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Autore: Mercurionos    23/11/2020    1 recensioni
ULTIMO CAPITOLO: Alba e Cenere:
E lì, nell’ombra silenziosa e fredda,
sotto lo scampanellio della pioggia,
Vegeta volse lo sguardo alle proprie spalle,
e la vide.
L'Impero Galattico di Freezer, tirannico dittatore di tutto ciò che esiste: un periodo oscuro e inenarrato. Il rinnovato nucleo dell'impero attende tre guerrieri saiyan, gli ultimi della propria specie, predestinati a mostrare il proprio valore all'Universo. A partire dagli ultimi giorni del Pianeta Vegeta, fino a quel fatidico 3 Novembre, e oltre, nel massimo rispetto del magnifico Manga di Akira Toriyama.
Parte di "Dragon Ball: Sottozero", la vita dell'eroe che non abbiamo visto crescere.
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Freezer, Nappa, Nuovo personaggio, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dragon Ball - Sottozero'
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Capitolo 18 – L’Ultima Goccia, Parte 1 – Anno 2, 6/36 Ventoso
 
Freddo. Buio. Soltanto i due spicchi di luna disegnati nel cielo di Neo Freezer illuminavano la notte. Il vento glaciale aveva smesso qualche ora prima di soffiare sugli scuri prati attorno alla Capitale. Qualche giovane soldato era ancora per le strade della città, incurante del domani, della fatica rappresentata dall’accademia, a trastullarsi di vetrina in vetrina in cerca di chissà cosa. Vicino al grande insediamento era impossibile vedere le stelle nel cielo notturno, tanta era la luce emessa dalle ricche strade piene di negozi e locali aperti fino a tardi. Lontano da tutto ciò sorgeva l’Istituto. Alcuni lo chiamavano accademia, altri semplicemente scuola, incapaci di comprendere la differenza tra i due lemmi: poco importava però, era il cardine attorno al quale ruotava la vita della città, se non di tutto il pianeta. Freezer aveva inaugurato la struttura lo stesso giorno in cui aveva presentato ai sudditi del suo Impero la nuova capitale, il nuovo centro del suo mondo. Milioni di persone si erano fiondate su Neo Freezer nell’arco di un anno, spinte dalla brama di possedere uno spicchio di paradiso, in nulla differenti da uno sciame di mosche attirate dalla frutta troppo matura. Erano nate altre città, sparse per tutto il pianeta: in riva al mare, ai confini del deserto, tra le nevi polari, immerse nella fitta natura dei tropici, praticamente ovunque, e tutto questo seguendo le scrupolosissime indicazioni dei ministeri. Neo Freezer era nato come il perfetto modello di paradiso in terra, e nessuno avrebbe mai avuto la possibilità di intaccare la nomea della nuova capitale dell’Universo. Inquinamento? Insesistente. Corruzione? Impraticabile. Crisi finanziarie? Impensabili. Ribellioni? Inattuabili. Ogni azione, ogni pensiero e desiderio del cittadino seguiva alla lettera lo splendido copione redatto dall’Imperatore e dai suoi ministri. Chi mai avrebbe rinunciato al proprio destino di felicità? Un folle, un dissidente, una semplice macchia facilmente cancellata e trascinata nell’ombra, dove in pochi giorni sarebbe stata dimenticata.
 
Il vento riprese a soffiare, la pacata brezza profumata dei boschi, che nel suo gelo pungente trasportava un fievole tepore vitale. Accompagnata dal refolo silenzioso, un’ombra strisciò lungo i margini della notte a passo spedito. Non un singolo rumore, il sibilo di un respiro, non v’era alcun rumore esalato dallo spettro. Compiva cento passi con un singolo scatto, svoltava serpentino agli angoli senza frusciare lo scuro mantello sul calcinaccio ruvido, né la polvere si alzava da terra al suo passaggio. L’etereo essere si fermò di colpo, guardingo ciondolò delicatamente il capo qua e là, ma nulla catturò la sua minuziosa attenzione. L’ombra si levò da terra come una foglia in balia del vento. Ondeggiò avanti e indietro sempre più vicina al cielo, poi una mano emerse dal suo corpo. Si attaccò ad una ringhiera di metallo, in cima a quel grosso edificio che aveva pian piano costeggiato, grazie alla salda presa si tirò sul tetto e poggiò i piedi sulle lucenti mattonelle. Si guardò ancora una volta intorno; alzò il capo verso il palazzo di fronte, un colosso d’acciaio da tremila finestre: non brillava alcuna luce oltre i muri dell’edificio. Con il favore delle ombre, si infilò in un ingresso vicino, conscia di essere impercettibile ammantata nelle tenebre e svanì.
 
L’ombra cominciò a camminare. I suoi passi ticchettarono tranquilli sul morbido lastricato del palazzo. Grandi finestre filtravano la luce lunare immergendo il lungo corridoio in un mare d’indaco. Arrivò ad un portone, due grandi ante di legno scuro con intarsi dorati, all’apparenza più robuste di qualsiasi lastra d’acciaio. In tutto quel castello, forse in tutta la città, non si trovavano porte simili. L’ombra allungò nuovamente la mano, poggiandosi alla maniglia dorata: la porta non era chiusa. Si spinse all’interno della stanza senza far rumore e richiuse il portone alle sue spalle.
La stanza enorme, larga almeno una trentina di metri, era sovrastata da una splendida cupola di trasparacciaio. Le due lune, brillanti nonostante nessuna delle due fosse piena, quella notte, illuminavano il salone quanto bastava per potersi orientare al suo interno. Non che ci fosse molto arredamento nell’ufficio personale di Freezer.
L’ombra si inchinò poggiando un ginocchio in terra. Non alzò lo sguardo, e si limitò ad aspettare le parole dell’imperatore. Come mai prima di quella notte tardarono ad arrivare.
 
“Sei in anticipo, agente.”
Nessuna reazione da parte dell’ombra.
“No, non importa. Perlomeno posso ripartire qualche minuto prima del previsto. Oppure finire di godermi questo ottimo vino. Mai avrei immaginato di gustare tanto presto il nettare di questo pianeta. Ne vuoi un po’? Ah, certo che no, dopotutto sei in servizio. Torniamo a noi, dunque. R2-G7: fammi rapporto, parla liberamente.”
“Sissignore. Il periodo di interruzione delle attività accademiche è proceduto senza intoppi. L’inizio dell’attività nei nuovi quattro atenei procede come stabilito, al pari delle attività delle altre città.”
“Affluenza?” Chiese secco Freezer.
“Soltanto di poco inferiore alle aspettative. La causa di questo è stata attribuita ai risultati molto superiori ai pronostici dell’anno precedente, che apparentemente ha fatto demordere alcuni soldati. L’affluenza dall’orlo esterno resta bassa, come l’anno scorso.”
“Ininfluente. Per quanto riguarda gli idonei?”
“Circa del trentasette percento, signore.”
“Oh, quasi il doppio rispetto l’anno scorso, se ricordo correttamente.”
“Esatto, mio signore.”
 
Freezer si avvicinò lentamente all’ombra: “Ci sono altre notizie che potrebbero interessarmi, R2-G7?”
L’agente non rispose subito. I suoi occhi viaggiarono liberi per qualche istante, come se fossero stati in cerca di qualche appiglio. Poi si limitò a dire: “Niente di problematico.”
“NIENTE?!?” con un semplice gesto della mano Freezer tramutò l’aria attorno a sé in una solida arma. L’agente incappucciato venne scagliato contro la parete in fondo alla stanza, poco distante dalla lussuosa porta d’ingresso, dove si accasciò. Freezer attese che le piccole giare sulle mensole ai lati della stanza, uniche decorazioni di quell’austero ufficio, smettessero di tremare terrorizzate, poi riprese a parlare.
“Tu chiami il tuo lavoro un niente? Hai un singolo, maledetto compito, ed è questa l’importanza che gli dai?”
“Lord Freezer.”
“Su, avanti, giustificati. Sono curioso di sapere come pensi di agire.”
“Lord Freezer, se fa riferimento alla temporanea assenza di Vegeta, non ha di che preoccuparsi.”
“Ah, ma davvero? Illuminami, dunque.”
“Vegeta ha trascorso per intero il periodo di pausa sul pianeta Brench. Lì è stato affidato quotidianamente alla supervisione di un alto ufficiale dell’esercito… Facente parte della squadra Ginyu, oltrettutto.”
 
Freezer ammutolì. Persino per i suoi collaboratori più stretti, era fatto parecchio strano poter vedere l’imperatore sorpreso, men che meno non negativamente.
“Ah, è così… Ora che ci penso, è proprio Gis a venire dal pianeta Brench, non è così?”
“Sì, Lord Freezer.”
“Fu fu fu… Sarà allora che sono stato informato malamente? Che strano…”
L’agente alzò la testa di scatto. Freezer era a pochi centimetri dal suo volto; allungò una mano e strinse tra le dita le giovani guance dell’ombra incappucciata. Guardò a lungo il proprio agente negli occhi vitrei, prima di lasciarlo andare.
“Vorrà dire che ti devo le mie scuse, allora. A quanto pare non meriti una punizione, se non delle lodi.”
Dalla scura mantella provennero alcuni colpi di tosse: “No, Lord Freezer. Ho semplicemente svolto il mio dovere.”
“A quanto pare è proprio così. Ti concedo un mese di pausa, chiamiamolo un… indennizzo per il mio disdicevole comportamento. Ci siamo capiti?”
L’agente si chinò in terra: “Sì, mio signore. La ringrazio.”
“Hai altro da dirmi?”
“No, mio signore.”
“Nulla? Niente di niente?”
“No, Lord Freezer.”
Freezer si voltò. Alzò il capo, cercando oltre la grande cupola trasparente qualche stella nel buio cielo notturno. “Puoi andare.” L’imperatore udì un debole fruscio alle proprie spalle e, quando si voltò la figura nel mantello viola era svanita.
 
Il vento aveva ripreso a soffiare. Turbini vorticosi spazzarono l’aria dei campi di addestramento attorno all’istituto, portandosi addietro non pochi granelli di sabbia e di polvere. L’aria trascinò con sé un odore morbido e pungente, un profumo distante, che non era di casa in quei luoghi. Tornato sul tetto dell’istituto, l’agente alzò lo sguardo al cielo. Rimase immobile, e passarono i secondi. Poi un lampo di luce illuminò il suo pallido volto. Poco dopo ancora si sentì un boato in lontananza, grave e roboante, e assieme ad esso il cielo si squarciò. Sul mantello viola scuro cadde una goccia d’acqua, trasformata subito in una macchia scura dal poroso tessuto. Altri minuscoli, silenziosissimi picchiettii si levarono dal terrazzo, sempre di più, sempre più chiassosi e divertiti. Il concerto di tintinnii cominciò a scrosciare in lungo in largo su ogni superficie, coprendo ogni altro rumore. Stretti ruscelli si formarono ai margini dell’edificio, si lanciarono in fretta oltre il cornicione, diretti verso il basso. La luce delle due lune venne imprigionata oltre la spessa coltre di nubi apparsa all’improvviso e il mondo cadde nel buio sotto i colpi battenti della fredda pioggia. La figura con il cappuccio recante lo stemma dell’esercito imperiale era svanita, il mantello avvolto nelle dense tenebre della notte, i suoi passi occultati dal clamoroso fragore del temporale.
 


Note dell’Autore:
Eccoci tornati alla storia principale (più o meno) dopo la parentesi Yamoshi (che fa parte della serie, quindi vi invito a leggerla, è molto importante, più di questa storia), e sono davvero contento che sia stata apprezzata. Inoltre, ringrazio tutti quelli che mi hanno supportato e confortato in questo periodo. Previa sembrare ipocrita, non mi perderò in note dell’autore lunghissime per poi dire che tutto ciò non abbia gravato sul mio umore (e sul mio fisico) perché l’ha fatto e non voglio subire in silenzio come al solito.
 
Cosa ne pensate di tutto questo intrigo e mistero? Ce lo vedete Tom Cruise in mezzo a tutto questo? Ah no? Tom Holland? Nemmeno? Tom Marvoloson Riddle? No, aspetta, quello non esiste… Allora fatemi sapere perché con una recensione, tutti i commenti sono ben apprezzati! Tranquilli che se mi recensite criticamente non vi accuso di cyberbullismo! Viva la libertà di parola! Viva Bulma! Che c’entra?!? Tutto!!!
 
Si intravede un pessimo mistero all’orizzonte che l’autore teme non piacerà a nessuno? Tanto quello uscirà fra venti giorni! Non perdetevi assolutamente il seguito!
 
Grazie a tutti per aver letto questo capitolo!
   
 
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