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Autore: _Selenophile_    13/11/2020    1 recensioni
[erkenci kus]
[erkenci kus]Una ragazza dagli occhi ambra,Serena Monteforti,dopo un anno e mezzo a Londra,decide di ritornare nel paese universitario dove tutto è cominciato per affrontare i suoi demoni e riprendere in mano la sua vita.
Profondamente cambiata dal suo passato e da quello che è successo, non sa che è in arrivo per lei una sferzata di vita, totalmente inaspettata in un periodo come quello,in cui tutto era assopito e,quasi,dimenticato.
Un gruppo di ragazzi come tanti, che ha sogni,speranze, che lotta per emergere e per rimanere a galla. Un gruppo di ragazzi un po'strani e svampiti,che partorisce idee.
E un'idea,buttata lì un giorno di Ottobre, tra un aperitivo e una sigaretta.
Tutto questo causerà una tempesta violenta, dirompente e perfetta, da cui tutti usciranno diversi,cambiati.
Perchè un aquilone si alza solo con il vento contrario.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ho sempre pensato che le circostanze familiari avessero molto impatto sulla vita e la crescita di una persona. Attraverso l’ambiente di provenienza,si poteva capire molto sul comportamento e sul modo di fare di un individuo.
La famiglia era ciò che più di chiunque altro potesse formare un uomo.
Eppure io,ogni volta che si parlava della mia,avvertivo una sorte di vuoto,una mancanza incolmabile.
Mamma e papà erano i migliori genitori del mondo:attenti,presenti,pronti all’ascolto e in caso pronti alla risoluzione di ogni problema.Però dacchè ho memoria,mi sono sempre sentita distante da loro.
Come una stella lontana dalla sua costellazione di origine.Un pezzo di asteroide staccato dal corpo parentale.
Un albero senza radici.
 
Presi l’ultimo boccone di ciambellone e sprofondai sul divano,ero così vicino al camino da sentire il calore bruciante delle fiamme sul viso.
«E se optassimo per il country chic?!»
«Per me non fa differenza,mamma.» scrollai le spalle continuando a fissare il fuoco.
La donna dai lunghi capelli mori mi fissò da sopra le lenti dalla montatura a forma di gatto.«Però potresti consigliarmi almeno il colore delle pareti.»
Papà stava andando in pensione,e i miei genitori avevano pensato di dare una ventata d’aria nuova a casa,cominciando a ristrutturare il salotto.
«Ti sta bene il maglioncino che ti ho comprato.Sono contenta che ti sia piaciuto.»
Spostai lo sguardo sul maglioncino di lana che portavo in quel momento.Era di un tenue color cielo;era morbido,caldo e profumava di casa.
«Già.» la mia voce uscì monocorde.
Mia mamma sospirò.«Amore mio..» lasciò il catalogo Pantone che stava sfogliando e mi si sedette accanto «…si può sapere che è successo a Camerino?»
Sospirai ma continuai a non rispondere. Ho sempre avuto difficoltà ad aprirmi con loro. Vedevo i miei coetanei fare compere con le proprie madri,andare a vedere le partite con i propri padri;io non facevo nulla di tutto ciò.
Passavo dei bei momenti con loro,ma non avevo quel legame viscerale che una figlia dovrebbe avere con i propri genitori. Ero forse sbagliata?
«Perché non mi parli?!» gli occhi scuri di mamma si velarono di preoccupazione «Sei venuta due giorni fa senza preavviso…»
«Da quando devo avvisare prima di tornare a casa?!» sbottai velenosa.
«Cosa..?!No!» il suo tono era ferito «…dico solo che io e tuo padre siamo preoccupati:sei arrivata due giorni fa così inaspettatamente;sei dimagrita troppo,hai gli occhi tristi e…» tentennò «…quando ho rifatto il tuo letto ho notato il cuscino umido.»
«Vuoi sapere che succede,mamma?!»
«Sì.Magari possiamo risolverlo insieme…»
Non riuscii più a trattenermi.«No,mamma,no!» scattai «Nessuno di voi può fare niente!Ho combinato un casino che non posso risolvere!» mi alzai in piedi urlando «Dovete solo lasciarmi in pace!»
Mi fiondai su per le scale,rincorsa da mia mamma che supplicava di fermarmi.
Chiusi la porta a chiave e mi accasciai a terra,continuando a piangere con il viso tra le mani.
«Serena,apri!Possiamo trovare una soluzione.» la sentivo cercare di forzare la maniglia di camera mia.
Incassai ancora di più la testa nelle spalle.
Mi sono innamorata del mio professore,un uomo che odia le bugie. Ho ceduto al ricatto di persone ignobili distruggendo la mia amicizia con i ragazzi e il mio rapporto con lui.
No,mamma,non possiamo risolvere questa situazione.
 
Quando mi svegliai doveva essere pomeriggio inoltrato,a giudicare dal buio in cui era sommersa camera mia.Mi alzai stiracchiandomi,mi ero addormentata sfibrata sul pavimento e adesso ne pagavo le conseguenze.
Dalla cucina sentivo le voci di mamma e papà che discutevano di qualcosa; mi fermai sulle scale ed origliai.
«Sono molto preoccupata per lei,caro..»
«Non si è sfogata almeno con te?» la voce di papà era tesa. Stavo facendo morire i miei genitori di ansia.
La mia attenzione fu catturata da una cornice;lasciai i miei genitori a discutere e mi avvicinai al camino,prendendo in mano quella foto elegantemente icorniciata,perdendomi dentro pezzi di ricordi.

Mi fermai sulle scale ad ammirare Andrea,aveva spostato il tavolinetto basso di vetro ed era seduto esattamente al centro del grande tappeto.Aveva in mano una mia chitarra e cercava di strimpellare qualcosa,mettendo in pratica i miei insegnamenti.Il suo fischiettare era interrotto dai suoi buffi tentativi di portare indietro il ciuffo.
Papà avrebbe passato il fine settimana a Napoli per un’udienza,e mamma aveva deciso di accompagnarlo. Avremmo avuto casa solo nostra per tre giorni di fila.
Dopo pranzo avevamo fatto la crostata insieme ed eravamo finiti a buttarci la farina addosso,ridendo come due ragazzini.
Era bellissimo averlo nella mia quotidianità.
Cercai di sorprenderlo alle spalle ma lui fu più veloce ed in un battito di ciglia mi ritrovai tra le sue gambe,la chitarra abbandonata lì vicino.
«Uffa!Volevo coglierti di sorpresa!» misi il broncio «Ma non ci riesco mai.»
Mi chiuse in un abbraccio.«Pensi che sia così facile sorprendermi?!»
 
Tra le sue braccia,mentre lui mi coccolava e mi lasciava tanti piccoli baci sui capelli,vagavo con lo sguardo nell’ambiente circostante.La casa era immersa nella penombra,esclusione fatta per le fiamme del camino e le lucine intermittenti del grande albero di Natale in un angolo.
Lucine e vischio si rincorrevano lungo il soggiorno,tra i divani in pelle bianca,sul corrimano delle scale.Le ghirlande scendevano armoniose dai lampadari mentre le candele sul camino,sui mobili bianchi e sul tavolinetto basso erano accese e creavano una piacevole atmosfera.
Dalla cucina proveniva un invitante odore di crostata con la marmellata,il dolce preferito del mio ragazzo.
Mi strinsi maggiormente a lui,appoggiando la testa sul suo petto.«A che cosa pensi?»
«Stavo guardando la foto.» mormorò sulla mia tempia.
 

Voltai lo sguardo verso la foto che mi ritraeva bambina. Stavo guardando oltre l’obbiettivo,i capelli mossi erano sciolti sulle spalle.Gli occhi,che con la crescita avrebbero preso la loro caratteristica colorazione ambra,erano spalancati;così come la bocca che già da piccola era carnosa e colorata di un tenue rosa.
«È stata scattata da papà per inaugurare la Nikon nuova.»
«Quanti bambini hai steso con quegli occhioni e quella boccuccia?»
Mi girai verso di lui,il suo sguardo era malizioso.«Abbastanza!Ero molto gettonata alle elementari!»
Alzò un sopracciglio.«Continua a provocare.»
«E perché dovrei,scusa?!» lo strinsi con le braccia e le gambe «Del resto eri tu quello circondato da cheerleaders che sgambettavano per attirare l’attenzione!»
Sbuffò e abbassò le spalle.«Ti rendi conto che mi stai  rimproverando per qualcosa di cui non ho colpa?!» mi rimbeccò fingendosi offeso.
Il giorno precedente mi aveva raccontato che prima della tesi magistrale era stato sei mesi a Tallahassee,alla  Florida State University per un Erasmus.Era entrato nella squadra di basket come playmaker,diventando immediatamente popolare anche grazie alla sua intelligenza,secondo lui.
Ma buona parte era dovuta anche alla sua prorompente bellezza,secondo me.
Sbattei le ciglia,civettuola e innocente.«Sto dicendo solo le cose come stanno!»
«Demonio!» mi avvolse con il suo corpo e mi baciò.
 «Non hai fame?!» mi chiese dopo svariati minuti passati a baciarci.
«In realtà ho più caldo che fame!» ammisi con il respiro affannato.
Non avevo acceso i termosifoni,eppure il mio corpo andava a fuoco.
«Dai,andiamo a fare merenda.» si alzò e mi caricò sulle spalle come una bambina.
 
«Non pensi che dovremmo dirle di essere stata adottata?!»
Quella frase di mio padre mi riportò bruscamente nel presente.
La cornice mi scivolò dalle mani,infrangendosi sul pavimento. Il rumore di vetri rotti aveva catturato l’attenzione dei miei genitori,che adesso mi stavano guardando con l’aria di due bambini che erano stati sorpresi a fare qualche marachella.
Peccato che la situazione non era quella di due pesti beccati a cercare le caramelle nella borsa della nonna.
Gli occhi di mamma si velarono di lacrime,mentre papà cominciava ad allentarsi la cravatta,palesemente in difficoltà.
«Mamma…papà..» mi avvicinai a loro tremando «..ho sentito bene?»
Un pesante silenzio aleggiava intorno a noi,un silenzio che urlava verità.
«Ecco,Serena…»  mio padre,che aveva sempre a disposizione un vocabolario intero,adesso faticava a trovare le parole adatte.
«Amore mio..» mamma provò ad allungare una mano verso di me ma mi scansai.
«Ditemi cosa sta succedendo..»
I miei si lanciarono uno sguardo timido,cercando di darsi coraggio a vicenda.Era insopportabile.
«Volete parlare,cazzo?!» latrai ansimante.
Mamma e papà si scambiarono un ultimo sguardo e si sedettero.«Principessa..» papà mi chiamava sempre così «..forse è meglio che ti sieda un attimo!»
«Non voglio sedermi!Voglio che mi diciate la verità!»
L’uomo dagli occhi neri ed il sorriso gentile mi guardò,passandosi una mano tra i folti capelli brizzolati.«Vedi…» sospirò «..quando tua madre..» si corresse «..aveva più o meno la tua età,le fu diagnosticato un tumore all’utero in metastasi..» mamma a quelle parole cominciò a piangere «..purtroppo l’unico modo per salvarla fu asportare tutto l’apparato genitale..»
Tumore all’utero…asportare tutto l’apparato genitale.Il mio cervello ripeteva quelle parole cercando di capirle ma non ci riusciva,o non voleva riuscirci.
«Ma questo..» sbattei due volte le palpebre «..questo vuol dire che…»
«Sì.Io non posso avere figli..»la voce di quella che consideravo mia madre sembrava un gemito.
«No..no..un attimo…» cercavo di mantenere la lucidità che quel momento richiedeva,ma sentivo che la mia psiche stava per essere completamente annientata «..io..cioè..» blateravo parole sconnesse «…insomma..sappiamo tutti come nascono i bambini..»
Papà e mamma si lanciarono un altro sguardo.
«Eravamo in vacanza sul Conero,era il 30 Settembre..stavamo facendo una passeggiata quando notammo dei mezzi dei vigili del fuoco vicino ad una villetta padronale…» il volto di papà si fece scuro «..c’era stata una fuga di gas…della famiglia di quattro persone,era sopravvissuta solo una creaturina di meno di un anno..» papà mi guardò «..eri tu quella creaturina..»
Mi appoggiai con la mano allo schienale della sedia,respirando con la bocca e cercando di non perdere il contatto con la realtà.Il peso di quella confessione mi piegava in due,nel senso denotativo e connotativo del termine.Le lacrime cominciarono a scendere,mentre un lamento mi fece tremare.
«Amore mio..» schiaffeggiai collerica la mano tesa di papà. Il mio papà,che non era mai stato mio.
«Perché non  mi avete detto niente?» avevo lo sguardo fisso sul grande centrotavola di porcellana.
«Perché per noi sei nostra figlia.» fu la donna che fino a qualche minuto prima consideravo mia madre a parlare «È vero,non ti abbiamo concepita;ma per noi rimani sempre la nostra bambina…»
Mi sedetti sulla sedia,portandomi due mani al viso e dondolando avanti e indietro,mentre battevo ritmicamente il piede sul pavimento.
«Non è possibile…» mugolai tra i singhiozzi che mi scuotevano «..è uno scherzo..non è possibile..»
Non era vero.Non doveva essere vero. Non poteva crollare anche quell’unica certezza rimasta.
«Principessa..»
«Dovevate dirmelo!» mi alzai in piedi «Meritavo di sapere!» le lacrime bruciavano al contatto con le mie guance.
«Pensavamo non fosse importante..»
«Importante,mamma?!» quel sostantivo,che di solito infondeva dolcezza e riparo a chiunque solo al nominarlo,mi ripugnò al punto di non  riuscire a guardare la bellissima donna che avevo di fronte.
«Ci dispiace tanto…»
«Vi dispiace?!» il magone mi serrava la gola «Per avermi adottata..?!O per non avermi detto la verità..?!»
Gli occhi scuri di quello che ormai non consideravo più mio padre si incupirono.«Adesso stai un po’esagerando..» si avvicinò a sua moglie in lacrime e le cinse le spalle con un braccio «..sei nostra figlia. E quindi…»
«Io non sono vostra figlia!» urlai talmente forte da sentire il rimbombo del mio urlo tra le pareti «E dovevate dirmelo!»
Afferrai sciarpa e cappotto dall’appendiabiti in corridoio,lanciai un ultimo sguardo a quella coppia estranea e mi fiondai fuori.
Fuori da quella casa con ormai senza niente di famigliare dentro.Fuori da quelle pareti che un tempo avevano racchiuso sorrisi allegri,abbracci spensierati e urla gioiose.
Corsi fuori da quella casa che profumava di caramelle e zucchero filato,di fantasia e amore. Corsi via da quella casa che ormai non era più mia.
 
Guidavo alla cieca,guidavo verso un qualcosa a cui ancora oggi non saprei dare una definizione. Entravo ed uscivo da quelle curve con l’acceleratore quasi completamente in orizzontale. Avevo gli occhi fissi sulla strada,ma la mente era da tutt’altra parte.

«..tanti auguri a Serena,tanti auguri a te!»
L’applauso scrosciante della mia famiglia mi accompagnava mentre soffiavo le mie dieci candeline rosa sulla torta ricoperta di deliziosa pasta di zucchero e panna.
C’erano tutti:mamma,papà,i nonni, i miei zii e i miei cugini,persino lo zio che stava in Svizzera,per una fortuita coincidenza,quell’anno era riuscito a partecipare alla festa.

Continuavo a pigiare l’acceleratore,mentre imboccavo un’altra curva stretta.

«Il bagnino non ti toglie gli occhi di dosso.» mia mamma allungò la mano curata verso la sua granita al limone,guardandomi da sopra gli occhiali da sole scuri.
«Mamma,per favore!» brontolai mentre leccavo via l’ultima pallina del mio gelato al pistacchio e nocciola.
Approfittando delle temperature piacevoli di inizio Giugno,io e mamma avevamo deciso di passare un pomeriggio rilassante in piscina.
«Impara,tesoro..» agitò la bibita «..una mamma su certe cose non sbaglia mai!» si portò sul naso gli occhiali «..e comunque,quel costume ti sta davvero bene!»
Per quel pomeriggio avevo indossato un semplice bikini con una fantasia tribale sulla mutandina e il reggiseno fatto con la tecnica dell’uncinetto.Per me non era niente di speciale.
«Potrebbe guardare te,no?!» scherzai.
«Me?!» alzò le sopracciglia,come se ci riflettesse,«..ma non dire stupidaggini!Ormai è passato il mio tempo..»
Invece la mia mamma era molto bella,sembrava una diva con il suo costume intero a pois bianchi e lo chignon raccolto.

Il clacson di una moto che proveniva in direzione opposta mi distolse da quel ricordo. Sterzai bruscamente e per un attimo la macchina sbandò,ma fortunatamente riuscii a riprenderne il controllo.
Scossi la testa e continuai a guidare,la mente martoriata da un altro ricordo.

Stretta nel pigiamino intero color pastello,con Mr Bear tra le mani,corsi nello studio di papà piangendo e urlando.
Lui mi prese in braccio e mi mise sulle sue ginocchia.«Bambina mia,cosa c’è?!»
«Papà..» tirai su con il naso e indicai con il piccolo indice la porta del corridoio «C’è lui…» continuavo a piangere come una disperata,con i capelli attaccati al viso e le guance rosse come due pomodori.
Mio padre lanciò uno sguardo alla porta.«Lui chi?!»
Piantai i miei occhioni sul suo viso così gentile.«Il mostro nero..c’è il mostro nero..» mi avvinghiai al suo collo con le mie manine e mi strinsi al suo corpo con tutta la forza dei miei cinque anni «..papà ho paura!Ho tanta paura!»
L’uomo sorrise e mi cullò,facendomi dondolare sulle sue gambe.«Piccola,non c’è nessun mostro nero.» mi accarezzava i capelli rassicurandomi «Hai avuto un incubo,principessa.»
Tirai su con il naso.«Invece c’è!Io l’ho visto!» grossi lacrimoni continuavano a scendere sul mio viso paffuto«C’è!»
L’uomo sospirò e scosse la testa.«Facciamo un patto..» il pianto cessò immediatamente «..adesso stai un po’in braccio a papà.Poi,quando lui ha finito di lavorare,vai a dormire senza protestare perché domani devi andare all’asilo,va bene?»
Annuii sorridendo,i capelli che uscivano scompigliati dalla cipolla ondeggiarono a quel movimento.«Promesso!»
Papà allungò il mignolo sorridendo,io lo strinsi e poi l’abbracciai.«Sei il papà migliore del mondo!»
Lui mi scompigliò i capelli.«E tu sei la bambina più dolce del mondo.»

Una macchina sbucò dal nulla,sterzai per cercare di evitarla ma persi il controllo della mia che invase la corsia affianco. Cercai di frenare ma senza risultato.Sentii un clacson che mi arrivava lontano mentre venivo sballottata da una parte all’altra dell’abitacolo.
Mossi lo sterzo che sembrava d’acciaio ma non ruotava né a destra né a sinistra.
La macchina uscì di strada.Uno stridìo di freni,il rombo del motore che sfidava la notte,le gomme fiammeggianti sull’asfalto mentre tentavo in tutti i modi di non cadere nella grande scarpata sotto la strada.Il sistema airbag si attivò sbalzandomi fuori dall’auto.
Mi ritrovai riversa sul brecciato,in mezzo alla melma che la pioggia torrenziale aveva creato,dall’asfalto proveniva un forte odore di bruciato.
Con molta difficoltà sulle mie gambe malferme mi rimisi in piedi,appoggiandomi alla mia auto. Mi guardai intorno confusa:avevo rischiato di morire.
Scrollai le spalle con noncuranza e mi avvicinai al limite della scarpata.Un forte vento si alzò in quel momento mischiandosi alla pioggia.
Il vento cominciò a ululare,rendendo la pioggia un tornado tempestoso. Le gocce,rese pesanti dalla velocità della massa d’aria,mi sferzavano il viso ed il corpo,graffiandomi la pelle e l’anima.
La corrente d’aria era così forte da slacciarmi la sciarpa dal collo e farla svolazzare lontano.Aprii le braccia,il cappotto si aprii e l’aria si portò via anche quello.
A braccia aperte,alzai il viso,desiderando che quella pioggia violenta diventasse acido solforico in modo tale da ustionarmi fino ad uccidermi.
Immaginavo il mio corpo corrodersi all’impatto con quelle gocce fino a liquefarsi,penetrare nel terreno e rinascere come betulla,a significare la rinascita.
Cosa fai,bimba?
Due scintillanti occhi scuri penetrarono quello strato di angoscioso tormento,mentre la voce roca di Andrea mi toccava nel profondo.
Che cosa stai facendo lì?!
Ritornai in me e un dolore acuto alla testa mi informava di tutte i vari colpi che avevo preso;sentivo chiaramente un rigagnolo di sangue che dal cuoio capelluto mi attraversava la testa e infine il collo.
Sbattei le ciglia per riprendere il contatto con la realtà. Avevo rischiato di morire sul serio.
Riacquistai un minimo di lucidità e mi guardai intorno,mi schermai il viso con la mano per proteggermi dalla pioggia e dal vento che continuavano a battermi e vidi in lontananza le due torri del Duomo con il grande orologio luminoso:Camerino era vicina.
La macchina ormai era fuori uso;avrei dovuto trovare un altro modo per arrivare a casa mia.
Continuando a girovagare con lo sguardo,vidi un sentiero sulla destra che spariva tra gli alberi,cercai di seguirlo con gli occhi e mi resi conto che sembrava terminare esattamente sotto la chiesa.
Lanciai un ultimo sguardo rammaricato alla mia Mercedes e mi avviai verso la strada che mi avrebbe condotta direttamente agli inferi.
 
Fissavo quella scena da quanto tempo?Minuti?Ore?Giorni?
Mi ero precipitata verso l’unica fonte di salvezza:la casa di Andrea. Non mi importava se lui non mi avesse parlato,non mi avesse neanche guardato;avevo bisogno di lui.Vederlo per me era diventato un bisogno quasi vitale.
Peccato che quello che vidi fu tutto tranne che vitale:nel suo soggiorno,che tante volte era stato palcoscenico di noi due abbracciarci,scherzare e ridere, c’era Melissa che cercava di insidiare per l’ennesima volta quello che consideravo ancora il mio uomo.
Andrea era in piedi,le mani rigide appoggiate al tavolo,completamente immobile;la schiena dritta e il collo teso nel tentativo palese di evitarla. Melissa gli stava a due centimetri dal viso e sussurrava qualcosa sensuale,le braccia incrociate dietro la sua testa ed il corpo compresso contro quello del ragazzo.Lui la guardava gelido,si capiva chiaramente che non volesse averla vicino.
Poi successe l’inevitabile:il perenne ciuffo ribelle di Andrea andò a coprirgli la parte sinistra del viso,lei con una carezza delicata lo portò indietro,sporgendosi per baciarlo.
Il mio guaito portò entrambi a girarsi.Quando mi vide,il mio professore scostò Melissa con poca grazia e si precipitò,preoccupato.«Serena,stai bene?»
Feci un passo indietro,per scansarlo,non volevo che mi toccasse.
«Serena,che è successo?Sei sconvolta.» il ragazzo di fronte a me tentò di nuovo di avvicinarsi ma lo spinsi via.
Ero consapevole di essere un disastro:terriccio mescolato a fango e acqua mi si era impastato addosso,tra i capelli e sul viso.Dai graffi,dovuti ai tentativi di arrampicarmi sugli alberi attraverso il sentiero,il sangue scorreva lento ed inesorabile. I capelli erano completamente bagnati e gocciolavano creando una pozza d’acqua per terra.
Andrea cercava di parlarmi,ma io ormai non ero più in quella stanza,mi ero alienata da tutto.
Ma la vita è beffarda ed ingrata:quel suo dannato ciuffo ribelle scivolò nuovamente davanti al suo viso e la mia isterìa esplose:afferrai urlando un vaso all’ingresso e lo lanciai verso una parte indefinita,prima di catapultarmi fuori per l’ennesima volta.

https://www.youtube.com/watch?v=nuLMDvoshrk 

Correvo da svariati minuti,sferzata da quella tempesta di vento e pioggia che rendeva la visuale poco nitida.
Ero esausta e straziata.Perché dovevo soffrire così tanto?Cosa avevo fatto di così cattivo per meritarmi una punizione del genere?
Con le lacrime che si mescolavano alle gocce di pioggia pesanti come ferro,chiedevo questo alla notte buia come l’oblìo.Supplicavo solo di trovare un po’di pace.
Stefano,Tatiana,Morrovalle,Melissa,Andrea,i miei amici,di nuovo Andrea,mamma e papà,Andrea.
Era troppo. Avevo venticinque anni,un’intera vita davanti,ero una bambina,non potevo e non dovevo soffrire in quel modo. Non era giusto.
Nella mia folle corsa il mio maglioncino azzurro si impigliò tra i rami di un albero,cercai con tutta la mia forza di sganciarlo e quando riuscii a liberarmi,il maglione si strappò e i rami di un albero vicino si conficcarono nel mio fianco,lacerandomi la pelle.
Ma niente era paragonabile al dolore che mi lacerava il cuore.
Continuai a correre,piangendo ed urlando,mi sentivo la gola attraversata da mille fiamme incandescenti,i piedi bruciavano e il cuore pompava impazzito il sangue.
Mi sentivo come se fossi caduta in un roseto formato da fiori di tanti splendidi colori;stavo immobile,dagli occhi sgranati scendevano lacrime silenziose,mentre ogni singola spina mi trafiggeva l’anima.
I fari delle macchine mi accecavano,abbagliandomi come un gatto,i clacson impazzavano e con loro anche gli improperi degli automobilisti che si trovavano a schivare me che correvo come un proiettile impazzito.
L’ennesima macchina evitata,l’ennesimo strombazzare del clacson,un piede messo male,la scarpata resa scivolosa dalla pioggia,un urlo terrificante e poi il buio.

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Salve a tutte,carissime!

Visto che è un capitolo un po'lunghetto,vi lascio solo due note,promesso!

Prima di tutto,vi aspettavate che sarebbe stata questa la notizia che avrebbe sconvolto Serena?!

Passando ad analizzare la sua reazione:io,grazie al cielo,non so cosa si provi a sapere di essere stata adottata,e non mi sono mai messa in macchina in quello stato. In questo capitolo ho cercato di mettermi nei panni di questa ragazza fragile psicologicamente che in pochissimi giorni perde tutto quello che per lei significava stabilità:amore,amici,famiglia.

Spero che la sua reazione sia credibile e sia riuscita ad emozionarvi almeno un po' di quanto mi sia emozionata io a scriverla.

Questo capitolo è molto triste e doloroso;forse troppo doloroso per una singola persona,ma la mia storia già dal prologo faceva sottintendere questo dolore velato.

Grazie sempre per il sostegno che mi date.

Un abbraccio,
S.



 
   
 
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