2.
Il televisore acceso era sintonizzato su Raiuno, dove sfilavano
inquadrature dello stadio Delle Alpi, il campo e gli spalti gremiti di gente.
- Trunks,
dov’è la mia giacca? – chiamò Vegeta, mentre guardava nell’armadio di
camera sua. – Qui, niente – disse, tra sé.
Si diresse in salotto, ma la sedia dove
di solito la teneva, era vuota. Roteò gli occhi e sbuffò: - Trunks!
–
Senza dire nulla, il figlio diciottenne
apparve sulla soglia, reggendo degli altri vestiti che aveva appena finito di
stirare, e che poggiò su una sedia lì accanto.
- Allora? Quante volte devo chiamarti?
Hai visto il mio cardigan…? – poi troncò la domanda, vedendo che il
figlio lo aveva indosso.
Sbuffando,
gli andò vicino e iniziò a sbottonarglielo.
- Quante volte devo dirti di non metterti
le mie cose, eh? – lo fissò con sguardo truce,
ma suo figlio non ricambiò, lasciando che il padre gli togliesse il cardigan
per farlo rimanere con la maglietta bianca.
Gli
portò una mano sulla guancia e gliela carezzò – Abbi pazienza, dai. La
mamma dov’è? –
- Non lo so – rispose, atono.
- Come non lo sai? –
- Non lo so. –
- Vabbè. Senti,
la cassa acustica, dov’è?
- Lo sa la mamma. –
- Eccola, dov’è – disse, trovando
la cassa acustica dietro il televisore, come se fosse stata nascosta – Io
vi dico di non toccare le mie cose, e voi le toccate. Ma che lo fate apposta?
–
Suo figlio non rispose, ma lo udì ciabattare verso la sua stanza, fino a chiudere la
porta. Tornò poco dopo, vestito con un maglione e una camicia, e dei jeans
nuovi.
- E tu dov’è che stai andando? –
- Lo sa la mamma. –
- “Lo sa la mamma”. Sa tutto la mamma,
bella conversazione tra padre e figlio. Complimenti…! –
Trunks
non replicò, ma Vegeta udì la porta aprirsi e poi chiudersi dolcemente. Scosse
la testa, pensando al comportamento del figlio da un po’ di tempo a quella
parte. Chissà se sua moglie sapeva davvero qualcosa? Si ripromise di
chiederglielo non appena fosse tornata, tra un paio d’ore.
Vegeta s’accomodò sulla sua poltrona
reclinabile, col telecomando in mano e un piattino pieno di cracker e formaggio
spalmabile poggiato su un tavolino accanto a lui.
- Dai, che stavolta forse ce la facciamo
a passare in Serie A… -
- Signor Vegeta, io ho finito. – era la voce di Gilda, la loro donna delle pulizie.
- Aaah,
eccone un’altra – commentò sottovoce, roteando gli occhi.
- Le serve altro? –
- No, non mi serve niente, sto
benissimo così! –
- Allora ci vediamo
domani, buona serata. Arrivederla. –
- Vai vai! A
domani! Ciao. –
Ma i buoni propositi di chiedere qualcosa
a sua moglie si spensero non appena il televisore iniziò a trasmettere l’inno
nazionale ed i giocatori che venivano passati in
rassegna dall’occhio della telecamera.
Signore e signori buonasera e benvenuti. Stasera gli spalti sono
gremiti per assistere a quella che sarà la partita più importante, valevole per
la classificazione in Serie A. Fischio d’inizio. Parte il gioco. Testa di Sweda che passa a Franceschelli, che prova a tirare in
porta, ma … no! Traversa!
- Che imbecille. Se cominciamo così…
– imprecò Vegeta tra i denti, nel buio del salotto, mentre spalmava del
formaggio su di un cracker.