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Autore: sunonthesea    09/11/2020    0 recensioni
Il bosco è da sempre centro dell'immaginario umano: una distesa immensa di alberi che si protraggono in altezza fino a rendere le loro cime invisibili, i rami che paiono mani scheletriche pronte ad afferrare i malcapitati e i sentieri sporchi di foglie, che si contorcono con il solo scopo di far perdere gli ospiti delle fronde.
Ma la cosa che sicuramente fa più paura, in una foresta, è ciò che può nascondere. Come nelle profondità dell'oceano, nessuno può sapere con certezza cosa possa nascondersi in mezzo alle foglie illuminate soltanto dalla luce della luna. Ci sono solo animali innocui, trappole di cacciatori oppure qualcos'altro?
Aziraphale non vede l'ora di scoprirlo.
Genere: Angst, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Crowley mangiava le uova sul tavolo, guardandosi intorno come se stesse per essere lui stesso divorato da qualcuno. Non amava quello che stava succedendo, il modo in cui stava venendo trattato. Quel biondino si stava comportando in modo troppo socievole, troppo amichevole. E quella storia delle persone non gli piaceva per niente.

Non era una cosa a cui era abituato.

Con le lunghe dita prendeva il bianco dell'uovo, per poi metterlo tutto in bocca. Nessuno era stato abbastanza paziente da insegnargli le buone maniere a tavola, e questo si poteva benissimo vedere. Però erano anni -secoli- che non mangiava delle uova. Erano calde, erano salate. Erano buone.

Decisamente diverse dalle erbe di cui si era ingozzato durante tutto quel periodo. Per questo poteva dirsi grato all'altro, che lo osservava dall'altro lato del tavolo con uno sguardo indagatore. Sembrava fosse lì per studiarlo, non per ospitarlo, nonostante cercasse di nasconderlo attraverso occhiate che rasentavano il tenero.

-Allora- il biondo attaccò il discorso, stringendo le mani per appoggiare il mento. -Cosa...sei?-

-Te l'ho detto- con la bocca ancora piena, il rosso fece un movimento con la mano, di pura irritazione. L'aveva già detto, non c'era bisogno di ripeterlo. -Sono una persona esattamente come te-.

-Ma hai detto di essere nato molti secoli fa-

-Ma ti ho anche detto che io sono uno stregone, e che sono cose che non ti devono interessare- terminò il discorso infilandosi tra i denti un gigantesco pezzettone, cosa che fece storcere il naso ad Aziraphale. Non era per niente quello che si era immaginato, mentre lo osservava. Non era etereo, non era occulto. Era solo una persona, con i suoi pregi e i suoi difetti.

Alcuni abbastanza rivoltanti.

-Vuoi dell'acqua?- azzardò con un sorriso, adocchiando la bottiglia che teneva vicino al tavolo.

-No grazie- il sibilo dell'altro arrivò chiaro e tondo alle sue orecchie.

Aziraphale sospirò esasperato, senza però darlo a vedere. Non doveva essere scortese con gli ospiti. -Ti piacciono le uova?-.

-Da morire-

-Bene, in merito a questo...-

-Non azzardarti a chiedermi cose sul mio passato, su quello che ho fatto per essere qui tra i vivi- in un brontolio decisamente innervosito, il rosso strinse le dita attorno alla tovaglia, quasi a dover contenere un urlo. -Non sono cose che ti riguardano-.

Aziraphale abbassò lo sguardo, aspettandosi già quella risposta. -Non volevo mica...-

-Volevi, invece- ogni parola che pronunciava era un ringhio sommesso, il richiamo di una bestia antica, ma le sue parole erano comprensibili, vive. Anche il biondo si sarebbe comportato così, se fosse stato letteralmente strappato dalla sua vita, dalla sua quotidianità.

Poteva capirlo.

-Qua sei protetto, intesi? Non c'è nessuno che vuole farti del male- dopo qualche secondo di silenzio decise di fare la sua prossima mossa, osando quasi posargli la mano sulla spalla. L'altro non sembrò gradire.

-Ovunque le persone vogliono farmi del male- il tono del rosso diventò decisamente più cupo, mentre continuava ad ingozzarsi di uova. -È una cosa normale, davvero-.

-Non penso sia una cosa poi così tanto normale, non trovi?-

-Per te forse no, guardati- lo indicò giudicante, il dito ancora sporco di albume -sei biondo, parli bene l'inglese e sei un intellettuale. È normale che la gente non voglia farti del male- distolse lo sguardo, aggiungendo una frase in un mormorio -e probabilmente sei anche tu uno di quei bastardi-.

-Potresti ripetere a voce più alta, per cortesia?- Aziraphale sarà anche stato un ingenuo, ma non avrebbe mai permesso di essere preso in giro in quella maniera.

-Ho detto- il ragazzo si alzò in uno scatto dal tavolo, continuando a puntare il dito verso l'altro. I suoi occhi ambrati brillavano di pura rabbia. -Che tu sei uno di loro. Adesso mi stai trattando bene, ma a fine giornata sarà abbrustolito come un maialino!-. Dalle labbra schiuse si potevano vedere i denti digrignati. 

-E cosa te lo fa pensare, di grazia?- Aziraphale era arrivato al limite della sua gentilezza. Va bene essere gentili con gli ospiti, ma quando questi iniziano a fare supposizioni assurde e in modo così aggressivo era il momento di reagire.

Non si era reso conto di aver urlato. Spesso lasciava andare la sua rabbia libera come un cane lasciato senza guinzaglio in un prato, senza nemmeno esserne a conoscenza. E spesso, quando lo scopriva, stava male. Non era mai stato bravo a dominare la rabbia, anche perché in lui si manifestava in modo strano: mai tutto d'un colpo, più come un'onda. La rabbia iniziava a crescere, si liberava e poi andava a morire sulle spiagge dei suoi occhi sotto forma di lacrime.

Tutta la sua rabbia iniziava con il fuoco e terminava con l'acqua, ma fortunatamente quell'elemento l'ospite non riuscì a coglierlo, poiché di tutto quello colse solo l'urlo graffiato provenire dal biondo dall'altra parte del tavolo. Fu come colpito da una scarica elettrica, sedendosi immediatamente e restando immobile sulla sedia come un albero colpito da un fulmine, gli occhi vitrei davanti a lui. -Perché hai urlato in quel modo?- bisbigliò con tono piatto, abbandonando le mani a penzolare ai lati della sedia. Mai era sembrato più simile ad un bambino spaventato come in quel momento.

Aziraphale lo guardava fisso negli occhi, per poi sentire tutta la sua rabbia scemare dai suoi occhi, che come al solito divennero umidi. -Scusa, non volevo spaventarti- borbottò, passandosi poi una mano sugli occhi per scacciare via le lacrime.

-Nemmeno io volevo trattarti in quel modo- l'altro parve essersi scosso via quella patina di compostezza che aveva preso tutto d'un tratto, tornando ad appoggiare i gomiti sul tavolo. -È solo che...è solo che non sono mai stato abituato a ricevere tutto questo-  continuò, accennando un sorriso timido -e non sono mai stato un grande amante dei rumori forti in generale-.

-Capisco- il biondo si sedette davanti a lui, cercando di non tamburellare le dita sul tavolo. -Cosa...come stai?- non sapeva come attaccare una conversazione normale, a quel punto, per poi scuotersi nel sentire una notifica provenire dal cellulare. Era Anatema. Le aveva scritto poco prima, chiedendole di venire nel minor tempo possibile.

Cinque minuti, e sarebbe arrivata alla sua porta.

-Come ti ho già detto- il ragazzo finì l'uovo in un ultimo boccone, guardandosi poi attorno. -Starei meglio se fossi a casa mia-.

 

Anatema era alla porta, incuriosita. Aveva letto di fretta e furia i messaggi di Aziraphale poco prima di uscire per fare la spesa, correndo subito alla casa che aveva affittato. Sembrava proprio un'emergenza, a giudicare dal quintale di errori grammaticali e di battitura.

Aveva bussato un paio di volte, ottenendo in risposta nulla oltre a qualche sparuto colpo dall'altro lato del legno, quando dopo qualche minuto vide la figura del giovane uscire.

Pareva veramente a pezzi: le occhiaie erano ancora più accentuate, gli occhi umidi da palesi rimasugli di lacrime. La maglia era sporca di qualcosa di rosso, i capelli erano arruffati. Sembrava uno studente durante l'ultima settimana di scuola. -Buongiorno- fece un cenno con la mano timidamente, un sorriso che sembrava una smorfia da teatro.

-Non crederai mai a quello che sto per dirti- nonostante il look da cadavere ambulante, l'entusiasmo del biondo era qualcosa di fuori dal comune. Sfoggiava un sorriso smagliante, come quello di una madre alla recita  del proprio pargolo, mentre indicava con un dito l'interno della casa.

Anatema non voleva rovinargli la festa dicendogli che sentiva dei rumori un po' troppo forti e sospetti provenire dal salotto.

-Cosa succede?- tutto quell'entusiasmo poi, non le stava nemmeno piacendo più di molto. Non conosceva benissimo quel tipo, e con molta probabilità si trattava di un grande e stupido scherzo. Era già pronta a girare i tacchi e andarsene.

Il ragazzo prese un lungo, liberatorio respiro, mentre cercava in qualche modo di fare ordine nella sua testa. Sembrava come se stesse facendo una verifica, oppure un test per prendere la patente. Ad ogni modo, sembrava molto impegnato a pensare, fino al punto da assumere un'espressione pensierosa che non aveva nulla a che fare con il sorriso con cui si era presentato. -Hai presente l'oggetto del nostro studio, Crawly- sbottò in un sospiro, portando i palmi delle mani unite dal naso ad indicare la ragazza ancora più confusa davanti a lui.

-Sì, perché?-

-Non ci crederai mai ma...- si avvicinò a lei, con fare da cospiratore -è lì! È nella mia cucina!-. Nel pronunciare quelle parole sembrava spiritato, un qualche spirito boschivo che cerca di persuadere una giovane a seguirlo per entrare in possesso del suo cuore.

Ricevette in realtà solo un'occhiata poco convinta, unita da un movimento secco con la testa. -Suvvia, Aziraphale- Anatema in realtà faticava a trattenere una risata imbarazzata, mentre si aggiustava la borsa sulla spalla. -Se volevi invitarmi bastava dirlo-.

-No! Io...- quella felicità aveva lasciato rapidamente spazio alla fretta del mantenere il contatto con lei, per non farla andare via ad ogni costo. -Io sto dicendo sul serio! Non sto scherzando! È qui, nella mia casa! Non è un mostro, ti racconterà tutto dentro-. Era quasi commovente, da guardare. Una persona che pareva essere stata così maltrattata dal mondo intero per essere in quello stato che cercava in ogni modo di convincere una persona dall'altra parte così fresca e ben curata, quasi come si trattasse di un passaggio uscito fuori da Notre Dame de Paris.

-Scusa, ma ora devo andare a fare la spesa- Anatema ne aveva abbastanza di quella mezza messa in scena, voltandosi per andare verso la macchina, quando sentì qualcosa stringerle la manica. Era una morsa, qualcosa che non poteva essere slegato facilmente. Era un morso, dita che si trasformavano in denti per tenerla stretta come una preda tra le fauci del predatore.

-Almeno dai un'occhiata dentro- nel girarsi, gli occhi azzurri di Aziraphale gli erano sembrati più convinti che mai.

 

Il tavolo era vuoto, non c'era nessuno. Il piatto con i rimasugli delle uova era ancora abbandonato sulla tovaglia. Aziraphale, nell'arrivare in quella stanza, stette per crollare in una crisi di pianto. Evidentemente, non si aspettava una cosa del genere. Fino ad un secondo prima Anthony era lì, che si gustava le sue uova, e adesso la sedia er scomparsa.

Era scomparso. Si era nascosto. I rumori di prima, si era nascosto mentre lui era alla poarta. QUel viscido! Era così che si ringraziava? A questo punto, però, era il suo compito trovarlo. Solo per non fare una figura orribile davanti ad Anatema. Solo per non ritrovarsi qualcosa di distrutto in una casa non sua.

-Allora, cosa dovrei...?-

-Tu siediti, io torno subito- con un ordine perentorio, per poi dirigersi a passi rapidi verso le altre stanze. Cosa non avrebbe fatto per averlo lì! Sicuramente aveva fatto la figura dell'idiota davanti a lei. Oddio, era abituato a fare la figura dell'idiota con pressoché ogni persona, ma almeno adesso voleva avere un atteggiamento serio! Era pur sempre lavoro, dannazione!

In quale luogo poteva essersi nascosto, in così poco tempo?  Sicuramente, c'erano molti luoghi in cui nascondersi. Molti anfratti. Ma alcuni erano troppo...nascosti. Impossibili da notare ad una prima occhiata. Se si era nascosto in quei cinque minuti in cui lui era stato alla porta, supponendo che non avesse usato qualche magia, non era di certo andato in posti impossibili.

Controllò in armadi, dietro mobili e perfino dietro il frigo, ma a quanto pare non c'era, il tutto sotto lo sguardo perplesso di Anatema, che tentava senza successo di mettere insieme i punti di tutto quello che stava succedendo da quando era entrata in quel cottage.

Sapeva che il tempo per essere ancora considerato una persona sana di mente stava per scadere, esattamente come i posti in lui aveva ancora speranza di trovare Anthony per presentarlo all'altra, quando un'idea gli attraversò la mente come una meteora: sotto il letto.

Era sotto il letto.

Corse verso la camera da letto, sentendo dei rantolii provenire proprio da sotto il letto ancora disfatto. Aveva fatto centro. Si inginocchiò, guardando sotto. Anthony era in posizione di attacco, i denti digrignati  e gli occhi spalancati. Era un gatto pronto ad attaccare. -Chi è quella persona- ringhiò, quelle palle ambrate puntate direttamente verso il biondo, quasi come a voler individuare il punto migliore per colpirlo. Il ciondolo pendolava nell'oscurità, sopra il volto distorto di Elton John.

-Non è nessuno, davvero- Aziraphale si guardava nervosamente alle spalle, porgendo poi il palmo aperto all'altro. Non voleva rendere la situazione più difficile di quella che già era. -Ti farà solo qualche domanda, nient'altro-.

-Ti ho detto niente domande! È così difficile da capire?-

-Non ho voglia di litigare ancora, Crowley-

-E allora lasciami stare qui. Tra poco andrò via, davvero- quell'atteggiamento così aggressivo andrò a scemarsi in una serie di grugniti che in qualche modo avevano formato quelle parole. Da quella bestia meschina, il ragazzo si mise in posizione fetale, la guancia posata sul pavimento polveroso.

-No. Non adesso- Aziraphale restò interdetto da quelle parole, accennando una risata. -Devo ancora saldare il mio debito ricordi?-. Crowley gli aveva salvato la vita, era il momento di ricambiare, giusto? Giusto? 

Crowley sembrò pensoso per qualche secondo, per poi annuire. -Hai ragione- un sorriso gli illuminò il volto per qualche secondo, per poi lasciare che l'espressione si indurisse. -Tanto, non ho nessun altro posto dove andare-.

Aziraphale sentì quelle poche parole colpirlo come delle frecce scoccate direttamente al suo cuore, sentendo poi le dita dell'altro aggrapparsi alle sue. -Tra l'altro, penso che sia anche una persona che tu potresti conoscere-.

Dopo averlo fatto sgusciare fuori dal letto, lo guidò verso la cucina, dove poté finalmente gustare l'espressione sorpresa della donna. Era come se il suo viso si fosse trasformato in gomma, a giudicare dal modo in cui aveva aperto la bocca.

Quello che non si era decisamente aspettato, in verità, era la reazione dell'altro. Se prima i suoi occhi erano scontrosi, in piena burrasca, adesso sembravano strabuzzati, quasi come se stessero per uscire dalle orbite del rosso. Era sorpreso, l'aria sembrò mancargli nei polmoni. -Agnes- riuscì a sussurrare, le gambe tremanti e la pelle che era impallidita di colpo. -Sei tu-.



   
 
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