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Autore: Sotorei    22/08/2009    1 recensioni
Arrivati a un certo livello di potere, gli individui di Rune-Midgard iniziano a far luce, perdendo a lungo andare lo scopo della vita. Ma adesso c'è una novità. Gli dei permettono di superare il limite con la rinascita. Rinascere e diventare più forti. E perdere l'aura di luce, che per il sonno è una gran cosa.
Genere: Parodia, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stiamo per fare un piccolo tuffo nel passato, di appena qualche ora, spostandoci alla casa di Babbo Natale quando ancora non somigliava ai resti del falò di un gigante. Residenza importante, ai tempi. Si era sempre benvenuti e non serviva esibire lo scontrino se bisognosi del bagno, cosa che la rendeva piuttosto affollata in quanto unica abitazione collegata al sistema fognario di Lutie.

Ma il bagno non era l’unica attrazione, c’era anche Babbo Natale, sempre lieto d’intrattenere i bambini mentre i genitori utilizzavano il bagno, o viceversa.

Quella sera, tra la marmaglia di gente seduta ai piedi dell’omone, c’era Ultie. Ultie non era mai stato a Lutie e in un primo momento era stato eccitatissimo. Adesso sudava e si grattava la nuca e guardava il Babbo.

«Io dico che ascoltiamo Elfo Biscotto Conosce Gamberetta!» strillava uno.

«NO!» sbraitava un altro. «Piccolo Coniglietto Vieni Dal Duca è molto meglio!»

«Io voglio ascoltare Le Avventure Della Giovane Laura…»

«Io Guida Galattica Per Gli Autostoppisti!»

Molti genitori pensavano che Babbo Natale fosse intelligente. Il pensiero nasceva dal fatto che il Babbo, non avendo voglia di raccontare storie, lasciava che ne scegliessero una i bambini, i quali in genere non si decidevano mai e finivano per andarsene coi genitori non appena questi uscivano dal bagno. Era infatti più di mezzora che Ultie aspettava, e la cosa gli andava bene perché approfittando del momento si era seduto poco distante il Babbo e gli si avvicinava ogni volta che quello non guardava. Presto gli sarebbe saltato addosso per dirgli chiaro e tondo cosa voleva per il prossimo Natale, e magari fargli cavallino sulle ginocchia.

O almeno, questo avrebbe fatto in caso si fosse dissipato il Sospetto. Perché un Sospetto Ultie aveva. Gli era venuto quando a saltargli addosso ci aveva provato la prima volta.

Babbo l’aveva schivato.

La sua personale immagine di Babbo Natale non avrebbe schivato un bambino intenzionato ad abbracciarlo.

Un’altra cosa che non lo convinceva era il braccio destro. Babbo Natale lo teneva fasciato da un panno color cacca e lo nascondeva nell’incavo tra il bracciolo e il sederone. Perché? Si era forse fatto male?

Forse, si diceva Ultie. Forse si era fatto male e non voleva far preoccupare nessuno. Forse l’aveva schivato perché ferito.

Ma Babbo Natale poteva farsi male?

Il Sospetto cresceva.

Quello era davvero

(un impostore)

Babbo Natale?

Lo avrebbe scoperto.

D’un tratto si udì un trillo, forte. Ultie si volse e vide che una campanella sospesa a mezz’aria si era messa ad agitare da sola, e con quello i bambini presero a lamentarsi. Tempo scaduto. Niente storiella.

Babbo Natale sorrise.

Gli mancavano tre denti e un incisivo era nero come la pece.


Poco lontano…


La Renna fumava un sigaro, che le tremolava nello zoccolo. Non c’era stato momento da quando lo spadaccino e la ragazza rosa erano entrati che non si guardasse intorno con gli occhietti stretti e qualche volta aspirava fumo anziché limitarsi a tenerlo in bocca, e allora iniziava a tossire come una matta.

«Vi ringrazio di essere venuti» fece, e i due dall’altro lato del tavolo annuirono. «Non è una cosa che posso gestire da solo. Non più.» Aspirò fumo, esitò e se ne disfò con un sospiro. «Il fatto è che Rudolph è uscito fuori.»

«Chi è Rudolph?» chiese lo spadaccino.

«La renna» replicò la Renna, «dal naso r-r-osso. Dio. Non fatemici pensare. Da questo momento lo chiameremo Lui, se vi sta bene.»

Silenzio per qualche istante. La ragazza rosa sembrava pensierosa: «Quello che appare negli spot e che guida la slitta? Quando lo vedevo da bambina mi piaceva. C’era anche un cartone animato. Mi piaceva molto.»

«Quella è tutta un’operazione commerciale!» La Renna s’era alzata sugli zoccoli posteriori e sembrava prossima all’iperventilazione. Sedette di nuovo, fece un gesto vago e disse: «Scusate.» Fece un tiro. «Scusate. Mi capita sempre. Non è per voi. Io non… Maledizione, ho famiglia e figli. Ho perso la promozione più importante della mia vita per colpa di quello.» Li guardò. Entrambi avevano sgranato gli occhi. «Sto col Vecchio da sempre. Ci sono nato. Mi cambiava i pannolini. Sono secoli che ci lavoro. E arriva lui, Lui, scusate, e cosa fa? Si prende il posto in prima fila. Si mette a guidare. Perché dice di avere un radar speciale. Oltre al naso che farà la sua bella scena ma…»

«Arriva al dunque, per piacere» mormorò lo spadaccino.

«Certo, sì, ci arrivo. Al dunque? Sì.» Annuì un paio di volte. «Ha rapito Babbo Natale.»

«Oh» fu il primo commento della ragazza rosa. Poi, come folgorata da una rivelazione: «Come?!»

«Ha rapito Babbo Natale!»

Lo spadaccino annuì. «Quindi?»

«Quindi lo tiene in ostaggio nella Fabbrica di Giocattoli degli Elfi Biscotto. Dio solo sa perché, gli elfi sono dalla sua parte.»

«Dannati elfi» commentò lo spadaccino. «Quindi andiamo, picchiamo questo Rudolph e liberiamo Babbo Natale.»

«Sperando sia incolume…»

«Ma perché e come ha fatto una renna a…» Lo spadaccino fu strattonato dalla ragazza rosa. «Oi?!»

«Mio fratello! L’ho lasciato a casa di Babbo Natale!» esclamò lei.

«Eh, dopo andiamo a riprenderlo.»

L’arciera rosa si alzò e strillò: «Ma se Babbo Natale non c’è, chi cazzo è quello che sta coi bambini?!»

Lo spadaccino guardò la Renna. «Sarà uno dei sostituti, no? Non si contano da quanti sono.»

La Renna scosse forte la testa. «Tutti i sostituti stanno con Rudolph. Anche quelli fuori Lutie, che teletrasportano.»

«Be’» disse lo spadaccino. «Mal che vada che possono fargli? Quello picchia.»

Ma la ragazza era già in corsa verso la porta.



La Fabbrica di Giocattoli degli Elfi Biscotto era un sotterraneo e l’entrata stava a nord di Lutie. Un posto molto colorato, un sacco di decorazioni sulle pareti e angoli di relax dove gli elfi potevano prendere un tè o fumarsi una sigaretta. Aveva due livelli, il primo un magazzino ospitante materie prime e dolciumi, trasferiti di sotto all’evenienza. Perché è di sotto che, prima della distruzione di Lutie, avveniva la magia. Là i giocattoli erano assemblati, dipinti a mano e confezionati da apposite catene di montaggio.

Quel giorno c’era però stata una sospensione, e questo non riguarda in diretto modo l’incendio. Rudolph, la renna antropomorfa dal naso rosso, pensava che le cose non andassero bene e aveva bloccato tutto. Non fosse sovvenuta la caduta della città, di cui Rudolph era all’oscuro trattandosi di un evento che avrebbe vissuto in prima persona a breve, ci sarebbero stati cambiamenti come il miglioramento della Qualità e conseguente licenziamento del personale in eccesso. Ma soprattutto Qualità. Il dannato Babbo Natale aveva infarcito i giovani umani di cattivo gusto, recapitando loro bamboline e soldatini e fin troppe altre stronzate. Orsacchiotti e aeroplani di legno? Proprio non andava, no.

Rudolph zoccolettò avanti e fissò ciò che gli era stato portato dal gruppo di quattro Antonio - così aveva soprannominato i Sostituti di Babbo Natale che condividevano gli ideali della sua Crociata -. I bambini erano stati imbavagliati e sedevano a terra. Alcuni ringhiavano, altri piangevano.

Rudolph sospirò. Doveva tentare. Forse non avrebbe ricavato nulla, forse sì.

«Signore» disse un Antonio. Aveva un occhio nero e parecchia barba mancante, come strappata. «Di quello che ne facciamo?» Indicò un ragazzino in ultima fila, dai capelli chissà perché bianchi come la neve, legato con file e file di corda e un bavaglio a occhio più stretto degli altri, tanto che le guance erano tiratissime.

«Che problema c’è?»

L’Antonio tornò a fissare il ragazzino con fare intimorito. «Ci ha dato un sacco di problemi, signore. Scalciava come un matto. Ha una forza che nemmeno un gorilla. Se non l’avessimo messo nel Sacco Magico che ha provveduto a calmarlo e legarlo, non ce l’avremmo fatta.»

Rudolph scavalcò un paio di bambini e raggiunse quello a cui si riferiva l’Antonio, che fissò sollevando il rosso naso. Dai vestiti pareva un accolito. Però…

La renna si chinò su di lui, gli sollevò il bavaglio e subito il moccioso prese a urlare: «Fottetevi, stronzi! Stronzi, stronzi, stronzi, stron—» La renna gli afferrò il mento con lo zoccolo e glielo chiuse nella nicchia a tenaglia, che strinse. È vero che le renne non hanno zoccoli a tenaglia, ma ricordate che questa aveva un naso rosso e luminoso.

«Perché hai i vestiti blu, ragazzino?»

«Non sono un puffo, cazzo!»

«Nessuno ti ha dato del puffo. Rispondi.»

«Dov’è Babbo Natale?» sbraitò invece quello. «Devo parlare con Babbo Natale, cazzo! Voglio una fottuta macchina del tempo, del buon gusto per mia sorella che veste solo di rosa e un cane. Un cane! Un cane!»

Rudolph strinse la presa tanto da impedirgli di riaprire bocca, e quello iniziò a mugolare. Gli rimise il bavaglio e si allontanò.

«Siete qui, bambini» iniziò la renna a gran voce. «Perché ho intenzione di fare un paio di cambiamenti. Voglio avvicinarmi a voi, ma non ho più l’età per farlo. Per cui ditemi, cosa vi piacerebbe ricevere per Natale? Che non sia la solita roba! I cliché vanno aboliti!» Li guardò, ma quelli non muovevano un muscolo. «Alzate la mano se volete parlare.»

Uno lo fece. Un cenno da parte di Rudolph fece sì che un Antonio gli togliesse il bavaglio con l’uncino di cui tutti questi erano dotati.

«Io vorrei una donna» disse il ragazzino.

Rudolph parve riflettere. «Non è una cosa che si può costruire» disse. «E poi quanti anni hai? Pensi già alle donne?»

«La voglio perché non ho una mamma.»

«Nemmeno quella è una cosa che si può costruire. Avanti il prossimo.» Sollevò su e giù il naso rosso e l’Antonio dovette prenderlo come un ‘rimettigli il bavaglio’, perché questo fece. Il bambino assunse un’espressione mogia prendendo a fissare il pavimento.

Altre due mani si sollevarono, ma non appena gli Antonio fecero per avvicinarsi con gli uncini, si abbassarono subito.

«Non siate timidi» l’incitò la Renna. «Tu» e indicò una bambina in prima fila. «Cosa ti piacerebbe?»

Dopo che l’Antonio l’ebbe abbassato il bavaglio, quella disse: «La gigantografia di un elfo, signora Renna.»

«Un Elfo Biscotto?»

«No. Uno dei grandi romanzi Fantasy. Ma Fantasy Fantasy! Senza gli elfi non è un Fantasy Fantasy ma un Fantasy normale, capisce signora Renna?»

«Io sono un signor Renna, e comunque…» Elfi? Guardò il soffitto e sospirò.

Intanto, poco lontana, una figura incappucciata si avvicinava facendo slalom tra i dossi a forma di pacco col fiocco. La Renna se ne accorse e le fece cenno di saluto.

La Figura non ricambiò, tutt’al più inciampò e fece una bella capriola. Poi riprese ad avanzare.

   
 
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