Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: FreDrachen    16/11/2020    0 recensioni
[prima storia della trilogia Half-Blood]
Seth è un Mezzo Demone, figlio di un'umana e di un Demone Purosangue, ed é il Principe Ereditario della Landa della Paura, uno dei regni dell'Inferno. All'apparenza dimostra la sua indole feroce e sarcastica, ma in realtà nasconde in sé un animo buono che lo rende ben diverso dai suoi simili.
Ma qualcuno lo vuole morto e per questo sará costretto ad abbandonare l'inferno per nascondersi sulla Terra.
E sarà proprio lí che intreccerà la sua esistenza con quella di Margherita, una ragazza dai genitori separati, timida e introversa, e con il grande sogno di diventare un giorno una scrittrice.
Nulla sarà più come prima.
Riuscirà Seth a scegliere tra l'amore puro e innocente di Margherita e le tenebre annidiate da sempre nel suo cuore?
Ma soprattutto sará capace un Mezzo Demone andare contro la sua natura, e rinunciare a tutto per amore?
Copyright © 2016― È severamente proibito copiare, pubblicare e/o utilizzare in alcun modo i contenuti della storia senza l'espressa e formale autorizzazione da parte dell'autrice.
[trovare la storia anche su Wattpad, nickname FreDrachen]
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 1


Qualche mese prima(da questo capitolo fino all'epilogo compreso XD)...

16/04/15

Margherita
Terra

"La sua mano scivolò lentamente lungo il suo profilo, delicata, come fosse un oggetto prezioso. Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi verdi di lui che brillavano di una luce tutta loro, pieni di desiderio. Desiderio di lei. Il suo fu un gesto dettato dal cuore, quello di alzarsi in punta di piedi, e..."


«Margherita, sei ancora davanti al pc? Sbrigati a prepararti! Sei in ritardo per la scuola».

Margherita gemette.

"Non adesso mamma, ti prego".

«Ancora cinque minuti ti prego! Sono arrivata a un punto importante!»

«Cinque secondi. Non uno di piú»fu la risposta repentoria di sua madre.

«Ma é il tempo necessario per chiudere il documento»protestò la ragazza.

«Appunto».

Margherita non demorse, e partì in quarta per un ultimo tentativo. «Non posso neanche finire la frase?»

«Margherita»la riprese sua madre. «Non costringermi a sequestrarti il computer. Finirai di scriverlo oggi pomeriggio dopo aver fatto i compiti».

Rinunciando a continuare oltre la loro discussione, la ragazza sbuffò sonoramente mentre con il mouse cliccò sull'icona "Salva" per salvare quel piccolo pezzetto che aveva scritto per il suo romanzo.

"Se poi mi passa l'ispirazione é tutta colpa tua"pensò imbronciata, mentre spegneva il pc e si alzava dalla sua sedia girevole verde dallo schienale nero.

Velocemente indossò un dolcevita nero, un pullover nero e un paio di jeans presi a caso nel mucchio poggiati su una sedia. "Viva l'ordine che regna in camera mia", pensò tra sé e sé.

Recuperò la cartella e raggiunse la madre all'ingresso.

Viste da fuori non sembravano neanche madre e figlia. Mentre Margherita era di statura bassa e dalle forme corpose, dai capelli ricci castano scuro lunghi fino alle spalle che si aprivano a sipario su una fronte non troppo ampia, e gli occhi castani anch'essi, la madre aveva invece i capelli biondo platino tagliati a caschetto, gli occhi azzurro slavato, molto alta anche senza i tacchi che lei trovava assolutamente comodi. Essendo la segretaria in un call center vestiva in modo impeccabile e professionale:una camicia bianca morbida sotto una giacca grigia in panno, simile alla gonna al ginocchio che portava.

Non appena si accorse della figlia, le rivolse un'occhiata di disappunto.

«Marghe, quanto ti deciderai a vestirti come una signorina?»

Eccola solita frase di routine, pensó scocciata la ragazza.

«Ogni mattina la stessa storia. Mamma, dammi tregua».

Sua madre, Katherine, la fissó quasi risentita.

«Pensare di migliorare il look della propria figlia é un reato per te?»

Ahia. La conversazione stava entrando in un campo minato.

«Niente affatto»rispose prontamente Margherita.«Solo che, secondo me, non devi questionare per ogni vestito che indosso. Manco andassi in giro nuda. Solo in quel caso posso accettare le tue proteste. E poi, non penso di andar in giro conciata cosí male come vuoi far credere».

Katherine le getto un'occhiata, e annui.«Lo so questo Marghe. Solo non troverai mai un ragazzo se vesti cosí infantile».

Margherita arrossì fino alla punta dei capelli. Con sua madre non tiravano fuori l'argomento ragazzi, dato che lei non ne aveva mai avuto uno in tutti i suoi diciassette anni di vita.
«Mamma! Ho solo diciassette anni e tutta una vita davanti. Se troveró il ragazzo giusto per me, ben venga. Ma non voglio qualcuno che mi ami per il mio aspetto, ma per come sono dentro. Se sono ancora infantile, come dici tu, e sognatrice, ecco, é questo che dovrà amare per amarmi».

Katherine sorrise.«Parli come un libro aperto».

Margherita sorrise a sua volta. Lei aveva una passione innata per i libri e per la scrittura. Aveva cominciato tardi a leggere seriamente veri romanzi, tutti rigorosamente fantasy e paranormali e occasionalmente qualche thriller e romanzo rosa. E da quando aveva iniziato non era passato giorno in cui non leggeva qualcosa.

La scrittura era arrivata dopo.
Dopo che un'altra delle sue migliori amiche, che conosceva da quando era piccola, Laura, si era allontanata da lei senza motivo e senza darle spiegazioni. Dopo che lei avesse scelto una compagnia diversa dalla sua, e che l'avesse abbandonata come spazzatura.

Dopo che il suo mondo, per quello, era andato in mille pezzi.
La scrittura era stata la sua ancora di salvezza, la sua speciale evasione dal mondo reale e dai suoi problemi.

E cosí si era messa in testa di diventare, in un futuro prossimo, una promettente scrittrice.

«E ancora non capisco dove trovi le forze di alzarti cosí presto la mattina per scrivere».

«Mamma, un romanzo non si scrive da solo. Ci vogliono costanza e impegno per portarlo a termine»ribatté pacata Margherita.

Sua madre ancora non accettava questa sua grande passione. In fondo, lei faceva un liceo scientifico biologico.

Come aveva potuto trovare l'amore per le parole in un mondo di numeri e formule chimiche?

Ecco, questo si chiedeva ogni giorno Katherine.

La donna si massaggió le tempie.

«Quando ti capiró sarà troppo tardi, bambina mia». Recuperó il suo touch ultimo modello dalla tasca della giacchetta per vedere l'ora.

«Dato che sono in anticipo, ti accompagneró io, in auto, a scuola».

Margherita strinse le labbra.«Non so. Avevo promesso ad Amira che ci saremmo viste sul bus».

Amira era una delle sue compagne di classe preferite, una delle poche con cui poteva essere davvero se stessa, anche se aveva un unico difetto:detestava i fantasy. Ma a parte quello, era sempre disponibile a seguire i suoi discorsi strampalati sull'ultimo libro che aveva letto, o del suo romanzo in corso d'opera. E c'era stata dopo il dissidio con la sua ex migliore amica.

Katherine alzó il dito indice.«Non importa. Avresti dovuto far piú in fretta. E adesso andiamo».

Margherita la fissó ancora per un momento, poi seguí la madre fuori dalla porta.

Abitavano in periferia, in un palazzo alto cinque piani con la facciata color aragosta macchiata peró dallo smog prodotto dal bus che tutti i giorni gli passava di fronte.

La scuola, invece, distava a quaranta minuti di bus da lí, molti meno invece in auto.

Mentre la madre, seduta al volante della sua Opel, era concentrata sulla strada davanti a sé, Margherita, seduta sul sedile posteriore lasciava vagare lo sguardo fuori dal finestrino, senza peró concentrarsi su ció che vedeva. A quella velocità le persone che camminavano sul marciapiede o ferme alle fermate dei bus, sembravano macchie indistinte ed anonime, fino a quando non si fermarono ad un semaforo.

Fu proprio in quel momento che Marghe scorse Amira alla fermata del bus. L'amica abitava cinque fermate dopo rispetto a lei, ogni mattina(se non era in ritardo) cercava di prendere il suo stesso bus per fare la strada insieme. Con sincero divertimento, Marghe vide Amira sbuffare mentre guardava l'ora sul cellulare, battendo il piede terra con aria ansiosa.

«Mamma accosta alla fermata. C'è Amira»avvisó Marghe sporgendosi verso la madre.

«L'ho vista»fu la risposta secca della donna, e con un colpo di clacson attirò l'attenzione di Amira, che si girò subito nella loro direzione, e aprendosi in un largo sorriso quando la macchina scattò al semaforo verde e si accostò al marciapiede.

Margherita abbassó il finestrino.«Ciao Amira»la salutó.

«Oggi a quanto vedo sei puntuale come al solito»ribattè l'altra. Ormai Amira si era arresa da tempo al suo perenne ritardo.

Ma non era colpa di Marghe che il tempo scorreva troppo veloce.

Margherita sorrise di fronte al buon umore dell'amica.

«Ti va un passaggio?»

«Sarei una stupida se non l'accettassi».

Marghe bloccó le portiere, e spostó lo zaino per far spazio a Amira, che salì con grazia.

Amira di aspetto era molto diversa da Margherita. Innanzitutto la sovrastava di una ventina di centimetri, aveva la carnagione abbastanza pallida e capelli ricci scuri lunghi fino alle spalle. Anche gli occhi avevano una tonalità scura, sempre pieni di ottimismo e vitalità. Nessuno avrebbe mai indovinato le sue origini egiziane.

«Allora, Silvio Pellico, a che punto sei delle tue memorie?»

Marghe sorrise alla battuta dell'amica.

«Non sono cosí portata ad arrivare ai suoi livelli. Comunque oggi ho scritto un pezzetto che ancora non so dove inserire. Era solo un'idea che ho voluto buttare giú prima di dimenticarmela».

«Come hai fatto con tutte le altre idee. Lo sai che prima o poi dovrai riordinarle tutte, no? Non temi di fare confusione?»

Marghe aggrottò la fronte.«Spero di no».

La madre, dai sedile anteriore di giuda, ridacchiò, beccandosi uno sguardo risentito da parte della figlia.

«E i personaggi? Hai già dato loro un volto e un nome?»

Marghe scosse la testa.

«No, non ancora. Per ora mi sto limitando a scrivere le idee migliori che mi frullano per la testa. Poi le riordinerò per dar loro un filo logico, e solo allora darò un nome e un volto a ciascun personaggio».

Ancora non se la sentiva di rivelarle da dove provenivano alcune delle sue idee.

Amira alzò gli occhi al cielo.«Sei veramente strana Marghe».

Marghe assunse un finto broncio.«Grazie tante per il complimento. Non è la prima volta che me lo fai notare. Allora, hai o non hai fiducia nelle mie capacità?»

L'amica la fissò con divertimento.

«Devo risponderti?»

«Siamo arrivate».

La voce di Katherine interruppe sul nascere la risposta sarcastica di Margherita. Salvata dalla intromissione della donna, Amira sospirò di sollievo, regalando all'amica una beffa amichevole.

Marghe le rispose a tono e recuperò la cartella grigio petrolio al suo fianco prima di aprire la portiera. Quando scese, i suoi piedi incontrarono un tappeto soffice di foglie cadute,chissà perché dato che era primavera già da un bel po', davanti all'entrata della scuola.
L'edificio non era molto alto, ma ben sviluppato in lunghezza. A pianta irregolare, era d'un violetto tenue e bianco, pieno di finestre adornate da semplici tendine bianche, che gli conferiva nel complesso un aspetto sereno.

«Buona giornata Marghe. Ci vediamo stasera a cena»la salutò gioviale la madre. Marghe si limitò a un breve cenno di capo. Poi si girò e si diresse verso l'entrata.

«Grazie Signora Parodi per il passaggio» la ringraziò Amira, prima di seguire a ruota l'amica.

«Ah Marghe!»fermó Katherine la figlia.«Stasera ci saranno con noi anche Carlo e i suoi figli».

Questo inchiodò Marghe al suo posto.

No! Non di nuovo!

Si voltò per ribattere, ma la madre aveva già fatto inversione di manovra e si era messa in strada.

«Marghe che hai? Ti vedo un po' combattuta»disse Amira al suo fianco.

Si vedeva lontano un miglio ciò che provava?

Si asciugò con il dorso della mano una lacrima solitaria prima che scendesse giù per la gote.

«No, va tutto bene...credo».

Notando l'apprensione dell'amica, esibì un debole sorriso.«Credimi. Non preoccuparti, non è così grave come lo faccio sembrare».

Carlo Bonarrotti era il nuovo compagno della madre, che aveva conosciuto cinque mesi dopo la separazione da Tommaso, suo padre.

Di professione faceva il medico, per l'esattezza il chirurgo all'ospedale.

Non era una persona sgradevole, anzi cercava in tutti i modi di metterla al suo agio. Il problema erano i suoi figli :Nicolas e Clara.

Nicolas aveva la sua stessa età, e si comportava da vero cretino. Più di una volta ci aveva provato con lei e fino a quel momento, per fortuna era riuscita a gestirlo.

Ma quanto ancora avrebbe retto, se una sera si e l'altra pure, se lo ritrovava per casa?

E poi c'era Clara, l'adorabile sorella di Nicolas. Aveva sedici anni, eppure aveva già manie da prima donna. Credeva di sapere tutto, e parlava sempre di sesso e ragazzi. Nell'arco dell'ultimo mese ne aveva cambiati, si e no, una quindicina. Insomma era un continuo tira e molla.

Ed era un continuo rinfacciarglielo.

Marghe non aveva mai avuto un fidanzato ufficiale, a parte qualche cotta passeggera. L'ultima in seconda superiore per un certo Mattia, che aveva mantenuto un contegno indifferente di fronte ai suoi tentativi di fargli capire quanto gli piacesse. E dopo quel rifiuto silenzioso aveva detto no. Quando sarebbe arrivato quello giusto ben venga.
E così non si era imbarcata in situazioni amorose.

«A cosa stai pensando?»

La voce di Amira fece ritornare la sua mente sulla terra.

«A quanto faccia schifo la mia vita»borbottó aggiustandosi la spallina dello zaino che pian piano stava scivolando giù per la spalla.

Amira la prese a braccetto.«Dai, non è poi così male. Devi solo cercare di cogliere i momenti migliori della vita».

Marghe non sembrava del tutto convinta.«Tipo?»

«Logico! I momenti che passi con me e le altre».

Questo strappò a Marghe un sorriso.

Ma era più facile a dirsi che a farsi.

«Cos'abbiamo adesso?»domandò Marghe per cambiare argomento.

«Inglese».

«E tu vuoi che sia ottimista in questo momento? Quando nei prossimi sessanta minuti saró in compagnia della lingua con cui faccio a pugni da quando sono nata?»

Amira scoppió a ridere.«Non esagerare Marghe. Comunque ti do credito. Ho scelto il momento sbagliato per darti suggerimenti».

Marghe le regalò un debole sorriso. Fece per risponderle, ma qualcuno la urtò non proprio leggiadramente, facendola barcollare.

«Ehi, grazie tante»si lasciò scappare.

La ragazza che l'aveva scontrata si girò. Era Emma, sfortunatamente, una sua compagna di classe. Era considerata la ragazza più bella del loro piano se non di tutta la scuola. Aveva lucenti capelli castani lunghi appena oltre le spalle e occhi verdi come smeraldi, seminascosti dietro a in ciuffo pressochè perfetto. Di corporatura esile, sembrava una di quelle top model uscite dalla riviste di gossip, testimoniato anche dai vestiti che indossava:una maglietta scollata a V che copriva il minimo indispensabile, così come la minigonna. Ai piedi calzava dei vertiginosi tacchi, manco dovesse passare una serata in discoteca.

«Hai qualche problema Fiorellino?»le domandò Emma, con aria di superiorità.

Marghe deglutì. Non era un tipo che rispondeva per le rime, e le sue parole scocciate di poco prima le erano scappate per sbaglio. Rossa come un peperone, cercò nella sua mente, una risposta che rappresentava al meglio ciò che voleva dire senza risultare troppo scortese.

Ma Amira accorse in aiuto della amica.

«Hai per caso un problema alla vista? Non hai visto dove andavi?»rispose per Margherita ad Emma, battendo sul tempo l'amica.

Emma squadrò entrambe con freddezza, per poi scoppiare in una risata cristallina.

«Hai bisogno di una babysitter per risolvere le questioni, eh Fiorellino?»

Marghe si fece piccola piccola, desiderando con tutto il cuore di sparire, o che Emma si decidesse a lasciarla in pace.

Emma ridacchiò, coprendosi la bocca con la mano, un gesto che sarebbe parso agli occhi degli altri sensuale, prima di allontanarsi per raggiungere il suo ragazzo, Mattia, un giorno si e uno no. Margherita li continuò a fissare anche quando Emma si avvinghiò a Mattia, baciandolo con trasporto.

Emma e Mattia.

La sua ex migliore amica insieme a Lavinia, e la sua ex cotta.

Non si sarebbe mai detto che fino alla prima media, lei ed Emma erano amiche inseparabili. Si conoscevano da quando avevano due anni, ed erano sempre state inseparabili. Fino a un giorno d'estate dopo la fine della prima media, quando Emma aveva deciso che non le importava più nulla di lei.

Le salivano sempre le lacrime agli occhi, ripensando a quella scena.

Emma che si trovava in compagnia di altre due ragazze che non conosceva. Lei si era avvicinata salutando l'amica cordialmente, e come risposta aveva ottenuto sguardi freddi da parte di tutte e tre le ragazze.
Una delle due aveva chiesto ad Emma:«Ma chi è questa?»

La risposta che le aveva dato Emma, l'aveva lasciata senza fiato, e quelle spietate parole si scalfirono nel suo cuore.

«Non l'ho mai vista in vita mia».

Margherita era indietreggiata con le lacrime agli occhi. Perché si era comportata in quel modo? Cosa le aveva fatto di male per indurla a trattarla così? Si sentiva tradita e abbandonata. Con il tempo, il dolore e la tristezza erano scemati, ma non l'amaro in bocca che quella storia aveva lasciato dietro di sé.

«Pronto? Terra chiama Marghe, ci sei?»

Marghe si riscosse.«Si, ci sono...credo».

Amira seguì il suo sguardo ancora puntato su Emma.«Non devi più pensarci, lo sai. Il passato è passato e non si può tornare indietro per cambiarlo».

Marghe si asciugò una lacrima con il dorso della mano.«Vorrei, oh eccome se lo vorrei. Ma non ci riesco. È parte della mia vita, e io non voglio dimenticare».

«Ti capisco Marghe. Ma ora su con la vita. Pensa che tra cinque ore saremo fuori di qui. Sei contenta?»cercò di tirarle su il morale Amira, prendendola a braccetto.

Se la metteva su questo piano, si sentì meglio. Fino a quando non le tornò in mente quello che l'aspettava quella sera, facendola ripiombare nell'angoscia.

La giornata non si prospettava per niente delle migliori.


 

   
 
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