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Autore: Picci_picci    23/11/2020    4 recensioni
Sono passati mesi da quando Ladybug e Chat Noir non si vedono più. Solo una muta promessa li unisce: non scordarsi mai l’uno dell’altra. Vanno avanti nel loro presente, ma continuano a vivere nel passato e nel loro ricordo. Marinette, ormai, è a tutti gli effetti la stagista personale di Gabriel Agreste, praticamente il Diavolo veste Agreste nella realtà, e Adrien sta tornando da Londra per imparare a gestire l’azienda di famiglia.
Cosa mai può andare storto?
Tutto, se ci troviamo alla maison Agreste.
Mettetevi comodi e preparatevi a leggere una storia basata sulle tre cose indispensabili di Parigi: Amore, Tacchi alti e...là Tour Eiffel.
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"Perché l'amore è il peggiore dei mostri: ferisce, abbandona, ti rende pazzo, triste ed euforico allo stesso tempo. Ma è anche l'unica cosa bella che abbiamo in questa vita."
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'L’amour'
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Il servizio fotografico? Era stato più semplice del previsto, in realtà. Dopo le prime incertezze, aveva preso confidenza con la macchina fotografica e stava risultando più semplice del previsto posare (soprattutto grazie al fondotinta super coprente che non mostrava quanto in realtà era arrossita). 

Adesso, i due Agreste erano davanti al monitor per giudicare con occhio critico le foto di lei, mentre Marinette era ancora al centro del set, circondata da luci bianche accecanti e sfondi rosa pastello.

“Tesoro, sei stata fantastica!”, esclamò Paul che per tutto il tempo aveva fatto il tifo per lei. Gli mancavano solo i pon pon e sarebbe stato un cheerleader fantastico.

“Grazie”, rispose lei con un sorriso.

Si avvicinarono ai due Agreste e Marinette stette attenta di non incrociare lo sguardo verde di Adrien.

“Sei pronta?”, chiese Gabriel alzando un sopracciglio.

“A?”

Lui scosse la testa, “a volte mi chiedo perché ti ho assunto… L’intervista.”

“Ah”.

“Andiamo.”

Non ebbe nemmeno il tempo di cambiarsi che l’accompagnarono in una piccola stanza, con enormi finestre che davano sulla Ville Lumière. Insieme a Gabriel si sedette su un divanetto bianco, di fronte ad una donna sui trentacinque anni che sedeva su una poltrona.

“Buongiorno”, disse la donna sistemando il suo blazer grigio abbinato ai jeans slavati, “sono Madeline.”

“Buongiorno”, rispose secco Gabriel con un cenno del capo.

Per sopperire alla mancanza di partecipazione di monsieur, Marinette si stampò un sorriso in faccia e allungò la mano, “piacere, Marinette Dupain-Cheng.”

Madeline sorrise di fronte alla ragazza e le strinse con forza la mano, “la famosa stagista. Per me è un piacere conoscerti.”

In quel momento entrò Adrien e si appoggiò ad una delle finestre.

“Vuole unirsi, monsieur Adrien?”, chiese la donna portandosi una mano al caschetto castano.

Al ‘monsieur’, Adrien storse la bocca e scosse la testa, “non è per me questa intervista.”

Madeline annuì, anche se delusa: un intervista di Adrien Agreste andava sempre a ruba.

“Bene, iniziamo.”

Marinette aveva sempre pensato che le interviste fossero delle allegre chiacchierate; bè si era sbagliata completamente e lo aveva capito grazie a Ladybug e Nadia Chackman. Per questo lasciava gestire tutta quella parte di pubbliche relazioni a Chat Noir, lui era bravo, sembrava esserci nato con i giornalisti (e ora che sapeva la sua identità, sapeva perché); ma Chat Noir, alias Adrien Agreste, non sembrava volerle dare una mano questa volta.

Se la sarebbe dovuta cavare da sola.

In realtà, la maggior parte delle domande riguardavano Gabriel, il suo cambiamento e la sfilata della maison che era alle porte, e Marinette fu ben felice di intervenire poco e di parlare del suo lavoro.

“Allora Marinette”, esclamò Madeline con gli occhi celesti che brillavano, “abbiamo un alone di mistero intorno alla tua figura.”

Non andava mai a buon fine quando iniziavano così.

“Solo perché non mi conoscono, fidati, sono tutto tranne che misteriosa.”

Lei rise brevemente, “credo che sia l’ora di conoscerti, in questo caso. Raccontaci un po’ della tua famiglia.”

Marinette rise imbarazzata e iniziò a gesticolare, come faceva sempre quando era nervosa, “non c’è molto di cui parlare. Ho una madre e un padre come tutti. Mi sono sempre stati accanto e hanno sempre appoggiato le mie scelte; gli amo moltissimo, non so cosa farei senza di loro.”

“Capisco. Hai detto che hanno sempre appoggiato le tue scelte.”

“Sì.”

“Anche quelle sbagliate?”

Marinette inclinò la testa di lato.

“Secondo alcuni fonti, sei andata a convivere con il tuo ex ragazzo, il musicista Luka Couffaine, anche se vi frequentavate da poche settimane.”

Le si chiuse la bocca e lanciò un’occhiata ad Adrien: aveva le mani chiuse in un pugno, tanto che le nocche erano bianche, e la mascella rigida.

“Sì...è- è vero”, rispose con voce malferma.

“E come mai questa scelta improvvisa?”

Inghiottì a vuoto; lo faceva per la maison, solo ed esclusivamente per la maison. 

“Non così improvvisa come si pensa. Io e Luka ci conosciamo da quando avevamo quindici anni, sapevo chi era la persona con cui facevo questo passo.”

“Però è durata poco: sei mesi.”

“È vero.”

“È come mai?”

Strinse il tulle della gonna per avere qualcosa a cui aggrapparsi, “perché mi sono accorta che non era la persona giusta per me.”

“Basta così”, disse Gabriel autoritario, “la mia stagista non risponderà più a domande sulla sua vecchia relazione.”

Marinette guardò il suo capo, grata. Le sembrava un po’ impossibile, ma se Gabriel la stesse proteggendo?

“Certamente”, disse Madeline un po’ spiazzata dal tono di Gabriel, “ho un’ultima domanda per te, Marinette: c’è qualcuno nella tua vita? Qualcuno di speciale?”

“Probabile”, disse non osando guardarlo, “io lo spero.”

Madeline finì di appuntarsi la risposta e dopo si salutarono.

Riuscì solo a incrociare lo sguardo arrabbiato di Adrien, prima che la ragazza dal completo verde mela la portasse via per farla cambiare. 

Velocemente si svestì e indossò il suo abito rosa a vestaglia, mentre rispondeva al messaggio di Paul che le diceva che era tornato in maison per una urgenza più importante della nuova borsa di Louis Vuitton. Sciolse i capelli dall’ acconciatura, indossò le scarpe tacco dieci, prese la borsa e, dopo aver salutato tutti, uscì. 

“Non ti sei struccata?”

“No”, rispose monotona a Gabriel, “dov’è Adrien?”, aveva urgentemente bisogno di parlargli.

“È uscito qualche secondo fa.”

Lei spalancò gli occhi.

“Vai pure, ci vediamo dopo in maison.”

Lei non lo ringraziò ne disse niente, iniziò solo a correre in direzione delle scale.

Le fece di corsa, così come l'atrio dell’edificio e uscì in strada. Guardò a destra a sinistra finché non vide una testa bionda che camminava verso una Corvette nera.

Adrien.

Corse verso di lui e lo chiamò a gran voce.

Lui si bloccò e, lentamente, si girò verso di lei che gli finì addosso.

Adrien la prese al volo, indugiando più del dovuto sui suoi fianchi.

“Prima o poi mi farai prendere un colpo”, disse mettendola ritta sui suoi piedi, “perché corri sui tacchi? Potresti farti male.”

“Adesso sembri mia madre”, disse lei con un sorriso, “e comunque è a causa tua, sei sparito.”

Gli occhi di Adrien si scurirono e la rabbia tornò prepotentemente. Pensare alla sua lady con quel musicista da quattro soldi, a lui che la bacia, a lui che la tocca, a lui con lei nel suo letto… Strinse le mani in due pugni, “fidati, è stato meglio.”

“Adrien”, disse lei mettendo una mano sul pugno chiuso.

Lui puntò i suoi occhi arrabbiati su di lei e Marinette si sentì sprofondare, “perché?”

“Perché, cosa?”

“Perché sei andata a convivere con lui.”

Non era una domanda, era una richiesta, voleva una risposta.

Marinette lasciò la mano dell’amato e improvvisamente si sentì la timida ragazzina di quattordici anni.

“Pensavo che… pensavo che fosse il miglior modo per scordarti.”

Adrien guardò gli occhi celesti lucidi, contornati dal trucco scuro, “davvero?! Peccato non saperlo prima, sarebbe potuto servire anche a me.”

Lei scosse la testa, “ti prego, Adrien-”

“Ti prego, cosa?! Io mentre ero a Londra ho sofferto, mi sei mancata da morire, ma non ho mai, e dico mai, pensato o sfiorato un’altra ragazza. Invece, tu… Cavolo se penso che siete stati insieme sei mesi, mi verrebbe di picchiarlo a sangue.”

Lei cercò di soffocare un singhiozzo, ma non ci riuscì. Premette forte la mano davanti alla bocca perché non voleva crollare davanti a lui, non sarebbe crollata davanti a lui.

Adrien si sentì improvvisamente svuotato di ogni energia guardando quegli occhi celesti che stavano soffrendo e dai quali stavano scendendo delle lacrime.

“Devo andare”, esclamò lui aprendo la portiera della macchina.

Marinette non fece niente per impedirglielo.

***

Adrien entrò in maison che era praticamente sera; aveva bisogno di controllare dei bilanci e sperava di non incontrare Marinette, anche se, conoscendola, sapeva che l’avrebbe incontrata alla sua scrivania, con lo sguardo basso e pronta a parlargli.

Per questo rimase sorpreso quando non la trovò, era tutto spento, ma, in compenso, l’ufficio di suo padre era illuminato.

Una volta che si fu palesato al cospetto di Gabriel, quest’ultimo iniziò a parlare, “che è successo?”

“A cosa ti riferisci?”, disse lui lentamente, sedendosi di fronte alla figura del padre.

“A Marinette. L’ho lasciata che correva per le scale rischiando di rompersi l’osso del collo pur di parlati e, dopo quindici minuti, mi arriva un messaggio da parte di Marinette che mi chiede di poter lavorare da casa.”

Adrien sospirò.

“Ti avevo detto che se avresti fatto qualcosa a Marinette, ti avrei rinchiuso in casa.”

Il biondo scosse la testa, “ho esagerato lo ammetto, ma lei è stata con quel..quel…musicista”, disse con veleno.

“Chissà perché, ma penso che musicista non sia la parola che volevi utilizzare.”

“Perché è vero, volevo solo essere educato.”

“Bene, allora per essere educato anche io, ti dirò che sei un coglione.”

Adrien guardò sconvolto suo padre. Se Plagg fosse stato lì, avrebbe dato ragione a Gabriel.

“Marinette è stata molto male, sia durante la convivenza che dopo. Non mi ha voluto raccontare tutta la verità, ma stava così perché una persona importante l’aveva lasciata. So cosa vuol dire quando una persona che è l’intero tuo mondo scompare dall’oggi al domani.”

“Papà…”

“Gli ho solo dato una mano, tutto qui.”

Adrien appoggiò gli avambracci sulle ginocchia, “hai fatto molto di più: gli sei stato accanto quando io non ho potuto. Adesso capisco perché siete così uniti.”

Gabriel annuì e portò davanti al viso le mani congiunte, “c’è solo una cosa che mi sto domandando.”

“Dimmi.”

“Perché sei ancora qui?”

Padre e figlio si sorrisero a vicenda, “sarà meglio che rimedi, se non voglio di nuovo essere rinchiuso in casa.”

“Ti conviene, non stavo scherzando.”

Lui si alzò dalla sedia e si avviò verso l’uscita, “papà?”

Gabriel lo guardò con gli occhi grigi che luccicavano, “grazie, davvero.”

***

Marinette sistemò la montagna di fazzoletti di carta accartocciati nel cestino e posò la bottiglia di vodka alla pesca sulla scrivania.

Dopo che era tornata, cercando di trattenere tutte le lacrime, aveva chiamato Paul -sì, di nuovo- che dopo aver sentito la sua voce da “piccolo cucciolo bastonato”, testuali parole di lui, era venuto dopo un’ora con un pacco formato famiglia di fazzoletti e una bottiglia di vodka. 

Menomale che sua madre e suo padre erano fuori per un catering perché sennò non sarebbe mai riuscita a scappare dall’interrogatorio di Sabine.

Aveva passato il resto del pomeriggio a piangere e a bere insieme ad un Paul più triste di lei per la reazione del biondo.

Ah, Adrien! Perché le faceva sempre lo stesso effetto? Cavolo, aveva decisamente esagerato con la vodka. Al diavolo Paul con i suoi problemi di alcolismo! Menomale era andato a casa sua, perché se avrebbero continuato di quel passo, si sarebbe presa una sbronza mega galattica e domani a monsieur che gli avrebbe raccontato?

Scusi, ieri sera mi sono ubriacata con un altro suo dipendente perché ho litigato con suo figlio? No, decisamente, non sarebbe stato l’ideale.

“Esci un po’ fuori, ti farà bene un po’ d’aria”, consigliò Tikki.

Marinette annuì e, dopo aver indossato sopra i leggins neri un maglione rosso, uscì sul suo terrazzino. Accese le luci e, come un flashback, si ricordò che grazie a quella catena di lucine, lei aveva avuto l’occasione di rivederlo, pochi giorni prima. Sembrava passata un’eternità da quel breve incontro di occhi.

Sentì una folata di vento alle sue spalle e si strinse le braccia con le mani.

“Ti sei arrugginita. Un tempo avresti capito subito che ero io.”

Il cuore le prese a battere più velocemente, ma cercò di non farglielo notare.

Rimase di spalle, come bloccata, “forse è perché non ti sento arrivare da troppo tempo. O forse non volevo illudermi.”

Lui sorrise anche se lei non potè vederlo. Con una lentezza disarmante la girò verso di lui e la guardò in quei grandi occhi celesti che ora erano limpidi come un cielo in piena estate e leggermente rossi.

Lei aveva… aveva pianto per lui.

Nella sua testa, Adrien, si insultò nei peggiori modi possibili. Come aveva potuto essere la causa della sua tristezza? Come aveva potuto ferirla?, lei che era la sua musa, la cosa più bella che avesse mai visto, il suo tutto e il suo nulla, lei che era il suo sorriso e il suo cuore.

Le prese il viso tra le mani e la baciò, la baciò come se fosse la sua ultima occasione per farlo. Assaggiò quelle labbra che aveva desiderato per anni, finalmente aveva scoperto che sapevano di miele e non di ciliegia come aveva pensato la prima volta che l’aveva vista.

Mordicchiò quelle labbra così soffici e piene, così da Marinette, e si beò di quella sensazione come un assetato che dopo lunghi giorni riceve da bere.

Si staccarono dopo infiniti attimi, tutti e due con il fiatone, ma con le fronti che si toccavano ancora. 

Adesso, anche le labbra di Adrien sapevano di miele e, era sicuro, quel gusto, d’ora in avanti, sarebbe stato il suo preferito.

Marinette lo guardò da sotto in su, non osando muoversi, “è successo veramente? No, perché Paul mi ha fatto bere un quantitativo di alcol che mi basterà per il prossimo anno e-”

La risata di Adrien, la interruppe, “fortunatamente è tutto vero.”

“E perché non sento Plagg con una delle sue battute brillanti?”

“Sulla battute brillanti di Plagg, potremmo stare ore a discuterne, my lady, ma se hai notato, sono qua vestito con una tuta nera e delle orecchie da gatto.”

Lei rise, “bè, mi piacciono le tue orecchie da gatto.”

“Vorrei vedere, my lady”, disse tornando ad assaggiare quelle labbra al sapore di miele.

Il sapore più dolce che avrebbe assaggiato per il resto della sua vita e che sarebbe stato solo suo.



Angolo autrice
Scusatemiii, sono imperdonabile: di nuovo di ritardo. Mi spiace, ma in questo sono identica a Marinette, due ritardatarie croniche!
Ebbene sì, dopo dieci e lughi capitoli, siamo arrivati a l'agognato bacio che tutti stavamo aspettando. 
Ma non pensate che sia finita qui, i nostri protagonisti dovranno affrontare qualche altro problemino ;)
I commenti li lascio a voi e, come sempre, grazie per essere arrivati a leggere fino a qui.
Un bacio,
Cassie
   
 
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