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Autore: Nives_as_snow    16/11/2020    2 recensioni
Il professor Solo insegna Storia presso il blasonato Boston College.
Brillante ed acuto, viene tuttavia, descritto da alcuni colleghi e corsisti come un sadico, dispotico, egomaniaco.
La giovane insegnante di Psicologia Rey Palpatine è all'assegnazione della sua prima cattedra.
I consigli dei docenti sembrano interminabili e la vena polemica di Solo pare acuirsi, considerevolmente, nei confronti della nuova collega.
Tuttavia la giovane si dimostrerà all'altezza delle sfide che affronterà, dopo il trasferimento, da una tranquilla cittadina di provincia, alla metropoli più storica ed affascinante degli States.
Imperturbabile, all'apparenza, un'aura di compostezza la avvolge.
Suo malgrado, insieme al collega, porterà alla luce verità recondite.
I personaggi sono presi in prestito dall' universo Star Wars e le fan art presenti non sono di mia proprietà. Alcune aesthetics, sono state create da me.
La trama è completamente di mia invenzione e di mia proprietà. Ne è vietata la riproduzione, anche solo parziale, senza consenso della sottoscritta.
Genere: Avventura, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ahsoka Tano, Ben Solo/Kylo Ren, Kylo Ren, Rey
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Avrebbe dovuto lasciare i locali della biblioteca tutto tronfio della stilettata che era riuscito ad infliggere a 'Missfinta perfettina' - essì, perché finta lo era parecchio, la legnosa bacchettona, tutta ligia alle regole, che aveva sempre impersonato al lavoro si era sgretolata, quasi all'istante, al cospetto della scatenata ballerina della sera prima, in compagnia di non uno, ma ben due bellimbusti.

Se ne andava, invece, di un umore che faceva 'pendant' con il tempo uggioso. 
Nemmeno l'ennesimo complimento, per l'imminente presentazione del suo ultimo libro, da parte di un giovane collega, scalfì minimamente la sua poker face.

I pneumatici della Chevrolet Corvet C3 nera, stridettero sul selciato del vialetto di 'Villa Organa - Solo'.
Il venerdì era la sera prestabilita in cui la famiglia si riuniva.

Al rampollo di nobile casata, non sfuggì l'altra berlina parcheggiata appena sulla strada, fuori del vialetto dei suoi, una Porche Warna 911 rossa, gran bella macchina, ma quale proprietario avrebbe potuto scegliere un colore così 'kitsch'?!

Varcata la soglia, appena superate le fini colonne di marmo in stile corinzio, l'anziana governante gli si fece incontro per prendergli il cappotto.

"Oh Nance" la salutò con un bacio affettuoso sulla guancia, mentre le posava una mano su una spalla "Sei sempre tanto cara, non sono più un bambino, faccio da me... non voglio che ti stanchi."

L'attempata donna lo guardò sorridente, allungandogli una stanca mano tra i capelli, dietro la nuca "Ragazzo mio adorato, tu sarai sempre il mio piccolo Ben."

Le posò un altro bacio delicato sui capelli d'argento, mentre la cingeva a sé con tenerezza, per le spalle, con un braccio.

Quel momento di intimo benvenuto fu interrotto dalla tuonante voce del generale Han Solo.

"Ben, ragazzo mio, lascia che ti presenti il tenente colonnello Dameron, pluridecorato pilota della nostra Aviazione Nazionale, avete quasi la stessa età."

Per poco non venne una sincope ad entrambi, i quali rimasero muti per diversi momenti.

"Beh allora? Non dite niente?" Incalzò Han.

"Prima tu o prima io?" Ridacchiò Dameron.

"Piacere di rivederti." proseguì l'altro, telegrafico.

"Vi conoscete? Ma è fantastico! Bene allora proseguiremo la conversazione dinnanzi allo stufato preparato a quattro mani da Nance e tua madre, uno spettacolo!"

Poteva andare peggio di così? 
Per tutta la serata il generale non aveva decantato che il pregio del pilota loro ospite, le missioni cui avevano partecipato insieme, gloriosamente, in Afganistan (Han tirava fuori quell' aneddoto ad ogni occasione in cui poteva).

Il curriculum di Dameron vantava addirittura un anno al servizio del presidente, alla guida dell' Air Force One... mancava solo un Nobel per la pace, a completare il bel quadretto di famiglia, dove, questo, arrivato dal nulla, sedeva tra i suoi genitori mentre, in disparte e taciturno, il legittimo erede se ne restava ai margini.

La situazione precipitò quando il pilota/imbecille, loro ospite 
impiccione ficcanaso - chiese a Ben come mai, non avesse seguito le orme di suo padre, nella carriera militare.

Leia, che fino a quel momento aveva cercato di mediare la conversazione, includendovi suo figlio, si sentì oggettivamente in difficoltà.

Salvò la situazione dirottando la risposta su quanto il suo ragazzo fosse sempre stato estremamente riflessivo e dotato di grande talento e sensibilità per gli studi e che la carriera da letterato era senz'altro stato il suo destino, da sempre.

"Signori, si è fatto tardi ed è stato un vero piacere, ma è ora che torni a casa.
Sindaco Organa, un vero onore essere vostro ospite." Li congedava, mentre baciava galantemente la mano di Leia.

Ben giurò, a quel punto, di stare quasi per dare di stomaco.
Ma le sorprese non erano finite.

"A proposito ragazzo, dov'è la graziosa creatura che era con te a Lacey, l'ultima volta che ci siamo visti a casa del senatore Palpatine? Sua nipote se non erro."

Deglutì a fatica, troppe associazioni in un'unica frase.

"Sono giusto venuto a trovarla" rispose Poe un po' in imbarazzo, accarezzandosi la nuca.

"Ah! Ecco a cosa si deve la tua presenza sull'altra costa, sei qui per la tua ragazza, da quando si è trasferita? Ricordo che suo nonno era molto fiero di lei, stava per finire il suo tirocinio, due anni fa, presso una clinica privata, per l'abilitazione alla professione." Osservò Han.

"Insegna Psicologia qui, al Boston College." esclamò Poe rivolgendo uno sguardo inequivocabile al collega della ragazza!

"Lavora con te Ben? Perché non ce lo hai detto subito?"

A quel punto le sue orecchie avevano sanguinato abbastanza.

"Scusate, io... devo proprio scappare, domattina ho una colazione di lavoro con dei colleghi, per discutere dell'uscita del libro, grazie della squisita cena, mamma, papà, Nance, Dameron."

Schizzò in macchina come una scheggia, quasi senza infilare il cappotto. 
Accellerò, mentre selezionava la musica per distrarsi, e guidò. Guidò senza una direzione precisa.
Quando la rabbia e la frustrazione scemarono un poco, iniziando a fargli sentire freddo, si rintanò in un vecchio bar a bere.

Giù, un bicchiere dietro l'altro. 
L'alcool doveva avergli annebbiato la ragione oltre il limite, perché davanti agli occhi, gli si riproponeva la mano di Dameron, nella luce soffusa di quel locale, che scendeva sulla schiena sinuosa di una Miss. Palpatine diversa da come l'aveva sempre vista.

Disinibita, la testa abbandonata, i capelli fluenti, dello stesso colore caldo delle labbra e dello smalto, ondeggiavano al ritmo sensuale della musica.

Pensieri tossici e completamente fuori luogo, perché fantasticava su Miss Palpatine? 
Perché la immaginava ora, tra le possenti braccia di quel pilota?... 'la sua ragazza' - così aveva detto suo padre - e Dameron era in città per lei.
Li immaginava scaldare focosamente, insieme, le fredde notti Bostoniane.

Picchiò il bicchiere sul bancone, posandovi di fianco i soldi.

"Ernest ho bevuto troppo, non posso guidare in queste condizioni, ce l'hai una camera?"

"Certo professore! Era da un po' che non ti si vedeva."

"Ti ho detto di non chiamarmi così." Gli intimò tra i denti.

"Tranquillo Mister Solo... ti porto il solito."

"Ingenua e giovane, stanotte carne tenera!" Biascicò con tono arrochito.

Si lasciò cadere sul letto, occhi fissi al soffitto, le sue movenze erano quelle di un automa.

Poco dopo, il cigolio della porta gli suggerì che Ernest gli aveva mandato quanto richiesto.

Una ragazza dagli occhi spauriti color nocciola, illuminati appena dalla luce fioca dell' abat jour, il corpo minuto ma tornito, avvolto da un candido intimo di pizzo bianco, se ne stava immobile, serrata alla porta.

No, non era il 'solito'. Questa doveva essere alle prime armi.

La prese per mano facendola sedere accanto a sé, le sollevò il viso, con l'altra mano le spostò i capelli castani dalla fronte.

"Sei nuova? Non ti ho mai vista... quanti anni hai?"

"Venticinque" pronunciò con un filo di voce, mentre tremava.

"Non avere paura, se faccio qualcosa che non vuoi, devi solo dirmelo e smetto, promesso... Come ti chiami?"

"Nina" pronunciò la ragazza, guardandolo con i suoi grandi occhi 
"E tu?"

"Professor Solo, tu chiamami professor Solo!"

«Lieve è il dolore che parla. Il grande dolore è muto»
Seneca


 

Angolo dell' Autrice:

Professor Solo ha sdoppiamenti di personalità secondo voi? Aspetto numerosi pareri. 🤔

 

   
 
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