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Autore: Yuphie_96    12/11/2020    1 recensioni
Tratto dal Primo Capitolo:
L’ultima cosa che aveva colpito il biondo Kaiser era il nome.
Il nome del ristorante era Vienna.
Come la capitale austriaca… e servivano piatti bavaresi… non dovevano avere tanto le idee chiare, ma Karl ci aveva mangiato bene e quindi aveva continuato ad andarci, soprattutto quando il suo frigo era desolatamente vuoto, come quel mezzogiorno.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolino della Robh: Buonasera a tutt*! ♥
Eccoci arrivat* anche a questo giovedì con un nuovo aggiornamento, al contrario degli altri però questo è un aggiornamento molto, molto importante, eh sì... perchè? Perchè con questo capitolo la storia di Karl e Saph si chiude! xD Già, questo è tecnicamente il vero ultimo capitolo della loro storia, il prossimo sarà solo un epilogo per chiudere un po' il cerchio e mostrarveli dopo qualche anno, questo sarà il 'vero finale' diciamo, sorpres*? Tristi? Spero quest'ultima di sì perchè per quanto mi riguarda il solo pensare che il prossimo sarà l'ultimo giovedì della mia bimba dai capelli rossi mi fa venire i lacrimoni agli occhi! ç.ç *soffia nel fazzoletto che Serè le ha messo davanti al naso*
Dunque, nel precedente capitolo ci eravano lasciati con Karl mezzo collassato che si confessava... secondo voi, Saphira come risponderà in questo? Se vi aspettate la solita dichiarazione cuori e rose rosse... vi sbagliate di grosso! Ormai sapete che se non complico la vita ai miei pargoli io non mi diverto, quindi aspettatevi l'improbabile. xD
Adesso però non dico più niente sennò rovino tutto il divertimento, vi auguro solamente una buona lettura! ♥



Ps: Questo capitolo lo dedico a Serena perchè questa, insieme un po' al periodo, per lei è una serata un po' così.
Ti voglio tanto bene Serè! ♥



 

 Quella mattina il risveglio per Genzo e Tsubasa fu decisamente il migliore che ebbero da mesi.
Aprire gli occhi e ritrovarsi davanti il viso del proprio compagno fu un qualcosa di estremamente rilassante e bello che non capitava da molto, così decisero di godersi quell’intimità il più possibile restando a letto fino a quasi l’ora di pranzo, con il centrocampista che teneva il viso appoggiato alla spalla del portiere e una mano sopra al suo petto, muovendola e  divertendosi a disegnare dei piccoli ghirigori invisibili, mentre quest’ultimo circondava la vita del suo capitano con un braccio, tenendoselo stretto il più possibile.
Si alzarono portandosi dietro la tranquillità che avevano avuto nel letto e si diressero verso la cucina comune, convinti di trovare l’altra coppia nella medesima pace raggiunta da loro, forse rovinata solamente dai lamenti di Karl per il probabile mal di testa che avrebbe potuto avere.
Il Kaiser, però, non si stava lamentando, no.
Non aveva neanche l’espressione dolorante che Wakabayashi aveva sperato che avesse così da potergli fare quelle dannate foto imbarazzanti che non era riuscito a fargli la sera prima.
No, Schneider aveva l’espressione seccata, tipica di quando qualcosa non andava come voleva lui, ed entrambi i giapponesi la conoscevano bene visto che la vedevano spesso in campo, e si stava dilettando nello sbattere qualunque cosa gli capitasse sotto tiro, fosse questa una posata, un cassetto o una porta, facendo sussultare ogni volta la povera Saphira che, però, non staccava gli occhi tempesta dalla padella con cui stava cucinando il pranzo per guardarlo neanche un secondo.
Il capitano e il SGGK del Giappone guardarono prima lo scontroso attaccante del Bayern Monaco, poi la tesa cuoca e proprietaria del Vienna, infine i loro occhi neri e verdi s’incrociarono.
Avevano a malapena iniziato a recuperare il tempo assieme…

“Frena, frena, frena”
Fermò Genzo il fiume in piena dell’amico, alzando la mano che teneva la forchetta davanti al suo volto crucciato.
“Prendi un grosso respiro e ricomincia a dirmi, con calma questa volta, perché sei infuriato, se parli così velocemente non riesco a seguirti!”
“Non riesci o non vuoi perché stai mangiando?”
Gli rinfacciò Karl guardandolo sempre più male.
“Che pretendi?! E’ ora di pranzo!”
“Pranzo cucinato dalla mia ragazza!”
“Che, per nostra grande fortuna, fa la cuoca come lavoro!”
“Peccato che io l’abbia portata in vacanza per farla riposare e per stare con lei, non per farla cucinare pure qui, razza di scroccone che non sei altro!”
“Io non sono scroccone, precisiamo, al massimo ti concedo approfittatore!”
Volle precisare Wakabayashi prima di dare un’altra forchettata al suo piatto.
“E dove sta la differenza?”
Chiese Schneider, curioso di sapere cosa si sarebbe inventato per rispondergli.
“Sta nel fatto che qualcuno doveva pur mangiare quello che Saph ha preparato prima di essere portata via da Tsu”
Sorrise trionfante il portiere all’amico, che si ritrovò a chiedersi se il giapponese non gli avesse proposto di fare quella vacanza a quattro solo per approfittarne e mangiare i piatti della cuoca sia pranzo sia cena, e non per aiutarlo come gli aveva detto.
Era un dubbio più che legittimo, quello.
Prima che il biondo potesse risolverlo, Genzo ritornò sul discorso principale.
“Allora, ti ho lasciato ieri sera ubriaco e ridente, perché oggi ti ritrovo scontroso e con il broncio?”
“Non ero ubriaco”
“Ti prego non mi va di contraddirti anche su questo, è vero che mi diverto a farlo ma dopo un po’ diventa stancante”
“Non le avrei mai detto che la amo se fossi stato ubriaco!”
Wakabayashi bloccò la forchetta a mezz’aria.
“Tu… hai detto cosa?”
“Ho detto a Saph che la amo ieri sera, quando siamo rimasti da soli… e lei non mi ha risposto… mi ha aiutato a mettermi sotto il lenzuolo, si è cambiata, mi ha raggiunto, il tutto senza spiccicare neanche mezza parola, si è solamente messa a dormire, stamattina uguale, si è alzata e non mi ha neanche guardato in faccia”
Mormorò Karl, facendo trasparire nel suo tono di voce tutta la delusione che sentiva.
Può darsi che non l’avesse detto nel migliore dei momenti visto che era un po’ annebbiato dall’alcool, magari sarebbe stato meglio il pomeriggio in spiaggia, ma non si pentiva di averlo fatto, quello che provava per Saphira era amore e aveva creduto che fosse così anche per lei… almeno fino alla sera prima.
Dire che era rimasto deluso, era dire poco.
“Posso immaginare che non sia bello non ricevere una risposta dopo aver confessato i tuoi sentimenti…”
Iniziò a dire il portiere, lui si sarebbe sentito esattamente allo stesso modo, se non peggio, se Tsubasa non gli avesse risposto la prima volta che gli si era confessato.
“Ma cosa pretendi Schneider? Per Saph tu eri ubriaco, avrà pensato che l’hai detto tanto per dire sotto effetto della sbronza, per questo non ti avrà risposto”
“Ma stamattina avrebbe potuto riprendere il discorso!”
“Ti dimentichi sempre il piccolo particolare che è il problema dell’imbarazzo per Saphira”
“Cosa c’è d’imbarazzante nel confessarsi i propri sentimenti?!”
“Niente, ma ti ricordo che per lei li hai espressi da ubriaco, avrà pensato sicuramente che stamattina tu non ricordassi un accidente, quindi ha voluto evitare di finire dentro un discorso che sarebbe stato imbarazzante per chiunque, figurarsi per una come lei!”
Il discorso non faceva una piega, in effetti… pensò il biondo, sciogliendo l’espressione corrucciata in una colpevole.
Si era comportato da bambino, concentrandosi solamente su se stesso e quello che provava lui, dimenticandosi per la seconda volta del problema che aveva la sua ragazza siccome ormai era troppo abituato a vederla tranquilla.
“Appena torna glielo dirò di nuovo”
Decise il Kaiser, e il SGGK annuì, concorde su quella scelta.
“Genzo?”
“Sì? Non devi ringra-“
“Smettila di mangiarti tutto da solo, scroccone di un portiere!”

“Tieni”
Sorrise Tsubasa, porgendo la granita all’anguria alla rossa seduta sul muretto che divideva la strada dalla spiaggia.
Insieme a Wakabayashi, avevano deciso di separare i due piccioncini per poter capire cosa era successo, così mentre Genzo si era preso l’incarico di occuparsi del suo migliore amico, Tsubasa aveva preso la cuoca e l’aveva portata a mangiare fuori.
Era stato divertente vederla illuminarsi tutto d’un botto e farle da interprete quando volle chiedere a tutti i costi gli ingredienti al signore del banchetto dove si erano fermati, ma era arrivato il momento di farla confessare.
Cosa non semplice visto lo scarso livello di conoscenza e confidenza che avevano.
“Allora, cos’è successo con il Kaiser?”
Le chiese, sedendosi di fianco a lei con la sua granita alla menta.
La vide mettere il broncio, girando e rigirando il ghiaccio nel bicchiere di plastica, rise, attirando così la sua attenzione.
“Non ti piace quando lo chiamano in quel modo, vero?”
“… Si capisce così tanto?”
“Abbastanza”
Rivelò il centrocampista, iniziando poi a mangiare la sua granita prima che si sciogliesse.
Saph seguì il suo esempio ed iniziò anche lei a prendere le prime cucchiaiate dal bicchiere, con il ghiaccio e il sapore del frutto che le si scioglievano in bocca tentennò.
Di  solito… ovvero sempre… lei si confidava con Cordula, era la sua migliore amica, la conosceva meglio di chiunque altro e sapeva sia come prenderla, sia come risponderle in ogni situazione, in quel momento però la rosa molto probabilmente era a farsi una sudante e purificante sauna a Stoccolma, e non poteva andare a disturbarla chiamandola o mandandole messaggini disperati! Soprattutto se era in compagnia di Levin come sperava che fosse!
Non voleva e non poteva rovinarle le ferie, anche se aveva un estremo bisogno di lei!
Poteva farsi coraggio e rispondere alla domanda che gli aveva posto poco prima Ozora…
“E’ naturale per i fidanzati confessarsi a vicenda, vero?”
… prendendola alla larga, per evitare di mettersi in imbarazzo e svenire pure davanti a lui.
“Beh… sì”
Rispose Tsubasa, continuando a guardare la sua granita per non metterle pressione addosso, ma ascoltandola attentamente.
“Tu e Genzo lo fate spesso, per esempio”
“Sì”
Lo disse con un tale sorriso dolce ed innamorato, che la rossa per poco non si sciolse come stava facendo il ghiaccio dentro il suo bicchiere.
“Credi che sia strano, invece, non sentire il bisogno di doverli confessare?”
“Uhm… strano no, direi insolito piuttosto”
“Insolito?”
Il capitano della nazionale giapponese annuì.
“Di solito alle persone che si amano piace dire e sentirsi dire quello che provano, ma suppongo che ci possano essere sempre delle eccezioni perché siamo tutti diversi a questo mondo”
Iniziò a spiegare, portando finalmente gli occhi ossidiana a specchiarsi in quelli azzurri della ragazza.
“Per quanto mi riguarda io lo dico spesso a Gen perché non lo vedo tutti i giorni, e voglio che mi percepisca vicino anche se siamo quasi sempre lontani, ma altri al contrario mio, anche essendo nella mia stessa situazione, potrebbero non sentire il mio stesso bisogno, per questo non penso che sia strano”
Finì, facendo nascere un leggero sorriso sul volto di Saphira.
Non doveva sentirsi strana nel non sentire il bisogno di dire ‘ti amo’ a Karl, perfetto, già quello l’aiutava ad essere più tranquilla.
“Ti consiglio però di parlarne con Schneider, lui rientra decisamente nella prima categoria, e non so come potrebbe prendere il fatto che tu rientri nei secondi”.
Saph sapeva, invece, come l’avrebbe presa il Kaiser.
Male.
Decisamente male.
Magari non glielo avrebbe detto e avrebbe cercato di fare finta di niente, ma ci sarebbe rimasto molto male, e alla fine avrebbero sicuramente litigato come le era già successo con la sua fidanzata a Vienna.
Si erano lasciate non per colpa della distanza tra la capitale austriaca e quella bavarese che le avrebbe allontanate, ma perché la cuoca non aveva mai sentito il bisogno di esprimere i suoi sentimenti pur provandoli, a Katharina, la sua ragazza, questo non era mai andato giù, e aveva preferito troncare il rapporto pochi giorni prima che la rossa partisse per fare ritorno a Monaco.
Era andata a dormire e si era alzata, Saphira, provando la forte paura che Karl avrebbe potuto fare esattamente lo stesso.
“Tsubasa?”
“Sì?”
“Dici che se inizio a gattonare adesso, entro il tramonto lo raggiungo l’aeroporto?”
Alla risposta negativa del calciatore, la cuoca si buttò sulla granita.

“Pronta per tornare a casa?”
A giudicare dall’espressione funerea che aveva in viso… no, Saph non era per niente pronta a tornare a casa e ad affrontare Karl.
Lo sarebbe mai stata?
Probabilmente no dato che non era un discorso semplice quello che doveva intavolare con il Kaiser, e Tsubasa capiva perché volesse rimandarlo il più possibile, ma era anche vero che non potevano stare lontani per tutto il giorno, prima o poi i due calciatori del Bayern sarebbero andati a cercarli e la ragazza avrebbe potuto ritrovarsi ad iniziare quel discorso in mezzo alla strada… decisamente non il luogo adatto.
“Non è detto che debba finire per forza male”
Le disse cercando di tirarla su di morale in qualche modo, intanto che prendevano la strada che li avrebbe riportati a casa.
“Hai ragione… potrebbe finire peggio…”
“Non essere così negativa”
“Come faccio a non esserlo, ci sono già passata, so cosa mi aspetta!”
“Ma il Kai-“
“Karl, si chiama-!”
“Saphira!”
La rossa si bloccò, cambiando l’espressione da leggermente arrabbiata ad altamente perplessa, e la stessa fu indossata dal centrocampista, i due si guardarono giusto un attimo per capire se entrambi avessero sentito bene, ma al secondo richiamo fu chiaro che sì, qualcuno stava chiamando proprio la ragazza.
Purtroppo per lei, però, non era un qualcuno di gradito… aveva sperato per qualche secondo in Cordula o Axel, lo doveva ammettere…
“Tu!”
Urlò Saph, sgranando gli occhi posati sulla figura dell’uomo che si stava avvicinando a loro.
Ioann, il violinista russo.
Uno degli amanti di Aimée.
Quello che le aveva insegnato a suonare il violino da bambina.
“Allora è un tuo conoscente”
Disse Tsubasa, distogliendo qualche secondo lo sguardo dall’uomo per posarlo su di lei.
“Vorrei non lo fosse”
Bisbigliò la ragazza, un attimo prima di essere  raggiunti.
“Saphira”
Richiamò Ioann con un leggero sorriso.
“Avrei riconosciuto i tuoi capelli rossi dovunque…”
“Cosa vuoi?”
L’anziano non si stupì del tono duro che la cuoca usò con lui, per questo decise di non girarci troppo intorno, ma anche e soprattutto perché da quel giorno al cimitero non aveva avuto più occasione o possibilità di incontrare la rossa, quell’incontro si poteva quasi definire un miracolo e, siccome non sapeva se ne sarebbe capitato un altro, era meglio non sprecarlo.
“Voglio parlarti… da solo”
“Scordatelo, io non ho niente da dirti,  specialmente in privato”
“Per favore”
“Ti ho detto di no”
“Saphira, ti prego… ho bisogno di parlare con te, è per Ai-“
“Non pronunciare il suo nome!”
All’urlo della ragazza Tsubasa decise di intervenire mettendosi davanti a lei, sottraendola alla vista del russo.
“Saph non vuole parlare con lei, non insista per favore o sarò costretto a chiamare chi di dovere per allontanarla”
“Ma… io voglio solo parlarle, nient’altro”
“Lei però le ha ribadito che non vuole”
“Io ho bisogno di parlarle, devo farlo, è… sei l’unica che può capirmi, ti sto scongiurando Saphira, sarà il nostro primo ed ultimo discorso su di lei, te lo giuro, dopo non mi vedrai mai più”
Mormorò il violinista con la voce che andava incrinandosi.
“…Mai più?”
Chiese la rossa per conferma.
“Mai più”
“… Parliamo”
Si arrese, Saph, superando Ozora e avvicinandosi all’uomo che le sorrise piano.
“Io ti aspetto qui”
Le disse il centrocampista, facendo intendere ad entrambi che, se fosse successo qualcosa, qualsiasi cosa, non avrebbe perso tempo e sarebbe intervenuto nuovamente.
Prima di allontanarsi con Ioann, la rossa lo ringraziò con un sorriso.

Stranamente Saphira indossava un sorriso anche quando tornò da sola dal calciatore del Barcellona un’ora più tardi, era solo estremamente malinconico.
“Tutto bene?”
Domandò Tsubasa, mettendo via il cellulare  con cui si era messo a parlare con Genzo, ed alzandosi dal muretto dove si era seduto.
Prima di annuire, la cuoca fece un grosso sospiro.
“Quel tuo conoscente se n’è andato?”
“Sì, ha preso un taxi ed è andato via”
“Ok… torniamo a casa, adesso?”
Piuttosto che domandarle quello, avrebbe preferito chiederle se avesse bisogno di parlarne, ma sospettava che fosse meglio che si sfogasse con qualcuno che conosceva meglio la situazione dietro, tipo un certo attaccante che li stava aspettando facendo avanti e indietro per la casa – Wakabayashi gli aveva scritto che se non si fossero sbrigati, il Kaiser avrebbe fatto un buco nel pavimento -.
“Veramente… ti da fastidio se prima cerchiamo un altro posto?”
“A me no, ma-“
“Bene, allora andiamo!”
Beh… non sarebbe stato così semplice fare un buco in un pavimento di marmo, no?


Schneider aveva dovuto aspettare per tutto il pomeriggio prima di riavere a casa la propria ragazza.
Aveva aspettato, aveva camminato e aveva aspettato nuovamente.
Aveva camminato, aveva mandato a quel paese in un modo neanche tanto delicato il suo migliore amico che se la rideva sotto i baffi che non aveva, e aveva camminato ancora.
Alla fine Saphira e Tsubasa erano tornati a casa una paio d’ore prima di cena, quando ormai il biondo poteva dire di conoscere a menadito tutta quanta la casa affittata.
Appena aveva sentito la porta d’ingresso aprirsi,era corso verso di essa per poter riabbracciare finalmente la sua rossa… peccato che quella, invece che gettarsi tra le sue braccia come aveva immaginato, si era abbassata di scatto ed era gattonata via a velocità sostenuta, lasciando che le sue braccia abbracciassero l’aria.
Ci era rimasto giusto un filino male, Karl, ma aveva deciso di passarci sopra perché avevano ancora un discorso da chiarire loro due… almeno così la pensava lui, e lo pensava anche la cuoca in verità, ma continuò lo stesso a sfuggirgli per quanto le riuscisse, saltando per aria quando riusciva per caso a sfiorarla e non guardandolo mai in faccia.
Il Kaiser riuscì a bloccarla in camera loro solo dopo cena, passata tra l’altro a lanciare occhiatacce ai due giapponesi, uno perché stava di nuovo scroccando la cucina della sua cuoca, l’altro perché aveva preso il vizio del fidanzato e continuava a ridersela.
“Inutile che provi a filartela in bagno, ho già chiuso la porta e nascosto la chiave”
L’avvisò l’attaccante severo, poggiandosi le mani sui fianchi.
Saph sussultò, beccata in flagrante.
“N-Non me la stavo filando… piuttosto stavo solo rimandando”
“Beh, io non voglio più rimandare”
Chiarì Schneider, andandole davanti.
La sua espressione severa si sciolse davanti agli occhi tempesta leggermente impauriti, sorridendole piano le prese le mani, togliendogliele dalla maniglia della porta del bagno, e indietreggiò fino al letto portandola con lui, si sedette sul fondo del materasso e la fece fermare in mezzo alle sue gambe.
“Voglio parlare con te di ieri sera”
Iniziò a dirle, e la rossa annuì.
“Lo immaginavo…”
“So che pensi che io fossi ubriaco Saph, non è così… o meglio, lo ero solo leggermente, ma quello che ti ho detto lo provo davvero”
Disse Karl rafforzando la presa sulle sue mani.
“Io ti amo Saphira”
Le mormorò dolcemente, e stavolta fu lei a stringergli forte le mani.
“Karl io… io provo lo stesso ma…”
“Ma?”
Perché c’era un ‘ma’? Si chiese il calciatore, iniziando a preoccuparsi.
“Ma io sono quel tipo di persona che non sente il bisogno di dirlo… ho sentito dire quelle due parole tantissime volte quando ero più piccola, sempre rivolte a mia nonna ovviamente e da così tanti e disparati uomini… mi sembravano sempre così inutili, vuote, prive di un sentimento vero e sincero, dette solo per giustificare il perché di quei tradimenti… da allora ho cominciato a pensare che fosse più importante sentirle e provarle invece che dirle, perché nel comunicarle si sarebbero solo ridotte ad uno stereotipo…”
“E’ solo questo il problema? Per me va bene”
“Non mentirmi”
Lo pregò la rossa, sciogliendo la presa di una mano per portargliela alla guancia.
“So che questo ti ferisce”
“Posso farmelo andare bene comunque, l’importante è che tu provi lo stesso, no?”
“Adesso dici così ma prima o poi inizieremo a litigare, lo so, ci sono già passata e non è stato bello, credo che quelle litigate con la mia ex siano alcuni tra i ricordi più brutti che ho”
“E cosa dovremo fare, allora?... Lasciarci?”
Chiese il biondo, portando la mano sulla sua e premendosela contro la gota, dichiarandole silenziosamente che quella era l’ultima cosa che lui volesse.
Saphira si abbassò per lasciargli un bacio delicato sulla fronte, poi si liberò le mani, allontanandosi di un paio di passi.
“Ti ricordi di Ioann? L’uomo del cimitero”
“Sì, ma che c’entra lui adesso?”
“Oggi pomeriggio, quando ero con Tsubasa, l’ho rincontrato, è qui ad Ibiza per un concerto di un suo allievo, ha intravisto i miei capelli rossi dal finestrino del taxi e ha voluto parlarmi a tutti i costi, mi ha voluto dire di quanto gli manca la nonna, che l’ama ancora e mi ha raccontato alcuni dei ricordi che ha di lei”
“Saph, scusa, continuo a non capire cosa possa c’entrare con noi”
La cuoca accennò un sorriso e, iniziando ad arrossire , si tolse con gesti veloci la leggera maglietta rosa che indossava restando a petto nudo, facendo andare ancora più in confusione l’attaccante,  che si chiese perché una garza le stesse coprendo una porzione di pelle poco sotto il seno sinistro.
“Saph?”
“Una volta, prima della mia nascita e credo anche prima di quella di mio padre, sono andati insieme al Vienna, mio nonno li ha visti ovviamente, secondo Ioann ha capito subito quello che c’era tra di loro… ma non ha detto niente, lo ha completamente ignorato, mentre davanti a mia nonna ha lasciato una fetta di Sacher come faceva ogni volta che tornava a casa… anche mio nonno era così sai, preferiva parlare esprimendosi a gesti, e sono sicura che quella volta con quella fetta di torta volesse dirle ‘okay, va bene così, ti amo lo stesso anche se hai portato lui con te’… questo ricordo, questo momento tra loro mi ha fatto riflettere e sono giunta alla conclusione che non voglio ripetere l’esperienza che ho passato con Katharina e non voglio lasciarti, che come mio nonno si è espresso grazie ad una fetta delle sue torte per parlare con mia nonna, allora io posso esprimermi con qualcos’altro per parlare con te”
Intanto che diceva quelle parole, iniziò anche a togliersi delicatamente la garza che nascondeva sotto di essa l’inizio di un tatuaggio.
Non un tatuaggio qualunque, però, era una scritta.
Una scritta che circondata da piccole fiamme e che diceva ‘Fire Shoot’.
“Ammetto che a pensarci adesso sembra una cosa un po’ pacchiana e puoi tranquillamente ridere se vuoi, ma questo pomeriggio mi era sembrata un’idea carina perché dovevo farmi comunque un terzo tatuaggio e quindi ho pensato di dedicarlo a qualcosa di altrettanto importante come gli al-“
“Posso toccarlo?”
Domandò Karl, interrompendo quel fiume in piena che era diventata la ragazza.
“No, non ancora”
L’attaccante allora andò a sfiorare delicatamente la pelle sottostante, facendo andare a fuoco il viso della cuoca, che si mordicchiò il labbro nervosa.
“Non è ancora finito, la scritta deve essere riempita e la fiamme devono essere colorate… che ne dici?”
“E’ bello”
Rispose semplicemente il biondo con un leggero sorriso, continuando fissare incantato le linee dell’inchiostro nero e sfiorare la pelle candida sottostante.
“Però Saph… è per caso un modo per dirmi che ti farai un tatuaggio per ogni volta che ti dirò che ti amo?”
“Ora non esageriamo”
Schneider si alzò in piedi e la guardò, Saphira ebbe per qualche istante paura, ma si rilassò quando percepì le sue mani circondarle il volto.
“Mi hai chiesto che ne dico?”
“… Sì…”
“Beh Saph, dico che questo-“
S’interruppe un attimo per lasciarle un lungo e casto bacio sulle labbra, sorridendo mentre erano a contatto.
“Questo è il miglior modo in cui tu potessi rispondermi”


“Karl… amore mio…”
“Sì?”
“Se non mi togli la felpa da sopra la ragazza non può finire il tatuaggio… è la terza volta che te lo dico”
“Devo per forza toglierla? Non posso solo spostarla?”
“Direi di no”
S’intromise la tatuatrice cercando di trattenere le risate.
Il Kaiser borbottò qualcosa sottovoce, arrossendo leggermente per la vergogna ma facendo quello che gli era stato richiesto.
“Mi ha già vista nuda ieri, non ha senso coprirmi oggi”
Gli bisbigliò Saph, trattenendosi anche lei dal ridere per non disturbare il lavoro della ragazza.
“Non ricordarmelo… piuttosto, proprio lì dovevi fartelo? Un posto dove non sarebbe stato necessario farti spogliare non era meglio?”
“No”
“Perché?”
“Perché era il posto più vicino al mio cuore”
Con somma gioia della tatuatrice che poté finire il suo lavoro in tutta tranquillità, Karl Heinz Schneider passò il resto della seduta a gongolare come non aveva mai fatto, neanche quando aveva segnato un goal in una partita difficile.
E aveva appena iniziato, si sarebbe vantato con tutti del tatuaggio di Saphira non appena quest’ultima avrebbe potuto togliersi la garza.
Genzo e Tsubasa stavano già pensando a come riuscire a sopportarlo per il resto della vacanza senza doverlo per forza eliminare fisicamente.

   
 
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