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Autore: Valery    19/11/2020    0 recensioni
[Picnic at Hanging Rock - Mona Lisa Smile]
[Pincnic at Hanging Rock]Questa è una raccolta di one-shots con protagoniste personaggi femminili tratti da libri//serie tv/film. Il tema di tutti i capitoli, non legati tra dil loro, sarà la libertà e le scelte fatte da questi personaggi che scelgono di vivere secondo i propri principi.
Il primo capitolo si basa sulla miniserie Picnic a Hanging Rock e si concentra sui personaggi di Irma e Miranda.
Il secondo si basa sul personaggio di Katherine Watson del film Mona Lisa Smile
Genere: Sentimentale, Slice of life, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The voice of liberty'
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Ciao a tutti! Eccoci arrivati al secondo capitolo, ispirato al film Mona Lisa smile. Ho incentrato il capitolo in un tempo precedente all’inizio del film, quando Katherine decide di comunicare a Paul (il suo compagno a Los Angeles) di voler partire per il Massachusetts. Ovviamente il capitolo è comprensibile solo per chi ha visto il film ma credo possa essere letto anche da chi non lo ha mai visto e anche da chi non se lo ricorda J Il prossimo capitolo forse arriverà un po’ più tardi perché è si basa su un libro che ho letto un po’ di tempo fa, ma soprattutto è ambientato in tempi “recenti”, quindi vorrei cercare di dare un buon background storico. Come sempre, se volete lasciarmi un commento, è ben accetto!

Buona lettura!

Valery

 

2° capitolo: Katherine Watson

 

Un signore di circa quarant’anni, vestito con una camicia di lino bianco e dei pantaloni color cachi, si prestava a sfrecciare su una bicicletta un po’ sgangherata, ma tutto sommato ancora utilizzabile, tra le vie di Los Angeles cercando di non correre il rischio di essere investiti. Ogni tanto si beccava qualche insulto da taxisti e autisti, ma sembrava non darne troppo conto.

Il signore per fortuna arrivò presto a destinazione: un delizioso caffè non troppo distante dal campus universitario della UCLA. Sistemò con molta cura il suo mezzo di spostamento e diede una rapida lisciata alle pieghe presenti sulla camicia, prima di entrare nel caffè. Appena si trovò all’interno, si diede una fugace occhiata intorno: si intuiva dunque, che era alla ricerca di qualcuno. Subito sul suo volto si dipinse un’espressione lievemente preoccupata, poiché non era ancora arrivata la persona che stava aspettando. Sospirò e portò le mai sui fianchi: avrebbe comunque potuto sedersi e aspettarla, ma preferì voltarsi per uscire dal locale. Non appena si voltò, la porta d’ingresso si spalancò ed entrò una giovane donna di tutta fretta, così di fretta, che urtò contro a questo signore malcapitato.

- Accidenti! Mi scusi tanto! – furono le parole che la donna esclamò, portandosi le mani davanti alla bocca.

- Ehi, Katherine, sono Paul! Eccoti finalmente! – le disse l’uomo, massaggiandosi la spalla contro la quale era andata a sbattere la suddetta Katherine. Quest’ultima chiuse gli occhi sollevata e lo abbracciò.

- Paul, scusami tanto! Non volevo farti male, ma ero sicurissima che tu fossi già qua e non volevo farti attendere troppo. –

- Non preoccuparti, tesoro, sono abituato ai tuoi colpi di scena. – rispose Paul sorridendo mentre la guardava intensamente negli occhi, facendo inevitabilmente arrossire Katherine.

- Dai, sediamoci, sono curioso di sapere che cos’hai da dirmi! – disse Paul, prendendo a braccetto la donna.

 

- Prego, che cosa desiderano i signori? – domandò una cameriera assai giovane dai lunghi capelli raccolti in due trecce: portava una divisa rossa e bianca, al centro il logo del caffè: delle alte palme, una strada trafficata e tante auto stilizzate, dirette verso non si sa dove.

 

- Per me un caffè shakerato con un goccio di latte, e per te, Katherine? – ma la donna non pareva ascoltare: il suo sguardo si era perduto ad osservare quella giovane ragazza. Paul le toccò leggermente la mano, destandola dai suoi pensieri. Katherine sbatté energicamente le palpebre e alzò lo sguardo: la cameriera la stava guardando, assai accigliata.

 

- Signorina, cosa desidera ordinare? – le ripeté facendo cenno al taccuino che teneva in mano. Katherine parve rinvenire.

 

- Oh, certo! Vorrei un frappé alla fragola con panna, se possibile. – e riuscì finalmente a fare la sua ordinazione. La cameriera annuì e se ne andò.

Paul notò un certo disagio sul volto di Katherine: pensò quindi di prendere le sue mani tra le sue, un gesto per tranquillizzarla.

 

- Allora Katherine, come stai? Ti vedo pensierosa, devo forse essere geloso? – chiese Paul con un tono fintamente geloso.

- Ma no, che dici! Solo, stavo osservando quella pessima rappresentazione del Sunset Boulevard sul grembiule della ragazza … a proposito, secondo te, quanti anni può avere? -  domandò di punto in bianco. Paul rimase colpito da questa domanda, ma si affrettò a rispondere.

- Beh, ne avrà 17, su per giù. Ma perché ti interessa saperlo? – chiese a sua volta.

- Anche secondo me, e mi dico, ma questa ragazzina non dovrebbe essere impegnata con qualche laboratorio scolastico o chiusa in un’aula di studio, al posto che lavorare in questa caffetteria? – proseguì Katherine, cercando di  dissipare dubbi di Paul.

- Magari non può permettersi di frequentare dei corsi extra scolastici e preferisce lavorare per poter aiutare la sua famiglia. – ipotizzò Paul, provando a dare una spiegazione plausibile a Katherine. Ma quest’ultima non pareva soddisfatta.

- Sì, forse è così, ma in questo modo sta mettendo in secondo piano la sua istruzione per guadagnare soldi che non riuscirà mai a mettere da parte, non pensi anche tu? Non sarebbe meglio che si concentrasse sullo studio in modo da privilegiare la sua formazione che le consentirà di ambire a un futuro migliore? – Paul ascoltava come incantato le parole di Katherine e quando terminò le rivolse una sorta di sorriso, un sorriso di rassegnazione si poteva dire.

- Katherine, non cambierai mai, vero? Non puoi pretendere che ogni ragazza su questo pianeta abbia le tue stesse aspirazioni. E poi, è giovanissima, ne avrà di tempo per pensare al futuro! Lascia che si goda l’adolescenza. – e così, Paul tentò di chiudere lì il discorso, giusto in tempo prima dell’arrivo delle loro ordinazioni ed evitare così una brutta figura con la cameriera. Katherine sembrò aver consentito ad accantonare l’argomento e non le restò che gustarsi  il frappé appena arrivato.

 

Passarono all’incirca cinque minuti di silenzio tra Katherine e Paul: il locale si stava riempiendo, soprattutto di impiegati, appena usciti dai loro uffici, assai impeccabili con giacca e cravatta. Dalle finestre penetravano raggi di sole assai decisi che illuminavano tutta la stanza e rendevano quel tardo pomeriggio di metà maggio piacevole: l’invito a fare una passeggiata per Venice Beach era molto forte e, si potrebbe aggiungere, quasi ovvio.

- Katherine, ti va di andare a vedere il tramonto verso la costa? – le propose Paul sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi. Katherine lo guardò intensamente negli occhi e poi, inspirò profondamente, prima di prendere parola.

 

- Paul, dopo l’estate mi trasferirò al Wellesley College, hanno accettato la mia candidatura come docente di storia dell’arte. – disse Katherine, sorvolando sull’invito di Paul.

Quest’ultimo non riuscì a trattenere l’ultimo goccio di caffè che stava bevendo, il quale finì sfortunatamente sulla sua camicia di lino. Katherine si apprestò a prendere un tovagliolo ad asciugare come meglio poteva la macchia che si era formata.

- Scusami Paul! Forse avrei dovuto dirtelo in un altro modo! – disse Katherine assai dispiaciuta. Ma Paul non le diede ascolto, anzi, la guardò assai preoccupato.

- Katherine, ma sei pazza ad andare là? Il Wellesley è un’università assai conservatrice. Cosa ti salta in mente? – disse finalmente Paul, non del tutto ripreso dallo shock di questo annuncio.

- Beh, a dir la verità sono stati loro ad avermi scelto, io ho solo fatto domanda e poi ho confermato la mia disponibilità. – proseguì Katherine, nel tentativo di dare una spiegazione.

- Cosa? Hai confermato la disponibilità? E me lo dici solo adesso? – Paul in quel momento iniziò a sentirsi offeso, oltre che furibondo.

- Non abbiamo avuto più occasione di vederci, Paul, non volevo comunicartelo tramite telefono, ci tenevo a dirtelo di persona! – continuò Katherine, cercando di fargli comprendere come stavano le cose.

- Ok, ma avresti comunque potuto aspettare ad accettare! In questo modo saremo distanti kilometri e non so quando ci rivedremo, Katherine. Non conto più niente per te? – anche Paul sembrava non essere da meno e voleva far capire alla donna tutto il suo sgomento.

Katherine sospirò e si volse a guardare la gente passare accanto alla caffetteria: vedeva sorrisi sereni, gruppi di amici, mamme con bambini, coppie di anziani; sembravano tutti così felici e spensierati. E poi proseguì.

- Paul, non è che non conti più per me, assolutamente! È solo che, penso che questa sia per me una grande opportunità. Posso contribuire a far conoscere l’evoluzione dell’arte e far sì che il mio insegnamento arrivi a studentesse assai preparate e competenti e portare avanti quello in cui credo. Non credi sia lecito il mio voler ambire a qualcosa in più, Paul? – terminò Katherine, avvicinandosi col il viso a quello del suo compagno.

- Katherine, sai che io non dubito di te, ma dubito sul fatto che là tu possa sentirti bene. È un ambiente così diverso dalla California, perché vuoi andare fin là? – le chiese a sua volta.

- Voglio andare là perché qua, purtroppo, non riesco più ad avere stimoli, mi sento sottoposta a un sovraccarico di … creatività, ecco! –

- È normalissimo, Katherine, Los Angeles è fonte d’ispirazione per tantissimi artisti! – le disse Paul, con molta ovvietà.

- È vero, solo che mi sento talmente … bombardata da innovazioni artistiche che non capisco più cosa faccia parte di me e cosa no, non riesco più a sentirmi libera di esprimermi. Ho bisogno di dare concretezza ai miei sogni in un altro modo.  Ho bisogno di cominciare un nuovo capitolo, Paul. –

- E in questo nuovo capitolo, io non sono incluso, vero? – le disse infine con un sorriso amaro in volto.

- Oh, Paul, non voglio assolutamente separarmi da te! Però sai come la penso, ho bisogno di pensare al mio sogno, soprattutto in questo momento.-

- Lo so Katherine, ma sai che non potrò aspettarti per sempre. –

 

Katherine e Paul ora si trovavano fuori dalla caffetteria, il Sole pian piano si stava abbassando e scomparendo oltre i grandi grattaceli della città. La donna stava osservando malinconicamente l’insegna di quel locale e Paul sembrò notare che qualcosa non andava.

- A che pensi, Katherine? – quest’ultima impiegò un po’ a rispondere, ma alla fine trovò le parole per dar forma ai suoi pensieri.

- Mi sento un po’ come quelle macchine che corrono alla rinfusa verso un “non dove”, per le strade della città. Senza una meta precisa, senza sapere se ci arriveranno … Paul, tu pensi che io sia una vagabonda? –

- Io credo che semplicemente tu non abbia ancora trovato la tua strada. Questo però non significa che tu non possa trovarla. Chissà, forse quel college saprà indicartela. – le rispose Paul, cercando di infonderle un po’ di sicurezza.

- Chissà, può essere. Io desidero solo sentirmi libera di esprime quello che sento dentro di me. – concluse la donna, guardandolo ora negli occhi.

- E ci riuscirai, ne sono sicuro. Ora, che ne dici di terminare la serata a Venice Beach? –

E allora Katherine, sentendosi un po’ più sollevata, buttò le braccia intorno al collo di Paul, baciandolo appassionatamente. Per il momento, quella era la sola cosa certa che sapeva. Di averlo al suo fianco.

 

1 anno dopo

 

Katherine stava leggendo l’ultimo articolo dell’anno scritto per il giornalino universitario da Elizabeth Warren: senza che potesse accorgersene, alcune lacrime spuntarono ai lati degli occhi. Non avrebbe mai immaginato di poter avere un impatto simile su quelle ragazze, tanto intelligenti ma purtroppo altrettanto manipolate dall’indole conservatrice impartita dal college. Ma soprattutto, doveva ammetterlo, non si sarebbe mai aspettata certe parole da Betty Warren: sin da subito Katherine aveva capito che tra di loro non sarebbe mai corso buon sangue, in quanto la studentessa era troppo condizionata dagli insegnamenti che le erano stati impartiti dalla famiglia e, forse, anche troppo accecata dal desiderio di diventare presto “qualcuno” degno di amore e rispetto, per capire che prima di tutto doveva imparare a portarli a sé stessa.

Alla fine, però, la piccola Betty era riuscita a imporsi a una vita che non le apparteneva: aveva fatto svanire quell’inganno, tanto sottile quanto subdolo, che le faceva credere di aver ottenuto ciò che desiderava. E aveva chiesto il divorzio da un uomo che non la amava, aveva rigettato i doveri imposti dalla sua austera madre e si era iscritta all’università di Harvard. Per dar forma ai propri sogni.

Tutto sommato, rifletté Katherine, è quello che aveva fatto anche lei, allontanandosi da Los Angeles: aveva abbandonato un luogo che la teneva al chiuso, la soffocava, nonostante fosse forse il solo dove non sarebbe mai stata giudicata troppo severamente per le sue ambizioni “progressiste”. Ma Los Angeles era diventata una bolla spessa, ma fatta d’illusioni. Al di fuori, c’era un mondo completamente diverso, un mondo che Katherine voleva scoprire e imparare ad amare. Presto si sarebbe trasferita in Belgio, dove avrebbe potuto studiare più da vicino l’arte fiamminga. Una scelta assai azzardata, certo, d’altronde, non sarebbe stato da lei rimanere a Wellesley sottostando ai compromessi stabiliti dalla Commissione dei docenti. Avrebbe trovato altre sfide toste oltre l’oceano, ma chissà, avrebbe trovato anche qualche altro “pazzoide” disposto a sostenere le sue tesi. Tutto sarebbe stato possibile. L’unica certezza, ora, era che aveva finalmente trovato la sua strada. E, a quanto pare, non era stata la sola.

 

Fine

 

Bene, come vedete si respira un’atmosfera molto diversa al capitolo precedente, incentrato di più su ostilità e incomprensioni. Personalmente mi piace la forma che sta assumendo questa raccolta, spero che il mio pensiero sia condiviso.

A presto!                                                                                                                    

Valery

 

 

 

 

 

   
 
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