La voce perplessa di Shinichi la indusse, per un solo istante, a tornare indietro. Non avrebbe voluto disturbarlo, ma i pensieri iniziavano a diventare pesanti da sopportare da sola.
Sentì indistintamente un fruscio di vestiti e alcuni passi verso la sua direzione; pochi attimi dopo Shinichi aveva aperto la porta e la scrutava confuso.
«Che ci fai qui a quest'ora?».
Shiho alzò le spalle, sentendosi perdere ogni convinzione.
Già, bella domanda.
«Credo sia per lo stesso motivo» gli disse, voltando appena lo sguardo verso il pavimento del corridoio.
Lui la fissava sempre più confuso, cercando di comprendere quella frase, quel silenzio e quegli occhi spenti.
«Cosa?».
«Lo stesso motivo, non voglio scappare. Sei stato tu a dirmi di non farlo».
Il ragazzo spalancò la porta, ancora un po' incerto di quelle parole. Dopodiché le si avvicinò senza discostarne lo sguardo.
«Non avrei voluto comportarmi così con te, ma quando vedo Dai Moroboshi perdo il controllo. La mente si offusca e crolla tutto ciò che ho costruito, crolla ciò che sono diventata» ammise, il tono di voce fermo che ostentava una convinzione che non gli apparteneva, «e finisco per odiare anche te. Mi dispiace».
Shinichi sgranò gli occhi del tutto stupefatto. Notò quelli di lei con uno strano brillio, un magone che probabilmente faticava a trattenere.
Accennò un sorriso, scostandosi appena dalla traiettoria.
«Dai, entra» disse, invitandola con un cenno della mano, «immagino dovrai recuperare tutto quello che non mi hai detto in questi giorni chiusa lì dentro».
Shiho non seppe cosa dire, né voleva mostrarsi così tanto bisognosa di attenzioni. Tuttavia non disse niente, sapeva di essere fragile in quel momento. Sospirò, procedendo lentamente all'interno della stanza.