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Autore: Kaiyoko Hyorin    23/11/2020    3 recensioni
Quando Kat si sveglia in mezzo a un boschetto rigoglioso, preda della nausea e di un forte mal di testa, non ha idea di ciò che l'aspetta.
Come questa ce ne sono altre di storie, imprese memorabili capitate per fortuna o per volere del destino a persone apparentemente ordinarie. Eppure ve ne propongo un'altra, sperando possiate trovarla una lettura piacevole.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lo Hobbit'
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“Hold the tears that home is far away,
live the pages of a story and you'll never die.
[...] In a land that calls from far away,
turn your sight to the horizon,
when the morn shines again.”
[ There and Back Again, Wind Rose ]




– Legolas!
Il principe si voltò, osservando il suo capitano delle guardie che gli andava incontro. L'elfa silvana dalla lunga chioma ramata aveva in volto un'espressione seria come poche, ma lui intuì in breve quale fosse il problema che l'aveva spinta ad andare a cercarlo.
Aaye, Tauriel – la salutò con la consueta compostezza – Naa rashwe? [1]
Naa tanya nissë, Legolas.. [2]
Uuma dela.. [3] – le disse l'elfo di rimando, ma la cosa non parve suscitare l'effetto sperato. 
– Non sono preoccupata – ribatté passando al linguaggio comune lei, sostenendone lo sguardo con serietà – ma c'è qualcosa in quella ragazza che non mi convince. Come faceva a sapere chi fossi, tanto per cominciare?
– Ella è un'amica degli Elfi di Imladris – affermò diplomaticamente, riprendendo a camminare – non mi sorprende che abbia sentito parlare di noi presso la Casa di Re Elrond.
– Può essere così, ma..
– Tauriel – la interruppe, scoccandole un'occhiata in tralice prima di fermarsi nuovamente e costringerla a fare altrettanto – Nén ci ha condotti sino a loro e mai prima d'ora la saggia lupa della foresta si era spinta ad agire in favore di un estraneo al suo branco. È grazie al suo intervento se siamo arrivati in tempo per scacciare i Ragni Giganti e salvare la vita a lei ed ai suoi rozzi compagni. Non sappiamo cosa l'abbia spinta a farlo, ma non intendo ignorare l'accaduto.
Tauriel si lasciò sfuggire una smorfia mal trattenuta ed agli occhi del principe fu palese come non fosse convinta, così si permise di sbilanciarsi un poco più del solito.
– Parla con lei – le consigliò, prima di aggiungere, con una frecciatina ironica – e non dare troppa confidenza al nano della cella accanto.
Si lasciò sfuggire un lievissimo sorrisetto quando Tauriel tradì un lieve sussulto e Legolas ne approfittò per lasciarla lì ad elaborare quanto le aveva detto. Non provava alcun sentimento romantico, come suo padre era erroneamente arrivato a pensare, ma erano cresciuti insieme come fratelli e si conoscevano abbastanza da potersi permettere simili uscite senza suscitare malanimi o incomprensioni.
Più d'una volta Tauriel gli aveva coperto le spalle e lui aveva fatto altrettanto, ma il suo interesse per quel nano lo preoccupava nella stessa misura in cui ella era preoccupata per la donna rinchiusa nelle prigioni del Reame Boscoso. Non che il principe si fidasse di lei dopo averla affrontata: era ancora guardingo nei suoi confronti, ma aveva riconosciuto una purezza d'animo che raramente aveva scorto in altra gente del suo popolo; inoltre, lo preoccupava molto di più ciò che lei aveva detto a suo padre.
Perché, se davvero stavano per giungere tempi bui, avrebbero dovuto essere pronti e Legolas non era convinto che la soluzione fosse restarsene rinchiusi a Reame Boscoso ed estraniarsi dal resto del mondo come sapeva avrebbe fatto il suo Re.


Katla lasciò che la voce le si spegnesse di nuovo e, quando schiuse le palpebre, di fronte ai suoi occhi andava già sciogliendosi un sottile strato di ghiaccio sul fondo della piccola ciotola posata sul pavimento.
Non sapeva da quanto tempo di preciso fossero chiusi nelle segrete del regno di Thranduil, ma era da giorni e giorni che tentava di evocare la propria magia e quello era il primo successo che era riuscita ad ottenere sino a quel momento. Sorrise debolmente, pur sentendosi stremata, per quel piccolo traguardo raggiunto, consapevole che fosse solo l'inizio. Stava per riprendere il suo personale allenamento fatto a bassa voce quando, dalla sua posizione seduta a gambe incrociate sul pavimento, scorse un'ombra stagliarsi dall'ingresso della sua piccola cella.
Quando sollevò il capo e lo sguardo verso le sbarre in ferro, Kat si ritrovò ad inarcare un sopracciglio nel riconoscere Tauriel ferma oltre queste. Quello che l'elfa silvana le rivolse era uno sguardo duro, diffidente ed indagatorio, che fece tendere i muscoli del corpo indolenzito della prigioniera prima che l’altra infrangesse il silenzio.
– Non sei ciò che dici di essere – esordì senza alcun calore, squadrandola da oltre le sbarre con un pizzico di alterigia nella postura.
Kat avvertì un brivido risalirle lungo la schiena, messa di fronte a quella che le suonò come un'accusa più che come una semplice affermazione, e subito le labbra le si tesero di un lieve mezzo sorrisetto pregno di tensione. Sudò freddo per i pochi istanti che seguirono, temendo d’essersi tradita in qualche modo, che il suo segreto di creatura di un’altra realtà fosse stato infine scoperto, e stava ancora cercando di capire se negare tutto l'avrebbe in qualche modo aiutata quando l'altra continuò.
– Ho avvertito della magia nella tua voce, poco fa.
Sorpresa, la giovane si ritrovò a schiuder le labbra, giacché le parve di distinguere un guizzo di curiosità nello sguardo del Capitano delle Guardie, ed al contempo si rilassò nel rendersi conto che non era della sua provenienza ciò di cui ella stava parlando. Finì persino per sorridere con più delicatezza, cosa che parve esser la causa di un fremito delle sopracciglia dell'altra.
– È una novità anche per me, in realtà – confessò candidamente, senza nemmeno provare a prendere in considerazione l'idea di mentirle, giacché sarebbe stato inutile – ..ma non avete nulla da temere, non la padroneggio affatto e, anche se fosse, non ho intenzione di usarla contro gli Elfi.
– Non lo farai nemmeno se ciò volesse dire tornare libera?
E Kat, sotto lo sguardo attento dell'altra, scosse il capo.
– No, perché non libererebbe i miei compagni – ammise, sollevando lo sguardo ad incrociare quello d'ella – ed io non intendo andarmene senza di loro.
Tauriel non le rispose subito ma rimase a osservarla, come assorta, per una manciata di secondi durante i quali alcuna emozione trasparì dal suo viso d'elfa silvana. Quando infine si decise a parlare, lo fece con la stessa cadenza di poc’anzi.
– La tua lealtà verso i tuoi amici è ammirevole... – e sembrò sul punto di aggiungere qualcos'altro quando la sua stoica e fredda espressione ebbe un fremito – Quello è sangue.
Kat inizialmente non capì, così inarcò un sopracciglio, ma non impiegò più di un istante prima di abbassare lo sguardo su di sé e comprendere su cosa fossero puntati i suoi occhi verdi.
– Sei ferita?
La giovane allora si mosse, sul punto di negare e darle dimostrazione della sua buona salute, ma fu a quel punto che ogni sua parola venne soppressa sul nascere da un tonfo caratteristico ed un'esclamazione allarmata.
– Ferita?! Quando? – proruppe la voce di Fili da oltre il suo campo visivo.
Con un sussulto che la fece incespicare per la sorpresa, Katla puntò lo sguardo fra le sbarre metalliche ed anche Tauriel si volse verso la cella accanto alla sua. Il nano doveva essersi attaccato alla porta per la foga ed il rumore di metallo che batteva contro il chiavistello si fece sentire una seconda volta, segno che il fratello minore doveva averlo imitato.
– Kat! – seguì difatti l'esclamazione di Kili – Kat, stai bene?! Dove sei ferita??
La diretta interessata rimase talmente spiazzata che non riuscì a far altro che fissare l'elfa silvana, altrettanto immobile, mentre l'imbarazzo esplodeva in lei, colmandola da capo a piedi e facendola arrossire sino alla punta dei capelli, e se già la situazione si stava tingendo d'assurdo, ben presto, proprio grazie alle alte voci squillanti dei due figli di Durin, le cose peggiorarono. In pochi secondi l'ampio antro della caverna venne colmato delle voci concitate dei nani della Compagnia che, avendo udito perfettamente le domande dei più giovani, espressero la loro apprensione al riguardo.
– Come ferita?
– Sarà la spalla..?
– Ancora?! Non è possibile!
– Oin! Che razza di guaritore sei?
– Resisti, Piccola Furia!
– Qualcuno chiami un vero guaritore!
E via dicendo.
In mezzo a tutto quel baccano Katla si sentì morire e il suo primo impulso fu quello di cercar di raggiungere la lama elfica portata da Tauriel al fianco per piantarsela direttamente nella giugulare, ponendo fine a quell'umiliazione.
Per riflesso, cercando di non fare movimenti bruschi o simili, si avvicinò alla porta della propria prigione, notando come l'aria indifferente, tipica degli Elfi, sfoggiata sino a quel momento dal Capitano della Guardia avesse lasciato il posto ad un'espressione stralunata e spiazzata, non meno corrucciata di quella che doveva avere lei stessa. 
– Ehi, fate silenzio! – cercò di riportare l'ordine l'elfa, ottenendo l'effetto contrario.
Tutto ciò che ebbe in cambio furono epiteti poco adatti ad essere qui riportati ed una serie di rimbrotti e recriminazioni sul trattamento che la gente del Reame Boscoso riservava ai loro prigionieri, per di più feriti.
Così, preda di un disagio pungente che andava minando la sua pazienza, la ragazza si ritrovò a volgere al Capitano della Guardia un mezzo sorriso contrito, prima di suggerirle con un gesto delle mani e mimando le parole, in uno slancio di premura disinteressato, di coprirsi le orecchie.
Seppur quella inizialmente inarcò un sopracciglio con espressione infastidita e scettica, quando comprese ciò che ella aveva intenzione di fare seguì il suo consiglio e si portò le mani ai lati del capo, facendo un passo indietro sul camminamento roccioso.
A quel punto Kat, schiarendosi la gola in un chiaro preludio, tornò a volgersi verso lo spazio aperto di fronte a sé e riempì i polmoni d'aria.
SHAZARA!! [4]
Urlò quell'unico comando più forte che poté, sovrastando così il baccano provocato dai suoi compagni, e la sua voce rimbalzò sulle pareti della caverna con un'eco che si spense dopo alcuni secondi di ritardo. In seguito a quell'esplosione di carattere in khuzdul, la seconda che si permetteva da quando il suo viaggio aveva avuto inizio, la giovane, afferrato ormai il proprio coraggio a due mani, non attese che uno dei nani si riavesse e si fece avanti per prima.
– Non sono ferita, sto bene! – esclamò con convinzione; si sentiva il volto in fiamme, ma continuò ugualmente, stavolta a voce meno alta ma comunque udibile da tutti – Ho solo... solo quelle cose da donna...
Il silenzio che seguì le fece desiderare di sotterrarsi definitivamente, ma se per un attimo aveva creduto che quella semplice spiegazione bastasse, dovette ben presto ricredersi.
– Quali cose? – chiese Kili, prima che si sentisse un improvviso tonfo attutito – Ahi! Ma che ti è preso?!
Fili doveva avergli appena dato uno scappellotto.
– Sei una vera testa vuota, fratello – lo redarguì, a voce più alta di quanto Kat avrebbe voluto – come fai a non saperlo: una femmina sanguina quando è fertile.
In reazione a quella verità, che ovviamente venne udita anche da altri, qualcuno sussultò, qualcun altro fece un verso di comprensione e si udì persino uno sbuffo che voleva dire tutto e niente e doveva appartenere senz'altro a Dwalin.
Ed ecco: ora la diretta interessata desiderò realmente scomparire dalla faccia della terra. 
– Siete due stupidi! – inveì al colmo del disagio, attraverso le sbarre, prima di nascondere il volto paonazzo fra le mani e rannicchiarsi nell'ombra.
Mai avrebbe dimenticato l'umiliazione provata quel giorno, lo sapeva.
Si era persino dimenticata della presenza di Tauriel, lì fuori, rimasta a guardarla per tutto il tempo e quando, con un colpetto alle sbarre, ella glielo rammentò, il modo in cui la scrutava tradì un'emozione che Katla non riuscì a definire.
– Ti farò portare dell'acqua.
Non le disse altro prima di lasciarla sola, scomparendo ancor prima che la ragazza comprendesse appieno il significato delle parole di lei, e quando ciò accadde non riuscì a far altro che pigolare un ringraziamento a mezza voce, prima di tornare a nascondere il viso in grembo.
Da quando avevano messo piede nel Reame Boscoso non gliene andava bene una.
Sperò ardentemente che Bilbo li tirasse fuori da lì prima che trovasse il modo di mettersi in imbarazzo da sola ancora una volta.


Bilbo aveva fame, ma non era una novità in quegli ultimi tempi, giacché l'unico modo che aveva per procurarsi qualcosa da mangiare nel Reame Boscoso era rubandolo agli elfi. Eppure non osava sgraffignare molto cibo, per quanto affamato fosse, perché la paura di venir scoperto era più forte del languore del suo stomaco e per questo, il più delle volte, si era dovuto accontentare degli avanzi rimasti nei piatti.
Erano trascorse così intere settimane, prima che il giovane hobbit riuscisse a trovare il modo di far evadere i suoi compagni dalle celle del regno degli Elfi Silvani. Fu durante la sera di Meleth en Gilith, la festa della Luce Stellare, che il nostro scassinatore agì, giacché era una ricorrenza speciale per il popolo degli Elfi e litri di vino giravano in gran quantità persino fra le guardie in servizio.
Così, quando il Custode si addormentò insieme ai suoi amici, Bilbo non ebbe poi molte difficoltà a sganciare il mazzo di chiavi dalla sua cintura ed a correre lesto su per le scale ed i passaggi che, dalla cantina, portavano nell'area delle prigioni.
La prima porta che aprì, col cuore in gola per la tensione ed il timore di venir scoperto da un momento all'altro, fu la cella di Katla, la più in basso di tutti. Appena la ragazza lo vide il suo volto si illuminò d’un sorriso tanto ampio che lo aiutò a rincuorarsi, in parte, per i rischi che andavano correndo.
– Sapevo che ce l'avresti fatta – mormorò, ammiccando in sua direzione e posandogli brevemente una mano sulla spalla – su, liberiamo anche gli altri.
E senza farselo ripetere, Bilbo procedette ad aprire le celle dei nani una dopo l'altra, non senza raccomandar loro di far silenzio di volta in volta. Balin e Thorin furono gli ultimi a venir liberati ed una volta che il capo della loro Compagnia uscì alla luce, lo hobbit accolse i suoi complimenti con un sorrisetto un po' imbarazzato, soprattutto per la pacca sulla spalla che ricevette dal nano. Tuttavia, quando gli occhi cristallini dell'Erede di Durin si posarono sulla ragazza alle spalle dello hobbit, essi si rivolsero uno sguardo talmente carico di tensione che nemmeno Bilbo poté non notarlo e anzi, se ne sentì quasi preso in mezzo, cosa che lo indusse a rimarcare la necessità di fare in fretta ed in silenzio.
Così la Compagnia di Thorin Scudodiquercia seguì il loro giovane scassinatore, il quale aveva avuto tutto il tempo di perlustrare e memorizzare i corridoi ed i passaggi che dalle prigioni conducevano alle cantine del Reame Boscoso, e non fu pertanto un caso se non incrociarono nessuno sul loro cammino. Nell'introdursi nelle cantine Bilbo incaricò Balin di tenere d'occhio gli elfi che vi giacevano addormentati per il troppo vino, riversi su un ampio tavolo, quindi raggiunta la stanza attigua in cui erano già state disposte le botti vuote, aveva esposto brevemente il piano.
I nani inizialmente non ne furono entusiasti, ma anzi, finirono per sollevare più d'una rimostranza al povero hobbit, il quale si spazientì e cercò un poco di sostegno nell'unico che avrebbe potuto far qualcosa riguardo la reticenza generale. E, grazie a tutti i Valar, Thorin si voltò verso i suoi, mettendoli tutti a tacere.
– Fate come dice – ordinò a bassa voce.
Gli altri nani allora, senza più un solo fiato, fecero come era stato loro detto e Bilbo sgambettò di qua e di là con una gran fretta, reperendo tutto ciò che riusciva a trovare per riempire le botti in cui i suoi amici si erano infilati ed evitare che questi venissero sballottati troppo durante la fuga per il fiume. Fu talmente preso dal suo intento che quando infine chiuse il coperchio di Balin, l'ultimo dei nani, egli si ritrovò a sbarrare gli occhi blu dinanzi al volto interrogativo di Katla. Era rimasta solo lei da “stivare” e richiudere, ma ogni cosa che in quella cantina potesse essere utile allo scopo, egli l'aveva già usata per gli altri nani e se ne sentì mortificato.
Tuttavia, ancora una volta, dopo che glielo ebbe confessato e se ne fu scusato, la giovane donna gli rivolse uno dei suoi mezzi sorrisi d'incoraggiamento.
– Non fa niente, non preoccuparti, non è così spazioso qui dentro – mentì lei, giacché nel suo barile poteva starci comodamente un nano della stazza di Bombur – ..dai, chiudi bene il mio coperchio, non vorrei bere durante il nostro piccolo viaggetto per il fiume.
L'ironia di lei lo fece sorridere e, pur ancora un poco incerto sul lasciare la sua amica senza protezione dagli urti, si decise a procedere. Una volta sigillata anche quell'ultima botte e rimasto solo nella cantina, si guardò brevemente intorno e tornò sui propri passi con l'intento di restituire le chiavi che aveva precedentemente sottratto al Custode. Invisibile grazie all'anello, fece appena in tempo a farlo che delle voci gli giunsero dalle scale e Bilbo, col cuore che gli batteva all’impazzata, tornò svelto svelto nella stanza dei barili ed azionò la botola.
Uno dopo l'altro, i suoi amici e compagni di avventure rotolarono nel fiume che scorreva impetuoso nella galleria sottostante e lo hobbit, quando anche l'ultimo scomparve, si rese conto di aver dimenticato il dettaglio forse più importante dell'intera vicenda: lui era ancora lì, da solo, senza nessuno che potesse aiutarlo a infilarsi in uno dei barilotti rimasti. Se avesse potuto farlo senza far rumore si sarebbe schiaffeggiato da sé, perché fra l'ansia e l'eccitazione della fuga si era proprio dimenticato di includere sé stesso nell'equazione.
– Siete in ritardo – borbottò una voce impastata dall'altra stanza – siam qui da tre ore ad aspettarvi, c'è poco da meravigliarsi se mi addormento dalla noia.
E il povero Bilbo, riavendosi d'improvviso dalle proprie autocommiserazioni, trattenne il fiato. A Gran Burrone aveva iniziato a studiare l'elfico e, durante la sua permanenza forzata a Reame Boscoso, aveva finito per migliorare inevitabilmente le proprie conoscenze, quanto bastava per comprendere il discorso che prese piede nella stanza attigua.
– C'è poco da meravigliarsi davvero – ribatté qualcun altro in risposta – facci assaggiare un po' del tuo sonnifero, Galion! E non importa che svegliamo il tuo amico, a quanto pare ne ha già bevuto a sufficienza!
Sporgendosi da dietro l'angolo per dare un'occhiata, allora lo hobbit vide gli elfi riprendere a bere fra loro e far festa, e la cosa lo indispettì un poco e lo sollevò al tempo stesso, perché lui era comunque in una brutta situazione mentre quelli si divertivano, ignari dei suoi affanni. Non ebbe tuttavia il tempo di rammaricarsene davvero che uno di loro sembrò rammentarsi il motivo per cui erano scesi fin lì e si avviò proprio verso Bilbo, il quale si fece lesto da parte, fuggendo nell'angolo più lontano della stanza.
– Perdinci, Galion! – vociò quello, già alticcio, esaminando il contenuto della cantina – Sicuro sian tutti qui i barili da inviare alle genti del lago? Sembrano un po' pochi.
– Son quelli, ve l'assicuro. Li ho accumulati io stesso e se non ti bastano puoi sempre andare a prendere quelli che stanno venendo svuotati in questo momento ai piani alti – ribatté l'altro, dall'altra stanza, con aria canzonatoria – d'altronde, potrebbe far bene alle vostre pigre ed esili braccia, faticare un poco.
L'elfo nella cantinetta abbozzò una smorfia.
– Ci penseranno domani – gli rispose, chiudendo infine la questione – Orsù, scarichiamo in fretta questi nel fiume, così possiamo tornare a far festa.
E, con sollievo dello hobbit, un paio di elfi si misero all'opera, allineando le botti per bene sul meccanismo della botola. Quando la azionarono ed esse presero a rotolare via, scomparendo nell'oscurità della grotta sottostante, Bilbo agì d'impulso e temendo di non avere un'altra occasione si gettò su uno dei barilotti più piccoli appena in tempo per venire inghiottito dal vano insieme ad esso.


I primi ad uscire dai barili furono Oin e Gloin, aiutati da un solerte ed infreddolito Bilbo, dopodiché vennero tirati fuori Thorin, Dwalin e Balin, in quest'ordine. Come il capo della Compagnia ebbe rimesso piede sulla solida terra, si guardò brevemente intorno, alla ricerca di qualche segno di un'inseguimento da parte degli elfi.
Era l'alba, la notte stava lasciando il posto ad una luminosità diffusa, ma il bosco intorno alle rive del fiume era grigio e tetro, complici le nuvole che coprivano tutto il cielo sopra le loro teste. Le botti di legno si erano ammassate in una piccola ansa del fiume coronata da un letto di ciottoli e legni strappati dall'ultima piena, permettendo alla Compagnia di porre fine a quella parte fin troppo burrascosa del loro viaggio. Non un nano era stato risparmiato dai sussulti e dai colpi dati dalle rapide, e persino Thorin si sentiva intirizzito ed infreddolito a causa dell'acqua che era filtrata all'interno del suo nascondiglio.
Ciononostante, accostandosi al loro intrepido hobbit, non mancò di complimentarsi con lui con un certo compiacimento per il risultato ottenuto. Erano tutti vivi e liberi dalle grinfie degli Elfi Silvani, e questo al figlio di Thrain bastava per considerare il piano di fuga un vero e proprio successo. Eppure, appena l'ultimo barile fu aperto e dal suo interno venne letteralmente tirata fuori l'ultima della Compagnia, il nano dalla chioma corvina si ritrovò ad accostarsi ai suoi compagni per sincerarsi, senza darlo a vedere, delle condizioni della ragazza.
Katla, sorretta a testa in giù da un nano per caviglia, gemette, e pareva stordita tanto e più di Bombur, rimasto riverso sulla riva dal momento in cui in tre erano riusciti a tirarlo fuori dal suo barile, bagnato fradicio. La giovane donna pareva asciutta ed intera, e persino il colorito sul suo volto iniziò a tornare lesto, seppur in gran parte fosse dovuto alla sua posizione sottosopra.
– Che..che fate? Mettetemi giù, dannazione..! – protestò dopo una manciata di secondi infatti, non tradendo le aspettative di molti e prendendo a divincolarsi, seppur fiaccamente, a mezz'aria.
Le sue proteste vennero ascoltate e Dwalin e Kili la rimisero a terra, lasciandole lo spazio necessario per rimettersi in piedi senza per questo perderla di vista un solo momento. E difatti, come se il fato non volesse tradire i timori del gruppo, appena ella tornò a poggiare il suo peso su entrambe le proprie gambe, un ginocchio le cedette e Thorin quasi sussultò nel vederla piegarsi su sé stessa. Sarebbe ricaduta a terra se Fili non le fosse comparso accanto, agguantandola al volo insieme al fratello minore prima che ciò accadesse.
Seppur sollevato che i suoi nipoti avessero tali buoni riflessi, di fronte a tale premura Thorin non poté far a meno di corrucciarsi in volto e distogliere nuovamente lo sguardo, sopprimendo sul nascere una fastidiosa ed ormai nota sensazione pungente al centro del petto. Si allontanò di qualche passo, intenzionato a salire al di sopra di un rilievo roccioso adiacente alla riva del fiume con lo scopo di far il punto della situazione e decidere come procedere da lì in poi, quando, a metà del suo intento, venne raggiunto da Balin.
L'amico e compagno di Erebor, affiancandolo, lo mise al corrente delle condizioni della Compagnia.
– Be', è andata bene – esordì – ne siamo usciti tutti interi e, per quanto siamo tutti abbastanza infreddoliti ed affamati, la maggior parte sembra già in grado di riprendere il cammino – il consueto dondolio affermativo del capo imbiancato di Balin a quel punto cessò, mentre il nano andava a scoccare un'occhiata al resto della Compagnia, ancora fermo più in basso – ..i più provati sembra siano Bombur e Nori, ma anche la giovane Katla deve aver preso una brutta botta ad un ginocchio, perché pare non riesca ad appoggiare bene il peso sulla gamba destra. Oin le ha dato un'occhiata e ha detto che non è rotto, ma zoppicherà per un po'.
Thorin, il cui sguardo raramente s'era discosto dal paesaggio che si estendeva innanzi a lui, annuì con un cenno del capo. Dinanzi i suoi occhi di diamante il fiume scivolava gorgogliante e sinuoso fra gli alberi al pari d'un grosso serpente, colmando il suo letto quasi per intero e ripiegando in ultimo verso destra. La sua foce non era visibile, celata, così come il lago, dalla selva che si estendeva tutto intorno a loro, fra le alture e la piana ad Est.
Purtroppo, si rese conto di non saper dire quanto distasse Lago Lungo, né quanto avrebbero ancora dovuto camminare prima di giungere ad Esgaroth.
Voltandosi a guardare i suoi compagni più in basso, intenti a rimettersi in piedi o a sgranchirsi, Thorin non poté ancora una volta non soffermarsi su Kat, ritrovandola seduta su un piccolo masso a pochi metri dalla riva. Pareva star bene, tutto sommato, mentre era intenta a massaggiarsi una gamba.
E Fili e Kili erano ancora al suo fianco.
Osservandoli brevemente mentre parlavano e scherzavano con la ragazza, l'Erede di Durin si ritrovò a serrare una mano a pugno lungo il fianco, ma quando tornò a parlare a Balin la sua voce era pacata e seria come al solito.
– Quando saremo pronti riprenderemo il cammino – affermò, prima di scoccare all'amico un nuovo sguardo penetrante – e dì ai miei nipoti di lasciar riposare Katla e di raggiungermi: ho bisogno di parlargli.
Balin annuì di rimando e lo lasciò, tornando dai loro compagni, ma Thorin non rimase solo a lungo nella sua contemplazione dell'orizzonte che andava schiarendosi. Un paio di minuti dopo Fili e Kili lo raggiunsero.
– Volevi parlarci, zio? – gli chiese Fili per primo, non appena lo ebbe affiancato.
Egli annuì ma attese che anche Kili, pochi secondi dopo, li raggiungesse, prima di parlare.
– Ci dirigeremo alla città di Esgaroth – annunciò loro – e una volta entrati, ci procureremo le provviste e le armi necessarie per proseguire il viaggio.
– Sei sicuro che gli Uomini del Lago ci aiuteranno? – gli domandò ancora Fili.
Osservando la preoccupazione sul volto barbuto del suo erede, Thorin scosse il capo.
– Non lo sono, ma non abbiamo alternative.
Osservando i suoi famigliari farsi più cupi e pensierosi, Thorin lasciò loro il tempo di metabolizzare quelle informazioni, prima di aggiungere: – C'è un'altra cosa..
I due allora si scambiarono uno sguardo incerto ed ansioso, ma tornarono a sostenerne lo sguardo in tacita attesa.
– Fra tutti, voi due sembrate esser quelli che più si sono avvicinati alla giovane Katla – affermò Thorin, osservandoli in volto di rimando – quindi saprete senz'altro dirmi in che misura ella sia in grado di proseguire il viaggio verso la Montagna. E voglio che mi diciate la verità, per il bene di lei quanto per quello della nostra impresa.
I suoi nipoti indugiarono un istante, ma poi fu Kili il primo a farsi avanti, con quei suoi modi caratterizzati dalla semplicità e dall'ingenuità della sua ben giovane età.
– Zio – esordì, abbozzando un sorriso per stemperare la tensione – Kat è una di noi e non lo dico soltanto perché le sono affezionato. Ella è forte e testarda e ha dimostrato più di una volta di che tempra sia fatta.
A quel punto Fili annuì: – Kili dice il vero, zio: la nostra Piccola Furia non si farà certo abbattere da una piccola corsa giù per il fiume.
I due fratelli si sorrisero, compiaciuti e divertiti al contempo, e a Thorin fu infine chiaro l'affetto ed il rispetto che nutrivano per quella giovane figlia degli Uomini. E, per quanto potesse attribuirne certamente la causa in parte alla giovane età dei suoi consanguinei, non riuscì a sorprendersene troppo, perché aveva imparato a conoscere un po' anche la diretta interessata. Tuttavia, ciò non bastò a convincerlo o a rasserenarlo del tutto, giacché, per quanto poco volesse ammetterlo, i sentimenti che provava per quella creatura erano più profondi e personali di quelli dei suoi parenti.
– Questo non è sufficiente – ribatté, inamovibile, fissandoli con intensità – Vi sto chiedendo se, obiettivamente, per voi sarebbe in grado di affrontare con successo il drago che dimora nella Montagna.
Fili e Kili esitarono e questo fu sufficiente per far capire a Thorin di aver insinuato il dubbio nelle loro menti. Nello sguardo che si scambiarono, il loro zio vide finalmente i suoi stessi timori e questo gli bastò per dar conferma della legittimità delle proprie preoccupazioni al riguardo. Fili allora si voltò e stava per rispondergli qualcosa, quando un'esclamazione attirò la loro attenzione.
I tre nani si voltarono appena in tempo per vedere, sull'altra estremità dell'argine del fiume, la figura di un uomo stagliarsi nella luce del primo mattino, incoccando lesto una freccia al suo arco e puntandola verso Dwalin, che s'era messo in mezzo fra questi e Katla.
– Fate una sola mossa e siete morti – ingiunse a tutti loro l'arciere, minaccioso.
Era vicino a Kat. Troppo vicino.
Come Kili accennò a muovere un muscolo, Thorin gli afferrò la spalla con presa salda, mentre il resto del suo corpo era già fattosi di pietra. L'attimo dopo scosse con discrezione il capo nell'incrociare lo sguardo stupito dei suoi due nipoti ed eredi: non potevano rischiare, erano troppo lontani per poter far qualcosa.
La situazione di stallo si protrasse alcuni secondi, ma fu Balin ad infrangere la tensione.
– Sei di Pontelagolungo, vero? – domandò il nano dalla barba bianca con un'artefatta disinvoltura che stemperò gli animi – Quella tua chiatta... è possibile noleggiarla?
E Thorin, nella breve pausa di silenzio che seguì, ringraziò silenziosamente il proprio compagno per la sua intraprendenza e l'ottimo spirito d'osservazione. 


continua...




~ LEGENDA ~

Grassetto = titoli.
Corsivo = evocativo (flashback, canzoni, citazioni, parole in altra lingua o toni dal timbro particolare).
MAIUSCOLO = toni alti.
[1, 2, 3..] = si tratta di annotazioni e/o traduzioni che aiutano il lettore a comprendere al meglio il testo. Basta sostarvi sopra con il mouse perché compaia la nota cui fanno riferimento.
[*] = facendovi click con il mouse aprono il link al video cui il testo fa riferimento (musiche, canzoni, ecc).


» Note:
1. "Aaye [..] Naa rashwe?" = "Salve/Ciao [..] C'è qualche problema?" in lingua elfica.
2. "Naa tanya nissë" = "È quella donna " in lingua elfica.
3. "Uuma dela" = "Non preoccuparti" in lingua elfica.
4. "Shazara" = "Silenzio" in lingua khuzdul.

   
 
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