Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: Nikita Danaan    10/11/2020    3 recensioni
[La Bella e la Bestia AU!]
"C’era una volta, tanto tempo fa, uno splendido castello in cui viveva un principe di bell’aspetto. Aveva i capelli neri come le ali dei corvi, occhi profondi e scuri, ma era terribilmente egoista e senza cuore, tanto che una notte una vecchia chiese asilo nel suo castello. Inuyasha – questo era il nome del principe crudele – glielo negò, inorridito dal suo aspetto.
Quest’ultima, adirata, rivelò il suo vero aspetto, ovvero quello di una sacerdotessa nera che aveva venduto l’anima ai demoni per poter acquistare la bellezza e la vita eterna.
Tsubaki, la sacerdotessa, gli disse “Non bisogna mai giudicare una persona dall’aspetto esteriore”."
***
Kagome è una ragazza molto bella che adora leggere. Immergersi nei libri è l'unico modo che conosce per vivere una vita piena di avventure. Un giorno il nonno, mentre si reca ad una esposizione sulla scienza, si perde e finisce prigioniero in un castello. La ragazza lo andrà a cercare ma si imbatterà in una creatura, che tutti definiscono una bestia.
[GLI AGGIORNAMENTI SARANNO LENTI]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il signor Higurashi era talmente sconvolto che non sentiva nemmeno cosa il piccolo essere gli stesse dicendo.
“Signore, vi sentite bene? Vi siete perso nel bosco, vero? Capita spesso. In questa zona è davvero facile perdersi se non la si conosce”.
L’anziano guardò meglio il candelabro e notò che aveva i capelli neri legati in un codino e sembrava quasi avere un viso dalle sembianze umanoidi.
L’uomo balbettò terrorizzato “T-tu…cosa sei esattamente?”.
Il candelabro inarcò un sopracciglio, per poi sbattersi uno dei suoi portacandele in fronte. “Che maleducato! Non mi sono presentato!”.
Accennò una riverenza e disse con tono solenne “Il mio nome è Miroku. Benvenuto nella dimora del principe Inuyasha”.
Il signor Higurashi chiese perplesso “Il principe Inuyasha?”.
“Non lo conoscete?”.
“Mai sentito nominare”.
Il candelabro emise un sospiro affranto e spiegò “Un tempo il mio signore regnava sulla maggior parte dei territori di questa zona”. Il vecchio pensò tra sé e sé che parlasse molto probabilmente della zona tra i due villaggi di Toki e Oseki, ma non ricordava alcun principe Inuyasha. Il candelabro continuò a spiegazione “Erano i territori conquistati dal suo nobile padre, il grande Inu No Taisho, che gli lasciò in eredità dopo la sua triste dipartita. Tuttavia” e qui il suo tono di voce si fece più cupo “dopo il sortilegio non si occupò più della gestione dei territori e la zona fu lasciata a sé stessa”.
“S-sortilegio?”.
“Eh sì. Una sacerdotessa nera gli ha scagliato un maleficio poco dopo la sua incoronazione”
Al signor Higurashi non era nuovo il nome di Inu No Taisho, quindi appurò che il principe Inuyasha non aveva avuto il tempo di governare, proprio a causa di quell’incantesimo.
Miroku sospirò nuovamente “Sarebbe fantastico se venisse qua una giovane e si innamorasse del mio signore. In tal modo spezzerebbe la maledizione, ma purtroppo l’aspetto e il carattere – che già non era particolarmente amabile – del mio signore impaurirebbero qualsiasi fanciulla”.
Il signor Higurashi impallidì e iniziò nuovamente a sudare “È davvero così terribile il tuo padrone?”.
Il candelabro alzò lo sguardo e si rese conto di aver spaventato l’uomo “Oh, stiate tranquillo, signore! Ora il padrone non c’è. Sarete nostro ospite. Le daremo da mangiare e un posto dove passare la notte, così domani mattina potrete ripartire riposato e in piene forze”.
L’anziano non si sentì molto tranquillo. Iniziò a guardarsi attorno, temendo che un mostro apparisse all’improvviso. In quella stanza, però, sembravano esserci solo lui e il candelabro parlante.
Abbassò nuovamente lo sguardo su quello strano essere “Quindi anche te sei vittima di questo sortilegio?”.
“Esattamente. Non fatevi ingannare da questo mio aspetto mediocre, per cortesia! Un tempo ero bello anch’io, sapete?”.
“Ci credi solo tu, Miroku” intervenne una voce femminile.
Una scopa, vestita da cameriera e con i capelli legati una coda alta, si avvicinò ai due, uscendo da una delle varie porte, che si trovavano nella stanza. Insieme a lei vi erano una teiera con una benda nera sull’occhio e la “faccia” di porcellana piena di rughe, al suo fianco saltellava una piccola tazzina da tè con una coda e un piccolo orologio a cucù dalle fattezze di una pulce.
“Mia amata Sango! Signora Kaede, Shippo, vecchio Myoga! Siete arrivati giusto in tempo per accogliere il nostro ospite”.
La vecchia teiera guardò Miroku, poi l’anziano e disse “Sei certo che sia una buona idea? Il padrone, se lo scoprisse, non ne sarebbe contento”.
Il signor Higurashi iniziò a temere che questo fantomatico padrone non fosse un tipo ben disposto all’ospitalità. Forse era meglio levare le tende prima che sia troppo tardi.
“Fermi tutti, state tranquilli! Il padrone adesso non c’è, ma anche se ci fosse per principio lo accoglierei. Che fine ha fatto la nostra educazione?”.
L’orologio pulce saltellò “Hai ragione, Miroku! Tanto il signorino Inuyasha non c’è quindi possiamo stare tranquilli”.
La tazzina intervenne “Dì la verità, Myoga. Se ci fosse il principe te la saresti già data a gambe dando la colpa noi, vero?”.
L’orologio balbettò “Ma c-cosa dici, Shippo? Non lo farei mai!”.
Tutte le suppellettili lo guardarono male e dissero all’unisono “Sì certo, come no”.
Il candelabro si girò verso l’uomo e gli chiese “Comunque sicuramente sarete stanco, vero signor…?”.
Hiroshi Higurashi”.
“Bene, signor Higurashi. Ci segua”.
Gli oggetti incantati gli fecero strada. Hiroshi li seguì e si trovò in una sala da pranzo moderatamente grande. Era occupata da un grosso e lungo tavolo in legno al lato sinistro di essa, dove presentava varie sedie imbottite con cuscini rossi e decorate con volute dorate. Avvicinandosi al tavolo, il signor Higurashi poté constatare che il tavolo era di ottima fattura, però non era perfettamente liscio. Era un po’ rovinato e anche le sedie, se le si osservava più attentamente, presentavano qualche ammaccatura o crepa.
Contro la parete centrale c’era un camino, da dove si sentiva il crepitio del fuoco che bruciava la legna e di fronte ad esso si trovava una bella poltrona imbottita sempre di rosso.
Alcuni oggetti della casa, che portavano in testa cappelli da cuoco oppure indossavano dei semplici grembiuli, appoggiarono al posto del capotavola un piatto con sopra del pane, qualche fetta di prosciutto e un pezzo di formaggio.
Hiroshi stava per sedersi al suo posto per mangiare, ma vide Miroku sfrecciare verso i cuochi, urlando indignato “Cos’è questa roba?”.
“La cena per l’ospite”.
“Ma quale cena? Ma stiamo scherzando?! Cos’è questo scempio? Forza, diamoci da fare! Sono anni che non abbiamo ospiti. Trattiamo il signor Higurashi come merita”.
I cuochi si guardarono perplessi tra di loro.
Il signor Higurashi intervenne imbarazzato “Non c’è bisogno di avere così tante premure nei miei confronti”.
Era un uomo di umili origini, abituato ad accontentarsi solo dello stretto indispensabile che la vita gli offriva. Non era mai stato pretenzioso e di certo non si aspettava che cucinassero per lui una cena da re. Voleva solo mangiare qualcosa e possibilmente dormire qualche ora.
Ma Miroku era irremovibile. “Assolutamente no! Forza, tornate in cucina a preparare qualcosa di più sostanzioso per il signor Higurashi”.
Gli utensili animati annuirono ed eseguirono. Sango spazzò via il piatto con il pasto frugale, mentre la vecchia Kaede, seguita da Shippo, dichiarò che sarebbe andata in cucina a preparare del tè caldo.
Myoga si avvicinò all’anziano e disse “Volete sedervi su quella poltrona intanto che aspettate? È comoda e molto più confortevole di questa vecchia sedia”.
Hiroshi osservò la poltrona in maniera scettica. “Per caso è del vostro padrone?”.
L’orologio pulce parve per un attimo in difficoltà, ma poi rispose “Beh sì, ma visto che al momento non c’è…”.
Il vecchio la guardò ancora per qualche istante indeciso sul da farsi. Ma la tentazione era troppo grande persino per lui. Si alzò e si diresse verso la poltrona e si sedette, sprofondando nella morbidezza dei cuscini.
Era comodissima! Sembrava di essere sdraiati su un letto, ma mille volte più confortevole di quello che aveva a casa sua.
Ripensando al suo villaggio, si chiese se la sua nipotina stesse bene e che quell’idiota di Koga non la infastidisse. Aveva provato varie volte a dirgli di lasciare in pace sua nipote, ma invano. Koga era quel tipo di uomo arrogante, che vuole tutto come un bambino viziato e ciò che non può avere deve essere suo a ogni costo, anche usando la violenza se necessario.
Hiroshi rabbrividì. Se fosse accaduto qualcosa a Kagome mentre era via non se lo sarebbe mai perdonato. Sua nipote era la sola persona che gli era rimasta e le voleva un bene incommensurabile. Si occupava della ragazza da quando era morta la sua amata figlia e il suo consorte e da allora la considera come fosse sua figlia.
Non poteva permettere e non avrebbe mai accettato che un infame come Koga le facesse del male.
Il vecchio si mise seduto sulla sedia, portandosi le mani rugose davanti al volto.
Myoga gli domandò “State bene, signore?”.
“No” rispose il vecchio. La sua voce era resa alterata dal fatto che avesse le mani sopra di essa. “Come ho potuto abbandonare mia nipote? La mia piccola Kagome…”.
La teiera Kaede si avvicinò al vecchio trascinando un carro da dolci con sopra un piatto caldo di minestra, un pezzo di carne inzuppata nel sugo, tre belle fette di pane caldo con sopra del formaggio fuso e la tazzina Shippo era ricolma di tè verde fumante.
Il vecchio sentì l’odore di quelle leccornie, ma al pensiero della nipote gli si era chiuso lo stomaco.
“Cosa ho fatto? Devo tornare indietro!”.
Miroku e Sango si stavano avvicinando a loro volta. Se la scopa cameriera inizialmente sembrava indispettita da Miroku – perché l’aveva palpata senza il suo consenso – appena vide il vecchio in preda alla disperazione cambiò subito espressione. “Che è successo?” chiese.
“Kagome ha bisogno di me! Come ho potuto lasciarla da sola? Se quello screanzato di Koga ha osato farle del male…”.
Miroku – la cui “guancia” era rossa e presentava il segno provocatogli da un colpo della scopa – esclamò “Aspettate! Non potete partire adesso! È ancora buio fuori!”.
“Esatto, per adesso rimanete qui. Ripartirete domani alle prime luci dell’alba, così sarà meno difficile perdervi e Bokusenwo non vi spaventerà più di tanto” intervenne Kaede.
“Bokusenwo?”.
“L’albero demoniaco vecchio di duemila anni di magnolia. Molto spesso è capitato che spaventasse i visitatori, ma in realtà è un demone piuttosto pacifico” rispose a Hiroshi il vecchio Myoga.
Il signor Higurashi si ricordò di quell’albero che l’aveva spaventato a morte e capì. Però gli venne in mente anche che in quel frangente il suo cavallo Entei era scappato, quindi non poteva comunque muoversi da lì nemmeno volendo.
“Per la miseria!” esclamò. “Il mio cavallo!”.
“Non temete! Nella vecchia stalla abbiamo ancora un cavallo, che vi possiamo prestare” lo rassicurò Miroku.
“Che anche quello appartiene al vostro padrone deduco”.
“Su su, ora non si preoccupi!”.
“Io invece mi preoccupo eccome!”. Il signor Higurashi si era alzato in piedi e ora osservava dall’alto i vari esseri.
“Miroku mi ha detto che siete tutti vittima di un maleficio, esatto? Non è che siete anche voi dei demoni? Perché se c’è un demone nella foresta non dubito che ci sia anche qui. Inoltre la sua coda” disse indicando Shippo “non mi convince. Dalla voce sembra un bambino, ma nessun bambino ha la coda di una volpe e io so che esistono dei demoni ingannatori denominati kitsune che si divertono a tormentare gli umani”.
Shippo osservò Hiroshi con le lacrime agli occhi “Ma io sono un bimbo buono! Non sono pericoloso!” e scoppiò a piangere.
La vecchia Kaede gli diede un colpetto sul dorso usando il suo beccuccio. “Signore, capisco la vostra diffidenza, ma Shippo è un demone kitsune completamente innocuo. È mio nipote, mentre invece io e il signor Myoga, che è un demone pulce, eravamo rispettivamente la balia e il precettore del principe Inuyasha. Miroku” diresse stavolta il beccuccio verso il candelabro e la scopa “era il suo ciambellano di corte e Sango una delle cameriere del castello”.
Il vecchio li guardò scettico “E cosa mi dice che non mi stiate mentendo? Inoltre è da quando sono arrivato che continuate a parlare di questo vostro fantomatico padrone abbia un aspetto spaventoso, un carattere iroso e che non sia avvezzo all’ospitalità. Che la storia del sortilegio sia tutta una farsa per farmi stare buono, quando in realtà siete tutti dei demoni, lui compreso? A proposito” si spostò e iniziò a camminare per la stanza, guardandosi attorno. “chi mi dice che non sia nascosto qua da qualche parte, in attesa di potermi uccidere?”.
Le suppellettili si guardarono tra di loro cercando di trovare un modo per calmarlo e convincerlo a fidarsi di loro, ma quando buttarono uno sguardo alle spalle del vecchio iniziarono a sudare freddo, soprattutto Myoga il quale corse a nascondersi sotto il tavolo.
Shippo iniziò a tremare come una foglia facendo addirittura cadere del tè. Miroku prese la parola a fatica, mentre Sango e Kaede erano impietrite dal terrore.
“Signor Higurashi…”.
Ma il vecchio non li stava né guardando né ascoltando. “Basta! Io me ne vado da questo posto!” ma voltandosi si trovò davanti una presenza che gli fece raggelare il sangue.
Due occhi scarlatti e dall’iride blu elettrico lo stavano osservando minacciosi. La pupilla aveva la forma ristretta tipica di certi animali pericolosi, come le tigri e i leoni. Due linee violacee si stagliavano su un viso umanoide ma sfigurato da lineamenti duri e un’espressione furente e bestiale. Dalla boccia digrignata uscivano due zanne dalle dimensioni spropositate.
Il vecchio cadde all’indietro per lo spavento. Il candelabro si frappose tra la bestia e Hiroshi “Vi prego, non fategli del male! Prendetela con me! Io l’ho fatto entrare. Me ne assumo ogni responsabilità, è colpa mia. Ma non uccidetelo ve ne prego, padrone!”.
“Oh Miroku…”. Sango era commossa da questo slancio di coraggio da parte del candelabro, però decise di non lasciarlo da solo. Corse verso di lui e si mise davanti al principe. “È anche colpa mia, vostra altezza. Punite anche me, ma non questo pover’uomo!”.
Shippo si fece coraggio e con una voce flebile disse “Deve tornare a casa da sua nipote…”.
Ma il principe Inuyasha l’aveva udito ugualmente. Scrocchiò le dita, le quali presentavano artigli lunghissimi e affilati come rasoi. Guardò il vecchio per un istante. L’uomo era terrorizzato da quello sguardo.
Sembrava non provare emozioni. Non sembrava umano, ma un mostro. Un orrendo demone, un’orrenda bestia.
Il vecchio fece per alzarsi e scappare, ma la belva lo afferrò per la collottola della maglia e lo trascinò via.
“No, aspettate! Fermatevi!” urlarono Miroku e Sango, inseguendolo. Lo stesso fece anche la vecchia Kaede. Il principe scese a passo svelto nelle segrete del castello e aprì una delle celle, gettandoci dentro l’anziano.
Chiusa la cella si aggroppò alle inferriate e ringhiò all’uomo “Non morirai, però resterai qui. Nessuno entra nel mio castello senza il mio permesso”. Si girò poi verso i suoi servitori, i quali si aspettavano di essere puniti dal padrone.
Abbassarono il capo attendendo in un silenzio tombale carico di tensione.
Il principe li scavalcò ignorandoli completamente.
“Muovetevi” e risalì le scale per uscire dalle segrete.
I tre si guardarono perplessi.
“Non ci fa niente?” chiese il candelabro.
“Forse appena usciremo” rispose la teiera. “Non abbassiamo la guardia”.
La scopa si affacciò guardando nella cella e si diresse al signor Higurashi “Non temete, troveremo un modo per farvi uscire. Riabbraccerete vostra nipote, ve lo prometto”.
Miroku si avvicinò e si appoggiò a lei con uno dei suoi portacandele. Se fosse stato umano le avrebbe appoggiato una mano sulla spalla.
“Ve lo prometto anch’io, signor Higurashi”.
“Intanto andiamocene da qui. Il padrone è stato chiaro” intervenne greve Kaede.
Gli altri due annuirono ed esclamarono “Torneremo”.
Appena uscirono dalla stanza, il vecchio si sedette e si strinse le ginocchia al petto iniziando a piangere. “Kagome…”.
 
Intanto il piccolo Shippo era riuscito ad uscire dal castello, approfittando della distrazione di tutti, specialmente di quella del principe e, sfruttando le sue piccole dimensioni, passò tra le sbarre del cancello di ingresso.
Per una volta ringraziò che la sua maledizione non fosse un ostacolo per lui, piuttosto era un vantaggio in quel caso.
Si guardò attorno facendo mente locale. Aveva capito che il signor Higurashi fosse giunto fin lì a cavallo, ma da dove? Probabilmente da un villaggio di quelle zone.
Fece mente locale, ripassando le nozioni di geografia che sua nonna Kaede aveva voluto che avesse e si ricordò che i due villaggi più vicini erano Toki e Oseki, ma quale dei due?
Poi gli venne in mente il fatto che avesse incontrato l’albero demoniaco Bokusenwo, che si trovava più vicino alla zona di Toki.
Decise che si sarebbe diretto là alla ricerca della nipote. Non solo avrebbe salvato il vecchio Higurashi, ma forse anche loro dal sortilegio della sacerdotessa nera Tsubaki. Nella sua ingenuità di bambino sperava che la nipote di quel vecchietto così affezionato a lei – quel dettaglio gli aveva fatto pensare al rapporto tra lui e sua nonna – di conseguenza fosse una brava persona. Si era mostrato diffidente verso di loro in quanto esseri bizzarri e mai visti prima da lui, però se avesse spiegato con calma a quella ragazza la situazione, preparandola anche mostrando sé stesso e facendole capire che non doveva temere nulla forse si sarebbe fidata e tranquillizzata.
Non sapeva però come fare a rassicurarla per quanto riguardava il principe, ma valeva la pena tentare, anche perché non aveva altri piani.
Tuttavia senza un mezzo di trasporto ci avrebbe messo giorni, ma non aveva tutto quel tempo! Doveva fare in fretta.
Un nitrire lo riscosse. Un cavallo si avvicinò di corsa a lui, le froge dilatate e la lingua di fuori per via dello sforzo eccessivo compiuto.
“Forse sei tu il cavallo del signor Higurashi”.
Il cavallo abbassò a fatica il muso per annusarlo e percepì l’odore del suo padrone. Così si sporge in avanti per invitare Shippo a salire su di lui. La piccola tazzina kitsune non si lasciò pregare e salì sul cavallo, il quale tornò indietro ripercorrendo la strada a ritroso da dove era venuto.
Shippo intuì le intenzioni del cavallo e sperò che lo conducesse dalla nipote del signor Higurashi.
Forse solo lei era la loro salvezza.

Angolo dell’autrice
Hiroshi: nome che ho dato io al nonno di Kagome, poiché nella serie non viene mai detto.
Toki: il villaggio dove vivono Kagome e suo nonno. L’ho inventato sulla falsa riga del nome della città di Tokyo.
Oseki: il villaggio dove si deve recare il signor Higurashi per partecipare alla fiera della scienza. L’ho inventato usando come riferimento una sonorità simile al villaggio di Toki e come esso mi sono ispirata a una città giapponese, ossia Osaka in questo caso.
   
 
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