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Autore: Fiore di Giada    11/11/2020    1 recensioni
Sorrise, amaro. Perché indugiava in simili pensieri?
Ormai, il mondo, per lui, era un set grigio, popolato di spettri silenziosi.
Voci dure, implacabili, accusatorie rinnovavano la sua pena.
Presto, sarebbe giunto il tempo dell’espiazione.
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gai Maito, Nuovo Personaggio, Rock Lee
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
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Gai si svegliò.

Per alcuni istanti, rimase immobile, lo sguardo fisso sul soffitto. Finalmente, il giorno da lui tanto atteso era giunto.

Quella sarebbe stata la sua ultima giornata di vita sulla terra.

Avrebbe presto riveduto Rock Lee.

Non devo illudermi. – si disse. A lui non sarebbe stato concesso un simile privilegio.

Aveva giocato con la vita di un giovane innocente e le sue mani erano rosse di sangue.

L’inferno lo avrebbe atteso.

Papà… Non sono degno di vedere te… Ma tu sei degno di Rock Lee. Lui doveva essere tuo figlio, non io. – ringhiò, irritato con se stesso. Avvertiva il peso crudele dell’indegnità.

Suo padre si era sacrificato per un individuo indegno e questo costituiva un ulteriore fardello per il suo animo dilaniato.

Forse, lui e Rock Lee, nel regno dei morti, si erano conosciuti e piaciuti.

Ma a lui tale privilegio non era concesso.

Odiava sempre più se stesso.

Il disgusto saliva dal suo stomaco e gli riempiva la bocca d’un orrendo sapore metallico.

Ma non era il momento di arrendersi.

La sua granitica volontà non poteva abbandonarlo nell’estremo atto.

Presto, non avrebbe avvertito quel dilaniante senso di amarezza e di vuoto.

Ma nulla doveva essere lasciato al caso.

Un secondo in più o in meno non avrebbe costituito alcuna differenza.

La quiete, da tempo ambita, era ormai vicina.



Fissò il suo riflesso nello specchio.

Un kimono nero, stretto in vita da un obi del medesimo colore, copriva la sua alta figura e ai piedi calzava sandali bianchi.

I capelli neri, dai riflessi bluastri, scendevano sul collo in una lunga treccia, che si fermava a metà della sua schiena.

Appeso all’obi, era presente un pugnale dalla lama serpentina, l’elsa coperta di corno di cervo, d’un caldo colore marrone e un sacco di cuoio.

Bene. – mormorò. Quantomeno, sarebbe andato incontro alla morte con dignità.

Nessuna scena plateale avrebbe accompagnato il suo addio alla vita.

Non sarebbe fuggito, ma l’avrebbe guardata negli occhi.

Rifletté. Per fortuna, Asuma, Kakashi e Kurenai erano impegnati in altre operazioni, necessarie al funzionamento del villaggio.

E questo poteva valere per la squadra ANBU di Konohagakure.

La solitudine sarebbe stata la sua compagna.

Meglio così. – mormorò. Le incombenze relative alla conduzione di un villaggio consentivano a lui di avere una notevole libertà di manovra.

L’Hokage aveva creduto di dargli il tempo di riprendersi e, per questo, gli aveva concesso un lungo periodo di riposo, lontano dalle missioni.

Si avvicinò ad un armadietto dei medicinali, lo aprì e prese un tubetto di pillole.

Lo aprì, ne prese una e la inghiottì.

Un violento flusso di energia, ad un tratto, inondò il suo corpo, come l’acqua esonda in una valle.

Un breve sospiro voluttuoso sgorgò dalle sue labbra. Grazie a quel tonico, poteva giungere in breve tempo alla Valle della Fine.

Il suo corpo avrebbe sopportato ritmi insostenibili per altri shinobi.

Per alcuni istanti, il suo sguardo spaziò sul soggiorno, posandosi sui mobili, lucidi di cera, in un silenzioso atto di congedo. In quelle mura era racchiusa, come in un sepolcro, la sua esistenza di combattente.

Niente era stato lasciato al gioco della casualità.

Addio. – sussurrò.

Poi, chiuse la porta dietro di sé e si allontanò.


A passo calmo, si avviò verso l’ingresso orientale del villaggio.

Dove stai andando Maito? – domandò una delle guardie.

Sentendosi chiamare, il ninja si girò e fissò il suo sguardo sui due shinobi.

Eleverò una preghiera all’anima di Rock Lee. E, per fare questo, ho bisogno di isolamento. – rispose il jonin, pacato.

Le due guardie, sorprese da quel tono, si scambiarono sguardi colmi di indecisione.

Gai, paziente, aprì il sacco ed estrasse alcuni bastoncini di incenso.

Comprendiamo. E scusaci per averti fermato. – mormorarono i due, dispiaciuti.

Un mezzo sorriso sollevò le labbra del guerriero.

Non importa. Avete compiuto il vostro dovere. – li rassicurò, gentile.

I due ninja, sorpresi da quel tono, fissarono i loro sguardi sull’uomo. Certo, avevano veduto il doloroso funerale di Rock Lee, ma la visione dell’amarezza scolpita sul viso di Gai Maito colpiva le loro menti.

Il ninja esuberante ed eccentrico da loro conosciuto era svanito.

Se però l’Hokage ha bisogno di lei, cosa farà? – chiese un ninja.

Manderò Ninkame dall’Hokage. Sarà lei a rivelare la mia posizione. – spiegò ancora.

Per alcuni istanti, i due ninja tacquero e si consultarono.

Puoi andare. – gli disse una delle guardie.

Vi ringrazio. Buon lavoro. – rispose il ninja.

Con un breve cenno della mano, li salutò e si allontanò.


Poi, come un ghepardo, corse.

Il vento, leggero, sfiorava i suoi capelli, mentre il sole toccava il suo corpo, già velato d’un leggero sudore.

Gli occhi gli si velarono di lacrime e il paesaggio, prima netto, cominciò a sfumare davanti ai suoi occhi. Ogni passo contribuiva ad avvicinarlo al compimento della sua promessa.

Konohagakure, presto, sarebbe stata libera dalla sua presenza infestante.

Il suo cuore, in quel momento, martellava le sue costole, quasi volesse fuggire.

Non devo arrendermi. Sono vicino alla meta. – si disse.


Diverso tempo dopo, il rombo di una cascata interruppe il corso dei suoi pensieri.

Gai alzò la testa e vide la cascata precipitare in una vasta conca naturale, in un nembo di gocciole scintillanti.

Un lungo, doppio arcobaleno, simile ad una corda policroma, legava le statue di Madara e Hashirama.

Per alcuni istanti, il jonin fissò il paesaggio, gli occhi lucidi di commozione. Da tanti, troppi giorni non provava un simile senso di libertà.

I suoi occhi, in quel momento, riuscivano a percepire la bellezza del paesaggio e la purezza dei colori.

Era una sensazione magnifica.

Inspirò, poi espirò. Con suo stupore, avvertiva i suoi polmoni liberi da quel senso di oppressione.

Quel senso di crudele agonia si era concluso.

Finalmente, aveva conquistato la serenità.


E’ giunta l’ora, allievo mio. – mormorò, ad un tratto.

Appoggiò il sacco coi bastoncini di incenso a pochi metri di distanza. Era giunto il momento di deporre la maschera.

Le statue dei progenitori ancestrali di Konohagakure avrebbero assistito al compimento della sua promessa di sangue.

Con la vita, avrebbe onorato la parola data al suo amato allievo.

E’ un bel posto per morire. – mormorò. In quel paesaggio si fondevano in armonia natura e storia.

Sarebbe stato un ottimo fondale per la sua uscita di scena.


Il lungo lamento di un falco, per alcuni istanti, sovrastò il richiamo della cascata.

Gai sorrise, quieto. Tutto, in quel momento, era compiuto.

Non avvertiva più quel dilaniante senso di angoscia.

Si inginocchiò e sciolse l’obi del suo kimono, scoprendo il petto muscoloso e le braccia tornite. Gli pareva di sentire gli sguardi dei suoi antenati…

Prese il kriss e, per alcuni istanti, fissò lo sguardo nel freddo chiarore serpentino della lama.

La lama gli restituì il riflesso del suo viso scavato, su cui nereggiavano gli occhi, dal taglio allungato, simili a quelli di una tigre prossima alla morte.

Rock Le, allievo mio… Scusami per il ritardo. Sto venendo da te. – mormorò.

E, avida, la lama bevve il suo suo sangue.


   
 
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