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Autore: Marie_    12/11/2020    0 recensioni
Long AU su Bellamy e Clarke (una delle mie OTP in assoluto).
La storia è ambientata in epoca moderna, ci saranno alcuni riferimenti alla serie tv e i personaggi principali.
Clarke Griffin, giovane pittrice, si ritrova a insegnare arte, senza troppa convinzione, in un liceo in città cercando di prendere in mano la propria vita.
Bellamy Blake si muove a fatica tra il suo lavoro e il suo ruolo di tutore legale di Charlotte, studentessa di Clarke.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Charlotte, Clarke Griffin, Octavia Blake
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NONO CAPITOLO


I'll try hard to make this ride
I'll try hard to win this fight
[…]
Give me strength to fight
Help me feel alive again
Make me whole inside
Instead, this hole inside is killing me
I was me, Imagine Dragons
 
 
"Tu non sei mio padre, non puoi impedirmi di vederlo" fece una pausa ad effetto, soppesò le parole che stava per dire e aggiunse volendo ferirlo: "non vedo l'ora di avere l'età per andarmene da questa casa e da te". Si guardarono consapevoli della portata di quanto stava succedendo, nessuno dei due disposto a retrocede dalla propria posizione. "Oggi non mi accompagnerai a scuola, vado con una mia amica" "Charlotte, aspetta" ma le sue parole vennero coperte dal rumore della porta sbattuta dalla ragazza, rumore che rimbalzò nel petto di Bellamy.
 
Guardò fuori dalla finestra e la vide salire su una moto, il volto del guidatore era coperto dal casco ma sicuramente non era una ragazza. "Dax?!" si chiese con rabbia colpendo, con più forza del previsto, con un pugno il muro vicino alla finestra. "Merda" disse scuotendo la mano per dolore, furioso andò in bagno per prendere garze e cerotti. "Merda, la sto perdendo. Cosa devo fare?" Sconsolato si appoggiò al lavandino facendo respiri profondi per cercare di calmarsi. Tentò di aprire e chiudere la mano ferita per rendersi conto dell'entità del dolore ma non riusciva nemmeno a distendere completamente tutte le dita. Imprecò ancora, disinfettò i taglietti e mise delle bende ad avvolgere le nocche pur sapendo che non sarebbe stato sufficiente.
Dopo aver guardato sconsolato il pessimo lavoro, sistemò tutto, prese le chiavi della macchina e uscì per andare in ufficio con una pesantezza in cuore e una preoccupazione e che gli gravava sulle spalle.
 
 
Clarke, come le altre mattine, era fuori dal portone della scuola e guardava gli studenti che entravano; con lo sguardo cercava di scorgere una persona particolare ma non riusciva a vederla. Dopo il pomeriggio all'orfanotrofio temeva che Bellamy volesse evitarla per quanto successo in macchina sulla via del ritorno.
 
L'aveva accompagnata fin sotto casa ma lei esitava a scendere dalla macchina come se avesse paura di perdere, di rompere, una volta uscita e allontanatasi, quel legame e quella serenità che si erano creati tra di loro grazie a quell'intensa giornata, dal racconto di Finn alla visita all'Arca. 
"Io, io" tentennò Clarke mentre si torturava le mani "non so come ringraziarti per la giornata di oggi, per la pazienza nell'ascoltarmi senza giudizio e per avermi portato nel tuo posto. Grazie per avermi mostrato un po' di te".
A queste parole si girò a guardarlo, sembrava in imbarazzo. Si fissarono un attimo e, colta da un improvviso slancio di coraggio, lo abbracciò forte e sussurrò "ti ringrazio Bell", rimasero nella stessa posizione qualche secondo, ma lui non disse niente e non ricambiò l'abbraccio.
Allora Clarke, irrigiditasi, si allontanò veloce, aprì la portiera lanciandogli uno sguardo fugace e bisbigliando un "a presto" mentre lui si limitava ad annuire con un cenno del capo.
Si rifugiò in casa maledicendosi per la sua imprudenza.
 
 
Finalmente vide comparire Charlotte e il suo cuore accelerò mentre aspettava di scorgere anche il volto di Bellamy. Rimase stupita vedendo la ragazza con un casco in mano che strano, di solito non vengono in macchina? Charlotte stava parlando con una persona che, da dove era, non riusciva a vedere in volto, dovrebbe essere Bellamy ma perché non si avvicina? Con il cuore in agitazione e appesantito dal rimorso delle sue azioni e dal timore di averlo ferito e di essersi ferita nuovamente aprendosi così tanto, entrò nella scuola senza aspettare il suono della campanella. Le lezioni passarono tranquillamente, lei era più distratta del solito e concesse ai suoi studenti più libertà del solito ma riprendendoli poco perché era altrove con la testa e il cuore.
 
Neanche nei due giorni seguenti vide Bellamy e iniziò seriamente a preoccuparsi. Decise di dover confrontarsi almeno con Charlotte, non avevano mai parlato dopo quell’incontro con Dax e voleva sapere come stava e se lo stesse ancora vedendo.
All’intervallo la chiamò da parte “Charlotte, ciao. Ti devo parlare, vieni con me un attimo?” “non possiamo parlare dopo? Non vede che sono impegnata?”, Clarke rimase stizzita da questa risposta strafottente e con un tono imperioso e che non ammetteva repliche disse nuovamente: “Charlotte, ti devo parlare. Ora”.
Charlotte fece un cenno ai suoi compagni e seguì la professoressa in classe e, con le braccia incrociate e con aria di sfida disse “di cosa vuole parlarmi?” “Volevo solo sapere come stavi e se stai vedendo ancora Dax”.
A Charlotte montò una rabbia incredibile ed esplose: “adesso ci si mette pure lei? Vuole farmi da madre? Mi basta Bellamy che tenta di controllare la mia vita. Io non so cosa abbia fatto a lei Dax e perché ne sia così spaventata ma evidentemente è una codarda, come Bellamy. A me Dax non ha fatto niente e mai ne farà, siete voi che non sapete tenergli testa”.
Clarke dovette trattenersi dal tirarle un ceffone, che avrebbe solamente peggiorato la situazione e fatto arrivare una denuncia, e dal rispondere malamente, prese un respiro: “Bellamy non ti ha detto niente di Dax? Di cosa ha fatto e cosa fa tutt’ora?” “No, con quello non parlo da tre giorni. Da quando siete così in amicizia da chiamarlo Bellamy? Dovrebbe rivolgersi a lui come a un altro genitore” “come chiamo Bellamy non ti deve riguardare ed è necessario che tu sappia tutto ma non sta a me sola parlartene, deve raccontarti anche lui” “A me non interessa niente. Voglio solo che smettiate di trattarmi come una bambina bisognosa di affetto e protezione. Io i miei demoni li ho sconfitti e con Dax sto bene. Continuerò a uscire con lui e voi non potete impedirlo”.
Charlotte uscì dall’aula per raggiungere i compagni mentre Clarke rimase in aula ripensando, turbata, alle parole della ragazza ho sconfitto i miei demoni cosa intende? Che sofferenze si porta dietro? Ripensò a Bellamy, non aveva il coraggio di scrivergli perché, appunto, temeva di aver rovinato l’amicizia che stava nascendo tra loro. Inoltre era troppo orgogliosa per fare lei la prima mossa.
 

A fine giornata decise di rimanere un po’ al parco a disegnare, per sfogarsi e cercare di mettere chiarezza nel suo cuore turbato. Perché l’assenza di Bellamy mi sta facendo così male? Ci conosciamo da poco eppure lo considero già un amico tanto da non poter quasi fare a meno di lui. Aveva aperto il quaderno da disegno e teneva in mano il pastello colorato ma non riusciva a focalizzarsi su niente, il tratto della mano sembrava voler seguire il filo dei suoi pensieri: un gomitolo ingarbugliato senza forma, troppo confuso per capirne il senso e la direzione. Come ho fatto a fidarmi di una persona conosciuta da poco? Solo perché siamo simili e feriti? Ho sperimentato sulla mia pelle quanto fa soffrire affezionarsi e poi perdere la persona amata, ne porto ancora i segni. Si scacciò con foga le lacrime che le scendevano dagli occhi e si accorse che una aveva bagnato il foglio. Non riesco neanche a disegnare, pensò guardando afflitta il lavoro “maledizione” disse ad alta voce chiudendo il quaderno e alzandosi, decisa ad allontanarsi da lì il più velocemente possibile.
 

“Speravo di trovarti qui" quella voce la fece fermare di colpo, impietrita. "In verità sono passato nei giorni scorsi ma non ti ho mai vista" disse Bellamy passandosi una mano tra i capelli, a disagio. "Sì, sono stata impegnata e non ho mai avuto il tempo di fermarmi, anche adesso stavo andando via".
Si interruppe vedendo la mano fasciata del ragazzo "che cosa hai fatto?" "Niente di che, me la sono presa con il muro". Clarke lo guardò trattenendo un sorriso "un attacco di rabbia, sai quando le cose non vanno come vorresti ma non puoi controllarle".
Clarke annuì "e hai fatto tu quella terribile fasciatura?", "dai, non è così male"; Clarke scoppiò a ridere vedendo la faccia imbronciata del ragazzo "hai ragione è orribile, ma non ho avuto modo di andare dal medico" "vieni qui che te la sistemo meglio", "ah oltre a essere un'artista di talento questa principessa se ne intende di medicazioni? Pensavo che saresti svenuta alla vista del sangue”.
Un velo di tristezza coprì gli occhi di Clarke e immediatamente Bellamy si rese conto di aver usato le parole sbagliate “Scusami Clarke, non…”
La bionda lo interruppe scuotendo la testa e prendendogli la mano “dopo quanto successo con Finn” fece un respiro mentre iniziava srotolare la benda “non volevo più sentirmi impotente. Così ho deciso di seguire dei corsi di primo soccorso. Sai…” si fermò tenendo stretta la mano di Bellamy “per essere pronta ad ogni evenienza e aiutare nell’attesa dei veri soccorsi” alzò lo sguardo incontrando quello del ragazzo e sorrise “vedi si è rivelato utile alla fine”.
Bellamy annuì e delicatamente con la mano bendata iniziò ad accarezzare le dita di Clarke che ancora non si era allontanata.  “Ecco fatto. Ora va meglio” balbettò la ragazza riscuotendosi e dividendo le mani “Grazie” disse e fece un passo indietro. “vuoi spiegarmi perché hai litigato con il muro? E perché… no, non importa” “perché non mi sono fatto vedere in questi giorni?” la vide annuire, si passò una mano sul volto e si sedette sui gradoni “sì, ti devo un po’ di spiegazioni” le fece cenno di sedersi accanto a lui e aspettò con il cuore in gola fino a che non si sedette.
 
“Ho litigato pesantemente con Charlotte, le ho impedito di uscire con Dax e non l’ha presa bene. Per niente. E quindi ecco qua” concluse agitando la mano bendata “e non mi parla da allora, torna la sera tardi sempre di cattivo umore” “allora era Dax quello con cui è arrivata a scuola!” “L’hai visto?” “No, non in faccia. Ero convinta che fossi tu” abbassò la testa sconsolata “e che non mi volessi parlare”. Bellamy la guardò stranito “e perché mai?” “pensavo, sai, di” esitò “aver sbagliato in macchina, l’altro giorno. Con l’abbraccio e tutto il resto”.
 
Rimasero in silenzio, c’erano troppi non detti tra di loro, sentimenti non chiari che li spingevano ad avvicinarsi ma che d’altra parte li spaventavano, incapaci di affrontare emozioni da tempo dimenticate e che li facevano sentire vulnerabili e nudi davanti agli occhi dell’altro.
 
“Forse dovresti parlarle. A Charlotte dico” ruppe il silenzio Clarke, evitando di tornare sull’argomento che la spaventava “impedendole di vedere Dax la spingi solamente a continuare a farlo. È pur sempre un’adolescente che vuole ribellarsi alla figura autorevole. Se invece le spiegassi chi è lui e cosa ha fatto, sono sicura che ti capirà e si renderà conto del rischio che corre”. “Hai ragione, questa sera lo farò” “oggi ho tentato di introdurre l’argomento con lei ma mi ha fatto gentilmente capire che non devo intromettermi e che ha sconfitto i suoi demoni. Mi ha molto colpito questa frase, cosa intendeva?” Bellamy la guardò stupita “davvero ha detto così? È una cosa che dicevo a Octavia in orfanotrofio e poi a lei: uccidi i tuoi demoni quando sei sveglia e non ti tormenteranno quando dormi. Non abbiamo avuto un’infanzia facile e mia sorella era tormentata dagli incubi, questa frase era un mantra che serviva a darci forza. Quando poi è arrivata Charlotte lo dicevamo anche a lei”. Clarke lo guardò con dolcezza e ammirazione, un giovane ragazzo che si era dovuto far carico di responsabilità più grandi di lui ma che, nonostante tutto, non era mai venuto meno. Poteva vedere il peso delle fatiche e quella maschera di invincibilità che indossava per affrontare il mondo.
 
“Sono sicura che ti vuole bene e che è grata per tutto quello che tu e Octavia avete fatto” disse appoggiando una mano sul suo ginocchio come a trasmettere tutto il suo sostegno “ma devi parlare di Pike e Dax”. Bellamy sussultò al tocco delicato ma deciso della mano di Clarke e mentre le rispondeva avvolse la mano affusolata della ragazza nella sua: “non so come dirglielo perché i suoi genitori lavoravano per Pike e per me parlare di questo è difficile, la distruggerebbe. In più dovrei raccontarle anche…” si fermò, indeciso se liberarsi di quel macigno e rivelare del suo legame passato con Pike. La guardò negli occhi, sembrava incoraggiarlo a far fuori tutto. Ma non poteva farlo, aveva paura di perderla. La parola mostri gli rimbombava nelle orecchie, così Clarke aveva chiamato Pike e i suoi scagnozzi, come poteva dirle di aver lavorato con l’uomo che aveva ucciso il suo fidanzato?
“tutto quello che ha fatto alle famiglie di molti ragazzi dell’orfanotrofio” disse svicolando e cedendo alla paura. 
"Se vuoi possiamo parlarle insieme, così io le racconto di Finn in modo che si renda conto di che tipo di persona sta frequentando". Bellamy la guardò con uno sguardo pieno di gratitudine e affetto "lo faresti davvero?" "Sì. E, ci ho riflettuto molto, confrontandomi anche con Raven e i miei amici, penso sia giunto il momento di testimoniare contro Pike".
Disse queste parole senza un tremito, con lo sguardo deciso e impavido, consapevole delle implicazioni di questa decisione. Bellamy la guardò grato: "Clarke, principessa coraggiosa, sarò con te passo dopo passo".
 
Avevano ancora le mani intrecciate e nessuno dei due sembrava aver intenzione di staccarsi. Si stavano salvando a vicenda, aiutandosi a tirarsi fuori dalla voragine in cui erano caduti, imparando di nuovo ad affidarsi a un altro condividendo gioie e dolori, ferite e paure.
 
Tutto intorno a loro si era fermato. C'erano solo i loro occhi che non si perdevano un istante. Bellamy si avvicinò al suo volto, attratto come da una calamita; anche Clarke fece lo stesso e si fermarono a pochi centimetri uno dall'altra. Clarke abbassò gli occhi sulle labbra di Bellamy, incapace di pensare mentre l'unico rumore che sentiva era il suo cuore che rimbombava in tutto il corpo fino alle orecchie.
 
Bellamy stava per baciarla, lo desiderava davvero ma, in un attimo di lucidità, si rese conto che sarebbe stato troppo presto. Avrebbero dovuto parlare di molte cose prima. Allora si spostò leggermente a destra e la baciò sulla guancia, trattenendosi per qualche istante di troppo. 
"Avremo tempo" disse Bellamy "non voglio affrettare le cose". Clarke, che in un primo momento si era sentita morire, si trovò d'accordo con le parole di Bellamy, doveva prima far chiarezza dentro di sé. 
Per ora le era sufficiente perdersi nell'abbraccio in cui Bellamy la stava avvolgendo. "Sì, abbiamo tempo" sospirò appoggiando la testa al petto del ragazzo. 










 
 
Angolo autrice: ciao a tutti!! Come state? Ho aggiornato un po' prima del solito. Abbiamo fatto passi avanti nel rapporto Bellarke ma non gioite perché presto arriveranno i drammi! Ma non dureranno a lungo. Fatemi sapere se vi piace e se avete consigli per migliorare. Un bacione, Marie
  
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