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Autore: artemide88    20/11/2020    3 recensioni
Isabella Black frequenta la più importante scuola della Virginia e non solo ha ottimi voti, ma sta per diplomarsi con un anno di anticipo. Vuole andarsene, da quella scuola e quella città, il prima possibile perché odia i bulli che la perseguitano. Potrebbe però avere vita più facile se rivelasse un piccolo dettaglio sulla sua vita...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Buona lettura.



CAPITOLO 1

Mi guardai allo specchio e pensai solo che fossi una sopravvissuta. Sì, ok, forse era un poco esagerato dire che fossi una sopravvissuta. Ma mi sentivo così a ogni fine e inizio anno scolastico. 
Ero sopravvissuta alle elementari, alle medie e ai primi due anni di liceo. Ed ero persino riuscita a passare indenne l’asilo. 
Storsi il naso per la mia piccola battuta mentale. Mia madre non avrebbe approvato per niente il mio sarcasmo. Avevo qualche possibilità in più di far sorridere papà.
Ritornai con la mente sulla mia immagine riflessa. Avevo cambiato tutte le taglie in una sola estate, il seno si era riempito e mi ero alzata di qualche centimetro. La pelle non sembrava più quella dell’adolescente brufolosa e con l’apparecchio che ero stata fino a giugno. Lo scorso giugno. Erano passati solo tre mesi? Mi sembrava un’eternità! Mi permisi di pensare che qualche miglioramento apprezzabile c’era stato.
Potevo finalmente iniziare il terzo anno di liceo con un po’ più di autostima. Questo pensiero mi fece incurvare le spalle. Perché alla White Swan Prep Accademy nessuno avrebbe fatto passare sotto silenzio il mio cambiamento. O meglio ancora, a nessuno sarebbe importato del fatto che fossi così cambiata perché era la loro mentalità da cavernicoli che non sarebbe cambiata nemmeno in tre secoli, figurarsi in tre miseri mesi. Avrebbero trovato lo stesso un pretesto per prendersela con il Brutto Anatroccolo.
Sconfitta dai miei stessi pensieri presi la giacca nera, con lo stemma bianco della scuola sul taschino, e lo zaino.
“Isabella!” Mia madre urlava dalla tromba delle scale per avvertirmi che era tardi, maledettamente tardi.
“Non vorrai finire in presidenza il primo giorno, vero?!” Mio padre rise sotto i baffi mentre mi sedevo al tavolo per la colazione. Stava leggendo il suo quotidiano preferito.
“Che palle.” Sbuffai nella tazza dei cereali.
“Isabella!” A mia madre le parolacce proprio non piacevano. “Caro, anche tu farai tardi.” Papà rivolse uno sguardo indolente all’orologio e scattò sull’attenti.
“Maledizione!” Papà sputò l’imprecazione assieme a qualche goccia di caffè.
“Charlie!” Ecco, a mamma non piacevano nemmeno le imprecazioni condite da schizzi di caffè sulla sua tovaglia candida. Soffocai una risata nei cereali o mia madre ne avrebbe fatto una tragedia e non sarei mai arrivata in orario a scuola. Di andare in presidenza non avevo proprio voglia.
“Vado.” Comunicai a mia madre qualche minuto più tardi, dopo una tappa in bagno per lavarmi i denti e pettinarmi per l’ennesima volta i capelli. Era forse ora di tagliarli visto che arrivavano ormai oltre la metà della schiena, ma era proprio perché non ero molto attenta al mio aspetto esteriore, che per tutti ero il Brutto Anatroccolo.
“Buona giornata, tesoro.” Mamma mi diede un bacio in fronte e mi lasciò andare con un sorriso, ma lei non sapeva nemmeno quanto potesse essere schifosa una giornata alla White Swan, quindi non commentai.
Invece, risposi svogliata al cellulare, ben sapendo che era l’orso nero. “Sorellina!” Era mio fratello maggiore, già al college da due anni. Quando io iniziavo il liceo, lui lo finiva. Io la sfigata della scuola, lui il dio supremo. Io il Brutto Anatroccolo, lui il Cigno Bianco.
“Ciao, Jake.” Sospirai sconfitta mentre mettevo gli auricolari per poter guidare fino alla scuola. “Come stai?”
“Io benissimo, ma dimmi di te? Quanto sei eccitata dal primo giorno.” Come dicevo, lui amava il liceo, io lo odiavo con tutta me stessa. 
“Odio il liceo.” Non mi aspettavo davvero che mio fratello mi ascoltasse. Gli volevo bene, ma era seriamente troppo preso da sé.
“Su su Isabella, vedrai che quest’anno andrà meglio.” Ogni anno sarebbe dovuto andare meglio del precedente, ma ogni anno faceva schifo più del precedente. Solo che lui era una stella del football, il re del ballo, lo studente modello, il rappresentante degli studenti. Il più amato, il più acclamato.
A che pro ricordargli tutto ciò? Mio fratello aveva già un ego super sviluppato, senza che anche io lo adulassi. Interpretò il mio silenzio come un incoraggiamento a riprendere ancora una volta il suo discorso preferito.
“Se la smettessi di fare la sostenuta e ti decidessi a...”
“MAI!” Urlai con quanto fiato avevo in corpo, facendo voltare verso di me qualche studente che ancora bighellonava nel parcheggio. Avevo dimenticato di avere il finestrino abbassato per l’aria calda di un settembre appena iniziato. Dovevo sembrare una pazza, gli auricolari invisibili, coperti dai capelli. “Mai.” Ripetei abbassando la voce e nascondendomi a sguardi indiscreti con i capelli. Averli così lunghi mi permetteva di avere una vera e propria cortina protettiva. “Mai e poi mai sfrutterò qualcosa che non mi sono conquistata io stessa.” 
“Isabella...” Jacob sospirò pesantemente, sapendo bene che non l’avrebbe mai avuta vinta. 
“Devo andare.” Chiusi seccamente la telefonata e mi avviai verso l’entrata della più rinomata scuola dello Stato. Oltre ad essere quella con la retta più alta, dove i figli di papà se la spassavano facendo cazzate. Tanto i danni li pagavano i genitori.
Scesi dalla macchina, senza darmi la pena di guardare chi avessi disturbato con i miei schiamazzi. Non ero nessuno per loro e loro non erano nessuno per me.
“Oh, ma è il nostro piccolo Anatroccolo!” 
Jessica Stanley, il mio incubo personale, si piantò decisa davanti a me, il tacco 10 ben saldo sull’asfalto. Io invece con le ballerine rischiavo di cadere a terra.
“Jessica. Passato belle vacanze?” Borbottai cercando di oltrepassarla. Ovviamente non me lo permise. Mi prese il volto tra le mani e mi soffio sul viso quel suo alito profumato da duemila dollari. “Mi sei mancata tanto Anatroccolo.” Strinsi i pugni attorno ai lacci della cartella perché non avrei mai ceduto alla violenza. Anche se avrei tanto voluto vederla traballare sui suoi tacchi. Si allontanò da me con un sorriso beffardo in volto e si mise una mano alla bocca, in posa da finta sorpresa. “Oh, ma ti sono cresciute le tette!” 
Cercai di nuovo di oltrepassarla e di entrare a scuola, il primo giorno il preside teneva un discorso nella palestra e non erano ammessi ritardi.
“Non così in fretta, Black.” Le sue amichette del cuore formarono un muro impenetrabile. Tenni lo sguardo basso, per non mostrare quanto fosse la mia voglia di spaccarle la faccia o il mio odio per i suoi capelli biondissimi e il suo fisico da paura. “Questo è il mio ultimo anno e voglio divertirmi. Quindi da oggi in poi mi farai i compiti. Chiaro, Anatroccolo?”
“Perché, sei così stupida da non riuscire neanche a fare 2+2?” Alzai il volto fintamente scioccata e allo stesso tempo avrei voluto mangiarmi la lingua. L’anno scolastico era appena iniziato e io mi stavo già mettendo in un mucchio di guai con la reginetta del ballo.
“Attenta, insetto.” Mi squadrò altezzosa e sdegnata. “Troverai mie notizie nel tuo armadietto.”
Se ne andò perché la prima campanella stava già suonando. Se non avessi volevo finire dal preside mi sarebbe convenuto darmi una mossa, ma il misi il piede in fallo. Una delle amichette della stronza mi aveva fatto lo sgambetto e io finii dritta a terra, dentro una pozzanghera, scatenando le risate perfide di tutte quelle oche bionde. Appoggiai la fronte sull’asfalto, sconsolata. Sarebbe stato un anno lunghissimo.

Ovviamente arrivai in ritardo in palestra. Cercai di farmi piccola piccola e di entrare senza dare nell’occhio. Ero stata in bagno per togliermi alcuni sassolini di asfalto dai capelli, senza per altro riuscire a ripulirli del tutto. Almeno la giacca era ancora passabile, mentre avevo dovuto cambiare camicia e gonna. Il bianco non andava d’accordo con il fango. Avevo una discreta scorta di indumenti a mia disposizione nell’armadietto proprio perché questi incidenti erano all’ordine del giorno con persone come Jessica Stanley.
La porta antipanico della palestra sbatté alle mie spalle, facendo voltare metà del corpo studentesco verso di me. L’altra metà abbassò il capo, ridacchiando per la mia figuraccia. Il preside, in piedi, al centro della palestra interruppe il suo discorso e si voltò a guardarmi. Mi feci ancora più minuscola e scivolai lungo la parete per rendermi invisibile, borbottando qualche scusa insignificante.
Quando la cerimonia d’apertura del nuovo anno scolastico terminò, non fui abbastanza svelta da dileguarmi prima che il preside mi convocasse nel suo ufficio.
La Stanley mi oltrepassò sdegnata, per lei ero solo un insetto che occupava abusivamente il suo territorio di ape regina. Dovevo essere schiacciata, umiliata e sbattuta fuori dal suo regno.
“Signorina Black, entri.” Il preside mi fece entrare dopo di lui nel suo studio. Quando chiuse la porta mi fissò a lungo arricciandosi i baffi.
“Così mi irriti.” Gli comunicai andando a sedermi a una delle poltrone davanti alla scrivania. 
“Sei uscita con me. Come hai fatto a essere in ritardo?”
Lasciai cadere la domanda. “Il tuo discorso lo so a memoria, papà, ti ho aiutato a scriverlo, ricordi?” 
Charlie Swan, preside e proprietario della White Swan Prep Accademy, sospirò e si sedette finalmente alla scrivania, vecchia di un secolo appartenuta al nostro antenato e fondatore della scuola.
“Se qualcuno ti dà fastidio...”
Lo interruppi subito, sapendo dove voleva andare a parare. “Non userò il mio cognome, non ho intenzione di dire che sono tua figlia e la sorella di Jake.”
“Quanto sei testarda!” Sbottò per l’irritazione, allentando la cravatta e slacciandosi il primo bottone della camicia. “Zia Sue...”
“Zia Sue dice sempre tante cose. Per lei conta solo il cognome. Io voglio che tutto quello che ho sia mio.” E mentalmente aggiunsi che non avrei mai voluto essere in quella scuola perché non pagavo la retta astronomica né avevo contribuito a costruire alcunché. Era l’unico commento che faceva davvero infuriare papà perché, secondo lui, la sua figlia preferita si meritava, e aveva tutto il diritto, di studiare in quella scuola.
“Il tuo maledetto orgoglio. Torna in classe e non fare altri ritardi, signorina Black.” Oltrepassai la scrivania vecchia di un secolo e diedi un bacio sulla guancia al mio preside preferito. Charlie rise sotto i baffi.





p.s. dell'autrice: ho deciso di pubblicare subito il primo capitolo perchè credo che il solo prologo sia poco intrigante. Si inizia già a scoprire il grande segreto di Isabella e parte del suo carattere. Inoltre si capisce anche il senso del titolo dell storia. Black non è solo riferito al cognome scelto da Isabella, ma anche al Cigno Nero, ma questo è un tema che si affronterà meglio in seguito.
A presto
Sara

 
   
 
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