REALTA’ PARALLELA
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Capitolo
5 – Missione: ripristinare l’ordine naturale delle cose
*
Le
immagini dei palazzi e negozi scorrevano veloci, e Adrien li osservava dal
finestrino abbassato della berlina grigia.
Stava
tornando a casa, avrebbe fatto la riabilitazione lontano da lei, da quella aver
realizzato solo la sera prima, essere la ragazza di cui era follemente
innamorato.
Da
sempre.
Non
era Kagami la ragazza dei suoi sogni, come credeva,
infatti, la loro breve storia d’amore, era terminata qualche mese prima, perché
la ragazza lo trovava insicuro e si era accorta che non si lasciava andare come
doveva.
Complice
il fatto, che si vedevano solo alle lezioni di scherma e se i genitori si
dovevano incontrare per fare affari.
“Come
mai sei così taciturno?” Chiese in tono accigliato Gabriel, rivolgendosi al
figlio che gli sedeva accanto.
“Sono
preoccupato per le condizioni di Marinette”. Rispose
non degnandolo di uno sguardo.
“Starà
bene, vedrai”.
“La
fai sembrare una cosa da niente”.
Lo
stilista non poteva sapere cosa le stava accadendo, e che l’unico modo per
aiutarla a farla uscire dal coma, era lui, e la sua chiave che portava al
collo.
“Gli
esami sono apposto, no? Deve solo svegliarsi”.
Adrien
sospirò. “E ti sembra una cosa da poco? Avrei preferito starle accanto”.
Lo
stilista rivide quello sguardo, quello che compare ogni volta sulla sua faccia,
quando va a fare visita alla teca di Emilie, e si riflette sul vetro.
“Preferisco
averti sotto il mio tetto, piuttosto di lasciarti in ospedale da solo”.
“Tanto
sono solo comunque” Lo disse sottovoce, facendolo sembrare quasi un sibilo.
La
berlina grigia varcò l’imponente cancello di Villa Agreste, ed il gorilla
premurosamente, aiutò Adrien ad uscire dall’auto, lo avrebbe portato in braccio
su dalla scalinata, se il biondo non lo avesse liquidato con un “ce la faccio
benissimo da solo”, sotto gli occhi contrariati del padre.
“Starò
in ufficio tutto il giorno a lavorare, questo contrattempo, mi ha lasciato
molto lavoro arretrato”.
“Mi
spiace papà, non volevo esserti un peso” Gli rinfacciò andandosi a chiudere
dentro la sua camera, senza aspettare una sua risposta e sbattendo la porta,
facendola tremare.
*
“Ohhh…finalmente a casa, e con il mio amato camembert” Plagg oltrepassò l’anta del comodino, dove Adrien, teneva
il suo cibo preferito “…quella ricotta che hanno servito in ospedale, era acida
come un limone. Per non parlare poi il tanfo di medicine che aleggiava nell’aria”.
Il kwami ebbe quasi un conato di vomito, represso,
quando Adrien, gli mise sotto il naso, la sua formaggio
puzzolente preferito.
“Plagg…cos’è questa storia del kawatama”.
Chiese accomodandosi sul divano.
“Quale
storia?” Chiese addentando quella leccornia.
“Marinette mi ha detto che il mio kawatama
e il suo, hanno attivato un portale, che ha intrappolato il suo spirito, in
un’altra dimensione”.
Il
kwami della distruzione volteggiò davanti il suo
volto “Beh! Non se so molto, Tikki è molto più
preparata di me su queste cose”.
Adrien
sospirò, pensando che non avrebbe cavato un ragno da un buco.
“…so
solo che il kawatama di Chat Noir e quello di Lady
Bug, se uniti, possono aprire dei portali, ma dirti di preciso dove possono
portare, quello non lo sa nessuno, essendo fatti con i capelli di tutti i
portatori passati, potrebbe condurvi da loro, o nel futuro, chi lo sa…”.
“Quindi
non sappiamo nemmeno dove sia Marinette di preciso,
in quale epoca”.
“Per
quanto ne sappiamo, potrebbe essere stato il suo inconscio a portarla lì”.
Adrien
inarcò un sopracciglio e Plagg, capì subito di doversi
spiegarsi meglio.
“…mettiamo
caso, che Marinette in cuor suo, è convinta che a te
piace una ragazza che non sia lei, questo, la potrebbe a vivere una situazione,
dove, che ne so, nemmeno ti conosce, o addirittura tu stai insieme ad un’altra
persona”.
Il
biondo scosse la testa “Continuo a non capire”.
Plagg sbuffò, sapeva
che il moccioso non era molto portato nelle intuizioni, e la verità bisognava
schiaffargliela in faccia, senza tanti giri di parole.
“Questo
significa che Marinette, potrebbe essere stata
catapultata in una realtà parallela, dove tutti i suoi maggiori incubi, si
stanno avverando”.
“Quindi
per riportarla qui, cosa dovrei fare?”.
“La
domanda giusta è cosa dovreste fare” Sottolineò la parola dovreste.
Adrien
sospirò, se anche lui doveva avere una parte in tutto ciò, non sapeva come
poterla aiutare, era bloccato in casa con una gamba dolorante, e nemmeno i
poteri di Chat Noir, lo avrebbero aiutato.
“Ok,
e quindi, cosa facciamo?”.
“Se
il mio ragionamento è giusto, Marinette, dovrebbe ripristinare
l’ordine naturale delle cose, cioè, portare tutti gli avvenimenti, come sono
qui, nel nostro presente, in nella realtà che sta vivendo adesso”.
“Ce
la farà…la mia Ladybug, è un portento, può tutto”.
Plagg assottigliò gli
occhi “Non mi sembri così sconvolto, di aver appreso che Marinette
è in realtà Ladybug”.
Adrien
sorrise e volse lo sguardo verso la parete finestrata “Forse, l’ho sempre saputo”.
*
Adrien
si stava godendo la festa dell’alto della scalinata, appollaiato alla
ringhiera, quando gli si avvicinò suo padre e si accomodò vicino a lui.
“Ti
stai godendo la tua festa?”
“Non
è poi così diversa da come quelle a cui siamo abituati a partecipare” Disse
spicciolo.
“E’
in tuo onore, dovresti sembrare più contento”. Incalzò con il solito cipiglio.
“Non
vedo che fretta c’era…”
“Ti
sei già pentito della tua decisione? Tu e Kagami
formate una bella coppia, e state bene assieme. Questo gioverà anche agli
affari di famiglia”.
Il
biondo inarcò un sopracciglio “Quindi si tratta solo di affari, di quello che
provo io, non interessa niente a nessuno. Forse solo alla mamma”. Si rabbuiò.
Era
chiaro come il sole, che a suo padre importasse di più il denaro, che la
felicità di suo figlio.
“Non
è vero…e questo lo sai. Abbiamo fatto pressioni per questo avvenimento, solo perché
non sappiamo per quanto tempo tua madre, resterà con noi.” La osservava mentre
parlava con Audrey “Le sue condizioni si sono aggravate dall’ultima visita”.
“Si,
lo so” Disse con tono rassegnato abbassando lo sguardo e gesticolando con le
mani. “Cosa dovremo fare?”.
“Starle
accanto per il tempo che le rimane” Rispose scendendo gli scalini per
raggiungerla.
*
Marinette tornò di corsa a
Villa Agreste, il suo cellulare avrà suonato come minimo altre dieci volte, da
quando ha lasciato l’appartamento del Maestro Fu.
Sul
display dello smartphone, apparvero le notifiche di quattro chiamate perse da
parte di Alya, più un messaggio in segreteria; e altre sei volte sua madre.
Stremata,
sudata e quasi priva di fiato, si sedette nel vano del furgone, adibito al
trasporto di cibo.
Sbloccò
il telefono ed iniziò a cancellare le finestre temporanee, rivelando sotto di
esse una foto che la ritraeva con il bel chitarrista.
Marinette la contemplò per
qualche secondo, sorridendo.
“E’
il tuo ragazzo?” I suoi pensieri vennero interrotti da quella domanda.
La
corvina ruotò il capo verso destra, in direzione di quella voce.
Adrien,
era lì davanti a lei.
Il
suo cuore mancò un battito.
“S-si,
credo di si”. Balbettò spegnendo il display con il
pulsante posto a lato.
“Come
sarebbe a dire credi?”. Chiese con un cipiglio sorpreso.
Marinette non poteva dirgli
la verità, e si guardò attorno, in cerca di una scusa plausibile “Ecco, vedi,
io…”.
“Ah
ho capito! Vi siete presi una pausa.”
“Si,
bravo. Hai indovinato”.
“Mi
spiace” Si rabbuiò per lei.
“Non
devi dispiacerti per me, capita…” Fece spallucce.
“Stai
bene?” Le chiese il figlio del padrone di casa, mettendole una mano sulla
spalla amichevolmente.
“S-si,
c-certo” Balbettò.
“Posso
sedermi?” Adrien fece segno con la mano, chiedendo il permesso di accomodarsi.
“Se
ci tieni, io però devo tornare dentro, mi stanno già cercando da un po'”.
“Anch’io,
mi stavo soffocando, avevo bisogno di una boccata d’aria fresca”.
Marinette si guardò
attorno, si aspettava che Kagami sbucasse da qualche
parte e lo portasse via, come era solita fare quando stavano insieme.
“Non
sei con la tua fidanzata?” Quell’ ultima parole uscì dalla sua bocca
accompagnata da una smorfia di disgusto.
“In
effetti…sono fuggito da lei”. Disse in tono rassegnato.
“Sembrate
molto uniti…vi state anche fidanzando ufficialmente”.
Adrien
sbuffò “Si, ma…”
“Ma”
Lo invitò a continuare.
“Non
lo so…e se stessi facendo un errore?” Le chiese guardandola negli occhi.
“E
lo vieni a chiedere a me? Mi hai conosciuto solo ora”.
“Hai
ragione, ma non so perché, ma sento che con te potrei parlare di qualsiasi
cosa”.
Marinette accennò ad un
sorriso, se solo sapesse la verità “Se ti serve una spalla su cui piangere, ti
ascolto”.
“Sono
un tipo che soffre in silenzio”. Adrien iniziò a muovere le mani nervosamente e
a passarsi le mani nel casco biondo, spettinandoli.
“Non
dovresti tenerti tutto dentro”.
“Di
solito la mia confidente è mia madre, ma ultimamente passa molto tempo in
ospedale, sai è molto malata. E mio padre passa il tempo tra trovarle una cura
e lavoro”.
“Non
lo sapevo, mi spiace” Gli mise una mano sopra la sua, e quel contatto, li fece
sussultare entrambi.
“Non
è colpa tua, figurati”.
“Se
posso fare qualcosa…non esitare a chiedere”. Ammiccò Marinette.
“Grazie,
sei molto gentile”. Le sorrise, in un’espressione che scaldò il cuore della
ragazza e le fece imporporare le guance “Strano che ci siamo incontrati solo
oggi, mi sembra di conoscerti da sempre”.
“Davvero?”
“Spero
diventeremo ottimi amici”.
“Lo
spero anch’io”. Gli sorrise, ma loro erano già ottimi amici, e Marinette voleva solo ritornare a casa, nel suo presente.
Non
era un sogno quello che stava vivendo, se lo fosse stato, le immagini sarebbero
sfocate, e non riuscirebbe bene a muoversi, qui invece riesce a fare tutto in
modo fluido.
“Ah!
Sei qui, ti stavo cercando dappertutto” Kagami si
materializzò davanti a loro, con il solito tono freddo e distaccato.
Marinette pensò che cosa
Adrien, ci trovasse in lei.
*
Kagami lo trascinò via
sottobraccio, fino ad arrivare all’ingresso della villa.
“Sei
sparito” Gli disse non facendo trasparire nessuna emozione, a volte Adrien, non
riusciva a capire se era felice, triste o altro.
Era
sempre stato convinto che tutte le ragazze fossero così, in realtà non ne aveva
conosciute molte, aveva come modello di riferimento lei, e sua madre.
Sua
madre, al contrario di Kagami, era una persona molto
solare e disponibile con tutti.
Sperava
che tra qualche anno, quando sarebbero stati una famiglia, lei sarebbe
cambiata, in meglio.
Si,
poi aveva conosciuto Alya, per lavoro, in quanto gestiva ilo suo blog, ma le
loro conversazioni si erano limitate a qualche foto ed articolo; Chloè, l’aveva vista a qualche evento, ma non si era mai
soffermato a parlare, a lei piaceva intrattenersi, insieme alla madre, con
ospiti illustri e nomi noti nel campo della moda.
E
poi c’era lei, apparsa dal nulla come un raggio di sole, dopo una tempesta: Marinette.
Dolce,
disponibile, amichevole.
“Sono
uscito per una boccata d’aria” Si limitò a dire fermandosi ai piedi della
scalinata.
“E
per caso ti sei fermato a parlare con la cameriera”. Disse in tono
dispregiativo.
“Marinette, si chiama Marinette.”
Ribadì.
“Ah
giusto, hanno anche un nome.”
“Ma perché
ti comporti così…” La bloccò per un polso, mentre si apprestava a salire lo
scalino.
Furono
interrotti dai presenti che urlarono e alcuni che si prodigavano per chiamare
un’ambulanza.
*
continua