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Autore: Petricor75    13/11/2020    0 recensioni
[Alien: La Clonazione/Resurrection]
Dopo aver fatto schiantare l'Auriga sulle coste orientali del Sud Africa, la Betty, con a bordo i suoi quattro superstiti, Ripley, Call, Vriess e Johner, atterra in una foresta tra la Georgia e la Carolina del sud. Call ha ancora un buco aperto sullo stomaco, Vriess e Johner non fanno che stuzzicarsi, e Ripley ha problemi col suo DNA e certi ricordi ereditati per via genetica.
Come sempre, grazie a: Awkwardartist, GirlWithChakram, Reaperonzolo e Silvietta.
Alien e i suoi personaggi non mi appartengono.
Questa storia è stata scritta senza nessuno scopo di lucro.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Quattro: Senza pretese

Il tragitto di ritorno verso la navetta avviene nel silenzio totale, Call mantiene saldamente intrecciate insieme le loro dita, ma non la forza al dialogo, né la guarda con insistenza. L'esperienza nel bosco è stata così travolgente, non può aspettarsi che possa essere cancellata da mere parole di conforto e in un batter d'occhio.

Entrate nella loro piccola cabina, l'androide l'aiuta a sedersi sul bordo della branda, le toglie il giubbotto dalle spalle, le sfila gli stivali sporchi, i calzoni lacerati. Butta tutto in un angolo, ci penserà l'indomani. La guida nello stretto bagno, apre il getto della doccia e si allontana, alla ricerca di biancheria pulita e un telo tra le cose di Hillard.

In una parte della sua coscienza, Ripley assiste apatica ai gesti della giovane, la memoria ancora ferma a quelle immagini ed emozioni sperimentate nel bosco, come se volesse trattenerle per il terrore che lasciandole andare perderebbe anche gli ultimi ricordi di Newt. Non saprebbe dire quanto tempo è rimasta davanti alla tenda della doccia, oltre la quale, l'acqua scorre rumorosa. Il vapore invade il piccolo locale. Oltre il velo dei suoi occhi, vede Call rientrare nel bagno, si sente il suo sguardo addosso per qualche secondo, ma non ha voglia di reagire. L'Auton emette un respiro profondo, ma non c'è traccia d'irritazione nell'atto, deposita quel che tiene tra le mani, si sfila velocemente stivali e pantaloni e la sprona silenziosamente e dolcemente. Delicate dita le sfiorano la schiena, mentre la ragazza entra con lei sotto il getto di acqua calda.

Incoraggiata dal dialogo avuto prima della fuga nel bosco e motivata dall'abulia dell'ibrido, Call vince l'imbarazzo che altrimenti l'avrebbe con tutta probabilità paralizzata. La doccia è minuscola, e qualunque movimento faccia, la tenda le si appiccica addosso, allontana la sensazione fastidiosa, concentrandosi sulla donna ancora apatica di fronte a lei. Dopo aver insaponato la morbida spugna appesa al gancio, le deterge amorevolmente il viso e il collo graffiati, facendo attenzione affinché il sapone non le finisca negli occhi, già abbondantemente irritati. Con la stessa cura, tenendole una mano alla volta, lava via lo sporco, il sangue secco e il sudore accumulato da giorni, dalle sue lunghe braccia. Le sue ferite si stanno già rimarginando, nota, non c’è pericolo che si bruci col suo sangue acido, ma anche se ci fosse, a lei non importerebbe. Le sfila la canotta fradicia, ignorando la vista del suo corpo nudo, le lava la schiena e i capelli. Poi la fa voltare e con sguardo gentile, le deposita la spugna in una mano, "Vuoi provare a continuare da sola?", le propone. Attende paziente, finché Ripley le rivolge un indeciso cenno di assenso.

Commossa dalle premure della giovane, lentamente il clone si risveglia dall'inerzia, sforzandosi di collaborare quando le viene richiesto. Call la guarda con un sorriso incoraggiante, prima di darle le spalle e spostarsi in un angolo per lasciarle più spazio di movimento. Ripley la vede sfilarsi canottiera e slip con un gesto sbrigativo e pratico, e iniziare a lavarsi con velocità ed efficienza. I suoi movimenti sono ancora un po' incerti, ma riesce a completare la sua personale detersione, liberandosi a sua volta degli slip che indossa. Osserva la giovane in difficoltà nel tentativo di lavarsi il capo e prova il bisogno di aiutarla, la sente irrigidirsi per un istante, appena le sue lunghe dita affondano nella capigliatura, si blocca di rimando. "Lascia, faccio io.", le dice, non riconoscendo neanche la sua voce, adesso rauca a causa dello sfogo nella foresta. L'avvicina a sé e si obbliga a mettere tutto l'impegno di cui è capace al momento per restituirle, almeno in parte, le attenzioni ricevute poco prima, in un'intimità senza pretese che la fa sentire straordinariamente al sicuro.


Nel momento in cui il suo lungo corpo affonda sul materasso, si lascia sfuggire un pesante sospiro di sollievo. Non le importa di avere ancora i capelli bagnati, si rende conto che non riuscirebbe ad alzare un braccio neanche se ce ne fosse bisogno, riesce a malapena a strisciare di lato mettendosi su un fianco, per far spazio al corpo, fortunatamente molto più esile del suo, della giovane. La osserva sdraiarsi supina e lisciare le pieghe che la biancheria troppo larga le forma dietro la schiena. Lei, invece, la maglia di Hillard se la sente tirare addosso dappertutto. Dopo aver fissato il soffitto per un po', l'androide si volta nella sua direzione e allunga un braccio per abbassare l'intensità della luce al minimo. Timidamente, un singolo dito le sfiora il dorso della mano. "Meglio?", Ripley annuisce alla ricerca delle altre dita e vi intreccia insieme le sue. "Raccontami tutto quello che sai… su di me… su Ellen Ripley…", non è un ordine, e non suona nemmeno come tale, suona come la supplica di un orfano alla ricerca delle proprie origini. "Sei sicura che sia una buona idea?", la ragazza domanda dubbiosa. "Ho bisogno di saperlo.", si giustifica l'ibrido. Dopo averla osservata per un lungo momento, alla ricerca d'indecisione nella sua espressione, Call l'accontenta. Lascia andare la sua mano, si accomoda a pancia in su e alza un braccio in un gesto accogliente, aspettando che la donna vi si accoccoli, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo. Le allaccia le braccia intorno, "Ecco… così non mi scappi più!", e una rosa di emozioni le riempie il torace quando un lieve risolino esce dalla bocca dell'amica.

"Uhm… aveva trentasei anni quando partì per la missione di trasporto che finì con la distruzione del cargo. La nave deviò dalla rotta per investigare su certi segnali radio, l'equipaggio s'imbatté in qualcosa durante la ricognizione, un membro fu infettato e un solo xenomorfo li fece fuori uno a uno, in poche ore, lei fu la sola superstite.", fa una pausa ragionata, "Lei, e un gatto.", precisò. "Fu recuperata cinquantasette anni dopo, non le credettero e le fu ritirata la licenza di volo. Cercò sua figlia, ma scoprì che era morta pochi anni prima.", temporeggia di nuovo, aspettandosi qualche domanda. "Non ho nessun ricordo di questo.", ragiona la donna in tono perplesso. "Beh, forse sono memorie troppo indietro nel tempo…", ipotizza Call. "Era sposata?", "Divorziata. Pare fosse legata a un altro membro di quella prima missione fatale, una donna transgender di nome Joan Lambert.", "Oh…", esclama Ripley, ripensando agli assurdi interrogativi che le erano affiorati alla mente ore prima. "La Weyland-Yutani fiutò odore di soldi, tanti soldi, e spedì qualcuno della colonia terraformante stanziata sul pianeta a cercare il relitto. Ma la cosa sfuggì al loro controllo. Quando persero i contatti con quella gente la richiamarono in servizio e reintegrata col grado di tenente di corvetta. Ho trovato tracce di un falso accordo in cui lei accettava di ripartire solo a patto che la Weyland-Yutani s'impegnasse a distruggere quelle creature al primo contatto, seduta stante. Quando arrivarono lì, erano già tutti spacciati, tranne Newt, chissà come, lei era riuscita a nascondersi e a tirare avanti fino all'arrivo di Ripley.", Call concede alla donna un momento, con il palmo della sua mano le copre la sua che riposa sul suo stomaco, e la stringe, in un gesto empatico. "Purtroppo annegò per un guasto al suo tubo criogeno, durante il rientro verso la Terra. Morì anche il Caporale Hicks, l'altro superstite della missione. Probabilmente la regina depositò qualche uovo all'interno della navetta, e uno… infettò Ripley. Su Fiorina 161 lei se ne rese conto, dopo un po'. Ha dato la sua vita nel tentativo di salvare l'umanità da questa minaccia."

Il clone resta in silenzio per un lungo momento, contemplando il racconto della giovane, lasciandosi confortare dal calore del suo abbraccio e dalla gentilezza nel suo modo di parlare, e si accorge che il timore iniziale di perdere il controllo a quei ricordi si è attenuato man mano che la storia è proseguita. "Pensi che io e te potremmo combinare qualcosa, da queste parti?", infine le domanda, obbligandosi a concentrarsi sul presente. Guarda le loro mani unite, posate sullo stomaco della ragazza, muove la sua affinché i palmi combacino insieme, in attesa. "Sai, quando ti cercavo, prima, nel bosco, ho scorto la sagoma di un vecchio capanno… e ho sentito scorrere l'acqua di un torrente, poco lontano…", Call le racconta, cercando di dare forma alla sua idea, "…insomma, sembrava abbandonato e un po' derelitto, ma magari se…", "Mi ci porti domani?", il clone la interrompe all'improvviso, intrecciando le dita con le sue. Un sorriso appare sul viso esausto della giovane, "Certo… che ne dici se ci riposiamo un po' ora?", propone a beneficio di entrambe. La risposta di Ripley è un delicato bacio senza pretese sul collo, seguito da una sola parola, "Grazie."

   
 
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