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Autore: manpolisc_    14/11/2020    1 recensioni
•Secondo libro della trilogia•
Sharon Steel ormai crede di aver scoperto tutto di sé grazie agli avvenimenti estivi che hanno caratterizzato le sue vacanze, quando in realtà non sa ancora nulla di ciò che realmente è. Sicura di aver detto addio ad una minuscola ma significativa parte della sua vita, si ritroverà ad affrontarla di nuovo, e questa volta le cose saranno troppo diverse e non sarà sicura di riuscire ad accettarle.
Dal testo:
- Era solo un sogno. - Cerca di rassicurarmi, e lo ringrazio per avermi interrotto. Non sono certa di voler dire ad alta voce quegli orrori da cui la mia mente è ormai segnata.
- Si realizzerà. - Affermo completamente sicura.
- Solo se tu vuoi renderlo realtà. -
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5

-Sharon-

Accarezzo lo schermo del cellulare mentre osservo il suo messaggio. Ancora non riesco a capire come abbia fatto a uccidere tutto ciò che d’innocente c'era in me con un semplice sguardo. Non posso lasciare che mi controlli nuovamente: fa troppo male. Perché deve essere tutto così difficile? Lui non riesce a sentire quanto sia distrutta dentro? Come faccio ora? Cosa diamine mi ha fatto? Non riesco più a trovare me stessa, non riesco più a controllarmi. Non può semplicemente riapparire come se nulla fosse e stravolgermi di nuovo, non questa volta. Non lo sentivo da fin troppo tempo. È bastato un insignificante messaggio per farmi risentire tutte quelle emozioni che mi aveva fatto provare quel giorno quando mi ha detto addio. Qualcosa dentro, proprio all'altezza dello stomaco, comincia di nuovo a divorarmi le interiora. Sono stata così stupida a pensare che una persona potesse tenere sul serio a me. Quale pazzo lo farebbe? Albert e Delice mi sono amici, ma non potevo aspettarmi di certo lo stesso da lui. Voglio un bene dell'anima a loro due, ma devo anche riconoscere che nessuno riuscirà a colmare quell'illusione che Jackson aveva creato in così poco tempo e distrutto l’attimo dopo appena non aveva più bisogno di me. Sono stata stupida a pensare che valessi qualcosa per lui. Lui non mi era davvero amico. Forse mi vede solo come un altro Elementale o peggio, come uno dei tanti mostri da cui deve tenersi alla larga, date le sue ultime parole ad agosto. Anche se non lo ammetterò mai davanti a Delice, vorrei sul serio parlare con Luke e chiedergli meglio cosa stia succedendo perché, per quanto ci abbia provato, non riesco ancora a capire qualcosa in tutta questa storia. Jackson mi ha tenuto nascoste un sacco di cose, compresa quella riguardante questo probabile mostro con cui convivo. Se si riferisce a mia zia Tess, che ruolo ha in tutto questo? Per la maledizione dell'albero ne aveva uno (era praticamente la causa di tutto ciò, anche se non era voluto), ma ora? Mi sento morire dentro. Forse Delice ha ragione, dovrei provare a chiamare Jackson. Per quanto orgogliosa stia cercando di essere, so per certo che non lo sarò per molto. Ma se provassi a contattarlo, non devo per forza rimanere in rapporti con lui: quella nave è salpata da un pezzo. Non provo più le stesse cose che provavo le prime volte in cui lo vedevo da molto, molto tempo. Ormai non mi fa più effetto, tranne che per le ferite che ha lasciato. E non parlo solo della cicatrice sulla mia spalla dove precedentemente c'era un bel buco, causato dall'artiglio di una Ek Ek. Solo pensare di risentire la sua voce è difficile. Quando mi disse addio, ero sicura che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui l'avrei sentita e in cui l’avrei visto. Eppure eccoci di nuovo qui. Però questa lo sarà sul serio, devo promettermelo. Ho bisogno di quelle risposte, anche se ne sono terrorizzata. E se la verità fosse davvero troppo per me e mi servisse il suo sostegno? E se non ci fosse di nuovo? Lui è l’unico in grado di capirmi sul serio. So di doverla smettere con questi pensieri, perché ho affrontato di peggio, però lui comunque rimane ciò che più mi spaventa al mondo, perché non mi è indifferente rispetto al resto con cui ho dovuto fare i conti.
Smetto di pensare e prendo un respiro, poi avvicino il dito sul disegno della cornetta, accanto al suo numero, per chiamarlo. Sto per farlo quando il mio dito si ferma, quindi blocco lo schermo del cellulare prima che possa causare guai. Devo avere delle risposte, ma devo averle di persona. Non voglio che s’inventi altre bugie e che mi faccia creare problemi per altri mesi. Ho bisogno di guardarlo negli occhi.
Mi alzo subito dai gradini ed entro in casa mentre apro Google per cercare qualche biglietto aereo last minute per l'Inghilterra. Se gli avessi chiesto di venire qua, non l'avrebbe mai fatto. Sto facendo una pazzia, ne sono consapevole, ma non posso più andare avanti così, nel dubbio, vagando ciecamente tra le ombre. Mia madre mi spellerà viva, sono consapevole anche di questo, ma riuscirò a organizzarmi con Delice.
Salgo in camera e cerco il biglietto meno costoso. Qualche minuto dopo, non appena lo trovo, non perdo tempo a comprarlo: partirà alle dieci di questa sera. Fortunatamente questa volta non ho dovuto neanche rubare la carta di credito di mia madre di nascosto. Regalarmene una per il compleanno non è stata poi una cattiva idea.
Se non perdo tempo posso farcela, ma senza volerlo ho già perso un'ora tra i miei pensieri prima, sui gradini, e si sono fatte le sei di sera. Devo sbrigarmi, soprattutto perché devo evitare mia madre. Se tornasse prima, sarebbe un vero casino. Soprattutto se dovesse scoprire che ho speso quasi trecento dollari per questo viaggio.
Compongo il numero di Delice più in fretta che posso per farmi accompagnare all'aeroporto, ma non mi risponde: segreteria. Senza perdere altro tempo, chiamo Albert.
- Ti prego, rispondi... - Imploro con tutta me stessa mentre caccio uno zaino nero abbastanza grande da sotto il letto, buttandocelo sopra. Metto il vivavoce e lascio il cellulare accanto a questo, poi mi avvicino all'armadio per prendere qualche maglietta.
- Heilà, Shasha. Che cosa ha detto tua madre dell'idea di andare a convivere? - Chiede entusiasta mentre sento degli spari in sottofondo. Sta ancora giocando a quel gioco di guerra alla playstation nuova che ha ricevuto.
- Senti, ho bisogno di un passaggio all’aeroporto. - Ignoro completamente la sua domanda e butto le maglie nello zaino senza prestarci troppa attenzione. - E mi serve ora. -
- E dove vai? - Anche gli spari in sottofondo si sono ammutoliti, segno che ha messo in pausa il gioco. Per una volta ho la sua completa attenzione mentre gioca, il che è strano.
- In Inghilterra. - Rispondo come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Continuo a mettere vestiti a caso, senza rendermi effettivamente conto di quanti siano. Non rimarrò di certo a farmi una vacanza lì: il tempo di parlare con Jackson e torno, dicendogli addio una volta per tutte. Lui è stato il primo a voler interrompere il rapporto che si era creato tra noi, quindi perché devo essere io quella a riaprirlo? Il suo messaggio sarà di certo stato una debolezza: finalmente ha ritrovato i suoi sensi di colpa. Io ci parlo, cerco di capirci qualcosa in tutta questa storia perché davvero ancora non riesco a comprendere nulla, e me ne torno. Se non sarò forte per allontanarmi da lui, beh, devo farlo, in un modo o nell’altro. Non cadrò nuovamente nella sua trappola, non questa volta. Non sono più la ragazza spaventata, debole e che si sente sempre fuori luogo che ero qualche mese fa. Alla fine qualcosa di buono Jackson l'ha fatto: mi ha reso più sicura, facendomi capire che, sebbene sia diversa, questo non vuol dire che sia sbagliata. Mi ha reso più forte, meno ingenua.
- In Inghilterra? Cosa? E perché? E tua madre lo sa? -
- Sul serio? Certo che mia madre lo sa! - Esclamo col tono più convincente possibile, sentendo già il suo timbro di voce riempirsi di preoccupazione. - Se tu venissi qua, ti spiegherei tutto con calma. - Altra bugia. Beh, si fa per dire. Mi serve del tempo per pensare a una buona scusa. Albert sa tutto quello che è capitato tra me e Jackson e non c'è bisogno che dica che lo odia profondamente per il modo in cui mi ha trattato.
- Va bene, mi cambio e sono sotto da te. - Chiudo la chiamata e finisco lo zaino. Ci metto dentro il caricatore del cellulare e le cuffie, lo spazzolino, qualche paio di mutande (nel caso di qualche emergenza) e chiudo tutto. Mi siedo sul letto mentre aspetto Albert. Non so se dovrei lasciare un bigliettino a mia madre, chiamarla o altro. Se Delice mi rispondesse al cellulare, deciderei cosa fare, organizzando qualcosa con lei come sempre, del resto. Mi chiedo a volte cosa stia facendo o dove sia quando ho bisogno di lei. Però, se lasciassi a mia madre un biglietto, sarebbe troppo strano: spesso glielo dico e basta quando mi fermo a dormire da Delice. Mi torturo le mani nell'attesa. Qualche minuto fa pensavo che questa fosse una buona idea, non ottima, ma ancora accettabile. Invece ora mi sembra una stupidaggine enorme. Ho davvero reagito d'impulso e comprato un biglietto last minute per raggiungere un ragazzo che odio e che non voglio vedere, se non per togliermi definitivamente dubbi, che magari non esistono neanche, dalla mia mente? Sì, devo essere del tutto impazzita. Ma forse non odio lui, odio me stessa per essermi lasciata controllare dall'effetto che mi faceva. Forse ad Albert dovrei dire la verità. Anche lui mi dirà che è una pazzia e mi urlerà contro, e poi mi metterò di sicuro a piangere per aver gettato all'aria più di duecento dollari. Dovrei cominciare a essere più riflessiva quando si tratta di Jackson, ma non so, a volte mi sembra che qualcuno mi ostruisca il cervello per impedirmi di pensare razionalmente affinché mi butti sulla prima idea pazza che mi passa per la mente.
Cerco di distrarmi dai sensi di colpa e da quell'ansia che si sta formando dentro di me e prendo il cellulare per scrivere un messaggio a Delice dicendole che, se mia madre l'avesse chiamata, avrebbe dovuto dirle che rimango da lei per un paio di giorni poiché i suoi, come sempre, sono fuori per lavoro e non vuole rimanere sola. Inoltre abbiamo un progetto di scuola su cui lavorare. Quando arriverò in Inghilterra la chiamerò e le spiegherò tutto, così a sua volta avvertirà Albert, ma per ora voglio che sia un segreto per tutti, che non sappiano niente. Almeno si arrabbieranno dopo con me.
Sento un clacson fuori e scatto verso la finestra per controllare che ci sia Albert e non mia madre dal momento che alcune volte le danno un passaggio. Appena riconosco la DR Zero verde (con un adesivo raffigurante un arcobaleno e un altro con il nome della sua band preferita, gli Arctic Monkeys) del mio amico afferro lo zaino e il cellulare di corsa e mi catapulto giù, sbattendomi anche la porta alle spalle dalla fretta. Apro la portiera ed entro in macchina, poi la richiudo con il respiro affannato dalla corsa. Albert mi guarda abbastanza perplesso: non mi ha mai visto così di fretta per nulla.
- Sei ricercata dalla polizia, non è vero? - Scherza, nonostante la sua faccia sia più che seria. A volte non so se credergli o ridere con lui data la sua ironia, quindi nel dubbio accenno una risata e scuoto la testa. Lui sorride, più rilassato, e mette in moto. - Dove devo portarla, madame? -
- Al Las Vegas Mccarran International Airport. - Lui fa un fischio, sorpreso, e mi guarda, quindi ricambio l’occhiata, confusa per il suo gesto.
- Che lusso. – Commenta, quasi a giustificare la sua azione, mentre mette in moto e fa retromarcia, guardando nello specchietto retrovisore. - Non potevi partire con più calma? Magari andavamo in qualche bel casinò. -
- Magari. - Sospiro. Se solo conoscesse la vera ragione per cui sto facendo questa assurdità non sarebbe così calmo. Non lo sono neanche io, in realtà; sto cominciando a innervosirmi. Non ho mai mentito così ad Albert, tantomeno a mia madre. Credevo di odiarla per avermi tenuta nascosta la vera me, ma adesso mi sento solo terribilmente in colpa. Non se lo merita. Nonostante questo segreto, ha sempre fatto di tutto per cercare di rendermi felice e non mi piace ripagarla in questo modo. Prendo un bel respiro per evitare che gli occhi mi diventino lucidi: se l'Ondino lo avesse notato, tornerebbe immediatamente davanti alla porta di casa mia.
- Allora, cosa è successo di così urgente da farti partire all'improvviso? - Chiede mentre esce dal mio quartiere. Diamine, non ho pensato a una scusa da dirgli. Che cosa ho fatto tutto quel tempo mentre lo aspettavo? Già non ricordo più. Sapevo che avrei dovuto riflettere meglio su ciò che sto facendo e magari parlarne anche con mia madre. Che stupida che sono stata. Però, ormai quello che è fatto è fatto. Devo cercare di mantenere la calma e non perdere la testa.
- Oh, una zia a cui sono molto affezionata non sta bene e quindi ho deciso di andare a trovarla, ma starò solo un paio di giorni. Mia madre non può venire. Sai com’è, il lavoro, quindi ha accettato di farmi partire da sola. - Lui annuisce mentre tiene gli occhi sulla strada, avvicinandosi sempre di più al cartello di benvenuto di Ruddy Village, per poi sorpassarlo.
- Spero che non sia nulla di grave. - Commenta lui.
- Tutto sotto controllo. - Mormoro. Poggio la testa contro il finestrino e guardo fuori mentre la luce dei lampioni illumina di tanto in tanto i nostri volti. Spero di non pentirmi un giorno di quello che sto facendo.
***
Mi sento scuotere mentre intorno comincio man mano a risentire i suoni e i rumori, soprattutto di aerei in partenza, di macchine che parcheggiano o partono e schiamazzi di gente di fretta. Dobbiamo essere arrivati all'aeroporto.
- Su, sveglia Sharon. – M’incita con voce dolce, scuotendomi il braccio nuovamente. Apro piano gli occhi e me li strofino, allontanando la testa dal finestrino. Solo io posso addormentarmi in un viaggio di neanche un'ora. Sbatto più volte le palpebre e guardo fuori.
- Dimmi che non sono le dieci. - Lo imploro e mi volto a guardarlo. Non mi sono proprio resa conto dell'orario da quando sono uscita di casa, non che prima ci abbia prestato così tanta importanza.
- Le nove e cinque. Sei ancora in tempo per il check in e per assicurarti un posto vicino a una vecchietta noiosa. - Mi sorride mentre si sporge dietro, verso i sedili posteriori, per passarmi lo zaino. Non mi sono neanche accorta del fatto che me lo avesse tolto da dosso. Lo afferro e me lo metto su una spalla. - Mi chiami non appena arrivi, vero? - Sorrido per assicurarlo e lo abbraccio, poi annuisco.
- Tranquilla mamma, arrivo sana e salva. - Scherzo mentre lui ricambia il mio abbraccio e mi lascia un veloce bacio sulla guancia, poi mi libera dalla sua stretta.
- Sarà meglio per te. Mi farebbe schifo toccare la tua salma altrimenti. – Finge una faccia disgustata per scherzare e mi apre lo sportello. - Vai ora, o farai tardi. E chiama anche la tua vera madre per dirle che sei arrivata all'aeroporto. - Esco dalla macchina nel frattempo, poi lo guardo e annuisco per l'ennesima volta.
- Non preoccuparti, ora la chiamo. Grazie per il passaggio. - Lui mi fa il famoso saluto militare che si rivolge a un generale, sebbene sia seduto, e incrocia i miei occhi.
- Quando vuoi. Poi mi paghi la benzina. - Accenno una risata mentre chiudo lo sportello. Non appena si allontana con la macchina suona il clacson per salutarmi. Ricambio il saluto per l'ennesima volta, sventolando una mano, e infine spengo il cellulare. Lo accenderò quando sarò in Inghilterra, per ora è meglio concentrarsi a fare il check in per evitare di perdere l'aereo. Se lo perdessi, rimanessi qui e mia madre scoprisse dei soldi che ho speso, e ciò che volevo fare, mi ucciderebbe sul serio questa volta.
   
 
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