REALTA’ PARALLELA
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Capitolo
4 – Il contatto
*
“Quindi,
se lei ci consegna i nostri miraculous, quest’ultimi,
ci doneranno i kawatama, li uniremo e apriremo il
portale, così potrò tornare a casa, facile, no?”
“No”.
Il
suo entusiasmo venne spento da quella negazione.
“Il
portale dev’essere aperto nel tuo tempo per riportarti lì”.
“Ma
come faccio?” Piagnucolò portandosi entrambe le mani sugli occhi.
Il
maestro Fu, le mise una mano sulla spalla “Sei riuscita a sentire Adrien, poco
fa, dovresti farlo di nuovo, devi stabilire un contatto con lui”.
“Dovrei
starmene qui buona ad aspettare che mi sfiori ancora?”
“No,
perché c’è un’altra cosa. Per tornare alla tua realtà, bisognerebbe
ripristinare l’ordine naturale delle cose, ricreare la situazione che ti ha
portata qui, solo così il kawatama, potrà attivarsi e
farti tornare al tempo giusto”.
Marinette strabuzzò gli
occhi, anche se per qualche strana ragione, fosse riuscita a mettere tutto
apposto, cioè come sono le cose nella sua realtà, se fosse riuscita a ricreare
la stessa situazione che l’aveva portata fino a lì, come avrebbe fatto per
attivare il portale?
Più
facile a dirsi che a farsi, quella constatazione la fece sprofondare nello
sconforto più totale.
“Possiamo
iniziare con i miraculos, no?” Propose, odiava non
avere la sua amichetta rossa attorno a consigliarla, in quel momento.
Un’
alleata preziosa, quando le cose si mettevano male.
“Non
ce né motivo” Scosse il capo il vecchio saggio. “Sai perché vi ho consegnato
gli orecchini e l’anello nel tuo tempo?”
“A
causa di Papillon, è lui che terrorizza l’intera Parigi”.
“Papillon?”
Fece di rimando “…tempo fa persi due miraculous, ma
non ho ancora sentito che qualcuno li abbia usati, probabilmente non ne ha
avuto ancora l’occasione”.
La
corvina sbuffò, era al punto di partenza.
Niente
Papillon, niente miraculous.
Nel
frattempo, il cellulare di Marinette iniziò a
trillare, era Luka che la stava chiamando.
“Pronto?”
Rispose nervosamente, non prima di aver raccolto l’aggeggio che le era appena
scivolato dalle mani.
Ripensò
alle parole della sua amica Alya, Luka era il suo fidanzato, ma non aveva approfondito il
discorso.
“Ciao
tesoro, scusami se ti disturbo, ma volevo sentire la tua voce”.
“Ehm…ma
ciao, amore” Pronunciò quell’ultima parola lentamente.
“Amore?
Stai bene Marinette? Non mi chiami mai così” Ecco la
prima gaff, chissà se si sarebbe accorto che in
realtà stava parlando con la persona sbagliata.
Certo,
lui si accorge di tutto, la conosce molto bene.
“Ma
si si…ma tu come stai? Come sta andando il tour?” Si
ricordò anche che lui era partito con il padre, per una tournee mondiale.
Il
padre? Quella notizia fu più sconvolgente dell’apprendere che Adrien si stava
fidanzando ufficialmente con Kagami.
“Siamo
arrivati dieci minuti fa in albergo, New York è davvero magica, un giorno ci
verremo io e te da soli”.
“Ma
certo, non vedo l’ora”.
“Ti
sento strana, sei sicura di stare bene?”
“Certo,
devo lasciarti ora, devo lavorare”. Chiuse quella chiamata imbarazzante, senza
salutare e dare il tempo il tempo a lui di fare lo stesso.
Marinette pensò che la
prima cosa che avrebbe potuto fare, era quella di troncare la loro relazione,
sarebbe stata una cosa in meno sulla lista che stava stilando a mente: punto uno:
rompere con Luka; punto due: far lasciare Adrien e Kagami;
punto tre: instaurare un’amicizia sincera con il ragazzo; punto quattro:
litigare con Chloè; punto cinque: far in modo che il
maestro Fu fosse costretto a dare a loro i miraculos
della coccinella e del gatto nero; punto sei: non riuscì ad appuntare niente,
le sembrava non mancasse niente, eppure, qualcosa le stava sfuggendo, un
particolare, forse insignificante per la riuscita di quel piano.
Emilie
Agreste.
Lei
era ancora viva.
*
Il
sole era sorto a Parigi, e i primi raggi stavano entrando debolmente nella
stanza di Marinette, illuminandone il volto calmo e
rilassato, ad una prima occhiata sembrava stesse solo riposando.
Adrien
era rimasto tutta la notte, a vegliare la sua amica, a guardarla mentre il suo
petto si muoveva su e giù, e fu quel movimento quasi ipnotico, che lo aveva
costretto a chiudere gli occhi, ed abbandonarsi tra le braccia di Morfeo, dopo
aver appoggiato la testa sul materasso, che si era fatta pesante.
I
suoi genitori aprirono la porta e svegliarono il giovane scuotendogli leggermente
la schiena.
“Adrien…”
Aprì prima un occhio e poi l’altro, sbadigliò e si stiracchiò, la schiena gli
faceva male, a causa della posizione non proprio comoda.
“Buongiorno”
Li salutò passandosi una mano sulla faccia e sbadigliando di nuovo “…scusate,
mi sono addormentato”.
“Non
ti devi scusare” Gli disse in tono materno, Sabine.
“Mi
spiace, non si è ancora svegliata” Guardò Marinette
che dormiva beatamente.
“Lo
farà!” Esclamò Tom “…e noi staremo qui finché non accadrà”.
“Adrien…Adrien”
Si sentì chiamare da una voce famigliare che proveniva dal corridoio.
“E’ tornato” Disse
contento cercando di alzarsi, ma venne bloccato da Sabine che gli disse di non
muoversi, che sarebbe andata lei a dirgli dove si trovava.
Lo
vide che camminava nervosamente su e giù per il corridoio, setacciando ogni
stanza in cerca di suo figlio.
“Signor
Agreste!” Lo fermò la donna toccandogli la schiena“…è
in stanza con mia figlia, venga” Lo intimò di seguirlo girando i tacchi.
“Papà,
sei arrivato, come è andato il viaggio?”
“Non
volevano far partire il volo per colpa di un temporale che si stava abbattendo
sulla città” Lo abbracciò “…ma cos’è successo?”
“Io
e Marinette siamo caduti da una scala”.
“Sono
pericolose la scale, quante volte te lo devo dire? E che cosa ci facevate là
sopra”.
“E’ successo nel
teatro della scuola” Sospirò tornando con la mente al giorno prima.
“Parlerò
personalmente con il preside e gli darò una bella lavata di testa, l’incolumità
degli studenti viene prima di tutto” Prese il cellulare dalla sua tasca e fece
per comporre il numero, ma venne bloccato dal figlio.
“Lascia
stare, papà”.
“Per
ora, ma quando sarà finita questa vicenda, mi sentiranno.” Contrariato, Gabriel
ripose il telefono nel taschino della giacca, poi si rivolse ai signori Dupain “…come sta Marinette?”.
Sabine
deglutì “I medici dicono che non ha niente, ma non capiscono perché non si
sveglia”.
“Capisco…mi
spiace per quanto successo, spero che si rimetta presto”.
“Lo
speriamo vivamente anche noi”.
Non
potendo, purtroppo fare molto, Gabriel invitò il figlio a lasciare la stanza e
a lasciare i signori Dupain, da soli con la figlia,
lui avrebbe parlato con i medici per far trasferire Adrien, a casa e continuare
le cure lì, in totale tranquillità.
“No,
papà, io voglio restare qui”. Piagnucolò, non voleva separarsi dalla sua lady,
soprattutto ora che l’aveva trovata.
“Non
discutere, non ti lascerò qui da solo un giorno di più. A casa verrai seguito
dai migliori esperti, così ti rimetteranno in piedi presto e potrai
ricominciare a sfilare e a fare servizi fotografici”.
Adrien
abbassò lo sguardo, sembrava gli importasse di più del lavoro, che della sua
salute.
“Fammi
almeno salutare la mia amica” Gli disse mentre si vestiva.
Gabriel
annuì.
*
Adrien
si presentò timidamente nella stanza di Marinette,
dove Sabine si era accomodata vicina a lei e le tendeva la mano, accarezzandole
la testa e sussurrandole parole di amore.
Bussò,
e Sabine si asciugò con la mano le poche lacrime che le erano uscite dagli
occhi.
“Entra,
Adrien…scusami”.
“Non
deve scusarsi…sono venuto a salutarvi, mio padre vuole riportarmi a casa” Fece
spallucce.
L’asiatica
si alzò e gli mise una mano sulla spalla “Vi lascio da soli” Biascicò uscendo
dalla camera.
Il
biondo aspettò che chiudesse la porta e poi le prese la mano.
Marinette sentì la sua mano
sinistra scaldarsi di colpo, e un brivido le percorse la schiena.
“Marinette…svegliati, per favore”
“Adrien?”
Il contatto, stavano avendo un contatto, era la sua occasione per cercare di
spiegargli la situazione.
Il
maestro Fu, la invitò a parlare, prima che fosse troppo tardi.
“Adrien!
Mi senti?”
“Milady?
Marinette?”
“Si,
sono io”
“Svegliati”
Gli sembrava di sognare, sentiva davvero la sua voce? Le stava realmente
parlando, oppure era solo frutto della sua immaginazione?
“Non
posso, ho bisogno del tuo aiuto, dell’aiuto di Chat Noir”.
Adrien
mancò un battito, com’era possibile che avesse scoperto la sua identità
segreta?
“Come
posso aiutarti?”
“Non
c’è tempo per spiegarti i dettagli. I nostri kawatama,
hanno attivato un portale, che mi ha catapultato in un’altra dimensione,
l’unico modo per farmi ritornare è…”.
La
porta della stanza si aprì e Gabriel invitò il figlio a lasciare la stanza, per
tornare a casa.
“Puoi
aspettare?”.
“No,
la macchina è qui”.
Adrien
annuì a malincuore, poi si abbassò fino ad arrivare alla fronte dell’amica e le
stampò un tenero bacio “Torno presto, milady, scusami”.
“No,
no, no, no, aspetta…” D’improvviso la mano incominciò a raffreddarsi, e Marinette piombò nello sconforto più totale.
Era
riuscita a parlare con Adrien, e spiegargli poco o niente, chiedendosi se
potesse aver capito la situazione, ma purtroppo sentiva molto in lontananza la
voce di Gabriel, che intimava il figlio di sbrigarsi, probabilmente lo aveva
portato via dall’ospedale, era ovvio che accadesse, il signor Agreste, non
avrebbe mai permesso al figlio di rimanere lì.
Sperava
che, grazie a quel contatto, sarebbe riuscito a sfuggire a lui, nelle vesti di
Chat Noir, e che in qualche modo, la potesse raggiungerla, ma non conosceva le
sue condizioni di salute, e se per colpa di quella caduta si fosse rotto la
schiena e costretto alla sedia a rotelle? Scacciò via quel pensiero di troppo.
*
Il
cellulare di Marinette trillò ancora, questa volta
era sua madre.
“Pronto,
mamma?”
“Ma
dove diamine ti sei cacciata?” Allontanò il telefono perché Sabine stava
urlando e credeva le potesse perforare un timpano.
“Sto-sto
arrivando, mamma” Rispose balbettando guardandosi attorno, sperando di trovare
l’ispirazione per inventare una scusa plausibile.
“Sbrigati,
stiamo aspettando te”. Chiuse la telefonata.
“Devo
andare maestro, grazie veramente per i suoi consigli”. Lo abbracciò “…spero ci
rivedremo presto”.
“Io
invece spero, che riuscirai a sistemare tutto e tornare da dove sei venuta, LadyBug”.
*
Continua