiudersi ed una smorfia le piegò le labbra, prima di venire offuscata da un'espressione confusa.
– ...Legolas?
La flebile voce di lei giunse a malapena alle orecchie del nano, che eppure la colse, e fu ancor più chiara a quelle degli Elfi, perché il biondo tradì una nota sorpresa e la sua compagna d'armi lo fissò come se avesse delle spiegazioni da doverle.
Persino Thorin, che eppure non era del tutto certo di ciò che aveva udito, cercò di prestare più attenzione a quanto stava accadendo ad un paio di metri da lui.
– Come conosci il suo nome? – la interrogò nella lingua corrente l'elfa dalla chioma ramata che era rimasta lì accanto.
– ..io.. – iniziò Kat, la voce ancora bassa e graffiata, prima che tutto il suo corpo venisse scosso da un singulto e lei venisse assalita da un primo colpo di tosse. Un secondo dopo era riversa carponi mentre vomitava l’anima, tenuta ovviamente sotto tiro, preda di una nausea che doveva essere dovuta agli strascichi delle tossine che aveva ancora in corpo.
Nessun elfo la aiutò e quando Thorin accennò ad un passo in quella direzione si ritrovò una lama a premergli sul petto, in un silenzioso e tangibile diniego, cosicché dovette fare da semplice spettatore mentre Katla riversava sul terreno sotto di sé la bile del suo stomaco vuoto.
Legolas si lasciò sfuggire una smorfia disgustata, ma le permise di sfogare la nausea finché finalmente ella non riuscì a riprendere il controllo delle proprie viscere, e soltanto dopo la fece rimettere in piedi, non senza difficoltà.
– Portateli via – ordinò ai suoi, tornando a posare gli occhi chiari su Thorin.
Il nano ne sostenne ancora una volta l'occhiata gelida, prima di venir costretto a muoversi dietro agli altri suoi compagni. Avevano appena intrapreso la marcia quando Bofur gli comunicò a mezza voce la mancanza di Bilbo, ed allora una piccola fiammella di speranza tornò ad accendersi nel petto dell'erede di Durin, scacciando il cupo sudario che aveva avvolto il suo spirito.


continua...




~ LEGENDA ~

Grassetto = titoli.
Corsivo = evocativo (flashback, canzoni, citazioni, parole in altra lingua o toni dal timbro particolare).
MAIUSCOLO = toni alti.
[1, 2, 3..] = si tratta di annotazioni e/o traduzioni che aiutano il lettore a comprendere al meglio il testo. Basta sostarvi sopra con il mouse perché compaia la nota cui fanno riferimento.
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