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Autore: lapacechenonho    25/11/2020    2 recensioni
L’anziana coppia che abitava ormai quella casa da moltissimi anni, era seduta nella veranda che molto tempo addietro era stato uno degli elementi fondamentali per la scelta dell’abitazione. Per volere di lei, ovviamente, lui si sarebbe accontentato di vivere sotto un ponte purché al suo fianco ci fosse lei. Si godevano la brezza fresca di quel primo settembre, una data che nel tempo era stata un momento importante, e adesso riguardavano a tutti quei momenti con un pizzico di malinconia tipico degli anziani quando ripensano alla loro vita.
Questa storia partecipa alla challenge “Things you said“ indetta da Juriaka sul forum di EFP
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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13- 006: Things you said when I was crying (Le cose che hai detto mentre piangevo).
 
La guerra era finita, le macerie della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts erano ancora un ricordo vivido in chi aveva partecipato alla Battaglia. Erano passati solo pochi giorni da quel fatidico due maggio, il giorno in cui il Mondo Magico era stato reso libero dalla minaccia di Voldemort, ma al tempo stesso moltissime famiglie avevano perso qualcuno di caro. Compresa la famiglia Weasley.
Il Ministero aveva insistito per fare una cerimonia comune per tutti i defunti della Battaglia, poco prima che la cerimonia iniziasse, Ginny si fermò a guardare le lapidi di Fred, di Tonks, di Lupin, di Colin e di Lavanda. Le sembrava impossibile che fino ad una settimana prima quelle persone fossero accanto a lei e adesso non ci fossero più. Era uno strano scherzo della vita, metterti accanto le persone migliori e poi strappartele come se nulla fosse. Si concentrò sulla foto di suo fratello Fred, la persona che l’aveva fatta ridere più di tutti, il fratello che era sempre pronto a tirarti su di morale, a farti una battuta per farti sorridere, a richiamarti se studiavi troppo, proprio lui non c’era più. Tra tutte le persone che la guerra avrebbe potuto prendersi, aveva scelto lui e la sua risata.
Il ricordo del suo corpo steso nella Sala Grande era ancora vivo, ricordava George che chiamava Fred dall’ingresso della Sala per raccontargli chissà cosa e ricordava anche la sua espressione nel vedere l’esatta copia di sé stesso riversa a terra. Un corpo senza vita, senza più scopo, freddo, come il marmo del pavimento su cui era appoggiato.
Gli occhi cominciarono a riempirsi di lacrime, quelle che aveva cercato di nascondere in tutto quel tempo, d’improvviso sentì il mondo farsi più piccolo intorno a lei e l’aria iniziò a mancare. Lasciò la lapide di suo fratello e iniziò a correre, cercando un posto isolato da tutti. Superò un campanello di persone nell’entrata principale, corse attraverso corridoi deserti, sentì qualcuno chiamarla, probabilmente era sua madre, ma non se ne curò, doveva avere un momento solo per lei. Non seppe come ma finì nel cortile di Trasfigurazione, era deserto, si sentiva solo un brusio composto in lontananza ed il cinguettio degli uccellini che continuavano la loro vita ignari della tragedia che si stava consumando nelle mura circostanti. Finalmente iniziò a piangere come non aveva mai pianto da quando ne aveva memoria. Piangeva per Fred, per Tonks, per Colin, per Remus, per tutte quelle persone che aveva perso e che irrimediabilmente non avrebbe potuto riavere indietro.
La sua mente proiettò ricordi di quando era bambina, a volte capitava che Fred la prendesse in braccio e la facesse girare velocemente. Era una cosa che Ginny aveva sempre adorato. Forse da questo era nata la sua passione per il volo. Un altro flash improvviso: circa due anni prima a Grimmauld Place, i gemelli erano appena maggiorenni e si divertivano a smaterializzarsi anche quando non ce n’era bisogno. Le avevano dato fastidio, ma cosa avrebbe dato per riavere un solo attimo di quella serenità di nuovo.
«Ginny» la voce affaticata di Harry la raggiunse da dietro le spalle. Si girò per guardarlo, aveva il fiatone. Forse non era stata sua madre a chiamarla, forse era stato lui. «Stanno per iniziare» disse solamente.
Ginny era seduta sul gradino di marmo, un raggio di sole la colpiva ma non scaldava, tanto era il freddo che sentiva dentro di sé. Non ripose immediatamente ad Harry, si affrettò ad asciugarsi le lacrime e a guardare il cielo primaverile.
«Ginny» la richiamò. Senza chiedere il permesso si sedette accanto a lei e vedendo in quale stato fosse appoggiò una mano sul ginocchio. Non si erano parlati da dopo la Battaglia, erano state ore così frenetiche e strane che nessuno dei due aveva pensato all’altro. Erano entrambi persi nel loro dolore. Fu Ginny che si lanciò sul petto di Harry e diede libero sfogo ad un pianto che per troppo tempo aveva taciuto.
I ricordi con Fred si erano fatti più prepotenti, le partite di Quidditch, l’inaugurazione dei Tiri Vispi, gli scherzi architettati insieme contro Percy. Si aggiunsero quelli di Tonks, il suo essere goffa, il suo saper far sorridere anche semplicemente cambiando la forma delle proprie labbra o il colore dei capelli. Harry la strinse forte accarezzandole i capelli dolcemente di tanto in tanto le sembrava che li baciasse, ma Ginny non era più sicura di niente.
«Mi dispiace» cominciò. «Di solito per confortare si dice che andrà meglio, ma quando perdi una persona così vicina a te non è vero. Per un periodo andrà male, perché la ferita è ancora fresca, poi andrà peggio perché penserai di averla superata ma ci sarà quell’oggetto, quell’insulso oggettino dimenticato sul fondo del baule che ti ricorderà di Fred. E i ricordi ritorneranno a galla, sentirai chiaramente le sensazioni che stai provando adesso e cercherai di relegarle in un angolo in fondo al cuore perché devi andare avanti con la tua vita. Lo so che vuoi sapere che passerà, ma non passerà mai del tutto. Sarà con un dolore che va e viene, alcuni giorni sarà più forte, altri meno. Mi devi promettere una cosa però: quando il dolore sarà più forte, permettiti di piangere».
A quelle parole Ginny iniziò a singhiozzare sul maglione leggero di Harry, bagnandolo di lacrime e impregnandolo del suo dolore. Non le importava che non era sola e che Harry poteva vederla, non le importava che la funzione sarebbe iniziata da lì a pochi momenti e lei non sarebbe stata presente, voleva solo piangere e urlare, liberarsi di quel macigno che portava sul cuore.
«Come fai a saperlo?» chiese quando si fu calmata.
«Con Sirius è andata così» rispose lui atono. Ginny sollevò la testa e vide che anche lui aveva gli occhi lucidi, posò una mano sulla guancia dove c’era della barba ispida e poi, lentamente, si avvicinò a quelle labbra che le erano tanto mancate. Fu un bacio piccolo, leggero, come se volesse ringraziarlo. Poi si alzò, tolse la polvere dai pantaloni e insieme ad Harry tornò nel grande giardino di Hogwarts, dove ormai si era radunata una grande folla. Scorse le teste rosse della sua famiglia, uno più sconvolto dell’altro, il groppo in gola ritornò prepotentemente ma questa volta non lo fermò. Lo aveva promesso ad Harry.
 
«Avevi ragione» disse Ginny una volta che ebbe finito il suo racconto. «È un dolore che ti accompagna per tutta la vita. Pensa a quanto sarebbe stato orgoglioso di avere un nipote come James o Lily».
«O quanto avrebbe fatto i chiodi ad Al» si affrettò ad aggiungere Harry sogghignando.
«Sicuramente gli avrebbe fatto pesare il fatto di essere stato smistato a Serpeverde» convenne la moglie.
«E poi sarebbe rimasto deluso da Lily quando avrebbe scoperto che si sarebbe sposata con Scorpius Malfoy» completò Harry.
Gli occhi di Ginny erano velati da dolci lacrime malinconiche, era da tempo che non le capitava di pensare a Fred così intensamente e riprendersi dopo aver ricordato un momento così doloroso era sempre più difficile, nonostante gli anni passati.
«Dopo la guerra non è stato tutto rose e fiori» ricordò Harry mentre prendeva dell’uva dal cesto della frutta.
«Per niente. È stato il periodo in cui ho dubitato più di te» ammise senza troppe cerimonie Ginny. Col tempo aveva smesso di avere l’ansia di rivelare qualcosa al marito. «Durante quel periodo c’è stata almeno una volta in cui sapevi che non avrei capito le tue ragioni?» chiese osservando le mani orma vecchie del Salvatore del Mondo Magico.
«Ma certo, e posso raccontartelo anche subito, se vuoi» rispose l’uomo.
«Sono tutta orecchi».
   
 
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