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Autore: Emmastory    10/11/2020    3 recensioni
Muovendosi lentamente, anche ad Eltaria il tempo ha continuato a scorrere, dettando legge nella selva, al villaggio e nelle vite dei suoi abitanti. Il freddo inverno ha fatto visita a sua volta, e solo pochi giorni dopo un lieto evento che cambierà le loro vite per sempre, in modi che solo il futuro potrà rivelare, la giovane fata Kaleia e Christopher, suo amato protettore, si preparano ad affrontare mano nella mano il resto della loro esistenza insieme, costellata per loro fortuna di visi amici in una comunità fiorente. Ad ogni modo, luci e ombre si impegnano in una lotta costante, mentre eventi inaspettati attendono un'occasione, sperando di poter dar vita, voce e volto al vero e proprio rovescio di una sempre aurea medaglia. Si può riscrivere il proprio destino? Cosa accadrà? Addentratevi di nuovo nella foresta, camminate assieme ai protagonisti e seguiteli in un nuovo viaggio fatto di novità, cambiamenti, e coraggiose scelte.
(Seguito di: Luce e ombra: Il Giardino segreto di Eltaria
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Luce-e-ombra-IV-mod
 
 
 
Capitolo XVIII 
 
La famiglia nella selva 
 
Passavano le ore, e non dormivo. Provavo, certo, ma dopo numerosi e infruttuosi tentativi di chiudere gli occhi e abbandonarmi al sonno, avevo smesso di provare. Non ero sola, anche Christopher era sveglio, e sdraiato a guardare il soffitto di roccia, sospirò. “Neanche tu, vero?” mi chiese, parlando a voce bassa per non disturbare ninfe e boccioli. Come tanti altri visi amici, non vedevo neanche loro da moltissimo tempo, e se prima erano piccoli, deboli e alti come piantine, ora erano alti e robusti come gli alberi che spesso mi ritrovavo intorno, e a quella vista, sorrisi. Persa in un silenzio tutto mio, mi limitai a guardarne due scuotere ognuno i propri rami in segno di saluto, ridacchiando divertita nel vedere alcune delle loro foglie finire per terra. “Un giorno diventeranno più grandi, ninfe come noi o satiri come Carlos.” Disse una voce alle mie spalle, che subito riconobbi essere di Amelie. Voltandomi, incrociai il suo sguardo, e regalando un lieve sorriso anche a lei, non posi domande. A quanto sembrava, quella di piante prima e alberi poi doveva essere la loro forma magica, mentre quella di noi fate ci faceva somigliare a lucciole scintillanti e colorate. A quel pensiero, mi distrassi ancora, e guardandomi brevemente intorno, notai le culle dei miei bambini. Ancora una volta, e ancora per poco, c’era da dirlo, le solite lanterne di ceramica ricevute proprio da Amelie e dalle sorelle, che guardai con i veri occhi di chi ama. Sdraiato al mio fianco, anche Christopher si voltò per osservarli, e nel mentre, cercò la mia mano. “Riesci a crederci? Manca così poco!” sussurrò, faticando stavolta a mantenere un tono neutro. Innamorata, ricambiai quella stretta, e facendomi più vicina per un abbraccio mi lasciai stringere. “Già, e i nostri amici sono tutti qui.” Commentai, felice e orgogliosa come ogni vera madre. “Quasi tutti, Kia, ma non importa. Godiamoci il momento, d’accordo?” rispose subito lui, felice quanto e forse più di me. Sollevando lo sguardo, mi persi nei suoi occhi e nella loro chiara sfumatura di speranza, e fu allora che lo vidi. Era davvero contento, anzi addirittura orgoglioso come lo ero io, e all’improvviso, qualcosa entrò, o meglio, tornò nel mio campo visivo. Non i miei piccoli Darius e Delia, ormai vicinissimi alla loro vitale prima trasformazione, ma al contrario, Sky. Mia sorella, la fata di cui più mi fidavo, quella che aveva reso la mia infanzia memorabile nonostante il dolore, la paura dell’abbandono e il freddo della pioggia, ancora, o almeno così sembrava, placidamente addormentata. Fermandomi a osservare il triste spettacolo che il suo corpo offriva, sentii alcune lacrime inumidirmi gli occhi, e scuotendo la testa, mi imposi di non farlo. Non dovevo piangere, non potevo. Respirando a fondo, sperai di riuscire a calmarmi, e proprio allora, nuove voci nella mia testa. Non quelle degli spiriti, grazie al cielo almeno adesso mi lasciavano in pace, e sollevata, ero arrivata a pensare che mi avessero concesso una tregua, e al loro posto, accompagnate proprio da una che conoscevo e non avrei mai dimenticato, nonostante a volte m’irritasse o desse sui nervi, mille e mille scene di altrettanti ricordi nella mia mente. Insieme, c’eravamo proprio io e lei, e tenendoci per mano, correvamo nei prati, felici e sicure di poter sempre contare l’una sull’altra. Ormai estraniatami dal mondo, non vedevo che quelle immagini nella mia mente, e assieme ad esse, quella voce così importante. “Andiamo, Kia, puoi farcela! So che puoi!” era proprio lei, proprio Sky, fermatasi dopo una folle corsa fra l’erba per aiutarmi a rialzarmi dopo che ero inciampata in una radice. Colta in fallo dalle mie stesse emozioni, non riuscii a impedire a una singola lacrima di rotolarmi lungo la guancia, e in breve, mi scoprii senza fiato. Per qualche istante, un nodo alla gola mi impedì di respirare, e tornando ad essere me stessa, libera da quella sorta di visione, provai una stranissima sensazione all’altezza del petto. Faceva male, ma allo stesso tempo era pieno di gioia e speranza, ed ero certa che pur provandoci, non sarei riuscita a capire da cosa dipendesse. Desiderando la calma, respirai ancora, e in quel momento, tutto mi fu chiaro. Felicità e tristezza si dibattevano nel mio animo, unite indissolubilmente alla voglia di non mollare. Se attorno a noi c’era il buio, io e Christopher sembravamo gli unici in grado di vedere la luce, invisibile agli occhi di Amelie, che alzatasi in piedi, osservava il corpo di mia sorella con occhio attento e critico, ma anche, avrei potuto giurarlo, mesto. Confusa, m’interrogai chiedendomene il perché, e quando anche i miei occhi azzurri cercarono risposte, e lei non ne diede. Più esperta di me in quel campo, e dedita alla medicina come il caro Carlos, che da poco si era unito al nostro gruppo avvicinandosi a un’ancora dormiente Aster, forse sapeva cosa sarebbe successo, e forse, nonostante non parlasse, aveva già capito. “Amelie...” chiamai, con voce rotta da un misto di dolore e apprensione. “Si riprenderà, se è questo che vuoi chiedermi, Kaleia.” Precise e veloci, le sue parole finirono per spiazzarmi, e con un nuovo germoglio di letizia a spuntarmi in petto, guardai Chris. “Tesoro, hai sentito? Starà bene! Non era troppo tardi!” esclamai, alzando di qualche tono la voce pur senza curarmene. “Non è mai troppo tardi, fatina mia.” Mi rispose lui, la voce finalmente di nuovo calda e dolce come la ricordavo. “Ha te come sorella, e forse ora non ci sente, ma sono sicuro che sappia quanto tu le voglia bene.” Aggiunse poco dopo, serio e decisamente più tranquillo. Fiduciosa, mi rifugiai di nuovo fra le sue braccia, e alzandosi dal suo personale giaciglio di foglie, anche Cosmo volle stare con noi. “Vogliamo bene anche a te, bello, sappilo.” Gli dissi, guardandolo negli occhi. Con una sorta di sorriso stampato sul muso, il nostro Arylu parve annuire, poi abbaiò una volta sola. Con un rapido gesto della mano, provai a zittirlo, ma purtroppo, senza successo. Amplificato dall’eco della caverna, il suo latrato scosse della polvere, e spaventati, alcuni boccioli diventati alberelli si strinsero gli uni agli altri alla ricerca di conforto, ma lui, dolce e pasticcione come sempre, non demorse. Esibendosi in una sorta di inchino, infatti, abbaiò ancora e ancora, deciso a dimostrare a quelli che già considerava nuovi amici di non essere affatto pericoloso. “Io sono Cosmo, e voi?” sembrava dire, guardandoli e agitando la coda. Confusi, gli alberelli non risposero né si mossero, e poco dopo, qualcos’altro accadde. Troppo distratti, non c’eravamo accorti dello scorrere del tempo, ma a giudicare dal raggio di sole che riuscì a filtrare attraverso una fessura nella roccia, scalfendola pur senza rovinarla, la notte era passata, e ormai era mattina. Colpita da un ricordo, divenni rigida come un’asse di legno, e di nuovo concentrata su Sky, attesi. In quell’ambiente pieno di luce, solo il silenzio, saltuariamente rotto dal brusio dei boccioli più giovani, ma nonostante tutte le mie mute preghiere, ancora nulla. “Sta tranquilla, tesoro, tranquilla. Amelie ha detto che si riprenderà, dobbiamo solo avere fiducia.” Azzardò Christopher, che sembrava aver già notato la mia agitazione. “Fiducia, Chris?” Replicai, stizzita. “Fiducia? Siamo qui da tutta la notte, e non è ancora cambiato nulla. È pur sempre mia sorella, provo troppe emozioni, accidenti!” continuai poco dopo, alzando ancora di più la voce e finendo per urlare, così forte da spaventare il povero Cosmo, che accorgendosi di tutto, si rintanò in un angolo con la coda fra le zampe. A poca distanza da lui, invece, Blaze emise una sorta di ruggito, decisa a proteggere le sue uova da quella che ora considerava una minaccia. “Questo possiamo capirlo, giovane fata, credimi. Ma che succede, non ti fidi più della mia parola? O di quella di mia cugina?” chiese allora Amelie, oltraggiata. “Cosa? No, no, assolutamente, è solo che...” balbettai in risposta, facendomi pena e schifo da sola. Anche in quel frangente, non capivo cosa stesse succedendo, né riuscivo a spiegarmene il perché. Ero presente, viva e lucida, ma nonostante tutto mi sembrava di star lentamente andando alla deriva, come le barchette di carta che facevo galleggiare sul lago di Primedia con l’aiuto di Eliza. Chissà dov’era ora, mentre io, al sicuro in una grotta di ninfe, boccioli neonati e cresciuti, e la mia stessa famiglia di creaturine magiche ma in parte umane, soffrivo tanto. Aveva detto che mi avrebbe raggiunta affidando proprio quelle parole a una lettera, certo, ma data la situazione, le rassicurazioni non bastavano più. Avevo bisogno di stabilità, quiete e certezze, e voltandomi verso Christopher, anzi, correndo di nuovo fra le sue braccia, sperai di ritornare a un porto sicuro. “Va tutto bene, amore mio, sfogati.” Mi disse soltanto, accogliendomi come solo lui sapeva fare. Stremata dalle mie stesse emozioni, sentii la mia rabbia trasformarsi in lacrime, e parte dei fiori ai miei piedi trasformarsi in rovi e spine. Un modo come un altro per i miei poteri di manifestarsi in base a ciò che sentivo, e che Amelie si limitò ad osservare senza una parola. Era esperta, lo sapevo bene, vedevo che capiva, e come Christopher, mi lasciava sfogare. “Allora... allora dicevi il vero?” piagnucolai, parlandole a mezza voce e sperando in una risposta che almeno stavolta non fosse un enigma. “Certamente, cara fata. Io e le mie sorelle capiamo il dolore, ma colei che chiami Sky sta ancora bene. È qui con noi, e anche se non sembra, riesce a sentirci. È debole per reagire, e come ripeto, soltanto un atto di fiducia riuscirà a guarirla davvero.” In quelle parole, due facce della stessa medaglia. Quiete e confusione insieme, impegnati a combattere l’una contro l’altra, ognuna con la stessa speme di vincere quella metaforica battaglia. Confusa come non mai, non sapevo più cosa pensare, e non riuscendo a trattenermi, ripresi la parola. “Siamo la sua famiglia. Siamo tutti qui, cos’altro le serve? Dimmelo, ti prego, vogliamo solo aiutarla.” Implorai, avvicinandomi di qualche passo e quasi cadendo in ginocchio di fronte a lei. Un comportamento patetico, lo sapevo, ma al momento non importava. In fin dei conti, quanto contava il mio onore al momento rispetto alla sopravvivenza di mia sorella? Nulla, ecco quanto. Imitandomi, anche Cosmo prese a mendicare, e finalmente, dopo quella che ci parve un’eternità, la ninfa si decise. “Aster, Carlos, svegliatevi. Credo sia arrivato il momento giusto per una preghiera.” Disse, seria come mai ricordavo di averla vista. C’era stato il nostro primo incontro, e poi il giorno in cui mi aveva liberato dalle grinfie della strega e dall’oscura croce che mi aveva impresso sul polso, ma ora il presente eclissava il passato, e seguendomi senza parlare, anche Christopher si unì a quel momento tanto solenne. Di lì a poco, attorno a noi solo il silenzio di un vero e proprio luogo di culto, e non appena riaprii gli occhi, tenuti chiusi in segno di rispetto, due piccole luci, bianche e splendenti. Meravigliata, non riuscii a smettere di guardarle, e poco dopo, capii. Persa in quel turbine di emozioni forti, diverse e contrastanti, li avevo ignorati per quasi tutto il tempo, ma loro c’erano ancora. Darius e Delia, i miei amati bambini, che a modo loro dovevano aver compreso la gravità e la solennità del momento, e unendo le loro minuscole anime alle nostre, avevano deciso di aiutare, o almeno provarci, dando nuova luce, e soprattutto nuova speranza a tutti noi, che insieme non eravamo altro che un gruppo, o per meglio dire, una famiglia nella selva.  




Buonasera a tutti i miei lettori. Stavolta non mi dilungherò come al solito, specie perchè un capitolo intenso come questo sembra parlare da sè. Spero solo che vi sia piaciuto, che perdoniate il mio ritardo nell'aggiornare questa saga e che continuerete a seguirla, poichè non l'ho dimenticata e non ho certo intenzione di abbandonarla. Grazie a ognuno di voi di tutto il supporto, e al prossimo capitolo,


Emmastory :)
   
 
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