La luna brillava splendete fuori dal vetro di una solitaria finestra. Candide lacrime di Dio precipitavano dal cielo andando ad attecchirsi su un terreno scosceso e pieno di insidie nascoste. Una flebile e chiara luce faceva il suo ingresso nella sala donandoci un’atmosfera quasi sacrale, solenne, pura.
Lei, nella sua inestimabile bellezza, nasceva davanti a me donandomi il privilegio di osservarla ridere, vivere, esistere. Il suo smagliante sorriso mi guardava incitando il mio viso a stirarsi in una smorfia di felicità. I suoi lunghi capelli mossi dal colore marrone come gli splendidi alberi in autunno, le ricadevano deliziosamente sulle spalle, la camicia bianca che indossava accoglieva in modo eccellente le sue sinuose curve e le sue gambe, fasciate da dei semplici jeans, si muovevano a ritmo di una musica che il suo cuore produceva quella sera.
Era bella, Edith, sotto quella luna che faceva da testimone della sua vera essenza, i suoi occhi chiusi che sognavano luoghi lontani, periodi diversi da quello, sole e stelle. L’inverno ghiacciato che esisteva fuori da quella finestra che ci proteggeva dal mondo esterno, non era presente dentro i pensieri di quella graziosa ragazza che esisteva di notte.
E lei continuava a danzare e io continuavo a guardarla, senza aver paura che potessero scoprirci.
E poi Edith aprì gli occhi posandoli sulla mia esile figura che se ne stava seduta su una comoda poltrona in quella sala comune di Grifondoro che ogni giorno ci accoglieva come una seconda casa, che ogni giorno ascoltava le mille emozioni che imperversavano all’interno del nostro corpo e delle nostre giovani anime già messe a dura prova da un nemico assetato di morte e di vendetta.
La punzella mi guardò donandomi l’ennesimo sorriso di quella sera e con la sua calorosa e melodiosa voce espresse a quel mondo complicato le sue emozioni.
“Vorrei vivere così tutti i giorni. Vorrei essere me stessa anche alla luce del giorno. Tutti i giorni senza nascondermi dentro un corpo che non sento mio.”
Mi alzai di scatto dirigendomi verso il suo busto e la sua carne viva, il mio cuore che si avvicinava al suo.
“Lo so e un giorno lo potrai fare. Io sarò sempre qui, a fare il tifo per te.”
Lei mi sorrise e, senza dire niente, pose le sue braccia intorno al mio corpo, stringendomi forte al suo corpo. E io chiusi gli occhi, ispirando il suo profumo, evitando di pensare al futuro imminente, cercando di dimenticare tutto ciò che ci circondava e quell’effimero presente.
E rimasi lì, abbracciata al mio migliore amico.