Videogiochi > Sonic
Segui la storia  |       
Autore: Vicarious10    17/11/2020    1 recensioni
Una nuova minaccia incombe sul mondo. Tocca al Team Dark combattere per portare la pace, nel loro primo anno di attività per conto della G.U.N.
Riuscirà Shadow the Hedgehog a fermare i peggiori criminali del pianeta?
Genere: Azione, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: OC, Shadow the Hedgehog
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Team Dark
Anno Uno

 
4.
Tamburi di guerra
 
 
Per le strade di Central City, Jack Dempsey correva come un pazzo verso la salvezza.
Doveva raggiungere il suo appartamento prima che lo prendessero. Dopotutto, era solo a un isolato di distanza da casa sua, la meta era vicina.
Noncurante dei passanti che scontrava, l’uomo era troppo spaventato per pensare lucidamente. L’unica cosa di cui era sicuro era che avrebbe trovato rifugio solo nella sua dimora. Da lì, avrebbe chiamato i suoi misteriosi superiori e li avrebbe avvertito che tutto era andato in fumo.
Cominciò tutto qualche minuto prima. Nel magazzino di sua proprietà, la serata stava andando secondo i piani. Gli operai scaricavano la merce dai camion, per poi riciclarla e venderla al miglior offerente. La cosa che Jack ricordava più di tutte era il rumore del muro che veniva sfondato come fosse carta da una strana macchina. Un fottuto carroarmato mobile che cominciò a sparare proiettili anti sommossa contro i suoi uomini. Fuggì per il rotto della cuffia e adesso si trovava lì, per le strade.
L’uomo in fuga svoltò in un vicolo. Ormai casa era vicina.
- Dove credi di andare? -
Una voce alle sue spalle lo fece bloccare di colpo. Una voce cupa che non aveva mai sentito prima d’ora. Jack si era sempre vantato di essere il più veloce, per questo era sicuro di farcela. Estrasse la pistola dalla fondina dentro la giacca e si girò di scatto. Sparò tre colpi prima di rendersi conto che non c’era nessuno con lui in quel vicolo. Mentre stava per tirare un sospiro di sollievo, qualcosa gli cadde addosso. Sbattè la testa al suolo, per poi essere afferrato per i capelli.
- Io e te dobbiamo parlare - disse con tono minaccioso la stessa voce di prima.
Jack guardò il suo aggressore. Era un maledetto mobiano, pensò.
Un riccio nero con striature rosse, gli occhi dello stesso colore. Dunque, le voci erano vere. Un nuovo giustiziere era arrivato in quella città e aveva dichiarato guerra al crimine per conto della G.U.N. .
- Che.. che cosa vuoi!? - chiese terrorizzato l’uomo.
Shadow lasciò la presa e afferrò il braccio sinistro di Jack.
- So tutto su di te - disse Shadow - Sei uno dei maggiori trafficanti d’armi della città. I criminali che se lo possono permettere vengono da te a comprare armi di tutti i tipi. Voglio sapere per chi lavori -
Jack deglutì, sentendo il braccio bloccato dalla solida stretta del riccio.
- Io.. non lo so! -
Shadow girò di scatto il braccio dell’uomo. Le sue urla sovrastarono il rumore dell’osso che si stava spezzando.
- Ti prego! Basta! -
- Voglio il nome - ringhiò il riccio nero.
- Mi uccideranno! -
- Non se lo faccio prima io -
Quella minaccia sembrò convincere l’uomo. Per lui era sufficente.
- Ok, ok. Parlerò! -
Shadow continuò a tenere la presa sul braccio di Jack mentre questi cominciò a parlare.
- Non so bene chi sia a rifornirmi. Non lascia nessuna traccia. L’unica volta in cui ho provato a indagare mi hanno spedito la testa del mio ex socio in una scatola! È uno molto in alto, dicono che ha comprato tutti in città, persino gli sbirri! -
- Chi è? -
- Te l’ho detto, non lo so! Ma ho registrato tutte le chiamate anonime che mi hanno fatto. Non è molto, ma potrebbe esserti utile! -
Shadow lasciò la presa. Jack si strinse il braccio dolorante, cominciando a supplicare di non essere ucciso.
- Sei in arresto, dolcezza - disse una voce femminile e suadente - Per traffico di armi illegali -
Jack venne ammanettato. Quando venne fatto alzare in piedi, vide un pipistrello femmina con il riccio al suo fianco.
- Ci sarà un processo - disse Shadow - E tu testimonierai -
Non era una richiesta, Jack lo sapeva bene. Era un uomo morto, questione di tempo.
Nessuno sopravvive al padrone di Central City.
 
Era passato un mese da quando Shadow aveva fatto irruzione alla festa di Mammoth Mogul e dichiarato guerra aperta. Un lasso di tempo passato ad acciuffare chiunque fosse coinvolto nel traffico di armi in città. Era partito dai pesci piccoli, per poi arrivare agli squali. Non era un lavoro facile, ma per lui era estremamente divertente e soddisfacente. Si era rifatto un nome. Un nome temuto da tutti i criminali di Central City e anche all’esterno. I telegiornali non facevano altro che parlare di lui, alcune volte mettendo in secondo piano le eroiche imprese di Sonic the Hedgehog. Anche questo gli procurava piacere.
Ritornati alla centrale operativa, Shadow e Rouge lasciarono Jack Dempsey nelle mani dei soldati. Omega avrebbe fatto ritorno poco dopo. Il riccio nero era fiducioso nel suo compagno, per questo lo aveva scelto come sua pedina più importante. Dopotutto, quel robot era indistruttibile.
- Bene, Shadz, abbiamo finito prima del previsto - commentò Rouge - Serata libera? -
- Se vuoi, puoi andare - rispose Shadow - Ho delle cose da sbrigare -
- Ti farebbe bene staccare ogni tanto. Anche la Forma di Vita Definitiva ha bisogno di svago - disse il pipistretto.
Shadow si avviò verso l’interno dell’edificio.
- Forse - fu la sua secca risposta.
 
Il colonnello Dustin Freeman si stava godendo quella sigaretta sul tetto del dormitorio dei soldati della G.U.N. . Il suo “amico” sarebbe arrivato a breve. Era stato cauto a non farsi vedere da nessuno. Dopotutto, con un corriculum come il suo, non c’era nessuno meglio di lui che poteva farlo. Ex Navy Seal, membro del commando d’assalto “Plissken” e decorato con tutte le medaglie che si potessero immaginare. Una volta riuscì persino a sorvolare le linee nemiche con un mini jet senza farsi scoprire. Specializzato nello stealth e in ogni forma di combattimento e guerriglia, Dustin ne aveva viste di cotte e di crude. Era la reincarnazione di Nick Fury, il meglio che ci potesse essere. Forse era per questo che era stato scelto da Shadow per quel compito così delicato.
- Sei in ritardo - disse l’uomo notando il riccio con la coda dell’occhio.
- Non importa - rispose Shadow squadrando il suo nuovo alleato.
Due settimane prima, dopo aver ricercato la persona giusta, la Forma di Vita Definitiva aveva scelto il colonnello Freeman come suo stretto collaboratore segreto. La missione era semplice: scoprire chi era la talpa all’interno della G.U.N. e sbatterla in prigione per alto tradimento.
- Cos’hai scoperto? - chiese Shadow avvicinandosi.
L’uomo gettò il mozzicone di sigaretta oltre il cornicione, segno che la pausa era finita.
- Ho una notizia interessante. Nessuno tra i soldati è la talpa -
- Come fai ad esserne sicuro? - chiese il riccio nero.
- Ho controllato i dossier di ognuno. Nessun precedente. L’unico sospetto si è scoperto solo come un ex membro di una gang. Nessuno tra loro è la talpa, fidati -
- Allora siamo a un punto morto - commentò Shadow con frustrazione.
- Si, ma ho avuto un intuizione - cominciò l’umano - Chiunque abbia spifferato la missione alla villa di Mogul, è qualcuno che l’ha saputo prima dei soldati. Di solito, noi veniamo avvertiti solo dagli intermediari del comandante Tower. Il cerchio si restringe. Deve essere qualcuno vicino a lui -
Shadow rimase in silenzio a meditare. Questa nuova svolta era certamente utile, ma doveva riuscire a trovare la talpa in fretta, prima che altre missioni più importanti venissero compromesse.
- Va bene. Per ora è tutto - disse infine Shadow.
- Sicuro? C’è bisogno d’altro? -
- No - rispose il riccio.
Quando questo fece per allontanarsi, Freeman riprese a parlare.
- Sai, i soldati ti adorano. Gli rendi il lavoro più facile, ma hanno anche paura di te -
- Bene - commentò soddisfatto il riccio.
 
La mattina arrivò come sempre.
La luce del sole scaldava la possente figura di Mammoth Mogul, in piedi di fronte alla grande finestra del suo ufficio. I mobili in legno sorreggevano foto, decorazioni, statuine, una preziosissima palla da baseball firmata da Dio solo sa quale giocatore e, soprattutto, una quantità enorme di libri. Tutte cose di cui Mogul aveva bisogno.
La cultura per lui era importante. La conoscenza gli permetteva di avere potere, il potere gli permetteva il controllo, il controllo gli permetteva di essere completo.
Invincibile. È così che si sentiva, dopotutto. Nonostante le continue interferenze della G.U.N. , credeva fermamente di avere la situazione in pugno, uno dei suoi strumenti più letali. Quante vittime aveva fatto con le sue stesse mani..
Lì con lui, Nack the Weasel e il suo segretario, un uomo chiamato semplicemente Smith, discutevano su quello che era successo la sera precedente.
- Jack Dempsey è stato arrestato - annunciò Smith - Ora è sotto custodia ed è impossibile rintracciare dove sia -
Nack si aspettava una sonora batosta a quella notizia da parte del suo capo, ma questi non fece nulla. Continuava a guardare fuori dalla finestra come se niente fosse.
- Stanno raccogliendo testimoni, capo - disse la donnola - Dobbiamo fare qualcosa -
- Nack, amico mio.. tu ti preoccupi troppo - fu la pacata risposta del mammoth.
Questi si girò verso i suoi dipendenti, sorridente.
- Smith, lasciaci soli - disse il possente mobiano.
L’uomo uscì dalla stanza senza fiatare, mentre Nack deglutì. Per lui, non era un buon segno.
- Notizie dalla nostra talpa? - chiese Mogul.
- No. È troppo impaurita per riferirci qualcosa. Forse dobbiamo essere più convincenti per avere altre soffiate - rispose la donnola.
- Meglio di no. Si farebbe scoprire se calcassimo troppo la mano, e questo sarebbe un male. Per il momento, lasciamola stare - disse il mammoth.
- E allora? Stiamo qui ad aspettare che la G.U.N. ci arresti? - chiese Nack irritato dal comportamento del suo capo.
- Vedi, Nack - cominciò Mogul andandosi a sedere alla sua scrivania in legno pregiato - Nel corso degli anni ho dovuto farmi molte amicizie. È stato difficile, vista la mia natura da lupo solitario, ma era necessario affinché raggiungessi la posizione di rilievo che ricopro ora. E, nei giorni scorsi, ho chiesto ad alcune delle mie amicizie “speciali” un favore -
- Quale favore? - chiese Nack.
- Gli ho chiesto di rintracciare una persona, una mobiana per la precisione. Ho sentito tante storie su di lei, una più affascinante dell’altra, ma non sapevo se esistesse veramente. Così, ho fatto un po’ di pressione e ho scoperto come rintracciarla -
- E quindi? - chiese la donnola spazientita.
- Quindi.. sta venendo qui - rispose Mogul.
Nack non capiva e, nonostante quelle risposta, continuava a non capire.
- Qui? Per fare cosa? -
- Semplice. La nostra massima priorità al momento è eliminare la fonte dei nostri problemi. Ovvero, mettere fuori gioco Shadow the Hedgehog. E lei verrà qui per risolvere questo fastidioso problema - rispose il mammoth facendo più chiarezza.
- Un momento! - protestò Nack - Credevo fossi io ad occuparmi di queste cose! Vuoi sostituirmi!? -
- Assolutamente no, Nack. Dopotutto, oltre ad essere il mio braccio destro, sei anche un amico - rispose Mogul.
Nack non poteva dire di credere ciecamente a quelle parole, ma non aveva altra scelta. O questo, o sarebbe dovuto tornare ad una paga minima per chissà quale altro idiota.
- Ok, ok.. - fu la risposta della donnola - Ma allora perché non lasci che mi occupi io di quel riccio? -
- Perché Shadow è un nemico astuto e, la prossima volta che vi incontrerete, avrà la meglio su di te -
Nack rimase irritato da quella risposta. Era pronto a tutto per dimostrare il contrario, anche a costo di radere al suolo la città per uccidere quell’odiosissimo riccio.
- Non te la prendere - commentò Mogul notando la sua irritazione - Tu rimarrai sempre il mio braccio destro, ma solo per questa volta ho bisogno di lei -
- Cos’ha tanto di speciale questa tizia? Come fai ad essere sicuro che risolverà il problema? - chiese Nack incuriosito.
Mammoth Mogul rise di gusto, lasciando il suo sgherro confuso.
- Tra due ore sarà qui - annunciò Mogul - E lo scoprirò -
 
Janet Lair era una hostess fresca di assunzione.
A soli ventidue anni, era una delle più giovani assistenti di volo della compagnia, la Thorndyke Airlines. Bionda, alta e bella, con una famiglia ben adagiata alle spalle e un futuro più roseo che mai. Amava il suo lavoro, nonostante le lunghe ore di volo che era costretta a fare. Quel giorno, si trovava su un aereo partito da Tokyo per arrivare a Central City, la sua città natale. Un volta a destinazione, si sarebbe presa una settimana di meritata vancanza con il suo fidanzato, Ken Flynn, rampollo di nobile famiglia che le faceva la corte da quando erano bambini. Non c’era niente di sbagliato nella sua vita. La paga era buona e, soprattutto, poteva dare sfogo al suo hobby preferito. Le piaceva osservare i passeggeri e immaginarsi le loro vite. Su quel volo, la fantasia non fluiva molto, vista la scarsa quantità di persone. C’era una tenera famiglia di padre, madre e due bellissimi gemelli di almeno otto anni, un uomo d’affari di mezza età piuttosto brutto con la faccia incollata sul suo tablet di ultima generazione, una coppia di studenti universitari probabilmente di ritorno da una vacanza e tre anziane signore giapponesi dirette a Central City per dare sfogo alla loro voglia di gioco d’azzardo. In particolare, era sull’uomo d’affari che Janet aveva fantasticato.
Lo immaginava sposato in un matrimonio disastroso con la figlia più brutta del suo direttore, con dei figli adolescenti che lo odiavano e che, probabilmente, tradiva la moglie con qualche prostituta di alto borgo, che a loro volta erano disgustate dal farsi toccare in certi posti da lui.
Janet sorrise a quel pensiero. Aveva una fervida immaginazione, di sicuro. C’era però un altro passeggero che non aveva contato e che destava in lei la più assoluta curiosità. Si trattava dell’unica mobiana presente sull’aereo, seduta lontano dagli altri passeggeri. Al contrario degli altri, non aveva detto una parola da quando erano partiti, nessuna richiesta di assistenza o altro. Se ne stava semplicemente al suo posto, con le braccia conserte e la testa bassa.
Accanto a Janet, la sua collega più anziana Margaret, che tutti chiamavano affettuosamente Maggie, leggeva un romanzo rosa di Nicholas Sparks, totalmente noncurante dei passeggeri e dei loro eventuali bisogni. La bionda Janet prese fiato e si diresse in fondo ai posti a sedere. Era decisa più che mai a soddisfare la sua curiosità.
- Buongiorno, signorina - disse con un caloroso sorriso - Desidera qualcosa? -
La mobiana seduta di fronte a lei era una lince. Doveva essere originaria proprio di Tokyo, visto il suo abbigliamento. Portava un vestito tipicamente orientale di colore viola chiaro, con delle rifiniture gialle. Ai piedi calzavano un paio di stivali marroni, di cui Janet pensò dovessero essere molto resistenti. Il colore della sua pelliccia era sul marrone chiaro, con delle leggere striature nere. Alle mani portava due guanti neri che lasciavano scoperte le dita. Dalla posizione in cui Janet si trovava, non riusciva però a vedere il suo volto a causa di quel tipico cappello di paglia leggermente conico che la lince aveva addosso. Riusciva a scorgere le sue grandi orecchie piegate all’ingiù e due lunghe ciocche di capelli neri.
Questa non si scompose minimamente, dando una secca risposta.
- No, grazie -
La sua voce era molto bella, pensò Janet. Doveva essere giovane quanto lei, anno più anno meno.
- Sicura? Desidera mangiare o bere? Abbiamo una vasta scelta di cibo e vini e.. -
- No, sto bene così - disse la lince interrompendo l’umana.
- E non desidera nemmeno qualcosa da leggere? Abbiamo varie riviste di moda, oppure i migliori quotidiani del paese, se le interessa -
- No -
La lince alzò la testa, voltandosi verso Janet. Questa poté osservare gli occhi gialli della mobiana, che la fissavano intensamente. Janet arrossì di colpo, sentendosi stranamente imbarazzata. Doveva ammettere che quella era una delle mobiane più belle che avesse mai visto.
- Va bene - disse infine Janet - Mi chiami se ha bisogno di qualcosa. Sono a sua disposizione -
- Sa dirmi tra quanto arriveremo a Central City? - chiese la mobiana
Janet si bloccò, tornando a guardare la lince.
- Meno di un paio d’ore, signorina - rispose infine la hostess.
- Grazie -
Dopo essersi cogedata e aver augurato un buon proseguimento di volo, Janet Lair ritornò alla sua postazione.
- Cosa stavi facendo? - chiese a bassa voce Maggie senza distogliere lo sguardo dal suo libro.
- Niente. Volevo vedere se quella mobiana avesse bisogno di qualcosa. Non ha fatto un rumore da quando siamo partiti - rispose Janet.
- Capisco - disse Maggie continuando a sfogliare le pagine di quel romanzo.
La curiosità di Janet, però, non aveva ancora trovato soddisfazione.
- Senti.. sai come si chiama? - chiese a bassa voce la hostess.
- Si - rispose la donna - Sui suoi documenti c’era scritto Beatrix Kiddo -
- Sicura? È un nome strano per una mobiana.. - commentò Janet stando bene attenta a non farsi sentire da nessuno.
- È falso - aggiunse Maggie.
La bionda sgranò gli occhi, incredula.
- Cosa? Come fai a saperlo? -
- Tesoro, faccio questo lavoro da abbastanza tempo per capire quando una persona viaggia sotto falso nome - rispose seccata Maggie.
- Non.. dovremmo avvertire il capitano? - suggerì l’hostess.
Maggie ripose il libro al suo fianco, voltandosi verso la collega più giovane. La guardò dritta negli occhi, come farebbe una madre con una figlia inesperta che stava per commettere un errore.
- Adesso ti dirò una cosa. Ci sono tre tipi di persone che vanno a Central City. I primi sono quelli che vogliono godersi la grande città. I secondi sono quelli che ci vanno per lavori importanti. Infine, ci sono quelli come lei.. che vanno per fare cose molto brutte -
Quel discorso di Maggie gelò il sangue di Janet.
- Che tipo.. di cose? - chiese intimorita la ragazza.
- Spera di non scoprirlo mai - rispose la donna.
Janet abbassò lo sguardo. Le restanti due ore di volo le passò in silenzio, senza fiatare. Ogni tanto controllava gli altri passeggeri, ma nessuno aveva particolari bisogni da soddisfare. Con la coda dell’occhio guardava la mobiana seduta infondo, provando una strana sensazione di malessere. Pensò e ripensò a quello che aveva detto Maggie, ma non trovava una spiegazione semplice a quel mistero.
Quando atterrarono, tutti i passeggeri scesero dall’aereo ringraziando le hostess. Janet ricevette tanti complimenti, rimanendo piacevolmente lusingata come sempre. L’ultima a scedere fu proprio la mobiana.
Questa si avvicinò all’uscita dell’aereo, accanto alle due hostess.
- Le auguriamo un buon soggiorno a Central City, signorina - disse Maggie sorridendo come se niente fosse.
Janet fece altrettanto, cercando di essere quanto più normale e convincente possibile, sfoggiando uno dei suoi soliti sorrisi di cortesia.
La lince la guardò, con quei suoi grandi occhi gialli. C’era qualcosa di anomalo in quello sguardo, qualcosa che metteva a disagio la giovane hostess.
- Desidero scusarmi per esserle sembrata sgarbata - disse la lince rompendo il silenzio.
Janet dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non fare un espressione sopresa.
- No, non si preoccupi - disse Janet nel panico - Sono io ad essere stata troppo insistente -
- Si figuri, faceva solo il suo lavoro. È una brava ragazza - disse la lince sorridendo.
Detto questo, la mobiana scese le scale che portavano a terra, lasciando Janet piacevolmente rincuorata da quel complimento.
La ragazza rimase lì a guardare la lince andarsene via, dentro l’aereoporto. Forse Maggie aveva esagerato, magari voleva solo farle un brutto scherzo per farla stare zitta una buona volta. Grazie a quel complimento, la mobiana apparve ai suoi occhi come una persona veramente gentile e di buon cuore.
Qualcosa, però, si celava dentro Janet. Un’ombra, un dubbio insistente su chi fosse quella lince così silenziosa. Janet cercò di scacciare via quei pensieri, ritornado alle sue mansioni prima di scendere anche lei dall’aereo. C’era una parte profonda in lei che le suggeriva la presenza di qualcosa di anomalo in quella situazione. L’aveva provato molte volte negli anni, a volte anche senza motivo, ma mai così forte ed insistente. Quella stessa piccola parte di lei si augurò di buon cuore di non rivedere mai più quella lince.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Sonic / Vai alla pagina dell'autore: Vicarious10