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Autore: Ghostclimber    16/11/2020    6 recensioni
Rukawa sembra essere vittima di una crisi d'asma proprio nel bel mezzo di una partita contro il Kainan.
La sua determinazione lo porterà a continuare comunque a correre, e il successivo, prevedibile incidente lo metterà sulla strada di una sconvolgente presa di coscienza.
E delle sue conseguenze.
Warning: hanahaki
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Restare immobile fuori dalla stanza d'ospedale di Sakuragi dava a Rukawa una strana sensazione.

Non era esattamente sgradevole, non del tutto: intanto, sapeva che il rosso non era grave, anzi era fuori pericolo, per cui la preoccupazione era un po' sfumata.

Restava solo la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato in tutto quello: Sakuragi era di gomma, per la miseria, Rukawa l'aveva visto con i propri occhi balzare in piedi con la schiena a pezzi, l'aveva visto cadere a terra dopo violenti scontri e rialzarsi, l'aveva visto distruggere a cazzotti Tetsuo quando lui stesso era coperto di sangue. E addirittura mettersi a fare dello spirito, nel frattempo. Non era concepibile che fosse in un letto d'ospedale.

Non era concepibile, non era giusto, era fuori da ogni norma e regola.

Si appoggiò alla parete, senza ascoltare le chiacchiere di Ayako e Miyagi che stavano blaterando di qualche manga giusto per sfogare il nervosismo, e sospirò: in quell'ultimo periodo, di cose al di fuori di ogni norma e regola ne aveva viste così tante che si chiedeva cosa fosse davvero la normalità. Insomma, quelle scene di quotidiana routine che facevano vedere nei film, tutti a colazione insieme, i ragazzi a scuola e i genitori al lavoro, era quello l'unico sprazzo di normalità a cui poteva aspirare la gente? Poi, una volta alzatisi dal tavolo della colazione, tutto diventava una strana e spaventosa discesa su uno scivolo ricoperto di olio?

Oh, quanto gli mancava essere semplicemente il campione musone della squadra di basket, non parlare con nessuno, provare solo sentimenti blandi e dormire la maggior parte del tempo.

Ma la realtà dei fatti, l'indescrivibile affetto che provava per Sakuragi, la sua malattia con i suoi terribili alti e bassi, e ora il suo amato che giaceva in un letto d'ospedale gli facevano domandare a se stesso se per caso non fosse vissuto in una stupida torre d'avorio per tutti gli anni precedenti.

Da quando si era iscritto al liceo, si era ritrovato catapultato in una realtà che sembrava troppo grande per lui, e se all'inizio era riuscito a scenderci a patti semplicemente ignorando tutto ciò che non lo riguardava direttamente, ora era talmente coinvolto che il solo pensiero di voltare le spalle a tutto e a tutti gli faceva salire il panico, perché se quella era la realtà che senso aveva scappare? E per quale motivo avrebbe dovuto farlo? Per andare in cerca di quella normalità che ti dicono sia l'età adulta? Gli pareva una ricerca vana e illusoria, una presa in giro degli adulti come quelle puttanate che ti dicono da bambino per non farti mangiare i semi delle arance.

Invece di parlare chiaro e dire “se ne inghiotti uno rischi di soffocare” ti dicevano che ti sarebbe cresciuto un albero nella pancia, per poi prenderti in giro qualche anno dopo perché ci hai creduto, come se fosse colpa tua mentre sono loro ad averti mentito e ad averti poi piazzato davanti alla tv o sul divano con un libro, a informarti su fatti stranissimi come draghi, magia, poteri sovrannaturali... cos'è più assurdo, un uomo fortissimo che scopre di essere un alieno o un seme che germoglia?

Di colpo, con un sussulto allo stomaco, Rukawa si rese conto di avere avuto lui stesso i polmoni pieni di fiori. In un istante di irrazionalità, si chiese se per caso non avesse inalato i pollini e questi avessero poi germogliato dentro di lui.

Questi genitori, si disse, ti avvertono dei semi delle arance e poi ignorano il vero pericolo.

Improvvisamente, la trepidazione all'idea di vedere Sakuragi divenne una vera e propria urgenza: se il bisogno di averlo al fianco era tale che la sua mente si metteva a formulare pensieri sconnessi e battute di merda come le sue, doveva essere davvero una questione grave.

Trattenne una risata, sapendo che sarebbe stata giudicata inappropriata. O forse no, rifletté di nuovo guardando Ayako e Miyagi. Tese l'orecchio, e si rese conto che stavano discutendo sull'effettiva possibilità che due personaggi di un manga stessero insieme. Ayako stava portando tante prove a suo favore che Rukawa se ne convinse nonostante non sapesse di chi si stesse parlando.

Poi, Miyagi si voltò verso di lui e disse: -Rukawa, salvami da questa psicopatica, ti prego!

-A me sembra che quel che dice ha senso.

-Ma come, anche tu!- Rukawa fece spallucce e disse: -Uno tira le cose addosso all'altro, l'altro si mette a urlare. Mi sembra di riconoscere uno schema familiare.- Miyagi tacque a lungo.

-Ha ragione e lo sai.- sentenziò Ayako.

-E va bene, va bene, allora stanno insieme!

-Spero per quello che lancia le cose che non gli crescano i fiori nei polmoni.- disse Rukawa.

-Visto che ti abbiamo fatto la diagnosi partendo da quel manga, è anche possibile.- ragionò Ayako, -Ma purtroppo l'autrice non saprebbe scrivere una storia d'amore neanche per salvarsi la vita.

-Ma se hai appena detto che quei due stanno insieme?- chiese Rukawa, confuso.

-Quella è una fan theory,- spiegò Miyagi, -Ma non è che li vedi che si baciano o che a un certo punto lo dicono esplicitamente.

-Già,- concordò Ayako, un po' amara, -Anche perché se Xanxus provasse a dire “ti amo” probabilmente farebbe una scena come quella di Fonzie quando prova a dire “mi dispiace”.- Miyagi rise a bassa voce e Rukawa sorrise. Non ne sapeva praticamente nulla, ma sentire Ayako parlare di cose prive di una reale consistenza in qualche modo lo metteva a suo agio.

Forse, si disse, il suo problema era quello: era talmente logico e razionale che qualsiasi cosa fuori dalla norma lo destabilizzava. Si chiese, con una punta di panico, se per caso non stesse scambiando per amore una semplice attrazione data dall'essere così sregolato di Sakuragi.

Forse, Sakuragi lo attirava così tanto solo perché era un pazzo, rumoroso ed esagitato e alto e colorato in un paese dove la vita quotidiana sembrava essere tutta calma, silenzio, grigiore delle città e teste chine di lavoratori indefessi.

Come una lampada brillante in una notte senza stelle. Rukawa forse era la falena che, sprovveduta, trova qualcosa di luminoso e diverso da tutto il buio che la circonda e ci si getta a capofitto senza pensarci, lanciandosi senza pensare verso la propria morte.

Si chiese se per caso la sua malattia non fosse del tutto psicosomatica, un costrutto della sua mente che l'aveva portato ad essere strano a sua volta, perché ammirava quella luce nella notte e voleva diventarlo a sua volta. Si domandò irrazionalmente se le falene si allontanavano morenti dal fuoco, con le ali in fiamme e il corpo che urla di dolore, ma trionfanti per essere divenute, almeno per un istante, un lumino nel buio.

Spire di gelo gli avvilupparono il corpo.

 

-Kaede?- chiamò una voce femminile, adulta e solo vagamente familiare. Rukawa alzò gli occhi e vide la madre di Sakuragi che gli sorrideva con aria stanca. I capelli che sfuggivano dalla rudimentale coda di cavallo che li tratteneva erano della stessa identica sfumatura di quelli del figlio, e Rukawa ebbe un sussulto: sarebbe finito per credere di essere innamorato anche di quei capelli, solo per la loro differenza rispetto al classico castano scuro dei giapponesi?

-Nh?- si spremette.

-Vieni, entra pure. Hanamichi sta bene, sembra.- con delicatezza, la donna lo sospinse verso la porta della stanza di Sakuragi, e Rukawa per un attimo avvertì l'impulso irrefrenabile di scappare via. Si sentiva gretto e meschino: lui si era convinto di essere innamorato di Sakuragi a tal punto da farsi venire la più assurda delle malattie psicosomatiche e ora lui era lì in un letto d'ospedale, e probabilmente ce l'aveva cacciato lui. Non sapeva dove fosse Sakuragi, ma Mito gli aveva spifferato che aveva passato la notte chissà dove in seguito alla rivelazione che Rukawa fosse sul punto di farsi operare e rimuovere i suoi sentimenti verso di lui. Quindi, come minimo, non si poteva certo dire che fosse lucido e ben riposato. Rukawa supponeva che l'incidente fosse avvenuto per una disattenzione costata cara, e in ultima analisi riteneva di esserne lui il responsabile.

Ma se avesse parlato in quel momento, tutti gli si sarebbero rivoltati contro, quella simpatica donna in primis. E Rukawa, che per molto tempo l'aveva vista da lontano durante le sue sessioni di pedinamento nei confronti di Sakuragi, non voleva farle del male.

La percepiva come una donna forte e triste, una di quelle che non si meritano tutto lo schifo che la vita rovescia loro addosso ma che comunque in un modo o nell'altro finiscono sempre per ritrovarsi nella condizione di combattere contro la quotidianità.

Scoprire che suo figlio aveva rischiato di farsi veramente male, finanche di morire, perché un imbecille che giocava a basket con lui si era fatto una marea di seghe mentali poteva essere la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, e Rukawa non voleva rendersi responsabile anche di quello. Anche se, ammetteva, se la donna gli avesse le mani addosso forse sarebbe solo stato giusto.

 

Entrò.

Non appena scorse l'immagine del viso di Sakuragi, si rese conto che le seghe mentali se le era sì fatte, ma nei minuti appena trascorsi.

Lo amava, non c'erano domande da porsi.

Si avvicinò al letto e gli sfiorò una mano con delicatezza, evitando di toccare il saturimetro che gli stringeva l'indice per non creare interferenze nei macchinari di monitoraggio, poi si sedette sul bordo del letto.

Non notò che la madre di Sakuragi era ancora nella stanza, e non avrebbe fatto la differenza in ogni caso: sentiva l'esigenza senza precedenti di parlare con Sakuragi. Una voce un po' isterica nella sua mente gli suggerì di approfittare: averlo addormentato era probabilmente l'unico modo di infilare più di due parole in mezzo alle sue.

-Ehi, Do'aho. In un modo o nell'altro devi sempre fare casini, non è vero? Sei una gran testa di cazzo. E io di più, visto che ti amo e non riesco a convincermi a smetterla.

-...tsune...- bisbigliò Sakuragi. Fu appena un soffio, quasi inudibile, tanto che Rukawa si chiese se per caso non se lo fosse immaginato. Poi, le dita di Sakuragi si contrassero intorno alle sue e le sue palpebre sfarfallarono appena, come se cercasse di aprire gli occhi ma non ci riuscisse.

-Do'aho, piantala, sei sotto anestesia, non sforzarti.

-È sveglio?- chiese, ansiosa, la signora Sakuragi. Rukawa percepì il suo delicato profumo di fianco a sé e lasciò che la donna guardasse il figlio.

-Hana, tesoro, sono la mamma, come stai?- Sakuragi sorrise appena, poi la tensione che si era creata nei muscoli del suo collo si rilassò e lui si addormentò di nuovo.

-Forse è meglio se vado. Non voglio disturbarlo.- disse Rukawa, accarezzando il dorso della mano di Sakuragi. Ma la donna scosse il capo: -Resta quanto vuoi.

-Ehi.- chiamò la voce di Ayako dalla soglia, -Possiamo entrare? Qui fuori non c'è nessuno, Mito ha detto che ci avvisa se vede arrivare gente.- la madre di Sakuragi annuì, e lei e Miyagi si accostarono al letto dell'amico.

-Beh, temevo peggio.- disse dopo un po' Ayako, imbarazzata. Rukawa la comprendeva benissimo: sapere che c'era un Hanamichi Sakuragi nella stanza e non sentirlo urlare come un gorilla iperattivo era davvero surreale.

-Sì, almeno non gli resteranno cicatrici evidenti.- concordò Midori.

-E potrà continuare a chiamare “Sfregiato” Mitsui.- aggiunse Miyagi.

-Cosa che fa un sacco Harry Potter, comunque.- commentò Ayako, poi chiese: -Sakuragi san, le hanno detto qualcosa della prognosi?

-Due settimane.- rispose la donna, -L'ho letto sulla cartella clinica.

-Scommetto che tra una settimana è in piedi.- disse Miyagi, guardando Sakuragi con un sorriso affettuoso sul volto.

-Yohei ha puntato su tre giorni.- ribatté Midori, e Ayako ridacchiò.

Rukawa li ascoltava solo di sfuggita; non aveva la minima intenzione di interagire con loro, non ora che era con Sakuragi e aveva la certezza che stesse bene e aveva sentito la sua voce. Era certo, ormai, che lui l'avesse riconosciuto, e che quella parola parziale che aveva mormorato fosse il suo iconico “Kitsune”.

Poi, Mito guardò dentro e disse: -Arriva qualcuno.- Ayako e Miyagi si affrettarono ad uscire, e poco dopo un medico dall'aria severa entrò.

-Lei è la signora Sakuragi Midori?- chiese. La donna annuì. L'uomo guardò torvo Rukawa, che colse il messaggio implicito e bofonchiò: -Torno dopo.

In corridoio, si riunì agli amici e disse: -Quel medico non somiglia al dottor Yamamoto.

-Sembra più il dottor Palo nel Culo.- rispose Miyagi.

-Kae chan!- chiamò una voce femminile, e la madre di Rukawa arrivò, seguita dal dottor Yamamoto e dall'infermiera Sawada, -Kae chan, come stai?

-Sto bene, mamma. È solo che Hanamichi ha avuto un incidente, e a quanto pare... beh...

-Abbiamo già spiegato la situazione alla tua mamma, Kaede.- disse il dottor Yamamoto. Il suo sorriso allegro, dopo il grugno del medico di Sakuragi, era un vero balsamo.

-Adesso come sta Hanamichi?- chiese la signora Rukawa.

-Sta abbastanza bene. Il dottore sta parlando con sua madre.

-Sei stanco, passerotto?- Rukawa arrossì fino alla radice dei capelli.

-No. Sì. Solo un po'.- rispose, imbarazzato. Per fortuna, il medico malmostoso uscì in quel momento dalla stanza di Sakuragi; scrutò i presenti e si allontanò senza nemmeno un cenno di saluto.

La signora Sakuragi si affacciò sulla soglia della stanza, e non fece nemmeno in tempo ad aprir bocca che fu subito assalita dall'entusiasmo della signora Rukawa: -Oh cielo, lei dev'essere la mamma di Hanamichi! Sono così contenta di conoscerla, e come sta suo figlio? Sta meglio? Quando si riprenderà? Dovete venire tutti a pranzo da noi quando starà meglio, me lo prometta!

-Mamma! Camomillati!- le ingiunse Rukawa, poi borbottò: -Non le hai neanche detto chi sei...

-Oh, mi perdoni, scusi sa, sono sempre un po' irruenta!

-Stia tranquilla, io sono irlandese, l'irruenza è il nostro pane quotidiano!

-Ora capisco molte cose...- borbottò Rukawa.

-Comunque, Hana sta bene. Già da domani dovrebbe essere sveglio e lamentoso come al solito!

-Il Genio non dovrebbe essere trattato come un comune mortale!- disse Mito.

-Il Genio merita almeno delle lenzuola di seta!- aggiunse Miyagi.

-Al Genio dovrebbe essere data una stanza figa privata!- sottolineò Ayako. Miyagi la guardò male, cogliendo il sottinteso, ma Midori scoppiò a ridere: -Oh, visto quanto sarà rompiscatole, spero davvero che nessuno venga ad occupare il letto di fianco al suo!- tutti risero.

 

Si scambiarono convenevoli, ora che l'atmosfera si era fatta più distesa; Rukawa, però, cominciava ad avvertire un vago peso sul petto. Sperò che non fosse in arrivo un'altra crisi, o quantomeno che non fosse per un inaspettato peggioramento di Sakuragi.

Guardò la porta della stanza, rimasta aperta, e la vista della sagoma delle gambe di Sakuragi sotto al lenzuolo gli ricordò dolorosamente che moriva dalla voglia di tornare da lui e tenerlo per mano.

-Kaede, stai bene?- chiese l'infermiera Sawada.

-Sì, credo, ma...- rispose Rukawa, poi trasse un profondo respiro e si rivolse a Midori: -Sakuragi san, posso tornare da Hanamichi per un po'?- chiese.

-Ma certo, caro, tutto il tempo che vuoi.

-Kae chan, tra un po' però vorrei andare a casa.- puntualizzò la signora Rukawa, -Si sta facendo tardi e tu sei uscito stamattina dall'ospedale.- Rukawa sospirò, ma annuì ed entrò nella stanza di Sakuragi senza aggiungere altro.

L'infermiera Sawada si chinò e raccolse un fiorellino che gli era sfuggito dalle labbra: -Gladiolo.- sentenziò, -Significa “forza”.

-Somiglia ad una campanula.- commentò, stupita, Midori. L'infermiera fece spallucce e disse: -Beh, non avrebbe un significato negativo in ogni caso. Ma credo che in questo caso sia solo il nostro Kaede che vuole incoraggiare il suo Hanamichi.- sorrise.

 

-Kaede.- chiamò Midori. Il ragazzo si riscosse. Non sapeva per quanto tempo fosse rimasto lì, semisdraiato nella posizione più scomoda del mondo con la testa appoggiata ad una spalla di Sakuragi, semplicemente ad ascoltarlo respirare e a trarre conforto da quel ritmo regolare e stabile.

-Sakuragi san. Mi scusi, probabilmente sono invadente.

-No, caro, è che la tua mamma dice che devi tornare a casa. Sono le nove, vorrai mangiare qualcosa, no?- Rukawa si alzò e rispose: -Veramente oggi a pranzo ho mangiato per quindici.

-Ti fa male?- chiese Midori tutto ad un tratto. Rukawa la fissò, poi seguì la direzione del suo sguardo e vide che il lenzuolo di Sakuragi era cosparso di fiori rosa a forma di campanella.

-Oh, sono mortificato, ho fatto un casino.- disse.

-Non preoccuparti, caro. La bella infermiera qui fuori dice che sono gladioli e significano “forza”. Suppongo sia un modo di incoraggiare Hana.

-Preferirei farlo a parole come al solito, ma sì, credo anch'io.

-Ti fa male?- chiese ancora Midori.

-No, quand'è così no. Se ho una crisi, è come avere la tosse molto forte e un po' di asma. Niente di insopportabile, ma a volte fa paura.

-Povero ragazzo.- disse Midori, e gli accarezzò i capelli. Rukawa la guardò. Il suo sorriso dolce gli ricordava quello di Sakuragi, e d'impeto disse: -Lo amo. Amo Hanamichi.

-Si vede, caro, si vede.- rispose lei, sempre sorridendo. Ma Rukawa vide che dietro al suo sorriso si nascondeva un'ombra di stanchezza, e con discrezione decise di andare via.

-Beh, io... non ho fame, ma una doccia non mi dispiacerebbe. Quando Sakuragi si sveglia, può dirgli che torno domani nel pomeriggio?

-Certamente. Sarai il benvenuto. È chiaro che lo sei, sì?- Rukawa tacque per un istante. Non tutti i genitori erano esattamente felici di scoprire di avere un figlio omosessuale, per cui la sua frase non era per niente scontata. Suo padre non gli parlava da quando aveva saputo tutto, il padre di Kogure l'aveva diseredato e sua madre ancora si lamentava del fatto che non avrebbe avuto nipoti; per un istante, Rukawa fu grato ai genitori di Mitsui, che con qualche battuta e un po' di imbarazzo avevano invece finito per accettare la storia tra lui e il Quattrocchi.

-La ringrazio di cuore.- rispose Rukawa, -Buonanotte.

-Buonanotte, Kaede.- rispose la donna. Rukawa si voltò prima di uscire, e si sentì stranamente confortato nel vedere che Midori raccoglieva una manciata di gladioli e li metteva nella mano di Sakuragi, come a fargli sentire meglio il sostegno di Rukawa.

 

 

Gladiolo: forza

 

 

 

 

 

Ciaossu a tutti!

Chiedo scusa per l'ennesima intrusione di Katekyo Hitman Reborn, è che ho appena visto una fanart da far venire le gambe molli e... (voci dalla regia: “pervertita”)

Allora, per questo capitolo vorrei che tutti voi inneggiaste a Ste_exLagu, che nonostante sia impegnato con le lezioni ha avuto la prontezza di rispondere ai miei messaggi e impedirmi di far guarire Rukawa con la realizzazione che non è, in realtà, innamorato di Hana. Ha giustamente minacciato un linciaggio senza pietà e mi ha spinta a più miti consigli.

Grazie anche a tutti voi che continuate a seguirmi!

Per citare Doctor Who, “Before I go, I'd like to say that you are fantastic. Absolutely fantastic.”

Come sempre, battete un colpo se gradite!

XOXO

 
   
 
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