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Autore: Signorina Granger    10/11/2020    3 recensioni
L is for the way you look at me
O is for the only one I see
V is very, very extraordinary
E is even more than anyone that you adore can
[Dal testo]
"[...] non potè fare a meno di pensare, guardandola, quanto lo stemma della loro famiglia le si addicesse.
Caroline Cavendish appariva deliziosa e fragile, una bellezza così delicata da aver paura di sciuparla. Caroline Cavendish era proprio come un fiore. Una bellissima, delicata, rosa bianca senza eguali.
Genere: Romantico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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L.O.V.E.
 
Love-edit


L is for the way you look at me
O is for the only one I see
V is very, very extraordinary
E is even more than anyone that you adore can

 
 
 
“Carol, è da quando sono finite le lezioni che ti cerco… Mary mi ha detto di controllare qui. Va tutto bene? Stai male, è successo qualcosa?”
“No, sto benissimo, non darti pena.”    Caroline, seduta ad un tavolo della Biblioteca, scosse il capo con vigore senza guardare la cugina, tenendo gli occhi lucidi fissi sul libro di Pozioni che aveva davanti.
Moon, la sua gatta nera che le stava in grembo, miagolò e si accoccolò sul petto della padrona facendo le fusa, quasi percependo il suo malessere e volendola confortare mentre Clio, una mano stretta sullo schienale della sedia e l’altra appoggiata sul tavolo, si mordeva il labbro, incerta sul da farsi: non aveva mai visto Caroline così, prima.
Aveva avuto un’aria terribilmente affranta per tutte le lezioni da dopo pranzo, ma si era allontanata dall’aula di Trasfigurazione prima che riuscisse ad avvicinarla e chiederle cosa non andasse.
Caroline tirò su col naso e cercò di concentrarsi sul libro, ma gli occhi le si fecero così lucidi da riuscire a scorgere le parole a malapena, e prima di rendersene conto Clio la stava abbracciando, accarezzandole i capelli biondi e mormorando che andava tutto bene.
Per lei non andava affatto tutto bene, non da quando era andata a prendere i libri per le lezioni del pomeriggio in Sala Comune e scendendo dal Dormitorio si era imbattuta in suo cugino Neit. Suo cugino che non era solo, nella Sala Comune semi deserta, ma in compagnia di una loro compagna di Casa di un anno più giovane. Le labbra sulle sue.
 
I libri le erano scivolati dalle mani, provocando dei tonfi che avevano costretto i due ad allonatanarsi l’uno dall’altra. Neit, in particolare, era quasi sobbalzato alla vista della cugina, ma non era riuscito a dire nulla mentre la guardava scusarsi a bassa voce, raccogliere i libri e andarsene quasi di corsa, superandoli in fretta e furia.
A pranzo si era seduta lontana da lui, e a lezione, dove quasi sempre sedevano allo stesso banco, Caroline lo aveva superato a capo chino, senza dire una parola.
 
Clio, trovando il fatto terribilmente inconsueto, aveva lanciato una pallina di Pergamena dritta in testa al gemello alla prima distrazione dell’insegnante, chiedendogli cosa avesse fatto alla povera Caroline, ma la Tassorosso aveva ricevuto in risposta solo uno sguardo perplesso e una scrollata di spalle: non ne aveva idea.
 
“Ha a che fare con Neit?”
“No. Non è niente Clio, è solo che mi sento un po’ giù oggi.”
 
Clio esitò, ripensando a quando Egan, il giorno prima, le si era avvicinato a colazione e le aveva detto, con fare da comare, di essere sicuro che Neit e Marianne Lestrange si vedessero.
Avrebbe voluto insistere, ma non se la sentì vedendo la cugina in quello stato. Così si limitò ad abbracciarla, senza dire nulla.
 
*
 
 
Le vacanze di Natale arrivarono in fretta, e per lei e i cugini era tradizione viaggiare sullo stesso scompartimento, in treno: i rispettivi amici avevano il resto dell’anno scolastico, ma quei momenti erano sempre stati solo per loro.
Caroline stava attraversando il vagone cercando Ezra e i suoi cugini con lo sguardo, ma si fermò, pietrificata, quando li vide. Erano già lì, tutti insieme, ma non erano soli: avvinghiata al robusto braccio da Battitore di Neit c’era Marianne Lestrange, la bellissima Marianne dagli occhi da cerbiatta.
 
Caroline deglutì, pensando in fretta, e quando aprì la porta dello scompartimento si stampò un sorriso sul volto pallido prima di parlare, la voce leggermente incrinata:
“Scusate ragazzi, ma Mary mi ha chiesto di farle compagnia… sapete, non sta molto bene ultimamente, la storia del fidanzamento… Ci salutiamo a King’s Cross, ok? Tanto ci vedremo spesso, durante le feste.”
“Sei sicura Carol?”
Clio guardò la cugina con un’espressione da cucciolo ferito, sinceramente dispiaciuta, ma Caroline annuì e ribadì le sue intenzioni prima di congedarsi.
Aveva appena chiuso la porta, voltandosi, quando il suo sorriso plastificato svanì.
 
“Sorridi sempre quando sei in pubblico tesoro mio, ricordatelo.”
“Perché mamma?”
“Una signorina, e anche una signora, non mostra mai cosa la turba. Gli uomini della nostra epoca pensano che le donne siano fatte per compiacerli, per mostrarsi graziose appese al loro braccio. E’ così che ci vedono ed è così che dobbiamo essere, per avere meno noie possibili, belle bambole sorridenti avvolte in abiti meravigliosi. E tu sei così bella… Sono felice che tu lo sia. Una bella ragazza ha meno sofferenze, quasi sempre.”
Penelope le aveva accarezzato il viso con affetto, un affetto che mai la ragazzina le aveva visto nello sguardo quando si rivolgeva a suo padre. Caroline aveva annuito, asserendo obbedientemente che avrebbe fatto come sua madre desiderava, come sempre. Sua madre era una donna molto intelligente, si disse la piccola strega. Di certo sapeva di che cosa parlava.
“Brava tesoro. Ora vediamo di pettinare questi bei capelli.”

 
*
 
 
“Sono molto legati, vero?”
Penelope parlò stringendo la tazza di thè tra le mani, gli occhi azzurri fissi su sua figlia e su Neit che, seduti uno davanti all’altra, stavano giocando a scacchi chiacchierando.
 
“Neit, mi stai facendo vincere?”
“Non mi permetterei mai!”
“Bugiardo!”
 
“Beh, hanno la stessa età, stessa Casa, sono anche entrambi Prefetti… ti stupisce?”
“No, ma per certi versi a volte mi sembra che Caroline sia quasi più legata a Neit di quanto non lo sia a Clio. La adora, certo, ma è un rapporto diverso.”
“Beh, Neit non dà molta confidenza a chiunque… Le vuole molto bene.”
Estelle sorrise e Penelope annuì, lanciando un’ultima occhiata affettuosa ai due prima di tornare a rivolgersi all’amica, che le versò un goccio di latte nella tazza prima di parlare con un sorrisetto:
“A proposito di Caroline… è così carina, non dirmi che ha neanche un fidanzatino.”
“Che io sappia no, ma Carol è molto riservata, non parla mai di queste cose. Ma ad Hogwarts c’è Ezra a controllarla, penso che me lo avrebbe detto lui.”
“Beh, è strano. Ti ricordi quanti spasimanti avevi tu, ad Hogwarts? Henry Blossom si dedicava fiori e poesie a più non posso.”
“Beh, tu non eri da meno, cara Estelle. Ricordo soprattutto di un certo Corvonero che ti veniva sempre dietro…”
Penelope accennò con un sorrisetto al padrone di casa e Estelle sorrise con lieve imbarazzo, lanciando al marito – seduto a leggere il giornale e incurante dei loro discorsi – un’occhiata carica d’affetto.
 
“Già. E non ci siamo mai lasciati.”
“Che dolci. Vorrei averla anche io, una bella storia da raccontare ai miei nipoti… chissà, forse la mia dolce Carol sarà più fortunata di me. Deve esserlo. Non so se sopporterebbe un matrimonio come il mio.”
 
*
 
Caroline guardava la campagna innevata scorrerle rapidamente davanti agli occhi mentre, a bordo dell’Espresso per Hogwarts, sedeva vicino al finestrino. Faceva freddo, nello scompartimento, e la ragazza non si era tolta il mantello bordato di pelliccia, lasciando che il pelo le solleticasse le orecchie.
Sua madre ripeteva sempre che se avesse incontrato l’uomo che aveva inventato i tacchi – a sentire Penelope era stato di certo un uomo, perché solo un uomo poteva voler sottoporre le donne a simili torture solo per apparire più belle – lo avrebbe eviscerato, ma Caroline era più incline a pensarla così su colui che aveva deciso che una donna dovesse sempre tenere i capelli acconciati e raccolti: le sue povere orecchie, ormai, erano diventate insensibili al freddo.
 
Quando sentì la porta aprirsi la strega si voltò, e non potè reprimere un sorriso alla vista del cugino, che ricambiò guardandola con il suo solito cipiglio incuriosito:
“Ciao Carol. Posso?”
“Certo, non devi chiedermelo. Allora… non ti vedo da Capodanno. Come stai? … E come sta Marianne?”
“Oh, ci ho riflettuto, e ho deciso… ho deciso che una volta arrivati a scuola le parlerò. Non penso che abbia senso continuare e illuderla inutilmente.”
“Perché dici così?”
“Mi sono reso conto che non mi è mancata in questi dieci giorni. Affatto. Se una persona non ti manca significa che non è molto importante per te, no?”
“Io… suppongo di sì, Neit. Mi dispiace.”
Caroline abbozzò un sorriso e allungò timidamente una mano per prendere quella del cugino, che guardò la piccola, pallida mano della ragazza appoggiata sulla sua con la fronte aggrottata.
Non era solito concedere molto contatto fisico alle persone, e per un attimo Caroline temette di aver superato il limite e che l’avrebbe allontanata, ma il ragazzo non lo fece e annuì, schiarendosi la voce e asserendo, serio e impassibile, che non aveva importanza.
La strega, invece, tornò a guardare fuori dal finestrino con un sorriso sulle labbra, gli occhi azzurri luccicanti. Mai come in quel momento si sentì una persona orribile, specie nei confronti di una povera ragazza innocente, ma quello fu il momento migliore di tutte le vacanze natalizie, per lei.
 
*
 
“Ciao cugino/collega! Vai ad allenarti?”
Caroline gli rivolse un sorriso allegro mentre lo affiancava nel scendere le scale, e Neit annuì mentre teneva la scopa sottobraccio e una borsa con la divisa da Quidditch in mano.
“Sì, non c’è allenamento con la squadra oggi, ma io ho bisogno di sfogarmi un po’…”
“Non ti farà male, tutto l’allenamento che fai?”
Il tono e l’espressione di Caroline si fecero vagamente apprensivi, ma Neit quasi non se ne accorse e scosse il capo, asserendo che invece gli poteva solo fare bene mentre superavano un paio di ragazzine del quarto anno di Grifondoro.
“Puoi pensarci tu a controllare i piccoletti in punizione, per favore?”
Neit si fermò sul ballatoio davanti alla scalinata principale, e Caroline annuì con un sorriso prima di guardarlo allontanarsi.
“Attento a non farti male!”
Con quest’ultima raccomandazione la ragazza si voltò, appena in tempo per scorgere le due Grifondoro ridacchiare e dirsi qualcosa a bassa voce.
 
“Che cosa c’è di tanto divertente?”
Caroline inarcò un sopracciglio, scettica, e una delle due sorrise prima di parlare, gli occhi luccicanti:
“Neit Cavendish è il tuo fidanzato? Siete sempre insieme! Ed è così bello, ma pare che sia quasi inavvicinabile…”
La bionda avvampò, e le sue guance si fecero di un tono molto simile allo stemma di Grifondoro prima di scuotere la testa, le mani strette a pugno abbandonate lungo i fianchi:
“Non… non è il mio fidanzato, è mio cugino. Filate a studiare, prima che vi tolga punti.”
“Ma non abbiamo fatto niente!”
“Mia madre dice che l’impertinenza è peccato, e io sono d’accordo con lei. Su, andate.”
 
La strega le superò senza dire altro, borbottando qualcosa su quanto detestasse i pettegolezzi e pregando che suo cugino non avesse udito quello scambio di battute.
 
*
 
“Tutte le ragazze sono sempre impazienti di poterla preparare solo per annusarne l’odore… se l’ho preparata correttamente, dovrebbe sapere di qualcosa.”
Caroline guardò il suo calderone pieno di liquido perlaceo, incerta, e Neit, in piedi accanto a lei allo stesso tavolo dell’aula di Pozioni, sbuffò piano mentre mescolava la sua Amortentia:
“Non ci sono dubbi sul fatto che tu l’abbia preparata correttamente, Carol.”
“Non sono brava quanto Ezra, ma in genere me la cavo… beh, sentiamo.”
 
Caroline avvicinò leggermente il viso alle spirali di vapore prodotte dalla pozione che aveva appena preparato per il compito del giorno, ma si ritrasse quasi subito dopo con un’espressione accigliata:
“Ma che odore… Neit, non penso di averla preparata bene. Non dovremmo sentire cose che ci piacciono?”
“Beh, sì… che cosa hai sentito?”
“Non saprei, era tutto coperto da un odore molto forte… non so cosa fosse, ma non penso mi piaccia.”
Il viso di Caroline venne attraversato da un’espressione cupa, quasi delusa, mentre le sue migliori amiche, Mary ed Emily, sghignazzavano dal tavolo accanto:
 
“Forse il tuo innamorato puzza, Carol!”
“Ma state un po’ zitte, voi due!”
 
 
Caroline impiegò un paio di giorni per identificare l’origine di quell’odore che tanto l’aveva sconfortata, anche se il Professore le assegnò una E sia a lei che a Neit. Accadde a cena, quando suo cugino, prima di mangiare un piatto di gulash e purea di patate, prese il barattolo del peperoncino e ne versò una generosa quantità sul proprio piatto.
Il forte odore della spezia scarlatta invase le narici e l’olfatto di Caroline, che quasi si ritrasse d’istinto con una smorfia:
“Per Priscilla, non capirò mai come fai ad usarlo, io non ne sopporto neanche l’odore.”
“Scusa, ti da tanto fastidio?”
Neit alzò lo sguardo dritto su di lei, ma la cugina non rispose, improvvisamente come pietrificata.
Mary le domandò che cosa non andasse, accigliata, ma la bionda scosse il capo e mormorò che non era niente prima di riprendere a cenare a capo chino.
Non degnò Neit di uno sguardo o di una parola per il resto della cena, pasto che il ragazzo trascorse a domandarsi che cosa avesse fatto per turbarla tanto.
 
*
 
“Ho portato altre tre coperte, vanno bene?”
“Io ho l’acqua calda!”
 
 
“Ragazzi, ho la febbre, sto bene, non fate così… un momento, ma voi come siete entrati?!”
Neit, steso nel suo letto a baldacchino dalla trapunta blu notte nel Dormitorio di Corvonero, guardò i fratelli con sincera confusione mentre Caroline, seduta sul materasso accanto a lui, gli sorrideva:
“Gli ho detto io come entrare. Vedo che che avete superato l’indovinello ragazzi, sono fiera di voi.”
“Macchè, siamo rimasti bloccati a litigare con quel maledetto corvo dieci minuti, per fortuna Ezra ci ha salvati… Ma che cavolo ne dovrei sapere su chi viene prima tra l’uovo e la gallina?!”
 
Egan sbuffò prima di depositare la brocca con l’acqua sul comodino del fratello mentre Clio copriva il gemello fino al mento con un’altra coperta, chiedendogli con apprensione se avesse freddo o voglia di mangiare qualcosa.
“Mi andrebbe un thè, ma non ho molta fame…”
 
“Vado subito! Carol, vieni con me, mi serve qualcuno che poi mi aiuti a rientrare in Sala Comune. Ma non potevate avere una parola d’ordine come i comuni mortali, invece di una cosa da sapientoni?”
 
Clio uscì dalla stanza insieme ad una Caroline visibilmente divertita dalla situazione, ed Egan prese il posto della cugina accanto al fratello maggiore prima di sorridergli:
“Scusa se ti sembriamo apprensivi, ma sai…”
“Sì, lo so, tranquillo. Ma ti prego, non dirlo a mamma e papà. La mamma si spaventerebbe da morire e papà arriverebbe qui per accertarsi che io stia bene, e non voglio fargli perdere tempo per una stupida febbre.”
 
Egan sorrise e promise solennemente che non l’avrebbe fatto, chiacchierando col fratello per tenergli compagnia finchè Clio e Caroline non tornarono con il thè caldo.
Rimasero con lui fino all’ora di cena, poi Egan e Clio andarono a mangiare qualcosa. Caroline, asserendo di non avere fame, rimase col cugino per un’altra decina di minuti.
 
“Non ti facevo così trasgressiva da venire nel Dormitorio maschile, Carol. Cosa direbbe tua madre, se lo sapesse?”
Un sorriso attraversò il viso stanco di Neit, e Caroline sorrise mentre gli rimboccava le coperte, asserendo che non importava, visto che non l’avrebbe mai saputo.
“Dopotutto sono un Prefetto, cosa dovrei fare, mettermi in punizione da sola? No grazie. E per, per il mio cugino preferito posso infrangerle, un paio di regole. Adesso dormi, ok? Ti lascio solo, così ti riposi in pace.”
 
Neit annuì e la guardò allontanarsi dal suo letto prima di mormorare un ringraziamento. Una parte di lui – nonostante non amasse per nulla essere trattato come un moribondo – avrebbe voluto chiederle di restare un altro po’, ma non lo fece, dicendosi che di certo la cugina aveva di meglio da fare che restare a fargli da balia.
 
*
 
L’ultima neve di febbraio arrivò in fretta, durante il settimo anno di Clio, Caroline e Neit. Neit sedeva sotto un albero insieme a Sommer, che gli riposava accanto – naturalmente la sua presenza a scuola era contro le regole, ma suo nonno aveva fatto qualche lievissima pressione sul Preside e sul Consiglio – mentre il padrone osservava il castello stagliarsi davanti a lui, i tetti e le torri ricoperti da un soffice strato di neve candida.
L’inverno, ad Hogwarts, era qualcosa di meraviglioso, e guardando il castello Neit seppe che gli sarebbe mancato terribilmente.
Era strano realizzare che quello fosse il suo ultimo inverno a scuola, si disse il giovane mago mentre tornava a guardare i suoi fratelli e i suoi cugini, che stavano facendo a palle di neve imbrattandosi mantelli e vestiti.
Egan e Caroline erano riusciti a coinvolgere persino Ezra, mentre lui era rimasto in un angono a guardare.
Un sorriso gli increspò le labbra nel vedere Egan inseguire Clio con una palla di neve grande quanto la sua testa tra le braccia, ignorando le preghiere e le minacce della maggiore di non farlo.
 
Poco dopo, i quattro avevano iniziato a costruire un pupazzo di neve – aiutandosi un po’ con la magia – e Neit guardò Caroline sfilarsi la sciarpa di Corvonero per avvolgerla attorno al pupazzo mentre Ezra faceva lo stesso col cappello. Egan fece apparire una carota e dei bottoni mentre Clio mandava Winter a cercare dei rametti da usare come braccia, e il maggiore dei fratelli Cavendish guardò il fratello minore “disegnare” gli occhi e la bocca del pupazzo, dandogli però un’espressione seria e corrucciata invece di allegra e sorridente.
Ridacchiando, il Grifondoro indicò il pupazzo e poi indicò Neit, facendo ridacchiare anche Ezra mentre il maggiore, sbuffando, si alzava in piedi:
 
“E quindi quello sarei io?”
“Da cosa lo deduci, fratellone?”
“Dal suo bell’aspetto, ovviamente. Ma tu rimettiti questa, per favore.”
Raggiunti fratelli e cugini, Neit sfilò la sciarpa dal pupazzo e la rimise a Caroline, allacciandogliela con delicatezza attorno al collo mentre Winter e Herbst si rotolavano sulla neve, felici.
Nel farlo i loro sguardi si incrociarono, solo per un istante, ma Neit distolse il suo in fretta e furia, borbottando che non doveva prendere freddo prima di allontanarsi.
 
“Io devo studiare, ci vediamo dopo. Sommer, vieni.”
“Ma Neit, ci stavamo divertendo…”
“Continuate a farlo, allora. Io ho da fare.”
Neit rivolse un debole sorriso alla sorella, che lo guardò allontanarsi con un pizzico di delusione.
 
Il ragazzo non poté fare a meno di pensare a come, per certi versi, alcune cose fossero destinate a non cambiare mai.
I suoi fratelli e i suoi cugini, persone che amava moltissimo e con cui era cresciuto, continuavano a divertirsi insieme mentre lui continuava a restare in un angolo, limitandosi ad osservare.
 
 
*
 
 
“Mi mancherà vederti ogni giorno, sai?”
“Beh, ma ci vedremo sempre spesso… no?”
Neit spalancò gli occhi, sorpreso dalle parole della cugina, e per la prima volta si ritrovò a considerare l’eventualità di non averla più come presenza costante nella sua vita. Eventualità però che scacciò con decisione mentre la ragazza, in piedi di fronte a lui a King’s Cross, annuiva con il suo sorriso dolce:
 
“Ma certo. Solo che non sarà più la stessa cosa, credo. Mi mancherà dare punizioni insieme a te.”
Caroline rise piano, e il cugino annuì con un piccolo sorriso carico di malinconia. Forse Hogwarts già gli mancava.
“Già… mi chiedo come se la caveranno i nostri fratelli senza di noi, l’anno prossimo.”
“Penso che da una parte ne saranno felici, di non averci sempre intorno, soprattutto Egan. Ora devo andare Neit… ci vediamo presto. Vienimi a trovare, ogni tanto. Guai a te se ti scordi di me!”
“Promesso.”
 
Caroline sorrise un’ultima volta prima di dargli le spalle e raggiungere Penelope ed Ezra, che la stavano aspettando vicino alla colonna magica che fungeva da tramite tra il mondo magico e quello Babbano. Neit guardò Penelope abbracciare la figlia con gioia, e non potè fare a meno di pensare, guardandola, quanto lo stemma della loro famiglia le si addicesse.
Caroline Cavendish appariva deliziosa e fragile, una bellezza così delicata da aver paura di sciuparla. Caroline Cavendish era proprio come un fiore. Una bellissima, delicata, rosa bianca senza eguali.
 
Forse non era solo Hogwarts, a mancargli già.  
 
 
Love is all that I can give to you
Love is more than just a game for two
Two in love can make it
Take my heart and please don't break it
Love was made for me and you

 
 
 
 
 
………………………………………………………………………
Angolo Autrice:
Buongiorno mie care lettrici. Ascoltando per l’ennesima volta una bellissima canzone di Sinatra – il cui titolo e testo sono ripresi nella OS – mi è venuta quest’idea, e l’ho messa subito su carta. Mi piaceva l’idea di approfondire il rapporto tra questi due bellissimi personaggi prima degli eventi di WOTR, quando ancora andavano a scuola.
Spero che vi sia piaciuta, a presto e buona giornata!
 
   
 
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