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Autore: Zappa    14/11/2020    3 recensioni
“Tra le più recondite stelle della galassia, dove anche i grandi avventurieri in caccia di sogni hanno fermato il loro passo e le grandi navi spaziali, ricche di diamanti e cristalli arthurianii, hanno deviato il loro lento incedere, laggiù, in uno dei luoghi più oscuri e silenziosi dell'universo, fluttuava placido, tra i confini di una galassia e il nascere di una stella, un grande e profondo buco nero.”
Un principe, un pirata, un’ambasciatrice e una dea.
Tutti vogliono lo stesso prezioso Libro della Pace, anche a costo di navigare lo spazio aperto per raggiungerlo.
#Remake di Sinbad, la Leggenda dei Sette Mari.
La storia è già completa, non voglio uccidere nessuno nell'attesa di nuovi capitoli.
Grazie se aprirete questa storia.
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 18, Bulma, Goku, Vegeta | Coppie: Bulma/Goku, Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5

Un lavoro da donne


Aveva ragionato più volte nella mente il suo piano ed era tempo di metterlo all’opera. In fondo, era stufa di stare rinchiusa dentro il magazzino del cibo e iniziava a stargli stretta la piccola stanzina sopra la stiva. Fuori dalla porta, sentiva i marinai affaccendarsi per la tenuta della nave: nessuno avrebbe fatto caso al rumore di una porta che si apre, per di più nella stiva del vascello.

In pochi istanti si udì il suono stridente di un ingranaggio che si apriva e scattò la serratura della porta: il dispositivo, in sovraccarico per via dell’eccesso di elettricità che la donna aveva aumentato modificando le impostazioni sul pannello di controllo, cadde al suolo e poté finalmente raggiungere la porta e le scalette per salire sul ponte.

Sentì dietro di sé i passi leggeri di Broly che, per sua sorpresa, non l’aveva lasciata sola in magazzino ed era rimasto a farle compagnia tutta la notte. Lo chiamò, incoraggiandolo ad uscire con lei.

« Oh, andiamo, stai benissimo! »

Broly si affacciò dalla piccola cabina del magazzino, uscendo dal suo posticino tra gli scaffali e guardò la donna con occhi incerti, soprattutto per il fatto che Bulma, nel frattempo che meditava come sarebbe uscita dalla pancia della nave, aveva preso ad accarezzargli i capelli folti neri che si trovava in testa ed aveva avuto l’idea di acconciargli un ciuffo con un nastrino sopra la fronte.

Gli occhioni tra il supplicante e l’arrabbiato del suo piccolo ed improbabile compagno di cuccetta la fecero ridere.

Finalmente aveva capito la natura di quel ragazzone silenzioso che a mala pena spiaccicava una parola e che per tutto il tempo era rimasto accovacciato accanto a lei ed aveva preteso, a modo suo, di ricevere attenzioni.

Era mezzo Earthariano e mezzo demone: ecco che diamine erano quelle sfumature di verde accecante che alle volte striavano i suoi capelli, ed ecco perché, quando si arrabbiava, il nero dei suoi occhi diveniva di un verde spiccante, che tendeva ad accendersi man mano che la sua rabbia e la sua agitazione aumentavano. Per non parlare, poi, della appendice pelosa di colore altrettanto verdastro che alle volte gli vedeva scodinzolare dietro la schiena.

Le ricordò vagamente i cani terrestri, quelli che aveva studiato da giovane nei manuali telematizzati, per imparare di più su ciò che era esistito in quel lato del Cosmo, dentro la Via Lattea. Ed anche, certamente, per impressionare il suo promesso sposo Goku che, guarda caso, proveniva proprio dal pianeta Earth24, per la composizione, molto simile alla Terra del passato.

Sorrise, raccogliendo da terra il meccanismo della porta che era riuscita a far saltare: se non fosse stato per i suoi studi giovanili su ogni tipo di materia, non si sarebbe mai riuscita a liberare dal magazzino di stiva in cui l’aveva rinchiusa quel maledetto pirata.

Gettò il dispositivo e fece le scale in quattro e quattr’otto per uscire sul ponte. Broly le corse dietro, ma non prima di essersi liberato del fastidioso fiocco che aveva in fronte.

La brezza fresca, quasi fredda, del Cosmo l’accolse una volta che mise piede sul ponte sul quale si stavano affaccendando i pirati agli ordini del capomastro. La navigazione continuava sostenuta ed avevano abbandonato il mare aperto, arrivando verso delle nuove Costellazioni poste più a ovest di quelle che aveva mai attraversato nella sua vita.

« Forza, svegliatevi! Toma, prendi le aste! »

Berciò sbrigativo Nappa, che si aggirava per il ponte controllando con premura la robustezza dei nodi di babordo e tribordo e verificando i dati provenienti dagli scudi protettivi che avvolgevano come un mantello invisibile la nave. Notò che li leggeva da un piccolo dispositivo remoto collegato al tavolo di navigazione, che fungeva sia da solcometro e mostrarombii. Il vento dell’Eatherium si fece lievemente più forte e la sua spinta, combinata alla propulsione dei motori, aumentò la navigazione della nave Saiya a 300.000 km/h.ii

« Toma, porta qui le aste! »

« Toma, portale anche qui! »

Gli uomini si sbrigarono ad ammainare ed alzare le vele, in perfetto coordinamento con le virate del capitano che manteneva la tenuta della nave costante e precisa ad ogni chilometro percorso.

D’improvviso la donna si accorse di una forte luce blu si rifletteva nei suoi occhi e davanti a lei si mostrarono le leggendarie Stelle Pleiadiiii.

L’ammasso infinito delle stelle Pleiadi era nato nell’universo da circa 115 milioni di anni prima, quando, dopo le nozze del titano Atlante e della oceanina Pleione, dea delle acque e dei mari, questa aveva dato alla luce nove figlie. La leggenda narrava che le sette sorelle, circondate da una nebulosa interstellare che rifletteva costantemente la luce blu della loro giovane età, erano state trasformate in stelle lucenti dal padre degli Dei, Zeno, per acconsentire al loro desiderio di sfuggire all’amore opprimente di Orione.

Le stelle gemelle, legate tra di loro da un alone di forza magnetica, si presentavano ai marinai del Cosmo come uno spettacolo da brividi: la loro luce accecante di un soffuso blu oceano assumeva forti toni di profondità per via della misteriosa nube che le contornava, nube che, come all’ingresso di una cupa caverna, si espandeva creando dei forti pilastriiv di materiale cosmico e fuoco primordiale ai suoi lati.

I meravigliosi, ma altrettanto pericolosi Pilastri della Creazione si stagliavano contro le navi che osavano navigarci in mezzo come uno spettacolo sublime: delle lunghe, scomposte e colorate stalagmiti di gas solido sbarravano l’ingresso alle navi più intrepide, ergendosi come i denti di un mostro. Era come entrare nella bocca di un drago e dover schivare i suoi denti aguzzi e velenosi.

Bulma sentì un tonfo leggero accanto a sé e si ritrovò vicino Turles che, sceso dalle funi, la fissava, pensieroso.

« Spero che sappia cosa sono quelli là, signorina… perché solo un capitano uscito pazzo oserebbe navigarci in mezzo! » sibilò il marinaio che, con i suoi capelli, le ricordava la figura il principe ereditario di Syracysis. Dalle sue parole intuì che sperava che il capitano sentisse la sua lamentela urlata a pieni polmoni. Il capitano, dal canto suo, lo richiamò subito all’ordine non facendosi mancare un accenno di rabbia nella voce.

« Turles, ripiega la vela di trinchetto!v »

Turles si riscosse, beccato ad aver temporeggiato ad applicare gli ordini e ripiegò subito per tornare in cima all’albero di prua.

« Mi scusi, signorina... » ridacchiò imbarazzato e lo vide scomparire tra le funi della nave.

Poco sopra, Vegeta stava ai comandi, manovrando con attenzione il timore e urlando ordini ai sottoposti, per riuscire ad avere la migliore conoscenza della natura delle virate che sarebbe dovuto andare a fare. Scrutava con attenzione i Pilastri della Creazione davanti a lui, ipnotizzanti nella forma e nei colori, ma insidiosi più che mai per le loro sagome frastagliate e appuntite che celavano scogli nascosti.

Gli si avvicinò Bulma: « Sei sicuro di sapere- »

« Sì, abbiamo già fatto queste cose.. »

« Senti- »

« No, non c’è altro modo... »

« Ma io- »

« E sì, hai il mio permesso di stare lì zitta, a prendere lezioni gratis di vela… » le sorrise affettato, in un sorriso tirato.

« Sai- »

« E poi… una nave non è posto... per una donna... »

Il pirata scandì lentamente l’ultima frase, tenendo a sottolineare la linea irremovibile del proprio pensiero.

L’ambasciatrice si sforzò di non saltargli alla gola e si sforzò di calmarsi prendendo un forte respiro, ma il capitano aveva già saltato a piedi pari la conversazione per ordinare a Cabba di fare attenzione a montare la randavi.

Cautamente, ma con velocità sostenuta per evitare, da un lato, di essere trascinati dal campo magnetico delle Pleiadi e, dall’altro, per riuscire a conservare il proprio campo magnetico, la piccola nave pirata si accinse ad attraversare i primi pilastri di gas che erano schierati all’ingresso della nube spaziale.

In lontananza si aprì l’orizzonte delle sette Stelle.

Merope, risplendente nelle sue pulsazioni fotosferiche, accecò momentaneamente i pirati: i suoi raggi ghermirono le pareti protettive della nave, dando più forza alle vele fotoassorbenti, e Bulma si accorse di come Alcione, la sorella più luminosa, specchiasse la sua immensa essenza sulla vela di bompresso facendola vibrare leggermente per l’eccesso di energia.

L’attenzione del capitano e dei pirati non si staccò un secondo dal mare astrale disteso davanti a loro.

« Mantenete le posizioni… »

Un silenzio spettrale calò, poi, sulla nave: tutti i marinai si guardarono attorno circospetti, attenti a sondare la posizione degli scogli di materiale plasmatico che li circondavano.

« Scogli, a prua di tribordo! » avvisò Turles dalla coffa, in cima all’albero maestro. Vegeta virò dolcemente verso destra e l’apice della nave, dove s’intrecciavano le cime attorno all’albero di poppa, sfiorò docile l’ammasso gassoso di uno dei denti velenosi. Caddero dei pezzi di plasma nel mare, che l’inghiottì facendoli precipitare nel vuoto.

La dolce nenia del vento li accompagnò sempre più all’interno alla nube, che si aprì loro come una crisalide perlacea: si iniziarono a distinguere nettamente le file acuminate degli scogli di energia e, lentamente, si scorsero tutt’intorno i relitti di vecchie navi spaziali che avevano trovato la loro fine tra i denti della nebulosa.

Il cimitero di navi ne custodiva a decine: imbarcazioni sventrate brutalmente e incastrate tra gli scogli, con le gomene abbandonate a se stesse, a proteggere le loro navi perse nel vuoto. I loro occhi vacui erano contornati dalla luce bluastra delle stelle che conferiva loro un aspetto ancor più spettrale, come fossero state tramutate in fantasmi incatenati nell’eterno.

Bulma non poté fare a meno di chiedersi come mai ci fossero delle navi completamente sventrate ed incastrate anche tra gli scogli più alti, come se qualcuno di sovrannaturale le avesse afferrate e gettate brutalmente tra i denti del drago. E i marinai, che fine avevano fatto?

Una lunga fila di teschi di tutte le razze dell’universo, attaccati lungo delle vecchie cime delle navi ormai penzolanti nel vuoto, rispose per lei alla domanda.

Rabbrividì, sentendo nell’aria qualcosa di insolito, e percepì una lenta e delicata armonia.

La melodia, infatti, echeggiò lugubre e delicata tra le pareti della grande nebulosa interstellare. Distinse le note di una voce femminile, dolce, ma con un qualcosa di illusorio.

« Cos’è questo suono? »

« Shh… »

La zittì Vegeta, con un gesto flemmatico della mano. Si voltò verso di lui e si meravigliò quando lo vide vacillare sui piedi, non riuscendo più a stare composto al timone. Anche la ciurma aveva iniziato a guardarsi attorno spaesata, e, dopo aver abbandonato le posizioni sul ponte, si sporgeva sulla murata della nave, per capire da dove venisse la musica, come se fosse in balia di un incantesimo.

Presto intuì da dove arrivasse quel suono così melodioso: le sette Stelle sorelle, guidate dalla stella più grande Elettra, avevano iniziato a pulsare più forte e a muoversi, dapprima in una lenta danza, poi intrecciandosi tra di loro e formando dei cerchi di energia.

I loro movimenti ipnotici presero forma: le vide tuffarsi nel mare di stelle, scorrere sull’acqua, sfiorare la chiglia della nave e tuffarsi tra i cristalli creati dal vento. Emersero come creature marine, che si arrampicarono sui relitti abbandonati e sugli scogli spinosi.

Broly, non sottoposto all’incantesimo delle creature per via della sua natura metà umana e metà animale, si affacciò lungo il parapetto del castello e ringhiò. Bulma non riuscì a crederci.

« Sono sirene! »

Le Pleiadi blu, trasformate in sirene, sghignazzarono con uno sguardo demoniaco verso la donna e circondarono la nave, che presto avrebbe perso il controllo. Con la loro magia travolgente, la trascinarono verso il centro della nebulosa e la fecero scendere tra le scogliere e le spire degli scogli: il mare si fece d’improvviso più agitato, la chiglia della nave affondò maggiormente nell’oceano e i cristalli si spezzarono con forza, per via del ritmo della forte corrente che d’un tratto aveva iniziato a correre sotto di loro.

Bulma realizzò che stavano procedendo alla deriva e provò a riscuotere il capitano.

« Vegeta! » urlò angosciata, ma il capitano aveva gli occhi sognanti, come addormentato, e a malapena si reggeva in piedi, costringendosi a stare afflosciato sul timone comandi.

Lo sentì farfugliare qualcosa riguardo le sue capacità a letto e si domandò come gli uomini potessero essere così arrendevoli al canto di una donna.

« Radish! »

« Toma! »

« Nappa! »

Tutti i marinai, però, erano in balia della melodia delle stelle e, ammaliati, si sporgevano dagli argini della nave per raggiungere e sfiorare le veloci sirene che sguazzavano attorno a loro, quali sinuose creature magiche vestite dei colori della nebulosa di fumo.

La nave, sobbalzante sulle onde sempre più trascinanti del mare, puntò d’improvviso verso degli scogli più sporgenti, sui quali, belle e luminose, sedevano Taigete e Celeno, due stelle originarie dallo stesso punto astrale e geografico, che attendevano i marinai a braccia apertevii.

Bulma, allora, temendo il peggio, trascinò Vegeta lontano dal timone, lasciandolo stramazzare a terra, e virò brutalmente la nave verso sinistra.

La forte virata, però, per via del flusso dell’acqua, fece sbandare ancora la nave e Bulma vide con orrore un’onda di oceano salire improvvisamente e spaccarsi sul ponte, portando con sé alcune sirene che si precipitarono per andare a braccare i marinai dispersi sul ponte.

Broly guardò preoccupato la donna ed entrambi portarono gli occhi su Vegeta che, steso a terra, ancora camminava sul filo dell’incoscienza e della coscienza. Porse lesta a Broly una cima dell’imbarcazione che era caduta nel trambusto della discesa.

« Presto, fermali! »

Ordinò al demone che, scese di corsa sul ponte e, veloce come una freccia, intercettò il passo dei marinai, li circondò con la corda e li costrinse a retrocedere al centro del ponte. Li legò attorno all’albero maestro che, per fortuna, resisteva ancora ai colpi del mare in tempesta.

Le sirene, però, si insidiarono ancora tra la nube elettromagnetica ed assunsero un’evanescenza più accecante. Attirarono ancora a sé la nave e cavalcarono le onde in fermento: la piccola Saiya sbatté nuovamente contro gli scogli di plasma, disperdendo nello spazio l’energia degli scudi protettivi. Vibrarono le vele e si tagliarono le cime, rovinando al suolo.

« Turles! »

Gridò Bulma all’improvviso, non accortasi della presenza del mozzo che, scendendo dalle corde, era scivolato lungo il ponte e dal parapetto a prua ascoltava meravigliato la voce di Maia. La stella lo avvicinò e lo strinse a sé, cingendolo tra le braccia esili, poi si tuffò con lui nel mare spaziale sparendo tra i diamanti di ghiaccio.

La donna non si fece trovare impreparata: trascinò Vegeta al posto comandi perché col suo peso morto potesse bilanciare il timone della nave e afferrò una corda. Con una forza che non pensava di possedere, lanciò la corda verso la sommità dell’albero di poppa lasciando scorrere a gran velocità la bittaviii. Si lanciò nel vuoto: la cima la portò fuori dalla nave, facendola esporre al vento gelido dello spazio e facendola volare nel vuoto, mantenendo ben salda la presa sull’albero maestro.

Dentro il mare astrale, Turles e la stella stavano scendendo dolcemente a picco: la sirena aveva intrecciato le mani setose sul viso del pirata e lo stava portando con sé in un bacio trascinante. Presto, però, il marinaio si accorse di faticare a respirare e poco dopo l’aria gli mancò del tutto dai polmoni, succhiata dal bacio mortale della stella. Fu il tempo di qualche secondo e si sentì velocemente trascinato fuori dall’acqua: la cima fissata da Bulma gli circondò la vita, portandolo con sé verso gli alberi della nave. La donna appoggiò nuovamente i piedi sul ponte, assicurando la cima alla base dell’albero e lasciando penzolare il pirata nell’aria mentre questo perdeva coscienza.

Nemmeno il tempo di un respiro, che la bella Asterope, cinta nella sua corona di guerra,ix si avvicinò a Vegeta, trascinandolo via del timone e lasciando la nave in balia delle onde.

« Broly, fermalo! »

Dopo aver stretto forte la corda attorno all’albero maestro, il demone corse verso il capitano che si stava avvicinando pericolosamente alla murata della nave, ma non sapendo come afferrarlo per via delle mani occupate a cingere la corda, optò per la soluzione più semplice.

Il capitano urlò dal dolore quando sentì le fauci affilate del demone solcargli le natiche e si sentì trascinato verso il centro del ponte, lontano dalle mani snelle della stella.

La sirena non desistette dal cacciare nuovamente la preda e si tuffò subito nel mare, per poi risalire sul ponte a prua, intercettando il passo incerto del capitano che fu sommerso dalla luce calda della stella e dai suoi baci seduttori.

La nave, senza il controllo del timone, precipitò giù dalle rapide: gli scogli si fecero più letali e si spezzarono lungo le murate della nave; gli squarci nello scafo divennero più profondi e i danni più pesanti. La donna fu scaraventata in avanti, precipitò dolorosamente giù dalle scalette che conducevano al castello e venne scagliata in avanti, finendo tra le braccia del pirata, facendo svanire in una nuvola di polvere stellare la stella.

Si accorse con orrore che il capitano, in balia della musica, aveva poggiato vergognosamente la faccia sul suo seno, affondandola tra le curve e stringendosi a lei come se fosse la sirena, ormai svanita. Le mollò un cazzotto sul viso, indignata, pensando che gliele avrebbe fatte pagare tutte, questa compresa.

Ma un blu più persistente le fece stringere gli occhi, quasi accecandola: davanti a loro, una massa informe e piena di scogli taglienti li attendeva alla fine della rapida e Bulma si accorse di come la nave, che solcava la corrente controllata dalle Stelle Pleiadi, si stesse dirigendo a tutta velocità contro la montagna di scogli sulla quale si sarebbe orribilmente spezzata e distrutta.

Corse veloce ai comandi della nave, cercò di afferrare al meglio il timone scosso dai colpi alla nave e si guardò attorno, trafelata.

Per via della forte corrente che attraversava le onde del mare astrale, facendole increspare in chiare spume di ghiaccio, i relitti di altre navi venivano anche loro trascinati dalla corrente e si distruggevano appena arrivavano a contatto con gli scogli di energia. Con il cuore in gola, si sentì perduta e pensò che non ce l’avrebbero fatta a salvarsi.

Poi, a lato della forma sagomata degli scogli, dietro lo scheletro accatastato di una nave sulla quale giacevano le graziose sirene, scorse il mare aperto dello spazio ed, irrimediabilmente, l’unica via di uscita sulla quale avrebbe potuto scommettere.

La nave, intanto, si stava avvicinando sempre più alle rocce e le dita lunghe e fredde dita della morte si stavano ormai incombendo su di loro.

« Broly, attiva i rostri! »

Urlò a pieni polmoni al mezzodemone. Broly scattante come prima, corse verso la prua della nave e, digitando un codice sul pannello dei secondi comandi, attivò ai lati della nave, lungo le murate, gli arpioni taglienti e magnetici i quali, grazie allo loro lame affilate, così come erano in grado di tagliare i campi protettivi delle navi più grandi e permettere l’arrembaggio, erano altrettanto in grado di fare breccia contro il relitto della nave che oscurava loro il passaggio verso la salvezza. Almeno così sperava Bulma.

La donna, così, diede una forte virata a destra e la nave, sospinta dalla forza letale del mare, avanzò in direzione del relitto, pronta per trafiggerlo con i suoi forti rostri: il relitto venne completamente sventrato grazie alla forza e alla velocità che la corrente aveva dato alla piccola Saiya che, a sua volta, si stava danneggiando sempre più, ma Bulma non si perse d’animo.

Finché, così com’era iniziata d’improvviso la corrente astrale, trascinando i pirati tra le braccia delle sirene, altrettanto celermente svanì e la nave ripiombò tra le onde pacifiche dell’oceano, infrangendo la consistenza dei cristalli di ghiaccio sulla superficie ed assestandosi di nuovo sulla corrente calma dell’Universo.

Bulma si guardò indietro e tirò un sospiro di sollievo, realizzando di aver finalmente abbandonato il terreno insidioso della nebulosa interstellare che cingeva le Stelle Pleiadi. Delle sirene, travolte brutalmente dalla nave, non sentì più la voce né vide la loro forma di fiamma.

La luce blu si spense con loro. Erano salvi.


Il mare calmo accolse i pirati, ridestandoli dall’ipnosi estraniante che li aveva avvolti. La ciurma si riscosse e si guardò attorno, come risvegliata da un profondo sonno.

Si accorsero di essere usciti dalla grande nebulosa e il complesso delle Pleiadi ormai lasciate alle spalle rappresentava un vago ricordo. O quasi.

La ciurma si alzò in piedi e il capitano fece altrettanto, cercando di ritrovare l’equilibrio per via dell’incredibile sensazione di nausea che l’aveva colto.

Vide davanti a sé la profondità e la calma del mare aperto e portò gli occhi al timone, trovandoci sorprendentemente Bulma che reggeva la tenuta della nave. Incatenò il suo sguardo al colore curiosamente rassicurante del suo azzurro, ma si degnò di scostare subito lo sguardo. Se lei era lassù, al comando della nave, significava solo una cosa e la sensazione non gli piacque per niente.

« Ci ha salvati Vegeta? » interruppe il silenzio Toma, elettrizzato dalla possibile vincita alla scommessa fatta con Radish ed esplicitando la domanda che tutti i marinai si stavano ponendo in quel momento.

« No… » fece sornione Turles, dondolando dalle corde « Buuulma! »

« Ci ha salvati Bulma! » fecero eco i marinai, guardando la donna con occhi adoranti. Toma fu costretto a cedere il suo obolo a Radish, che ridacchiò apertamente, pensando che avrebbe completamente spennato l’amico, prima o poi.

Vegeta, ancora intontito per quello che era successo, per poco non fu buttato a terra da Broly, che fece il ponte e salì le scale per il castello a tutta birra, per mettersi accanto a Bulma vicino al timone. Il sorriso della donna lo entusiasmò a tal punto che fu ben felice di farsi fare le carezze dietro le orecchie e ringraziò la donna leccandole docilmente la mano, mentre questa lo riempiva di complimenti su quanto fosse stato bravo e coraggioso.

Nappa ordinò agli uomini di riprendersi e di tornare subito al lavoro: c’era una nave da prendere in mano e non avevano tempo da perdere, soprattutto ora che si riprendeva la navigazione nel mare stellare profondo.

Il capitano raggiunse con sguardo assente il tavolo di comando e si schiarì la voce. Osservò la moine di Broly verso la donna. “Dannato mezzodemone”, pensò corrucciato.

« Dicevi che una nave non è posto per una donna? »

Parlò Bulma, tenendo ancora ben stretto tra le mani il timone come se le fosse appartenuto da una vita. Il capitano se ne accorse e il suo volto tramutò in una smorfia di rabbia.

« Assolutamente! »

Berciò, facendo spalancare gli occhi alla donna. Fece a grandi falcate il castello della nave ed indicò con insistenza verso le scale che conducevano al ponte che erano state, inevitabilmente, distrutte dalla traversata nelle Pleiadi.

« Guarda qui: la balaustra era in titanio intagliato a mano! E queste modanature sono arrivate da Sirio! Dico, hai idea di cosa ho passato per rubarle? »

Bulma lo fissò con una faccia sconvolta, incapace di spiegarsi la sua ingratitudine. Poi Vegeta sbuffò e batté, sprezzante, una mano contro il parapetto.

« È per questo che le donne non dovrebbero guidare… »

La donna boccheggiò come un pesce fuori d’acqua. « Sei impazzito? Ti ho appena salvato la vita! »

« Oh, me la sarei cavata… come sempre » fece sprezzante il pirata ed andò ad allontanarla dal piano comandi, riafferrando in mano, come se fosse geloso, il timone della nave.

Bulma retrocedette di due passi e lo guardò in cagnesco.

« Certo… »

Sibilò tetra e si precipitò giù per le scalette, barbugliando maledizioni contro l’inarrestabile arroganza e il comportamento da stoccafisso dell’uomo al quale aveva appena salvato la pelle.

Vegeta si sporse a destra nel vederla scendere nella stiva e strabuzzò gli occhi quando vide il metallo della murata completamente divelto e i circuiti del sistema di protezione dal vento solare rovinati e sfavillanti per l’impatto con gli scogli. Fece un gesto indispettito con la mano, incredulo.

« E hai distrutto la murata! Proprio qui, guarda! Questo non è un graffietto! »

Bulma spalancò la porta del magazzino, lanciando uno sguardo di fulmine al capitano, e richiuse l’uscio dietro di sé, sbattendolo sonoramente contro i cardini in un urlo di sdegno. Due collegamenti elettronici, finemente saldati tra la porta e il muro, sfavillarono un istante e si spensero con un accenno di fumo.

Fu solo allora, quando tornò il silenzio, che il capitano si accorse di avere addosso gli occhi accusatori di tutta la ciurma che ancora al centro del ponte aveva assistito alla disputa tra lui e la donna.

Sentì il mugolio scontento di Broly che, accanto a lui, lo guardava corrucciato e con le orecchie basse.

Si sforzò di rilassarsi, stringendo i cardini del timone tra le mani e facendolo scorrere tra le dita, come una placida onda di vento.

All’ennesimo mugolio di disapprovazione del mezzodemone, Vegeta sentì la pressione arteriosa alle stelle.

« Grr… il demone… la ciurma…. e quella donna! »

Suo malgrado, si ritrovò a bussare a gran colpi contro il metallo dell’ingresso al magazzino. Si voltò irritato verso la ciurma, che gli fece di rimando uno sguardo altrettanto arrabbiato. Si disse di essere gentile e finalmente, all’ennesimo bussare, la donna spalancò la porta.

« Cosa c’è? »

Chiese la donna, sull’orlo di una crisi isterica.

« Grazie. »

Pronunciò fuori dai denti Vegeta, stringendosi le braccia al petto. La donna non ci vide più.

« Non c’è di che! »

« Ma figurati! »

« Non ti preoccupare! »

« Stai tranquilla! »

« Bene! »

« Addio! »

« Addio a te! »

La porta nuovamente sbattuta in faccia fu la conclusione della loro discussione.

La ciurma, soddisfatta, tornò al suo posto per riprendere il controllo della nave e Vegeta posò gli occhi, per qualche secondo, sulla porta chiusa facendosi sfuggire una leggera risata, che soffocò immediatamente passandosi una mano sul viso.

Broly, accanto a lui, gli fece un sorriso a trentasei denti, da cui ne sbucarono quattro, canini, particolarmente affilati per la sua natura mezzademone. Lo vide agitare contento la coda verdastra che si trascinava dietro e lo guardò con aria di sufficienza.

« Sei contento adesso? »

All’ennesimo sorriso canino del demone, Vegeta sbuffò e alzò i tacchi per tornare ai comandi. Non s’avvide di Broly che, imbarazzato, si nascose la testa tra le spalle: chissà quando avrebbe scoperto di avere mezzo sedere al vento e una bella impronta di un paio di denti sulla natica destra.


Nel buio del Palazzo, il governatore procedeva a passo sostenuto verso la prigione del figlio. Dopo cinque giorni di agonia e di pesanti riflessioni sulla sorte non solo del figlio, ma dell’intero pianeta di Earth24, Bardack era giunto ad una sola conclusione che si sarebbe attuata quella stessa notte, con il favore delle tenebre.

Non si era meravigliato, quando i suoi consiglieri, lo avevano informato degli improvvisi tumulti che la scomparsa del Libro aveva suscitato tra le popolazioni del pianeta e di quelle di metà della Galassia. La vita delle Dodici Grandi Galassie era nuovamente in pericolo e non per la spada affilata di uno spietato pirata, ma per mano di una Dea sovrannaturale che con uno schiocco di dita poteva manovrare a suo piacere le stelle più lontane e i mondi più inesplorati.

I tumulti e le richieste dei cittadini per ora avevano trovato conforto nelle parole artefatte ed aleatorie dei prefetti delle diverse regioni, ma presto le richieste si sarebbero trasformate in proteste per chiedere verità e sicurezza, mettendo a rischio la stabilità della democrazia. Sarebbero sorti uomini che si sarebbero appellati al popolo, promettendo loro azioni risolutive per riportare l’ordine e la disciplina con mosse semplici ma inefficaci. Il controllo del pianeta sarebbe stato in mano a chi, tra i forti, si faceva forte con gli ultimi per il proprio guadagno personale e la pace, che tanto faticosamente avevano ricercato e intessuto nel tempo, sarebbe sfumata veloce, così com’era sfumato il Libro della Pace dalla torre del suo palazzo.

Lo scatto metallico della serratura e il trapestio fuori la cella, strapparono il figlio del governatore dai suoi pensieri e si stupì di vedere il padre rivelarsi dalle tenebre.

« Goku! Presto vieni! »

« Cosa? »

« Una nave attende nel porto, i miei più fidati ufficiali ti porteranno lontano da Earth24 »

Goku non capì: « Le guardie degli ambasciatori? »

« Sono addormentate o ben corrotte… ma dobbiamo andare subito! »

Goku però si tirò indietro.

« Andare dove? A vivere il resto della mia vita in esilio? »

« A vivere, figliolo! Non ti farò giustiziare per un reato di Vegeta! »

« Neanche Vegeta lo farà »

Bardack, scosse il capo e si avvicinò al figlio, portandogli le mani alle spalle, in un gesto paterno e accorato, come per infondergli del senno in testa.

« Goku, non essere sciocco! Vegeta non ha intenzione di andare a Tartaro! Il Vegeta che conoscevi da bambino- »

« È ancora in lui ora che è uomo! Io l’ho visto! »

La sicurezza del figlio fece vacillare il governatore. « Goku… » arrancò, affranto il padre. Questa volta fu Goku ad abbracciare il padre, stringendolo forte al petto.

« Va’, padre… so quello che faccio »

Mentre il figlio tornava verso la finestra ad osservare l’orizzonte, il vecchio governatore si sentì ancora più in là con gli anni di quanto non lo fosse al momento. Il figlio era cocciuto quando lui, ma sapeva che sarebbe stato inutile insistere. Gli occhi gli si fecero lucidi, quando pensò che la vita gli aveva già portato via sua moglie ed ora, forse, avrebbe perso anche il figlio.

Prima di lasciare la cella, parlò ancora.

« Lo spero, Goku… Earth24 non ti può perdere… io non ti posso perdere... »

Chiuse la pesante porta di metallo, lasciando l’oscurità al suo posto.

Lasciato solo alle sue riflessioni, Goku cercò di convincersi ancora una volta di ciò che aveva visto in Vegeta: non l’avrebbe abbandonato, lo sapeva.

Lo sperava.

Si sedette sui freddi gradini di pietra della prigione, stringendosi la testa tra le mani e lasciando che fosse il sibilo del vento a fargli compagnia.



Continua...

iStrumenti per la navigazione: il primo calcola la velocità di navigazione e il secondo indica la velocità e la direzione della tenuta (ossia le condizioni generali) della nave;

iiHo fatto un veloce giro internet su quali fossero i veicoli spaziali più veloci mai costruiti: il più veloce è stato Helios2, un veicolo che ha raggiunto i 252.000 km/h su rotta eliocentrica. Ora, visto che si lavora di fantasia, ho puramente inventato il conteggio dei chilometri, come tutto il contesto cosmico, del resto.

iiiL’ammasso stellare delle Pleiadi risiede nella Costellazione del Toro e sono un gruppo di stelle molto vicine di un brillante colore blu; da noi dista circa 443 anni luce. In astronomia sono il complesso CED 19 e la nebulosa che le circonda è la Nube d’Idrogeno Molecolare del Toro.

ivI Pilastri della Creazione, che fanno parte della Nebulosa dell’Aquila, la nebulosa M16, sono probabilmente, tra le foto più riconosciute dell’universo; i due fenomeni celesti, le Pleiadi e la Nebulosa dell’Aquila, in realtà sono a milioni di chilometri di anni luce.

vGli alberi della nave hanno nomi diversi a seconda della posizione che occupano da prua a poppa. Se prua è davanti e poppa è dietro, nell’ordine abbiamo: albero di trinchetto, albero di maestra o maestro, albero di mezzana; poi c’è l’albero bompresso, che sporge quasi orizzontale verso la prua.

viLa randa è una vela sull’albero principale nelle imbarcazioni a vela con un unico albero; nelle navi, è una delle vele dell’albero maestro e a seconda del tipo di vele, può essere quadrata o a trapezio (specie delle vele auriche, ossia le vele a forma di trapezio).

viiÈ inesatto: è la stella Taigete in realtà ad essere individuabile come un ammasso di più stelle, circa 3, Taigete A, B e C che condividono la stessa area geografica e la stessa orbita gravitazionale. Celeno è più distante.

viiiSupporto metallico al quale vengono fissate le cime;

ixAsterope è una raccolta di poesie di Gabriele D’Annunzio, che contiene componimenti dedicati alla celebrazione della Grande Guerra; nel 1933 fu ripubblicata col titolo “Canti della Guerra Latina”.

   
 
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