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Autore: EleWar    15/11/2020    15 recensioni
Kaori sta partendo senza Ryo, per una vacanza con Reika e Miki ma........ c'è sempre un ma. Perché le cose non sono mai come sembrano, e se c'è di mezzo un famoso ladro, tutto si complica.
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Miki, Reika Nogami, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Ed eccomi qua, io sono la scribarola della domenica :D Inizio scusandomi per l’enorme ritardo nelle risposte alle vostre bellissimissime rec a cui cmq piano piano risponderò come meritate. Poi proseguo RINGRAZIANDOVI per la simpatia che avete fin qui manifestato per me la storia,  e di riflesso per me e concludo dicendo che all’inizio pensavo di mettervi due righe di spiegazione sulla natura dei massaggi tantrici, ma poi sono detta “meglio che lo scoprano da soli” ;-)
Sciaooooooooooooo


Cap.10 Massaggi tantrici
 
Kaori arrivò trafelata, e alla reception fu accolta da una signorina cordiale e gentile, che prese subito a spiegarle le varie opzioni per rilassare e ritemprare il corpo; aspettò pazientemente che le snocciolasse tutti i tipi di massaggi e trattamenti, più della metà a lei sconosciuti, poiché non aveva mai messo piede in un centro benessere e non sapeva nemmeno cosa volesse dire affidare il proprio corpo a mani sconosciute, seppur esperte, per trarne giovamento.
Se escludeva le volte in cui era dovuta ricorrere alle cure del Doc e di Kazue, quando alla fine di qualche caso particolarmente movimentato si era ritrovata più ammaccata del solito – e lì i massaggi erano stati invariabilmente dolorosi –, e soprattutto le ultime ventiquattr’ore, in cui si era concessa in tutto e per tutto al suo amato Ryo, che aveva percorso il suo corpo con adorazione e desiderio, nessun altro l’aveva toccata, e questa cosa la inquietava leggermente.
A pensarci, non era entusiastissima di presentarsi nuda o quasi, e farsi maneggiare da uno sconosciuto… sperò che fosse una donna.
Poi però, mentalmente si diede della stupida, visto che c’erano persone che avrebbero passato la vita distese su di un lettino, a farsi palpare e lavorare, manco fossero un impasto da far lievitare, e così tanto cosparsi di oli essenziali, che era un miracolo che non sgusciassero via dal lettino e cadessero in terra.
Ridacchiò fra sé.
In ogni caso, quando la graziosa assistente ebbe finito di elencare tutte le virtù del suo centro benessere, a mani giunte e con sguardo sognante, Kaori riuscì a dirle che avrebbe preso lo stesso pacchetto che aveva scelto la signorina Momotaro; la ragazza parve leggermente delusa, ma abituata a nascondere i propri sentimenti, con il solito sorriso sforzato di circostanza, si limitò a dire:
 
“Bene. Prego, mi segua” e la condusse a quelli che erano gli spogliatoi.
 
Le spiegò che avrebbe dovuto denudarsi totalmente, ed infilare ciabatte e perizoma usa getta, e poi, indossato l’accappatoio che avrebbe trovato nell’armadietto a lei riservato, avrebbe dovuto dirigersi nella stanza attigua, dove l’aspettava l’operatore.
Prima di scomparire dietro la porta, l’assistente le ricordò che nel tavolinetto di bambù, accanto alla porta, avrebbe potuto scegliere il tipo di tisana da bere dopo il massaggio: se drenante, rassodante, rinfrescante e via dicendo.
Kaori non avrebbe mai immaginato che farsi fare un massaggio fosse una faccenda tanto seria, e cercò di calarsi nell’ordine delle cose.
 
Ormai pronta, varcò la porta ed entrò nella saletta dei massaggi.
Lì l’atmosfera era totalmente diversa rispetto all’asettica reception, era avvolgente e coinvolgente; ogni senso veniva stimolato e improvvisamente si sentì strana, un misto di eccitazione e abbandono insieme.
Nell’aria aleggiavano profumi di spezie e oli essenziali, quasi stordenti, il cui solo sentore richiamava mille sensazioni diverse; incensi e vaporizzatori saturavano l’aria, e la penombra data dalle luci soffuse accentuava questo senso come di antro misterioso e affascinante, dove la cura del corpo si trasformava quasi in rito misterico, sovrannaturale, ancestrale.
Un sottofondo di musica rilassante, fatta di basse percussioni, campane tibetane e parole incomprensibili mormorate come una nenia, penetrava nel corpo producendo vibrazioni positive.
La sweeper si sentì già bene, e comprese che chiamare quei luoghi centro benessere, non era un’esagerazione.
Appena si fu abituata alla semi oscurità, cercò di guardarsi intorno per vedere dove fosse la signorina Momo: la stanza non era molto ampia, proprio per mantenere un senso di raccoglimento e intimità, ed era divisa da paraventi di bambù e carta di riso.
Immaginò che al di là di uno di quelli si trovasse la donna, ma dal basso parlottio che ne proveniva, non riusciva a capire se ci fosse lei veramente.
Si schiarì la voce, e timidamente chiese:
 
“Signorina Momo?”
 
“Oh, signora Saeba, è lei?” trillò la Momotaro, facendo sussultare Kaori; non si aspettava, in mezzo a quel brusio ipnotico e monocorde, la sua voce squillante tutta ad un tratto e, soprattutto, di sentirsi appellare in quel modo.
Un secondo dopo si ricordò che aveva scelto Saeba come cognome, e che d’ora in poi avrebbe dovuto mantenerlo anche con lei.
 
“Signorina Momo, come vede alla fine sono arrivata anch’io!” disse Kaori.
 
“Oh, mia cara, non sa come sono contenta! Io ho quasi finito qui, con Midori, ma sono ben felice di fare un altro ciclo. Non mi stancherei mai di questi massaggi tantrici!” concluse sospirando.
 
“Massaggi tantrici?” chiese curiosa Kaori, sfilandosi l’accappatoio e stendendosi sul lettino, approfittando del fatto di essere lontana da occhi indiscreti e che, soprattutto, chi doveva occuparsi di lei non fosse ancora arrivato.
Però subito si pentì di non essere stata troppo a sentire la ragazza di prima, tutta concentrata a non farsi scappare la Momotaro.
 
“Ma sì, i massaggi tantrici, frutto della saggezza antica dei sacri maestri indiani.”
 
“Ah” rispose la sweeper temendo di tradire tutta la sua ignoranza.
 
In ogni caso, Kaori provò a rilassarsi e a prendere familiarità con il luogo, aspettando l’arrivo della sua massaggiatrice.
La Momotaro ciarlava allegra di cose senza troppo senso, anche se ogni tanto le sue parole venivano alterate da mugugni di piacere o piccoli gemiti soffocati; la sweeper stava quasi per assopirsi quando sentì delle grandi mani calde sfiorarle il corpo; trasalì appena.
Allora la sua massaggiatrice era arrivata!
Voltò leggermente il capo in cerca di una figura muliebre, e grande fu la sua delusione quando invece si accorse che era un uomo!
Si sentì morire, ma poi si ricompose mentalmente, pensando che quello era sicuramente un professionista e non sarebbe stato minimamente interessato dalle sue nudità; avrebbe svolto il suo lavoro e basta; e poi quella penombra l’aiutava anche a sentirsi meno esposta.
 
Il nuovo arrivato aveva dei lunghi capelli che sembravano scuri, raccolti in una treccia che gli scendeva lungo la schiena; inforcava un paio di spessi occhiali da miope, e il viso era quasi totalmente coperto da una folta barba nera.
Vestiva un’ampia casacca color écru dello stesso colore dei pantaloni, mise che non nascondeva comunque la stazza da omone; Kaori si augurò che la possanza dell’individuo non fosse impiegata per sconocchiarla e ridurla in poltiglia, durante quei famosi massaggi tantrici e che, al contrario, fosse gentile e delicato.
Qualcosa di quell’uomo la faceva pensare ad un boscaiolo, e nella sua testa iniziò a considerarlo così: il boscaiolo.
Le mani dell’uomo presero a massaggiare la schiena contratta della sweeper con movimenti ampi e circolari, e il profumo di cocco che le arrivò potente alle narici le rivelò che ne stava usando l’olio caldo: un tocco esotico in più.
Evidentemente il boscaiolo non era per fare conversazione con la cliente, probabilmente non era richiesto dal rituale, e in cuor suo lei gliene fu grata; in un certo senso voleva mantenere le distanze, una sorta di anonimato e, soprattutto, non doveva distrarsi dal suo intento, e cioè scavare nella vita della Momotaro.
 
“Signorina Momotaro, se ho ben capito lei è un’habituè di questi luoghi fantastici; grazie di avermi invitata.”
 
“Oh, mia cara, non potrei vivere senza!” rispose la donna, all’avvio di conversazione di Kaori.
 
“Io, come ho già detto al suo fidanzato, viaggio sempre, e fra lavoro ed altre amenità confesso che non ho mai troppo tempo per me, ecco perché mi sono concessa finalmente questa crociera. E lei? Di cosa si occupa?” Kaori sperò che Momo argomentasse la sua risposta, e che avesse in sostanza qualcosa da fare nella vita, anziché sperperare le ricchezze di famiglia.
 
“Mah, direi che una vera e propria occupazione non ce l’ho” ammise questa onestamente, con una mezza risatina; poi riprese: “La mia famiglia si occupa di produrre colori da tempo immemorabile. Possediamo colorifici che riforniscono mezzo paese, e accidenti a quei dannati ambientalisti, abbiamo dovuto rivedere la nostra politica e convertirci all’uso di sostanze naturali e cose così… altrimenti non ci facevano più campare!” concluse la tirata con stizza, ma poi un mezzo gemito la ricondusse ad un tono di voce più pacato:
 
“Non ci si può arrabbiare così mentre si è sotto l’influsso di mani tanto sublimi, non è vero?”
 
“Oh sì, è impossibile avere brutti pensieri” rispose la sweeper che si stava letteralmente liquefacendo sotto le mani del suo boscaiolo; quando realizzò questa cosa, fu percorsa da un brivido improvviso.
 
Faceva sempre più fatica a concentrarsi su quello scambio di battute, perché al contrario avrebbe voluto tacere e godersi il massaggio; il tizio poteva anche sembrare un mezzo guru indiano, ma aveva delle mani fantastiche, un tocco celestiale che più di una volta le aveva strappato gemiti di apprezzamento che però aveva trattenuto tra i denti… anche se mugugnare era apparentemente normale in un posto come quello.
Kaori, dopo pochi minuti di massaggio, aveva già iniziato a sentirsi più languida, e seppur più rilassata, anche più ricettiva: i suoi sensi si erano accentuati, risvegliati, e ogni centimetro di pelle che veniva accarezzata da quelle mani sapienti, riprendeva vita; e per quanto cercasse di pensare ad altro, la sua mente finiva sempre per concentrare tutta l’attenzione solo sull’andamento del massaggio, sui passaggi delle mani, assecondandole o anticipandole.
Poteva seguirne il percorso, dalla schiena ai glutei – e si stupì di non provare disagio quando passavano di lì, anzi! – alle gambe, fino alle caviglie, dove scoprì di essere molto sensibile.
Il massaggio alle caviglie le piaceva in particolare, e si sentiva stimolata a fare, a pensare… per poi risentire le mani dell’uomo tornare indietro, sempre più calde, sempre più morbide, e trasudanti olio caldo.
In un certo senso si era creato un legame fra il massaggiatore e la ragazza, due corpi che dialogavano solo attraverso la pelle, la fisicità, il movimento di uno contro la passività dell’altra.
E Kaori, che avrebbe tanto voluto rimanere estranea e impassibile per poter interrogare l’altra, ad un tratto si ritrovò senza parole, la testa svuotata dai pensieri, concentrata su quel magnifico presente.
Il piacere che stava sperimentando era così intenso, che più volte si trovò a desiderare che anche Ryo potesse essere lì con lei a condividere quel momento, o addirittura che fosse lui il boscaiolo
Stava per perdersi definitivamente, quando fu riscossa dalla voce leggermente querula di Momo che, non sentendola più, le stava chiedendo:
 
“Come va, Signora Saeba?”
 
Nuovamente Kaori sobbalzò, molto di più perché, forse involontariamente, il massaggiatore aveva impresso una maggiore pressione sui glutei, e si affrettò a rispondere:
 
“Veramente sarei, sarei… signorina” rispose la ragazza, pensando che se voleva entrare in confidenza con la donna, doveva eliminare tutti quei formalismi.
 
“Ah, allora Signorina Saeba!”
 
E di nuovo Kaori trasalì sotto le mani del taciturno guru, che stavolta sembrò addirittura averle pizzicato il sedere; possibile?
 
“Ma diamoci del tu, vuole?” concluse la sweeper muovendosi a disagio sul lettino, e il boscaiolo restò in paziente attesa che lei si riposizionasse più comodamente.
Improvvisamente Kaori aveva perso tutta la rilassatezza e la mollezza di pochi minuti prima, e sentiva che c’era una nota stonata in tutto quello, ma non capiva quale fosse.
 
“Oh, magnifico! Allora posso chiamarla semplicemente Kaori? Nome quanto mai azzeccato per stare… per stare qui!” alludendo al significato del suo nome che significava, appunto, profumo o incenso.
 
Kaori ridacchiò, non ci aveva proprio pensato.
Poi si accorse che, pur essendosi riposizionata prona, il suo massaggiatore non si decideva a riprendere il massaggio e, fuggevolmente, lo guardò interrogativamente: lui continuava a tacere, nel suo aspetto ascetico e rude al tempo stesso.
Finalmente Kaori capì che era arrivato il momento di girarsi supina, e che i magnifici movimenti delle sue mani, lui, glieli avrebbe fatti davanti!
Fu sopraffatta da una vertigine, e per fortuna era già distesa, perché era sicura che sarebbe svenuta.
Non aveva il coraggio di voltarsi e, nel pieno di quel momento imbarazzante, le giunse la voce squillante della Momotaro che quasi le gridò, attraverso il paravento:
 
“Kaori, cara, mi hanno appena avvertito che c’è mio padre al telefono… chissà cosa vorrà quel vecchio brontolone? Forse ha avuto un attacco di nostalgia per questa figlia bizzosa e litigiosa; stiamo sempre a punzecchiarci quando ci vediamo!” e si lasciò andare ad una risatina sciocca.
Poi, affacciandosi appena dal separé, disse:
 
“Devo scappare, ma ci ribecchiamo in giro. Mi ha fatto molto piacere passare del tempo con te! A presto allora!” e scomparve.
 
La sweeper non fece in tempo nemmeno a rispondere che la Momotaro non c’era già più, ma lei aveva altri problemi più importanti di cui occuparsi, che non fosse quello di non averla salutata: doveva voltarsi per la seconda fase del massaggio, e non sapeva come fare!
 
L’imbarazzo e il disagio erano palesi, e l’immobilismo del suo massaggiatore non l’aiutava minimamente. Erano ad un’empasse e Kaori iniziò a sudare freddo: d’improvviso quell’atmosfera satura di odori e umori era diventata quasi opprimente; ancora una volta maledisse sé stessa per non essere più sicura e spigliata, come Momo, e perché fosse sempre così tanto timida e impacciata.
E come se non bastasse, quella seduta non aveva sortito gli effetti sperati, perché della Momotaro aveva saputo poco e niente, e dopo aver provato quell’iniziale momento quasi erotico, ora si ritrovava impantanata in una situazione paralizzante e scomoda.
 
A quel punto l’uomo si decise a parlare:
 
“Ehmmmm… signora Saeba… si dovrebbe voltare…”
 
Kaori, che si era abituata al mutismo del suo boscaiolo, rimase stupita di scoprire che lui fosse, al contrario, dotato anche di corde vocali.
E poi come l’aveva chiamata…
Dannazione, aveva iniziato per gioco ed ora si confondeva ogni volta che usavano quel cognome…
Più che altro quella voce…
Nonostante fosse ancora distesa prona, lo fissò intensamente negli occhi, attraverso quei fondi di bottiglia che aveva al posto delle lenti, e le parve di vedere un luccichio strano; lui, dal canto suo, sentendosi passare sotto esame dalla ragazza, iniziò a mostrare i primi segni di imbarazzo, spostando il peso del corpo da un piede all’altro, ma questo movimento attirò inesorabilmente lo sguardo di Kaori, che d’improvviso esclamò:
 
“Ry-Ryo! Che ci fai qui?”
 
“Tesorino, smettila di ricorrere a questa gag! È già la terza volta che lo fai!”
 
“Non fare l’idiota!” rispose stizzita lei, tirandosi finalmente su a sedere, ma coprendosi il seno con le braccia.
Non contava che lui fosse il suo uomo e che la penombra della saletta la preservasse dalla vergogna: si sentiva comunque a disagio.
Lui ridacchiò con la faccia da ebete, grattandosi la nuca da cui penzolava la treccia posticcia.
 
“Ma cosa ti è saltato in mente? Avevi promesso che non ti saresti intromesso nel caso!” sbottò la socia, infastidita.
 
“Tesorino, hai ragione, ma non volevo starti lontano, non sapevo come fare… poi hai parlato del centro benessere e allora…” rispose lui in atteggiamento servile.
 
Constatare che Ryo fosse tanto preso da lei, che pur di starle vicino era ricorso a quel ridicolo travestimento, e vederlo così smarrito e intento a scusarsi solo per averlo fatto, riempì di gioia e tenerezza il cuore della sweeper.
Non volle ancora cedere però: voleva prenderlo in giro un altro po’.
 
“Solo che, mio dio, Ryo sei orrendo! Vieni più vicino, fatti vedere” e quando fu ad un passo da lei, Kaori allungò una mano e, con uno strattone deciso, gli tolse la barba.
 
“Ahi! Mi hai fatto male!” gemette l’uomo.
 
Lei ridacchiò, ma lo gratificò con:
 
“Ummm, va già un po’ meglio” e lo guardò divertita; poi gli tolse anche gli occhiali, che fece volare chissà dove, e così facendo Ryo perse la sua aria da cane bastonato: un sorrisetto malizioso gli si disegnò agli angoli della bocca.
La lasciò fare anche quando gli sfilò la parrucca, che seguì le sorti degli occhiali.
Poi Kaori, subito dopo, affondò le mani nella sua folta criniera corvina e gliela scompigliò; ammirandolo gli disse:
 
“Ecco! Ora ti riconosco” e presolo per i lembi davanti dell’ampia casacca, lo attirò a sé e lo baciò.
 
Lo sweeper rispose con gioia all’invito, e chinandosi verso la ragazza la circondò con le forti braccia, passando nuovamente le mani lungo quella schiena liscia e levigata che aveva massaggiato fino a poco prima.
Quando si separarono per riprendere fiato, leggermente ansanti ed eccitati, Kaori gli chiese con voce bassa, sussurrandogli sulle labbra:
 
“Dove hai imparato a fare certi massaggi? Non sapevo che fossi così bravo!”
 
“Non ho imparato da nessuna parte…” rispose lui, inebriato dal caldo alito della compagna “… sei tu che mi hai ispirato… è venuto tutto così naturale! È sempre merito tuo, tiri fuori il meglio di me.”
 
Kaori allora lo baciò ancora, dolcemente, sorridendo, per poi aggiungere:
 
“Adesso però non puoi più tirarti indietro: ora voglio, anzi pretendo, che tu me ne faccia ancora, e ancora e ancora…” e volutamente spense la frase in un mormorio, che accese ancora di più i sensi di Ryo che stava già per perdere il controllo.
Quella donna continuava a stregarlo in mille modi diversi e non sapeva, né voleva, più resisterle.
Completamente in sua balia le rispose:
 
“Certo Sugar, quando vuoi. Per me possiamo farlo adesso, qui, in camera, o anche a casa nostra quando torneremo…” e non seppero più se stavano parlando di massaggi o di altro, anche se, i massaggi tantrici era a quello che presupponevano.
Ma Ryo non rinunciò a vantarsi, come al solito suo:
 
“Comunque hai visto? Sono stato abile come un professionista” e socchiuse gli occhi orgogliosamente, ma lei lo smontò subito dicendogli:
 
“Ma un vero professionista non si sarebbe fatto tradire da quello!” e scostandolo appena, accennò a ciò che stentava a trovare spazio dentro i suoi pantaloni.
 
“Dettagli…” ribatté lui prima di rituffarsi sulle dolci e calde labbra della compagna.
 
In realtà lei aveva ragione, perché anche se era riuscito a rimanere più o meno inerme durante quel lungo massaggio erotizzante, dentro di sé ribolliva di desiderio; ad ogni passata sulla sua pelle di pesca, sempre più lucida e profumata di cocco, così invitante che avrebbe potuto affondare i denti nei suoi glutei perfetti, aveva sentito crescere prepotente il bisogno di avere quel corpo, che non era più solo un bellissimo corpo, ma lei, la sua donna.
Non avrebbe comunque ceduto alla tentazione, e non solo perché non voleva farsi scoprire, ma perché quel gioco era estremamente eccitante e galvanizzante, e voleva gustarselo fino in fondo.
Poter accarezzare Kaori in quel modo, senza che lei sapesse che fosse lui, e nonostante ora potesse farlo apertamente, lo metteva in un tale stato di tensione, che era quasi pari alla soddisfazione che avrebbe provato se lei ne fosse stata consapevole.
In ogni caso voleva procurarle piacere, un piacere sensuale: voleva turbarla, voleva che fosse per merito suo che lei provasse quel senso di appagamento che deriva da certi massaggi.
Che ora lei lo avesse scoperto non cambiava le sue intenzioni: era pronto a riprendere da dove avevano lasciato, e alla socia non sembrava dispiacere affatto.
 
E ripresero a baciarsi, ma i baci si fecero sempre più roventi… le mani di entrambi presero a spingersi sempre più oltre, il senso di urgenza stava martellando nei loro cuori, e già Kaori era arrivata al punto di sfilare la casacca del compagno, quando sobbalzarono sentendo la voce della ragazza della reception che veniva a chiamare Kaori:
 
“Signora Saeba?” chiese entrando nella saletta.
 
Era passato abbondantemente il tempo stabilito per il massaggio, e la receptionist, che aveva visto andar via la signora Momotaro, veniva a vedere se ci fossero dei problemi con lei.
 
Ryo e Kaori si ricomposero in qualche modo, ancora sconvolti da quell’incontro torrido che prometteva il Nirvana, e quando la signorina ripeté: “Signora Saeba?” Ryo borbottò, raccogliendo ciò che restava del suo travestimento:
 
“Questa cosa dovrai spiegarmela, signorinella!” poi, appena prima che la donna li sorprendesse insieme, fuggendo da un’altra porta Ryo sussurrò a Kaori:
 
“Ti aspetto fuori! Poi però andiamo in stanza, eh?” e le fece l’occhiolino.
 
Kaori sorrise divertita: effettivamente erano stati interrotti sul più bello!
Anche se non avrebbero potuto farlo lì, allo stesso tempo non le andava di negarsi a lui solo perché stava ancora lavorando; perché in realtà aveva una voglia matta di passare del tempo con Ryo, e quei massaggi le avevano fatto venire certe idee…
Si riscosse.
Stava diventando come Ryo, una schiava del sesso!
No, non era propriamente vero… lei era innamorata e finalmente corrisposta, tutto il resto era naturale.
 
Si affrettò comunque a rispondere alla receptionist: prima usciva da lì, e prima avrebbe raggiunto Ryo.
 

 
   
 
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