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Autore: Dragonfly92    16/11/2020    1 recensioni
Tobia è un uomo che ha trovato, nella solitudine, la sua felicità.
Yuri è un bambino che, invece, non l'ha mai conosciuta.
Un passato ingombrante, un ricatto, la forzata convivenza e la scoperta di un'infanzia mai esistita: pelle livida, cuore cianotico.
Piccoli, faticosi passi per arrivare a capire, scoprire, disinfettare le emozioni.
E difenderle, quando il passato torna a reclamarne la potestà.
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(La storia è legalmente protetta da copyright)
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Dodici Orizzontale – Viltà d'animo, pusillanimità
 
 
“Che lettera hai pescato?”
“È-è la l-lettera A, Signor T-Tobia!”, squittisce Yuri mostrando il quadratino di legno che tiene nel palmo della mano.
L’uomo è lieto di constatare che il tremore, fedele compagno della voce del bambino quando pronuncia il suo nome, si sta affievolendo.
Gli ha dato – imposto – il permesso di chiamarlo così, dietro insistenza di quell’adorabile donna dai vestiti a fiori.

“Il Siniore deve mietere a suo agio Bambino!”, aveva sentenziato.
“Mettere. Non mietere, mettere!”, era stata invece la sua seccata risposta.
Accompagnata dell’accettazione del consiglio.
Se non altro per metterla a tacere.

La stessa scena si era ripetuta la settimana prima, quando Adele aveva fatto un rumoroso ingresso nello studio, sorreggendo una scatola talmente grande da coprirle la visuale.
A causa di questo, probabilmente, era inciampata e, scoordinata a causa della sua stazza impegnativa, aveva tentato di mantenere l'equilibrio e la dignità, con scarso successo.
Le sincere risa di Tobia però si erano  spente riconoscendo il contenuto dello scatolone.

“Non pensarci nemmeno!”

Ma l’essere malefico aveva già pianificato tutto: Yuri era infatti entrato nella stanza, affrettandosi a spiegare il perché della sua comparsa.


“L-La Signora Adele, S-Signore…
Ha d-detto ch-che vo-voleva mo-mostrare al… b-bambino, S-Signore.
Una co-cosa per i c-compiti, Signore.”

Tobia aveva allora indossato il suo sguardo più tagliente, si era voltato e, come da copione, la diabolica donna si era già dileguata.

A quel punto, non gli era rimasta altra scelta: aveva tirato fuori dalla scatola uno degli oggetti meno impegnativi e lo aveva mostrato al bambino.
La piccola mano di Yuri era corsa a coprire la bocca.
Un cumulo di letterine era stato rovesciato sul tavolo.
“Devi… Pescarne una...”, gli aveva spiegato Tobia, mentre una voce gentile ripeteva le stesse parole al suo io-bambino nel corridoio dei ricordi.
“E quella che riesci a prendere, la useremo per formare delle frasi.
Quelle usate, invece, le mettiamo su questo tabellone. E quando ne avremo a sufficienza, formiamo una parola anche qui. Vuoi provare?”

Non era occorsa risposta.
Sbucava il raggio di un sorriso da dietro le mani del bambino.

Osservandolo adesso, mentre schiude il pugno voglioso di scoprire la nuova lettera, Tobia ammette a se stesso (e solo a se stesso), che non è stata affatto una cattiva idea.
Può andare, borbotta, accantonando temporaneamente l’idea di nascondere ad Adele il detersivo al muschio bianco che le piace tanto.

“Bene, cosa ti viene in mente?”

Yuri si sfiora il mento con l'indice e dalle palpebre abbassate si può spiare la sua concentrazione.
Un sorriso storto piega le labbra di Tobia;  le prime volte Yuri si sforzava per trovare parole…  Giuste.
Giuste per il suo Tutore.

Non mi piacciono molto i Dolci.
Mi piace molto il Nero.

 
E l’infantile eccitazione per quella pesca alle lettere , svaniva nell’istante in cui il cervello captava la possibilità di un errore.
Yuri passava dall'essere piacevolmente incantato dal gioco all'essere ipnotizzato dalle conseguenze.
Tobia poteva vederle proiettarsi fra le righe del quaderno.
Poteva sentirle nel respiro trattenuto e nella voce spinta fuori a suon di minacce.
 
Parla ora o sarà peggio.
Non dire cose stupide.
Non dire cose stupide.

Tobia aveva così deciso di interrompere l’esercizio ma soprattutto quell'errato, distorto processo mentale.
Con pazienza, gli aveva (ri)spiegato che non esisteva – “Né esisterà mai” – una frase giusta o una sbagliata.
Non esisteva un colore più bello in assoluto, né un fiore e nemmeno uno sport.
La pazienza si era poi trasformata in necessità, in vigore, in un'esasperata speranza che Yuri capisse, e gli esempi si erano susseguiti come sparati da un lancia-palle impazzito.
“Ad Andrea piace il Blu, ad Adele il Verde, a me il Rosa!”
“R-Rosa, Signore?”
Per la miseria, se si era vergognato.
Possibile, possibile che di tutto il suo discorso Yuri avesse colto solo quel detestabile colore?
 
“A-Al b-b-bambino n-non p-piace t-t-tantiss… T-tanto i-il r-r-rosa, Signore, m-ma i-il Signore n-non s-si arr-arrabbia, n-non s-si arr…
A-A-Arr…”
 
“Non mi arrabbio, Yuri. Sono davvero felice che non ti piaccia il Rosa.”
 
Era una mezza verità: Tobia era felice ma lo sarebbe stato anche se al bambino fosse piaciuto il grigio-topo o l'amaranto.
 
Molte ripetizioni e parecchi undici verticali* dopo, era anche riuscito a fargli abbandonare il tragicomico modo di impostare le frasi:

Mi piacciono i Colori, grazie Signore.

Quella volta era stato più difficile non cedere alla tentazione di prendere a testate la scrivania, eppure aveva resistito ed il suo impegno era stato ripagato.

Adesso, a due settimane di distanza, percepisce una nota d’orgoglio pungolargli il petto mentre lo guarda fare piccoli, grandi progressi.

“A-Animali!”

Yuri esulta, alzando l’indice verso l’alto ed incrociando lo sguardo soddisfatto del Tutore.

Quest’ultimo annuisce, ed il bambino afferra la penna senza timore.
 
Eccola, un'altra cosa da aggiungere alla lista di ciò che ha imparato su di lui: gli piacciono gli Animali.

Poi i Libri, i Colori ed i Fiori.
Non gli piacciono i Ragni, gli piace poco il Nero, per niente la Birra.
E se su quest'ultima Tobia si è rifiutato d’indagare, al “Mi piace sognare”  ha intravisto e sfruttato l'opportunità un dialogo, che Yuri ha accolto fermandosi di tanto in tanto con la richiesta di un permesso a proseguire scritta nel viso.
“Continua, Yuri.”

“P-perché qua-quando sogna, i-il b-bambino p-parla bene.
E, e l-le per-persone a-allora n-non sono a-arrabbiate.
E q-quando…
E…
Q-quando la…
M-mamma d-dice: “P-parli b-bene a Mamma?”
I-il b-bambino l-lo fa e…
L-La m-mamma è c-contenta e…
E n-non dorme, n-non d-dorme, è c-contenta, S-Signore.”
 
“Yuri…”
 
 
Non aveva trovato parole giuste da aggiungere.
Gli aveva posato una mano sulla testa.
 
E il bambino era rimasto ad ascoltare il suo tocco.
 



“N-Non va b-bene, Signore?”
Tobia viene strappato dai suoi ricordi.
“Fammi vedere…”
Mi piacciono tanto gli animali.
“Si, invece. La frase va bene, Yuri. E dimmi un po’, quali animali ti piacciono?”

Il bambino si sistema meglio sulla sedia, voltandosi per guardare il Tutore seduto alla sua destra.
Le manine iniziarono ad intrecciarsi ed attorcigliarsi, ma non afferra la pallina.
È nervoso, sì, ma Tobia sta imparando ad interpretare la sua agitazione: l’argomento gli piace.

“M-i p-piacciono t-tanto i-i gatti.
Ma a-anche i pesci e…
E le ta-tartarughe!
D-di più qu-quelle ch-che nuotano p-però!”

“Le hai mai viste?”
Una domanda posta con la consapevolezza del valore del momento.
“No, Signore  P-però…”
Attende qualche istante.
“Continua, Yuri.”
“Sì, Signore! G-grazie S-Signore!
L’animale c-che però mi…
Mi piace di più è l-la tigre!”


“Immagino che tu non abbia mai visto nemmeno quella.”
L'ironia dà vita ad un suono.
Un minuscolo ed ancor più breve risolino, poi attutito.
 
“No, no!
Ma su-sul mio Album c-ce n’è una da c-colorare e…
Ed è q-quella c-che mi piac…”

Il bambino si interrompe all’improvviso.

Perché l’ha detto?
Perché è stato così stupido?
Nessuno deve sapere del suo tesoro, nessuno!
Ma si è fatto scoprire, un’altra volta!
Succederà, succederà di nuovo come in Via dei Mille!
 
Occhi carichi di terrore.
Dita che si ancorano ai bordi della sedia.
Contrazioni, spasmi.
“Yuri, guardami.”
Attesa.
“Che succede, bambino?”
Le palpebre tremano, le mani scorrono sulle braccia scoperte.

“Io e te abbiamo un patto… Ricordi?”
Un annuire accennato, un accordo che va assimilato.
Unghie che graffiano, due mani grandi che si posano sulle sue.
Un sussulto.
Terrore.
Uno sguardo.
Rassicurazione.
Niente dolore.
Fiducia.
“N-nero.”, soffia piano.
“Cosa? Cosa hai detto?”
“N-Niente, d-detto n-niente!”
Determinazione.
Yuri non deve allontanarsi.
“Non ho capito, Yuri.
Non ho capito davvero.
Puoi ridirmelo?”
 
“Ripetilo se hai coraggio!”
 
“S-Signore…”
Pigolio, tremore.
“Per favore, Yuri. Puoi ripeterlo?”
 
Per favore.
Gentilezza.
Voce bassa, nessuno urla.
“N-Nero.”
“Cosa?”
 
Un flash.
Un'illuminazione.
 
“Nero, come la paura?”
Yuri trema.
E Tobia, esulta.
Perché nel libro che non hanno letto insieme, Anna Lleans ha racchiuso in barattoli diverse emozioni.
Da una tavolozza confusa, ad un ordinato ripiano di vasetti dipinti.
Di Giallo per l'allegria.
Di Blu per la tristezza.
Di Rosso per la rabbia.
Di Verde per la calma.
E di nero.
Per la…
 
“Paura?”
Yuri annuisce e Tobia ne è inevitabilmente sollevato.
Ci sta riuscendo, ce la sta facendo.

“È per quello che hai detto, Yuri? Per questo ‘Album degli animali’?”
“Il b-b-bambino…”
“Yuri…” lo rimprovera bonariamente ed il piccolo inspira ed espira a fondo per continuare.
“I-IO n-non l’ho rubato, S-Signor Tobia! I-il b-bambino, cioè… Lo g-giura, S-Signore!” afferma con forza, arrischiandosi nel guardarlo.

“Yuri, non hai bisogno di giurare. Se tu mi dici qualcosa, io ti credo.”
Il bambino lo guarda, lo scruta, lo studia.
Le spalle si rilassano poco a poco.
“D-Davvero, Signore?”
“Davvero, Yuri.”
Il piccolo sembra riflettere sulla conversazione.
Forse può fidarsi di questo Signore.
E poi hanno fatto un patto.
Come quelli dei grandi, si sono stretti la mano!

“La m-maestra, Signor T-Tobia.
L-la m-maestra lo ha d-dato al…
C-cioè a m-me.
P-Però s-se il Signor T-Tobia l-lo vuole..”

“No, Yuri. È tuo. Lo ha regalato a te ed è giusto che sia tu a tenerlo.”

Yuri quasi si commuove a sentire quelle parole.
Quel Tutore è davvero l’uomo più buono che lui conosca!
Annuisce più volte in risposta e si volta, prima che i suoi occhi lo facciano sbagliare.
E mentre il corpicino vibra di gratitudine, il pugno stringe il tassellino nascosto nel sacchetto.
E si allenta piano.
P, ha acciuffato la P.
Subito, nella sua testa, la parola lampeggia a caratteri cubitali.
Forse non è quella giusta, forse dovrebbe pensarne un’altra.
Forse il suo Tutore si potrebbe arrabbiare, se scrivesse una cosa del genere.
Ma forse no.
Allora raduna tutto il coraggio ed impugna la penna.
Audace, come il cavaliere che sguainando la spada, combatteva contro il drago.
L’inchiostro si imprime fra le righe, crea onde imperfette, agitate dall’emozione malamente placata da una maggiore pressione.
Il piccolo domatore sta forse allentando le redini e le parole sono addirittura più imprecise delle precedenti, ma non importa.
Non quando Tobia legge la frase ed il suo cuore si crepa.
Ancora e ancora.
Forse adesso è lui, a dover tirare le redini.
Perché vorrebbe dire tante cose ma tacerle è meno doloroso.
Mai, la codardia gli è appartenuta.
Mai, prima d’allora.
 
Tobia riesce ad imporsi un cenno d’assenso, segno della corretta formulazione della frase.
Ed il bambino sembra sereno.
Va bene così, sentenzia l'uomo.
Ma passano le ore, il mattino, il pomeriggio, la sera.
Le lancette corrono, spronando il primo di Luglio a raggiungere il suo termine.
Ed il suo cervello non si dà pace.

Ancora ore, l’orologio annuncia la mezzanotte.
È il due Luglio.
Yuri non dorme, lui lo sa, le radioline imposte riproducono un continuo fruscio di lenzuola.
Tobia bussa, ignora il tono sorpreso dell' “Avanti” ed entra.
Guarda il bambino, i suoi occhi curiosi, timorosi e stanchi.
Ai quali non si avvicina, impegnato nello stringere il pomello fra le dita.

“Diego.” dice soltanto.

Yuri capisce.
La comprensione lo immobilizza.
Lo destabilizza.
Lo accarezza.

“C-Come…C-Come Zorro, Signore?”
Tobia non è certo della nota interrogativa del commento ma non può esimersi dal confermare, alimentando quell'idealizzazione eroica, fanciullesca.
“Si, Yuri. Il tuo papà si chiamava Diego, come Zorro.”

È lui, il primo ad abbassare lo sguardo.
La stanchezza gli è piombata addosso nello stesso istante in cui ha pronunciato quel nome.
Si volta ed ha quasi chiuso la porta quando Yuri reclama timido la sua attenzione.
L'emozione vibra nei suoi occhi, sfumandoli di dolcezza.
Gratitudine.
 
“G…G-Grazie t-tantissimo, S-Signor Tobia!”

È felice, Yuri.
Così felice che gli viene da piangere.
Adesso sa come si chiama il suo papà.
 
Ed è il regalo più bello del mondo.





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Ehi, come state? 
Io meglio.
Sto cercando di riprendere il ritmo sulla tastiera, di 
battere via ogni altro pensiero.
Se mi avete aspettata... grazie.
Vi mando un abbraccio grande, grandissimo.
   
 
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