Libri > Trilogia di Bartimeus
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Autore: Fauna96    20/11/2020    1 recensioni
Raccolta delle storie scritte per la Bart Prompt Week (2-8 marzo 2020)
I Prompt: Springtime. E il mio padrone si trasformava in una specie di mocio vagante e colante schifezze.
Lo osservai mentre si puliva il naso per quella che era la millesima volta in venti minuti.

II Prompt: Favourite Line. Mi mancava il deserto, il sole accecante e il blu limpido del cielo che ti faceva lacrimare gli occhi, il vento secco che mi portava in alto quando da falco volavo lontano…
III Prompt: AU. La vera Kitty lo osservò, poi disse: «Sembro molto più epica di quello che sono. Le cervella non danno quell’aura glorificante, macchiano e basta».
IV Prompt: Least favourite character. Finché una, tra le tante voci che bisbigliavano al suo orecchio, non aveva commentato che suo cugino, il più piccolo, quello incapace persino di tendere un arco, ecco, proprio lui sembrava avere interessi pericolosi. Interessi per la magia.
V Prompt: Role Reversal A Nathanael non piaceva granché rapire ragazzini; ma non gli piaceva nemmeno disobbedire agli rodine e venire punito, per cui non c'erano molte alternative.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Bartimeus, Kitty Jones, Nathaniel, Tolomeo
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il jinn, il ladro e la maga
 

V Prompt: Role reversal


Agnes Pole aveva un segreto, uno di quelli che avrebbe potuto ucciderla. Il fatto era che non aveva scelto lei di mantenere questo segreto; era successo e basta.
La facevano semplice a dirti di scordare il nome di nascita; ma per Agnes era stato impossibile. Non che non ci avesse provato: di notte, quando ancora era una bambina, chiudeva gli occhi stringendoli fortissimo e tentava con tutte le forze di espellere quel ricordo: la voce di sua madre che chiamava ‘Kitty’.
Ovviamente, non ce l’aveva fatta; e, altrettanto ovviamente, nessuno lo sapeva, meno di tutti la sua maestra. Dopotutto, era stata proprio lei a impartirle, come prima lezione, di non fidarsi di nessuno; e, sottinteso, nemmeno di lei. Così, Agnes aveva tenuto la bocca sigillata; non aveva mai nemmeno osato pronunciare quel nome proibito a voce alta.
Quando si guardava allo specchio, vedeva Agnes Pole: una giovane donna dai corti capelli scuri e morbidi, lo sguardo acuto, la bocca costantemente piegata in un gradevole sorriso. Non sapeva che aspetto avesse Kitty, se non quello di una bambina sperduta di cinque anni.
La sua rete di sensori prese a trillarle nell’orecchio; un momento dopo, alla finestra si materializzò un piccione. Agnes lo fece entrare e subito prese le sembianze di un giovane uomo in complete grigio e dalle guance pallide.
«Padrona» disse accennando un inchino «credo di averlo trovato».
 
Nathanael era il suo demone fisso da qualche anno, ormai; era stato uno dei primi jinn di una certa potenza che avesse evocato, e all’inizio l’aveva trovato irritante senza una ragione precisa. E davvero non c’era una ragione, perché il demone era preciso, silenzioso e impeccabile. Il sogno di ogni mago.
Ma era anche pignolo, pedante e con una certa astuzia nascosta capace di rivoltare ogni ordine come un calzino, Agnes lo sapeva. Tuttavia era efficiente; e, come diceva sempre la Whitwell, trovare servi efficienti e per di più silenziosi era estremamente raro. Per cui, Agnes lo aveva tenuto e, alla fine, c’erano stati dei vantaggi: tanto per cominciare, imparare a dare ordini concisi e cristallini. Poi, aveva scoperto che Nathanael era un vero pozzo di conoscenza e, se gli facevi le domande giuste, ottenevi tutte le risposte che volevi. Se avesse dovuto descrivere il proprio servo con una parola, Agnes avrebbe usato ‘competente’.
E lo era davvero (beccati questo, Farrar) perché era riuscito a individuare uno dei ladri di manufatti che stava facendo impazzire tutto il dipartimento di Tallow e la polizia.
Agnes, in quanto apprendista del Capo della Sicurezza, era stata piazzata a indagare sulla serie di furti; all’inizio, doveva ammettere che come incarico non le era garbato molto: odiava il lavoro d’ufficio, avrebbe preferito essere buttata in mezzo all’azione. La Whitwell, di fronte alle sue proteste, aveva a malapena alzato un sopracciglio. «Sei ancora un’apprendista, Agnes» aveva ribattuto. «Vedi di non montarti troppo la testa. Sei intelligente e hai talento, ma usa il cervello prima di parlare. Un lavoro d’ufficio, come lo chiami tu, potrebbe farti un gran bene».
Agnes si era morsa la lingua. Così come aveva dovuto fare tutte le volte che aveva incrociato la Farrar e aveva dovuto sopportare un fuoco di fila di frecciatine.
E ora invece… «Davvero un ottimo lavoro, Nathanael» commentò, appoggiata al sedile dell’auto.
Il giovane accanto a lei inclinò il capo. «Grazie, padrona» mormorò, ma Agnes riuscì a cogliere tutta la sorpresa dietro il tono compito. Non era molto comune che Agnes degnasse il proprio demone di qualcosa di più degli ordini, ma era un’occasione particolare. «Se stanotte va tutto bene, ti congederò per un po’».
«Adesso non esageriamo, padrona» il viso del demone era sempre pallido e serio, ma Agnes credette di cogliere un luccichio… divertito? dietro gli occhi gelidi.
Oh, perché no? Se l’era meritato, in fondo. Certo, lei avrebbe dovuto fare a meno del suo servo più fidato, ma si sarebbe trattato di poco tempo. Era perfettamente in grado di badare a se stessa. Sarebbe stato strano, però, non avere l’alta figura allampanata dietro le spalle, silenziosa come un’ombra e altrettanto fedele…
«Ci siamo» mormorò Nathanael. «Vede quell’angolo lì? Ci passa tutte le sere per tornare alla sua… tana. Credo abbia un nascondiglio sotto qualche mattone, perché perde sempre qualche minuto lì. E in quel minuto, è disattento».
Agnes annuì, senza staccare gli occhi dalla strada. Fece un cenno al jinn, e quello scivolò fuori dal finestrino socchiuso come un ricciolo di fumo.
Non dovettero attendere a lungo: una figura si stava avvicinando con passi rapidi, misurati. Si fermò all’angolo, come previsto.
E poi ci fu rumore di lotta, un grido furioso soffocato, poi il bagagliaio si spalancò e qualcosa fu gettato dentro.
 
A Nathanael non piaceva granché rapire ragazzini; ma non gli piaceva nemmeno disobbedire agli rodine e venire punito, per cui non c’erano molte alternative. Per di più, il ragazzino in questione si era dimenato come un’anguilla ed era riuscito ad assestargli un calcio nello stinco con uno scarpone che doveva avere qualcosa di ferro, perché bruciava parecchio.
Lui e la sua padrona l’avevano portato a una vecchia biblioteca abbandonata che avevano usato più volte in diverse occasioni. La signorina Pole guardò il ragazzino ancora svenuto ai suoi piedi. Ad essere sinceri, non c’era molta differenza di età tra la maga e il comune, ma il portamento di lei, i vestiti e tutto quanto facevano sempre sembrare Agnes Pole più grande.
Nathanael la osservò con la coda dell’occhio mentre sembrava ripassare mentalmente cosa chiedere al comune. E probabilmente si ripeteva di essere calma e razionale, una cosa che non sempre era il forte di Agnes Pole, nonostante l’ottima insegnante. Nathanael arricciò appena il naso al pensiero della Whitwell. Vecchio avvoltoio.
Il ragazzo diede un gemito improvviso, e i suoi occhi si spalancarono. Nathanael li vide frugare per la stanza, in cerca di una via di fuga, poi si posarono su di loro.
«Prova a muoverti e il mio demone ti fa a pezzi».
Il ragazzo non si mosse. Poi, inaspettatamente, fece un sorriso abbagliante, splendente sul suo viso scuro.
«Salve» disse.
Be’, non era quella la reazione che Nathanael si era aspettato, francamente. E nemmeno la sua padrona, che strinse le labbra mentre il comune continuava a guardarli da sotto in su.
«Che posso aver fatto per meritare un simile onore? Rapito da una maga?» fece l’occhiolino con aria maliziosa, che poco si addiceva a un ragazzino sporco, raggomitolato per terra.
Nathanael vide chiaramente la pazienza della sua padrona scemare; fossero stati soli, le avrebbe sussurrato di stare calma, tranquilla: era lei ad avere il comando, come sempre.
Ma Agnes strinse appena i pugni e prese un profondo respiro. «Voglio che tu risponda alle mie domande, in fretta» disse. «E forse potrei anche pensare di lasciarti andare».
Il ragazzo fece un verso derisorio. «Certo, signorina maga. E mi dai anche un passaggio fino a casa, vero? Nessuno di noi ci crede, neppure il tuo demone. Mi hai preso, hai vinto. Non so cos’altro vuoi».
«La Resistenza. Voglio i tuoi complici».
Cadde un silenzio… curioso. Il ragazzo tacque, poi si rivolse direttamente a Nathanael: «Gliel’hai detto tu che sono della Resistenza? Perché ho rubato qualche ferraglia? Oh cielo!» e scoppiò a ridere così forte che le pareti rimbombarono. «Mi dispiace, oh potentissima maga» riuscì a farfugliare «ma il tuo demone ha preso un granchio. Io lavoro da solo».
«Quindi ruberesti manufatti magici solo per hobby?» chiese Agnes, la voce pericolosamente dolce. «E solo oggetti magici, mai semplici gioielli?»
«Ah, quello è un mio piccolo segreto, scusa. Comunque, certo, li vendo. Al mercato nero, ma questo sicuramente lo sapete. Sicuramente sapete anche che andranno alla Resistenza o chi per loro. Ma io non ci voglio avere niente a che fare. Lavoro da solo, ve l’ho detto».
Agnes sorrise. «Quindi quei due… il bambino che ti segue dappertutto e quella ragazza così carina… non sono i tuoi complici?»
Un’ombra passò sul viso sfacciato del ragazzo. «No» sillabò. «Loro…»
«Non pensi che vivrebbero meglio fuori da quel vostro buco? Forse quel tuo bambino smetterebbe di tossire così tanto».
Il ragazzo deglutì e fissò entrambi negli occhi. «Senti. Io sono un ladro, è vero. Ma non sono della Resistenza. Puoi promettermi tutto quello che vuoi, ma non posso darti quello che non ho, e non ho né nomi né indirizzi. Se vuoi buttarmi in prigione per furto o dire che sono un terrorista, fallo. È la mia parola contro la tua, no?» I suoi occhi scuri indugiarono su Nathanael. «Oh il demone, certo. Potresti sempre farmi torturare da lui. Allora sicuramente canterei, ma non mi fiderei tropo. Ho sempre avuto una soglia del dolore bassa, sai».
«Padrona» mormorò Nathanael «una parola».
Agnes fece un passo indietro e inclinò il capo verso di lui. Gli occhi acuti del ragazzo continuarono a osservarli.
«Credo che in parte sia sincero. Ma se vende manufatti magici…»
«Ha dei canali d’accesso, sì» Agnes sospirò, e per un attimo parve che la maschera scivolasse giù. «Ero così vicina…»
«Io credo» mormorò Nathanael «che possa essere comprato. Facendo leva su… quei suoi due amici. Comprato, non minacciato».
Agnes strinse i denti. «Cosa dovrei fare? Comprar loro una casa?»
«No» la voce del ragazzo arrivò inaspettata. Doveva avere un udito eccezionale. «No. Ma c’è qualcosa che voglio».




NdA: non è che mi fossi scordata, giuro. Non mi sono scordata neppure delle altre storie, ma finalmente ho un po' più di tempo libero, ecco tutto. Comunque, qualche informazione riguardo questo AU che mi piace un sacco: il nome di Bart qui è Tim (Bar-TIM-aeus... scusate) e conosce la Resistenza (Faquarl) ma non è interessato assolutamente a unirsi a loro: sta bene con Tolomeo e Queezle (che fossero loro era chiaro...?). Per quanto riguarda Kitty/Agnes e Nathanael... eh. Il loro rapporto è molto molto interessante, se mi è concesso dirlo. Potrei tornare da loro, prima o poi.

 
  
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