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Autore: meiousetsuna    18/11/2020    8 recensioni
Aziraphale e Crowley sono finalmente fuori pericolo, e sono andati ad abitare insieme.
Tutto bene, tra improbabili restauri e piante maleducate. Ma forse Crowley ha qualche piccolo segreto domestico che non ha svelato al suo angelo…
È solo un biscottino per il vostro tè, cari lettori, vista l’ora *-*
Un bacio, Setsuna
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Way You Look Tonight
♥ Ineffable Stupids ♥

                              per Little Feathers: anche se è davvero niente, è il mio ritorno

Yes you're lovely, never, ever change
Keep that breathless charm
Won't you please arrange it?
'Cause I love you
Just the way you look tonight

Erano due ore che una certa creatura sovrannaturale si agitava senza posa fuori dalla stanza da bagno. La loro stanza da bagno, per la precisione, quella dell’appartamento di Crowley dopo il restauro che li aveva visti litigare per delle settimane. Avevano convenuto di non operare miracoli non terribilmente necessari considerando la situazione ancora incerta, neppure uno piccolino. No, nessun burocrate in giacca e cravatta o tipo sospetto con un repellente moscone gigante come cappello si aggirava dalle loro parti, ma vista la quantità notevole di denaro che avevano accumulato nella Banca d’Inghilterra ― ovviamente senza mai lavorare ― perché non fare le cose da persone normali? Era per quello che avevano combattuto, no? Per continuare ad assaporare un’esistenza umana, e nel migliore dei modi. Dopo un’attenta riflessione avevano rinunciato al cottage nel Devonshire che li stava tentando tanto.
Il giorno che avevano desistito, Aziraphale aveva voluto a ogni costo recarsi personalmente nell’agenzia immobiliare per disdire senza essere sgarbato. E com’era prevedibile, il demone non aveva neppure preso in considerazione di lasciarlo uscire da solo; non era certo che non ci fossero trappole o pericoli residui… In realtà sapevano tutti e due che Crowley seguiva il suo angelo come una fila di anatroccoli dietro la mamma, ma quando Aziraphale aveva azzardato il paragone la reazione del suo innamorato era stata un tale strepito, agitarsi a mulinello di braccia sottili e rispostacce irripetibili da fargli pensare che l’animalino più somigliante fosse in realtà una scimmietta sotto anfetamine.*
Se lo ricordava quel giorno, non certo per l’insignificante personale dell’agenzia, ma perché, senza preventivarlo, erano arrivati proprio mentre un’altra coppia si trovava nell’ufficio per avere notizie dello stesso cottage. Uno dei due uomini era stato molto cortese e aveva stretto loro la mano con entusiasmo, mentre il compagno, un giovane alto e bruno con occhi color ghiaccio, li aveva squadrati come se potesse capire la loro natura. Uno stregone? Un alieno? Ormai era pronto a tutto, anche se non aveva alcuna strana percezione. Li avevano salutati, lasciandoli discutere di qualcosa come lo spazio in fondo al giardino per installare degli alveari. Poi era iniziato il piano per modificare l’appartamento a Mayfair senza rischiare di scoprire quale fosse l’equivalente di un attacco cardiaco nel fisico di un demone.
Il salotto aveva beneficiato dell’aggiunta di un comodo ed enorme divano di velluto rosso, e di un camino minimalista sormontato da un piano di onice che li aveva messi d’accordo più di tutto il resto. Era seguita l’installazione di una cucina e relativo rifornimento di ingredienti per la pasticceria. Crowley aveva minacciato Aziraphale di andarsene se avesse trovato anche un solo quadretto di tartan in giro, anche una presina. Presine, tzè! Poteva togliere lui le teglie dal forno a mani nude, grazie! Nessun rispetto per le capacità di un essere infernale! Per non dire di quelle dannate piante che se la ridevano sotto le foglie, l’aveva capito subito. Tremolavano un poco al suo passaggio pensando di dargliela a bere, ma appena voltava loro le spalle, quei vegetali ingrati si rilassavano. Questo finché non ne aveva afferrata una e l’aveva portata di fronte allo sportello del forno aperto, dicendole: “C’è bisogno di erbe secche per la dispensa”. Solo l’intervento dell’angelo era valso a salvarla. Forse.
La gardenia era tornata al suo posto ringraziando qualcuno ― le poverine erano molto confuse, a quel punto, su chi si dovesse evocare in quella casa ― con le radici rattrappite per il terrore e senza voglia di assorbire acqua per due giorni, finché di notte il demone si era avvicinato con uno spruzzino e le aveva detto…bè, qualcosa di affettuoso, ma di nascosto, all’orecchio. Insomma, in un fiore sbocciato lateralmente. Lei si era strusciata alla mano che la annaffiava e avevano fatto pace, ma che nessuno lo scoprisse.
Quando Crowley era tornato a letto cercando di non fare il minimo rumore era stato accolto da un abbraccio morbido e tiepido, da una nuvola di baci sul collo, e da parole bisbigliate da labbra rosee che gli sfioravano la nuca in un modo che lo mandava al creatore. Bè… possibilmente no, non sarebbe stato un bel rendez-vous.
“Sei proprio il mio demone carino”.
“Smetti, non sono carino! Non sarò il migliore emissario dell’inferno che ci sia, ma tieniti queste stupidaggini per te! E perché poi, sei posso chiederlo?”
La frase terminava con una tagliente ironia che si andò a spezzare miseramente contro la tranquillità di Aziraphale.
“Sei andato a consolare quella povera piantina che ti vuole bene, perché anche tu…”
Crowley, ― che evidentemente era in grado di rappresentare molte specie animali ― si girò come un gatto a cui avessero tirato la coda.
“Ci tengo alla mia jungla domestica, è molto londinese, sono stufo di andare sempre a comprare piante nuove per una foglia ingiallita e ho fatto un esperimento! Non sono legato a niente! A nessuno! Tranne che a te”.
Per fortuna non serviva un altoparlante ad un udito sovrumano. Ridacchiando, il biondo attirò il demone ancora più vicino, fino a farlo diventare un mucchietto di pigiama nero, capelli rossi e occhi dorati che si stava praticamente sciogliendo tra le sue braccia accoglienti.
“Tu sei…”
“Angelo”.
“Il mio tesoro…”
Angelo, finiscila!”
“Non posso dirti quello che provo per te?”
“Tu puoi fare quello che vuoi, puoi anche camminarmi addosso, ma potresti evitare di mettermi in imbarazzo? Ho una reputazione, la gente deve tremare ascoltando il mio nome. E ora cosa ssssstai facendo?”
“Non vuoi. Sei arrabbiato con me e non vuoi che ti accarezzi”.
Aziraphale non era un gran bugiardo, la voce apprensiva e smielata che esibiva in quei momenti l’avrebbe smascherata persino Gabriel…ah, no, lui no. Ma a Crowley andava più che bene così, mentre fingeva di dover consolare l’angelo in modi inequivocabili. Molti diversi modi, fino a fargli gridare che era davvero diabolico e che era una povera preda nelle sue spire.

Questa vita domestica era molto più appagante di quanto ognuno di loro avrebbe mai immaginato nei propri sogni più selvaggi: e allora cosa faceva Crowley nascosto nel bagno da tutto quel tempo?
L’acqua della vasca non scorreva, e non avevano certo bisogno di lavarsi i denti o bè…usare sanitari. Aziraphale iniziò a pensare che il suo amato si fosse trasformato in serpente per sbaglio e non riuscisse ad aprire la porta e rispondergli; forse il calore e l’umidità avevano creato un ambiente tropicale?
“Caro, sono preoccupato, lasciami entrare, ti prego. Non devi nasconderti da me, non farmi stare in ansia”.
Le parole magiche funzionavano sempre, pensò con tenerezza l’angelo. Crowley non tollerava di sapere che stesse male, neppure nel modo più stupido e superficiale. Ma quando abbassò la maniglia e spinse, la visione che si parò davanti ai suoi occhioni azzurri non se la sarebbe mai aspettata.
Un imbarazzatissimo demone iniziava da un asciugamano intorno alla testa, proseguiva con delle guance arrossite, sormontate dagli occhiali, ― aggiunti di sicuro in quel momento per darsi un contegno ― e terminava con l’orlo dei pantaloni di una tuta arrotolati sopra le caviglie, i piedi eleganti nudi.
Peccato che tra le dita dei medesimi ci fossero dei batuffoli di cotone a tenerli separati, mentre quella che era una prima mano di vernice nera si asciugava con comodo.
“Ti metti lo smalto”. Non c’era un tono di giudizio in quella frase, ma Crowley scattò subito come una biscia nervosa. Le sue potenzialità zoologiche erano davvero più grandi del previsto!
“Cosa credevi, che apparisse da solo? Lo miracolo da prima che gli umani lo scoprissero, non ho voglia di farmi fare la manicure come piace a te, mi annoio in modo trascendentale! Abbiamo detto niente rischi per un po’… Aziraphale smetti di ridere!”
“Ma… hmm… non lo sto facendo, carissimo”. L’angelo non sapeva più come trattenersi, era evidente dalle lacrime agli occhi e le guance gonfie che stava per scoppiare.
“Eh… posso farti una domandina indiscreta?”
“So già che me ne pentirò; spara”.
“Hai i capelli avvolti in una salvietta perché li tingi? Questo bellissimo mogano mi sembrava tuo, l’hai sempre avuto, ma forse ultimamente…”
Aveva passato il segno. Aziraphale se ne accorse subito, non gli serviva un manuale di istruzioni.
In un quarto di secondo Crowley l’aveva raggiunto e afferrato ― non troppo forte ― per il colletto, digrignando i denti.
“I miei capelli sono rossi naturali, e sono sempre stati così, non sono fiammeggiati! E non ho le unghie nere perché sono corrotto”.
Crowley aveva smesso di gridare, e stava lasciando man mano la presa sul bavero della camicia celestina.
“Ti piace toccarmi i capelli, quindi… urk… uso il balsamo. Forza, lo so cosa stai pensando, ti si legge in faccia. Che sono segnato, che sono… bè le lenti colorate puoi scordartele, e se non ti sto bene puoi dormire sul divano, stanotte. Anzi, ci dormo io, e non azzardarti a entrare nel salotto. E a proposito, non stingo!”
Così, sbattendo tutte le porte possibili prima di ascoltare qualunque replica, Crowley si era ritirato in sala, per fissarsi tristemente in uno specchio dorato, recente aggiunta del loro restiling. Era proprio una patetica imitazione di demone. Non era malvagio, far soffrire sul serio il genere umano non gli era mai interessato. Di solito aveva stile, sicurezza, magnetismo. Ed eccolo lì, con una t-shirt e una tuta come un ragazzo qualsiasi, le mani dalle unghie spoglie, con la chioma arruffata e l’ovatta tra i piedi. Gli occhiali a quel punto era meglio togliergli, era anche peggio, sembrava pronto per andare in spiaggia.
Ora quel piccolo bastardo l’avrebbe pagata, quant’è vero Satana. Non si sarebbe fatto impietosire, ne ricattare. Niente piagnistei dietro l'uscio serrato, niente messaggi con i cuoricini al telefono. Niente tintinnare di calici portati come profferta di pace, niente profumo di dolci, che poi neppure mangiava. Però ne avrebbe aspirato avidamente il profumo, perché la vaniglia gli avrebbe ricordato la sua pelle, e lo zucchero a velo il suo sapore. La panna della decorazione i morbidi capelli chiarissimi, e la leziosa bellezza delle decorazioni il gusto ottocentesco di quell’assurdo abbigliamento praticamente fisso nel tempo. Improvvisamente la stanza gli sembrò vuota, di un vuoto abissale. E la sua reazione infantile e fuori luogo. Oh, in Paradiso il suo orgoglio, se aveva quel prezzo. In due salti era già in corridoio. No, non esattamente, perché col secondo era piombato addosso a un angelo davvero mortificato, e francamente irriconoscibile.

You're lovely, with your smile so warm
And your cheeks so soft
There is nothing for me but to love you
And the way you look tonight

Crowley non avrebbe saputo dire se quello strano capo d’abbigliamento fosse già presente a casa o se Aziraphale avesse disobbedito al loro patto ― in fondo anche lui era una creatura eterea piuttosto discutibile ― ma di fatto non c’erano più i pantaloni color crema, la camicia inamidata e il farfallino capriccioso, ma una tuta simile alla sua, solamente in celeste confetto. La maglietta sportiva lo faceva sembrare così giovane, e i pantaloni elasticizzati mettevano in risalto le cosce piene. Il punto forte però era un altro: ai piedi Aziraphale aveva delle ciabatte di pelouche a forma di coniglio bianco.
“Le ho comprate il giorno che sono andato da Harrod’s senza di te, tesoro, mentre tu eri nella serra. Le pantofole e questa tuta da ginnastica, per non sporcare il mio impeccabile vestito preferito senza dover miracolare via la macchia; cucinando succede di impiastricciarsi, anzi, lo farei volentieri perché… mi è piaciuto come hai soffiato via la vernice dal mio cappotto. Mi piace quello che fai per me”.
Un delicato rossore si diffuse sul viso chiaro.
“Mi piaci come sei, tantissimo. Con i capelli rossi, o di un altro colore. Con i tuoi bellissimi occhi lucenti. Con lo smalto…pffff…”
“Stavi andando bene, angelo”. Anche Crowley sorrideva, adesso. “Non ci vorrei rinunciare, fa parte del mio fascino”.
“Non devi, caro, anzi, ti aiuterò a metterlo, vuoi? Non cambiare niente, sei meraviglioso come sei”.
“Tu sei perfetto, angelo. Ti prego, vieni qui”. 

With each word your tenderness grows
Tearing my fears apart
And that laugh that wrinkles your nose
Touches my foolish heart

Stringersi al suo amato era la cosa più bella dell’universo, pensò Crowley. Caldo e fresco contemporaneamente, morbido come una nuvola; quando posava la fronte sulla sua spalla tutto il mondo girava sul suo asse. Poi sentirsi lisciare sulla nuca rischiava seriamente di fargli fare le fusa, senza preoccuparsi di risultare poco cool. E il suo angelo non gli era mai apparso talmente delizioso, mentre oscillavano piano, i piedi scalzi che cercavano di non calpestare quelli con i coniglietti.
“Hum… dondolare è piacevole”.
“Stiamo ballando, tesoro, non trovi? Una volta dobbiamo andare a una serata del Ritz, in smoking. Tu starai benissimo, mentre io sarò un po’ grassottello, ma ne varrà la pena”.
“Tu sarai da divorare in un boccone, quindi non aspettarti che resteremo fino a tardi, angelo”.
La risatina di Aziraphale solleticò le labbra del demone.
“Ma non potrai piacermi più di adesso, mai. Resta così per sempre”.



*Come da romanzo, ma era la descrizione di Azi: intelligente, inglese, e più gaio di un albero pieno di scimmie sotto anfetamine. Parola di Neal&Terry -_-

 

  
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