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Autore: Noa    19/11/2020    0 recensioni
Storia che segue i primi due Libri della saga, fino alla fuga di Thorn dalle prigiorni nel libro "Gli scomparsi di Chiardiluna". Si incentra su una diversa problematica investigativa dei segreti degli spiriti famigliari e del misterioso Dio/Mille-facce.
Thorn fa ritorno a Polo pronto ad affrontare il suo processo, ma troverà una situazione davvero unica ed inattesa.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano passati cinque mesi, tre settimane e sei giorni dalla fuga di Thorn dalle prigioni. Coriolano, un miraggio dal passato ripulito dall'ambasciatore in persona, aveva preso il posto di Intendente pro-tempore di Città-cielo, ma tutti a corte parlavano di un accordo tra sire Faruk e emissari degli Arbitranti che vedevano la posizione ancora in serbo per Thorn e cosa più interessante alla burocrazia delirante della città sembrava davvero mancare il suo pragmatico direttore d'orchestra dal pugno di ferro.
Poi un giorno era riapparso, in uno strano scambio di entrata ed uscita di scena con la moglie.
Era semplicemente tornato e come direbbe lui "chiudiamola qui", con la stessa capacità di sorprendere e non lasciare tracce con cui era scomparso dalla sua cella Thorn aveva fatto ritorno a Città-cielo. Sembrava cambiato nel suo essere esattamente uguale, forse più pallido, al punto che le cicatrichi sembravano essersi attenuate ed i capelli avevano preso una nuova lucentezza delle tonalità argento.
Non volle parlare del suo periodo di assenza, non concesse nessun dettaglio, neppure con Berenilde, riassumendo il suo periodo di assenza come di un "evento necessario", come necessaria era la presenza di Febo un Archivista di Babel a cui Thorn aveva offerto asilo politico a Polo.
Era tornato storpio il neo-Duca, camminava solo grazie ad un complesso esoscheletro meccanico intorno alla gamba, gentilezza di Babel. Il tutto gli dava un'aria ancora più tetra ed algida, che peggiorò ulteriormente alla notizia di che fine avesse fatto Ofelia.
Non contattò la famiglia di lei su Anima, per avere altri dettagli o miglior spiegazioni sugli Arbitranti e le loro pretese, la versione di sua zia fu l'unica che volle udire. Ignorò le proposte di Archibald di farlo parlare con il nuovo ambasciatore di Chiardiluna e si buttò come un vaporetto nel lavoro all'intendenza, il tutto mentre preparava la sua ingiunzione per il Processo sospeso, preparandosi a comparire davanti alla Corte dei nobili suoi pari.
Il ritorno di Thorn fu come il ritorno dell'ordine stesso incarnato in una singola figura. Procedure ed ordinanze ripresero a funzionare come orologi, lasciando tornare la Corte a più mondane attività. Le settimane divennero mesi e i mesi stagiorni.
Faruk era caduto nuovamente nella sua solita altalena tra noia e divertimento, anche se Berenilde lo teneva ancorato all'informazione che aveva una figlia, cosa che stranamente gli dava bizzarre parentesi di presenza nel suo eterno presente senza appigglio di ricordi.
In tutto questo Intendente si era fatto sfuggente con il suo signore, nonostante l'immensa clemenza dimostrata da quest'ultimo. Gli faceva visita solo se sollecitato con insistenza e spesso giocava nelle penombre della dimenticanza dello spirito famigliarte per evitarsi incontri non voluti. In generale era assai più sfuggente di prima, ottenere un appuntamento con lui era diventato il nuovo tormentone a corte e in meno di sei mesi si parlava più di questo che del suo contratto con Faruk, della moglie scomparsa e del suo processo ormai imminente, ma già archiviato nei cuori dei cortigiani.
Alla fine le tante voci per l'apparizione in corte di Thorn finiro per scemare in nome di nuovi problemi e vecchi successi, come i nuovi cacciatori assoldati e le nuove regole di trattazione equa adottate a Città-cielo.
Le uniche male lingue che si erano fatte avanti nei mesi ipotizzavano che il misterioso Febo fosse un assassino mercenario, spesso al fianco di Thorn per ragioni non chiare, ma spesso legate ai crolli verificatesi in svariate arche o attinenze di queste.
Polo stava andando avanti riabbracciando la sua passata confortevole routine, il problema alle prigioni o l'apparizione di mille-facce, tenuta ben nascosta ai più, era storia su cui nessuno voleva indagare. La morte del Barone Melchior ormai era solo un racconto da serata monotona e si sa la Corte è un qualcosa che va intrattenuto.
Una normalità dal retrogusto amaro, in cui nessuno pronunciava il nome di Ofelia a voce altra.

...

-Thorn, hai annullato il tuo appuntamento con me? Tua zia! - la veemenza di Berenilde sfociò in sdegno, era oltraggiata oltre ogni dire.
-Eppure eccovi qui, direi che non è servito a molto- disse lui indaffarto con delle pratiche dietro la sua scrivania.
-Perchè non vuoi passare un po' di tempo con Vittoria ? E' tua cugina per l'amor del cielo,-
-E' un infante-
-Quindi?-
-Io non tratto con bambini- liquidò la faccenda impassibile.
-E' la tua unica cugina rimasta- la zia stava perdendo le staffe, gli occhi affilati come due pugnali., - la Corte chicchiererà, dobbiamo dare una nuova narrativa sulla tua situazione. Il processo si avvicina, come puoi essere così disinteressato delle apparenze?-
-Perchè non mi interessano e francamente non avranno peso nel mio processo- replicò sbrigativo annotando dei numeri in una complicata tabella.
Berenilde dovette imporsi di non sbottare, conosceva suo nipote e sapeva che i frontali non erano la via più sana per le discussioni con lui. Inspirò a fondo, nervosamente, ma mantenne forma e contegno.
-Va bene doveva arrivare questo momento, sono stata paziente, oh si che lo sono stata! Ma eccoci qui- dichiarò la zia prendendo nuovamente posto sulla sedia davanti allo scrittoio dell'Intendente. Era come se stesse sancendo qualcosa con il suo accomodarsi, -dobbiamo parlare di ciò che è successo e di questo- allargò le mani come per definire l'operato dell'uomo.
Thorn la ignorò, ma prima che potesse replicare nuovamente squillò il telefono.
-Pronto?- tono piatto e professionale, -no, annullatelo. Incontrerò il comitato la prossima settimana- dall'altra parte ci fu un lungo scambio.
Berenilde non riusciva a sentire il contenuto del dialogo, ma colse l'aggrottarsi delle sopracciglia dell'altro.
-Non mi interessa cosa dice l'ambasciatore, Febo ha accesso a tutti i settori. Disturbatemi per veri problemi- attaccò. Imperioso.
La donna continuava a fissare il nipote con un vistoso cipiglio, in silenzio. Molestamente.
Alla fine Thorn dovette rialzare lo sguardo su di lei.
-Cosa c'è?-
-Dobbiamo parlare-
-Farò visita a Vittoria, ora puoi andare- liquidò la faccenda con un tono esasperato.
-Non serve, risparmiati lo sforzo. Ci pensaremo più avanti al tuo rapporto con mia figlia. Dobbiamo parlare di lei- calcò le sillabe e sentenziò Berenilde con il suo tono severo e inflessibile, quello che il nipote conosceva molto bene.
Ci fu una tesa pausa di silenzio.
-No, non dobbiamo- dichiarò poi lui secco alzandosi stancamente dalla sedia per andare alla finesta, gli occhi fissi sull'occhio di bue, la durezza delle consonanti non prometteva bene.
-Vorrei evitarlo, credimi. Ho provato ad evitarlo ragazzo mio, per mesi, ma guarda dove siamo? Non ti vedo mai da quando sei riapparso e sono già sette mesi ormai! Vivi all'Intendenza e non so nemmeno cosa pensi quando il tuo processo è ormai alle porte, non possiamo continuare così-
-Dov'è la differenza da prima? Intendo prima prima- la correzione che fece senza dare precisione temporale stonò come unghie su una lavagna.
-Questo- ribatté la zia allargando le braccia - Prima eri lanciato nella tua missione, focalizzato, ora non so nemmeno qual è la tua missione-
Lui tacque, distogliendo lo sguardo verso l'esterno.
-Il cielo non crollerà se la nomini, se esprimi le tue emozioni, se ti arrabbi anche. E' giusta e sana la rabbia- argomentò come un avvocato con l'arringa conclusiva.
-E cosa cambierà arrabbiarmi?- chiese con tono lugubre.
-Thorn?- incertò la zia, -possiamo guardare le cose positive? State entrambi bene- anche se nel dirlo le cadde l'occhio sull'esoschelotro che imbragava la gamba di lui, - dovete solo ritrovarvi ecco tutto. Archibald sta cercando tracce degli Arbitranti, ma non sono assassini, sono Eruditi il fatto che abbiano una burocrazia strana non dovrebbe demotivarti. In quanto ex ambasciatore ha dei contatti con loro, ma non è un processo facile, dobbiamo essere pazienti. Perchè non provi a parlargli per capire come muoverti in tal senso?-
-Archibald è inutile-
-Sei ingiusto ora- criticò Berenilde con uno sbuffo sonoro, - il fatto che non ti piaccia per i vostri trascorsi non cambia il fatto che si sia dimostrato un prezioso alleato. Stiamo parlando del padrino di tua cugina comunque-
Thorn corrugò l'ampia fronte, non certo che questo fosse una nota a favore.
-Non ha nessuna reale conoscenza degli Eruditi, ancor meno degli Arbitranti, la dannata élite al di sopra delle famiglie- il tono do voce si era fatto basso, metodico e frustrato, - se avesse usato il suo tempo da ambasciatore per conquistare connessioni utili avremmo sicuramente più possibilità, ma stanti le cose come sono inutile è l'unico modo di descriverlo-
-Sei roso dalla rabbia, sin dai tempi che era Ambasciatore ha sempre aiutato Ofe...-
-Non pronunciatelo- tuonò l'Intendente con aria adirata, bloccandola dal solo pronunciare il nome della moglie scomparsa.
Quella moglie che aveva confessato di amare senza aver mai riceuto risposta.
-Siamo a questo Thorn?- chiese severa Berenilde, alzandosi con uno sguardo severissimo sul viso, -non la possiamo nominare nemmeno adesso?- spazientita non demordeva, - ne parleremo invece, e ne parleremo seduta stante-
-E per dire che cosa di grazia?- era spazientito, frustrato in un modo che la sua facciata da Intendente controllato ora faticava a dissimulare.
-C'è speranza, siete entrambi vivi, entrambi liberi da accuse ingestibili-
-Accuse che sono cadute in un bizzarro dimenticatoio grazie agli Arbitranti o Eruditi che dir si voglia. Accuse che nemmeno Faruk può rievocare, la cosa non vi lascia nemmeno perplessa?- sferzante, la sua invernale replica risoltà ben più che fredda.
-Non sto negando la peculiarità del caso...-
-Ah no?- sarcastico e pungente il tono, qualcosa che raramente Berenilde si era sentita rivolgere dal devoto nipote.
-In che cosa ti ho contrariato Thorn?- chiede di colpo, con una scintilla negli occhi. Aveva colto per un netto secondo il disprezzo, forse rancore dell'uomo, come se gli avesse fatto un gravoso torto.
Ci fu un lungo momento teso, ma alla fine lui distolse lo sguardo e rispose con tono ricomposto da contabile dell'ordine.
-Nessun torto zia, possiamo chiuderla qui? Avrei da fare-
-Non intendo andarmene- ribattè con sguardo determinato ed inamovibile, zia Rosaline avrebbe detto che Brunilde era un armadio a quattro ante quando si impuntava: inaggirabile.
-Volete pedinarmi per tutto il giorno? Sono l'intendente, posso farvi accompanare fuori se necessario- non era una vera minaccia, ma il tono era indubbiamente affilato.
-Liberissimo di provarci caro nipote- qui la minaccia si sentiva eccome.
Lo stallo che si formò tra i due fu appiccioso. Si fronteggiarono con i loro occhi d'acciaio per un minuto buono. Alla fine Thorn si strinse nelle spalle ed incrociò le braccia al petto.
-Non sono contrariato, non davvero. E' puerile da parte mia, non volevo affligervi di colpe che non avete realmente- si giustificò con quel suo tipico impaccio, incapace di destreggiarsi in contesti non logici.
-Ovvero?-
-Non ha importanza-
-Rispondimi- proruppe Berenilde infervorata.
-Non mi avete preparato a quello che sarebbe stato- sbottò a sua volta Thorn. - Avete acconsentito alla mia manovra, lieta di sentire che volevo una moglie, lieta della nostra risoluzione nobiliare, ma non mi avete detto che poteva succedere una cosa simile- la voce era ferma, severa, eppure c'era umiliazione, imbarazzo nel confessare i suoi pensieri.
-A cosa non ti ho preparato? All'eventualità di amare tua moglie?- sconcertata la zia, mai si sarebbe aspettata una simile uscita dal nipote, pur essendone intimamente lieta, l'orgolio di drago soverchiava il tutto. Sgranò gli occhi.
Thorn contrasse il viso in una smorfia, le cicatrici ora più sottili sul viso gli davano un'aria lugubre.
-Avrei dovuto pensare ad un altro piano, se avessi saputo...-
Berenilde schiaffò un'occhiata truce al nipote, scoppiando poi in una risata derisoria ed altera.
-Quale altro piano Thorn? Volevi leggere il libro di Faruk, c'era un solo modo. Uno solo- tuonò la zia, i luminosi riccioli dorati ne incorniciavano il viso in un'espressione truce, - quindi quando hai chiesto una lettrice, ti ho trovato una lettrice e per puro caso abbiamo avuto Ofelia- sentenziò con stizza, pronunciando il nome proibito.
-La mia contrarietà è con il caso dunque ed il suo agire stocastico- replicò in un sibilo irritato, articolando la voce con estrema rigidità.
-Smettila di razionalizzare tutto, arrabbiati sul fato che ha colpito gli eventi, non ha senso trasformare tutto in una statistica!- lo rimproverò con foga, non voleva che si richiudesse nella logica.
-E' così che valutate le vostre azioni nel tutto? Come un una malevolenza del fato, di cui non avete colpa alcuna?- replicò lui algidamente, di nuovo lo sguardo di pulsante di rancore.
-Che cosa vorresti dire? Che dovevo essere la tua bussola di onestà e rettitudine? Farti la ramanzina su come non si approfitta di un povera ragazza per i propri scopi?- lo sguardo che tirò al nipote fu di oltraggiato ed omicida al tempo stesso, - siamo draghi Thorn, non pecorelle piene di rammarico e angoscia. Quello che abbiamo fatto lo abbiamo fatto fuori necessità imposta, non per piacere, questo dovresti ricordarti ora. Le cose sono evolute e tutti noi ci siamo innamorati di Ofelia, incluso te e il calcolatore gelido che avevi al posto del cuore, ma non tu solo ti sei affezionato e non tu solo l'hai persa!-
Thorn si bloccò davanti alle finestre, rigido come un cavalletto, letteralmente trapassato dalle parole di Berenilde.
-Non era questo che intendevo- disse a fior di labbra chinanando a terra lo sguardo, la disputa lo stava destabilizzando, - è finita che io non ero pronto a cosa sarebbe stato, tutto qui-
Berenilde sembrò addolcirsi dalla foga del momento nel vedere il nipore così affronto, così umanamente vulnerabile, qualcosa che nei tempi passati era l'unica a potergli scatenare.
-Mi duole, invero, non avervi preparato. Ammesso e non concesso che ne fossi capace- confessò la zia, con genuino rammarico, stringendo le mani tra loro, -non pensavo fosse necessario, scioccamente il tuo mancare di interesse per le persone mi ha fatto illudere che nesssuna ti avrebbe mai toccato abbastanza a fondo da crearti turbativa. Avevi chiesto un piano e io mi sono adeguata, non c'erano emozioni da calcolare, solo passi burocratici da portare a termine. Spero tu sappia che ho imparato la lezione e oggi come oggi con quello che so adesso non agirei allo stesso modo-
Thorn non disse niente, girò solo il viso, per nascondere il disagio e il dissidio che lo attanagliavano. Semplicemente non era idoneo a questo tipo di discorsi, non era tagliato per aprire il proprio animo e permettere ad altri di vederlo.
La zia sospirò, concedengli un secondo di tregua, ma senza perdere il momento di apertura, che probabilmente non si sarebbe ripetuto.
-No- lapidò la possibilità senza esitazione alcuna, rialzando lo sguardo mentre si ricomponeva dalla brutta caduta di stile di poco prima.
-Thorn...-
-Gli Arbitranti sono al di sopra delle parti, anche degli spiriti famigliari. Tra gli eruditi sono i più irranggiungibili, si mostrano solo quando vogliono portare una loro sentenza a compimento e sono inappellabili. Quindi no, non c'è nulla che possiate fare e non ci sarebbe senso nel coinvolgervi- i suoi occhi affilati erano tornate impassibili, imperscrutabili.
-Tutto qui, quindi non faremo niente?-
-Voi non farete niente-
Alla fine Berenilde capitolò con un lungo sospiro.
-Non smetterò di chiedere, lo sai?-
-Vorrei riconsideraste questa posizione- di nuovo invernale il suo tono e la sua postura. Fluidamente tornò a sedere dietro lo scrittorio, - ho davvero molto da fare zia-
-Continuerò a chiedere ragazzo mio- disse lei uscendo.

  
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