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Autore: DanieldervUniverse    25/11/2020    2 recensioni
[Vampiri - Il Requiem]
Su una strada della California occidentale, un auto solitaria è inseguita da tre motociclisti vampirici.
Questa Storia partecipa al Contest per l'Undicesimo anniversario del XIIORDER Forum.
Genere: Azione, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La macchina sbucò dalla curva all’improvviso, sfrecciando a tutta velocità. Con una sterzata brusca virò di novanta gradi e cambiò la direzione della sua inarrestabile avanzata; lo stridio degli pneumatici fu tale che gli uccelli attorno si alzarono in volo spaventati.
Gli addetti del casello ebbero appena il tempo di gridare di paura o oltraggio prima che il veicolo sfondasse la barra orizzontale per imboccare l’autostrada. Mentre gli operatori fissavano sbalorditi l’automezzo, altri tre veicoli apparvero, apparentemente dal nulla: tre rombanti motociclette, con sopra tre motociclisti addobbati come se fossero una gang di metallari, si incunearono nel passaggio aperto dall’auto in fuga e si lanciarono all’inseguimento.
I Ghost Riders, in omaggio al mitico personaggio dei fumetti, in effetti erano una banda underground di metal biker, a cui piaceva imperversare nelle strade isolate degli Stati Uniti meridionali, dalla California all’Arizona, al Nevada e a volte arrivavano fin nel New Mexico e nello Utah, molestando i viaggiatori dal crepuscolo all’alba.
L’orario non era dovuto ad una particolare predilezione per gli orari notturni, anche se i viaggiatori si facevano più radi e di conseguenza anche le interferenze, ma più che altro ad una specifica necessità della gang che gli impediva di bighellonare alla luce del sole: i tre erano vampiri, e nella notte cacciavano le loro prede.
Quando avevano incrociato quell’auto si erano aspettati una preda facile, ma qualcosa doveva averli traditi perché, arrivato ad uno svincolo, il guidatore aveva premuto sull’acceleratore e aveva imboccato la strada sterrata che saliva verso le Montagne Rocciose.
Data la natura della strada i biker vampiri si erano ritrovati impossibilitati a sfruttare la loro superiore velocità o manovrabilità per circondare il veicolo o dirottarlo, al punto che ad un certo punto erano stati seminati. Ma poi avevano rintracciato il fuggitivo sulla via che riportava all’autostrada e da quel punto in poi non gli era più sfuggito.
Adesso che erano su una strada ampia e libera, per fortuna, i tre avrebbero avuto modo di sfruttare i loro trucchi di caccia. Sfortunatamente Julian, il Gangrel dalle larghe spalle e l’espressione scialba, si appiattì sulla moto per accelerare a rotta di collo per intercettare l’auto in fuga, sconvolgendo la loro tipica routine e cogliendo i suoi compagni alla sprovvista. Ovviamente il guidatore ne prese pieno vantaggio, lasciando avvicinare abbastanza il biker per poterlo poi urtare e spingere contro il guard-rail, o addirittura buttarlo a terra.
Con un sospiro soffocato dal casco Damien prese la sua catena, alla cui estremità era attaccato un peso, e con la destrezza di un cowboy la lanciò verso la macchina; riuscì a centrare lo specchietto di destra, ma cedette quasi subito, venendo staccandolo di netto.
Al secondo tentativo riuscì a sfondare il finestrino del passeggero, e la catena si agganciò a qualcosa. Con un ghigno il vampiro poté fare forza per distrarre il guidatore dai suoi intenti e permettere a Julian di riprendere il controllo.
Tuttavia Damien aveva sottovalutato la loro preda, ancora una volta: la macchina sterzò di colpo, con l’intento probabile di agganciare la catena e di strapparla dalle sue mani. Il biker impennò la moto per evitare che l’arma gli finisse tra i raggi e riuscì a disincagliarla in tempo.
A quel punto Julian si fece di nuovo sotto, tentando di bucare uno degli pneumatici con la sola forza delle mani, ma non riuscì a fare presa e lasciò invece profondi segni d’artiglio lungo il cofano. Il retro dell’auto urtò duramente contro la moto del vampiro e per un attimo Damien temette che potesse rovesciarsi, ma per fortuna il suo compare ebbe i nervi saldi per manovrare fuori dai guai. Nel tentativo di tenere il guidatore distratto ancora un po’ Damien colpì il vetro posteriore, ma la sua catena non fece presa e venne rilanciata fuori da uno dei passeggeri.
Damien sbuffò, ma ormai aveva fatto quello che serviva. Kathy, che si era tenuta in disparte fino in quel momento, si accostò allo sportello del guidatore non vista, e con un colpo netto sfondò il finestrino. Dopo qualche secondo intensa di lotta, la vampira si separò dalla macchina esibendo in aria il volante, come se fosse un trofeo. L’auto sbandò pesantemente e si cappottò un paio di volte prima di volare oltre il margine della carreggiata e rotolare giù per una breve scarpata.
I tre vampiri, liberatisi anche del volante, proseguirono sull’autostrada ancora per un paio di chilometri prima di trovare un punto dove svoltare e tornare indietro. Le loro moto per fortuna reggevano bene lo sterrato e i terreni accidentati. Sfortunatamente il tempo che gli ci volle per tornare al sito dell’incidente, seppure inferiore ai dieci minuti, era stato sufficiente affinché la macchina prendesse fuoco con tutti gli occupanti dentro.
Con un sospiro ostentato Damien si sfilò il casco e si rivolse a Julian con occhi spenti -Lo vedi che hai fatto? Adesso non abbiamo nulla da mangiare e abbiamo sprecato carburante e tempo prezioso. Che ti è venuto in mente?
-Avevo fame!- replicò con simulata stizza il Grangrel, togliendosi a sua volta il casco e mostrando il suo volto animalesco. I Gangrel erano uno dei cinque grandi clan di vampiri (Daeva, Gangrel, Mekhet, Nosferatu e Ventrue), distinguibili dagli altri per l’aspetto selvaggio e il carattere animalesco e rude, e come era facile dedurre la finezza non era il loro pane quotidiano, men che meno di Julian che era alto più di un metro e novanta e aveva talmente tanti muscoli che persino le sue palpebre, contorniate da ciglia e sopracciglia cespugliose e indomite, sembravano pompate.
-Abbiamo tutti fame, ma dobbiamo essere inconspicui quando andiamo a caccia. E se poi ci prendiamo tanto impegno nel catturare un bersaglio almeno cerchiamo di trarne il massimo del guadagno.
-Se fosse per te, Mekhet codardo, andremmo a caccia solo di vecchiette rachitiche e paraplegici nei paesini qui attorno. Io voglio il brivido della caccia, sono un predatore, non un misero…
-BUFFONI!- tuonò Kathy, tappando la bocca di entrambi. Essendo la vampira più anziana la sua autorità non si metteva mai in discussione. Apparteneva al clan dei Daeva, i più “classici” tra i clan vampiri, quelli che riflettevano lo spirito romantico dell’era vittoriana, a cui i mortali erano soliti far risalire il mito. Se solo avessero saputo che la prima vera comunità vampirica risaliva alla Roma classica...
-Guardate là– Kathy indicò un punto fuori dal raggio di luce delle fiamme, a qualche centinaio di metri. Damien aguzzò lo sguardo e scorse una figura zoppicante che si allontanava in tutta fretta. Per fortuna i vampiri vedevano al buio senza problemi.
-Andiamo a prenderla, prima che si dissangui. Poi dovremo cercarne altri, ma ci darà un po’ di carica– ordinò perentoria la vampira, smontando di sella -Nascondiamo le moto dietro al crinale, dovrebbe bastare per il tempo che ci servirà.
-Perché non la inseguiamo in sella? E perché dici che è una lei?– protestò Damien, fingendosi stizzito. Sapeva che la sua insubordinazione provocava sempre reazioni di rabbia alla sua compagna, e anche se non gli poteva dare vero divertimento era meglio che arrendersi alla monotonia emotiva della non-vita dei vampiri.
-Perché con tutto il rumore che faremmo ci sentirebbe arrivare, e con il nasco chiuso nel casco ho difficoltà a seguire l’odore del suo sangue.
Damien attese qualche secondo prima di rispondere.
-E sai distinguerne il sesso dall’odore del sangue?- domandò scendendo dalla moto e cominciando a spingerla dietro agli altri.
-È un trucco che si impara con l’età.
Una volta mimetizzate le loro moto i vampiri fecero per mettersi in caccia, ma poi i due uomini si accorsero che Kathy si stava spogliando.
-Ehm, che stai facendo?
-Lo sai benissimo: non voglio sporcarmi i vestiti di sangue, perché sarebbe difficile da giustificarlo nel caso una volante della polizia ci intercettasse.
Quando i due continuarono a fissarla in silenzio la vampira sbottò -Qualche problema?
-Oh no no. Trovo molto ehm, erogeno che tu voglia metterti a tavola nuda…
-Damien– l’ammonì lei, posandogli un dito sul naso con uno scatto -Se continui a chiacchierare così tanto ti si slogherà la mascella.
Il vampiro era certo che se avesse avuto ancora sangue nelle vene sarebbe avvampato, o almeno preteso dato che poteva solo replicare, non provare, le emozioni umane. Gli era successo solo una volta di slogarsi la mascella a furia di chiacchierare, ma quando era stato il suo turno di bere il sangue della loro preda le difficoltà del compito avevano lasciato delle impressioni di scherno sul volto dei suoi compagni di coterie, e da allora non gliel’avevano più fatta dimenticare. E considerato che i vampiri erano essenzialmente immortali, il fatto l’avrebbe perseguitato per secoli.
-Se non vi va di denudarvi almeno cercate di fare attenzione a non sporcarvi. Non voglio altri guai con la polizia.
-Non mi sembrava fosse andata così male l’ultima volta– obbiettò Damien, dando fiato alla bocca tanto per farlo.
-Siamo ricercati in tutto lo stato del New Mexico e fino in Texas. È andata peggio che mai.
Con quelle parole Kathy si gettò all’inseguimento. Damien e Julian cercarono di tenerle dietro, ma la vampira aveva usato il suo dono sovrannaturale della velocità e in un attimo li aveva lasciati a mangiare la polvere.
Damien tentò di stimolare il suo compagno ad iniziare una conversazione mentre recuperavano, ma l’altro si limitava a sbuffare o a rispondere con monosillabi. Julian da vivo era stato un cacciatore sulle Montagne Rocciose, e dopo il risveglio si era aggrappato alla caccia come unico legame con la sua umanità, con la vana speranza di recuperare la vita perduta, di sentire ancora le emozioni come un umano.
Non che lui fosse meglio: Damien era stato un uomo di palcoscenico, un attore e un commediante, e siccome da non-morto non gli mancava mai il fiato, non aveva più smesso di parlare. Era stato vampirizzato alla fine degli anni cinquanta, quindi ormai era disilluso di poter recuperare il suo passato, ma Julian era vampiro solo da una decina d’anni, e si illudeva ancora.
Dopo un minuto di corsa raggiunsero Kathy presso un casolare abbandonato.
-Perché non sei entrata?- domandò Damien, con fare canzonatorio.
Per tutta risposta la vampira diede un paio di colpi al legno della porta sbarrata, che risuonò solido e massiccio. La donna era vecchia, molto vecchia, ma i Daeva erano lo specchio della gioventù e i suoi capelli neri erano più lucidi che mai, e la sua pelle liscia e priva di grinze. Persino il suo naso aquilino pareva grazioso e perfettamente in tono col suo volto.
Julian attese il suo segno d’assenso prima di sfondare il portone con un pugno ben assestato. Fortuitamente i Gangrel avevano il dono della forza, almeno servivano a qualcosa.
-Qui micio micio– chiamò Damien, entrando rapido e silenzioso. Lo stabile sembrava una grossa stalla, ma senza fieno e piena di ragnatele e strumenti abbandonati. Kathy gli fece segno di zittirsi, ma Damien la ignorò, continuando a pronunciare frasi ambigue e minacciose. Forse era l’agitazione ad incoraggiarlo ad essere così rumoroso; forse Julian aveva ragione e poteva ancora sentire il brivido della caccia.
-Wendy, sono a casa.
-Ucci ucci sento odor di cristianucci.
Un rumore improvviso attirò la sua attenzione, e con uno scatto ferino balzò dentro il compartimento fatidico, trovando rannicchiata la fuggitiva: era una ragazza sui vent’anni, muscolosa e ben posata, con i capelli neri tagliati a caschetto e un volto piacevolmente ovale. Era rannicchiata a terra, nell’angolo, e lo guardava con gli occhi sgranati.
-Ciao bella bambina– la salutò lui, avvicinandosi lentamente, come un gatto. Quando arrivò abbastanza vicino si inginocchiò al suo livello, e allungò un artiglio per scostarle dei capelli dalla fronte. Lei rimase impietrita.
-Che occhi grandi che hai– continuò lui, fissandola intensamente.
-È-eh p-per vederti meglio…?- balbettò, incerta.
Damien non era esattamente sicuro che i ruoli nella fiaba originale corrispondessero ai loro ma decise di stare al gioco, percependo una strana attrazione per la situazione.
-Ma che orecchie grandi che hai– continuò, facendo scivolare le sue dita attorno ai lobi e tirandoli un poco nelle parti molli.
-È p-per sentirti megliuh...- rispose lei, con meno esitazione. Prima che potesse chiudere la bocca Damien le infilò un paio di dita tra i denti, afferrando la lingua. Un brivido percorse la ragazza e il vampiro fu certo che si trattasse di paura. Con il massimo della delicatezza possibile si mise a massaggiare il pezzo di carne e divaricò un poco le labbra di lei, per vedere meglio come si dibatteva impotente nella sua presa.
-E che bocca grande che hai– finì, ghignando trionfante. In quel momento un lampo di predatore attraversò gli occhi della ragazza e un attimo dopo il vampiro senti denti affilati come rasoi conficcarsi nelle sue dita.
-’Eh ‘her ‘angiarhi ‘hehio– gorgogliò lei, staccandogli le dita con un colpo di mascella, e prima che il vampiro potesse emettere un verso di dolore si ritrovò la propria stretta in una morsa letale. Improvvisamente una miriade di peli apparvero sulla pelle della giovane e i suoi capelli crebbero a dismisura, rivelando la vera natura della sua veste mortale.
-Avresti dovuto prestare orecchio alla tua amica vampiro: a parlare così tanto ti si sloga la mascella– lo rimproverò lei, finendo di masticargli le dita.
Damien maledisse mentalmente la sua parlantina. Avrebbe dovuto capirlo che quella ragazza non era normale, che era tutta una finta, e invece aveva fatto come Cappuccetto Rosso nella fiaba, cadendo preda del lupo travestito.
-Ozzhy ‘on z’e ‘a ‘una ‘iena - balbettò lui, mentre gli artigli della mannara gli entravano nelle carni, scavando a fondo.
-Io sono una Irraka, sono nata sotto l’Auspicio della Luna Nuova. E stanotte è la mia notte – spiegò con un ruggito la ragazza. Poi il suo corpo raddoppiò di dimensioni, raggiungendo i tre metri d’altezza e tramutandosi in quello di un vero lupo mannaro, con artigli lunghi come pugnali, i peli su tutto il copro e il volto animale. Damien vide la creatura solo per un attimo, prima che le sue fauci si chiudessero sulla sua testa


Le avevano detto che gli Stati Uniti facevano schifo ma porca puttana! Era scesa all'aeroporto di Los Angeles da non più di sei ore, dopo uno scalo a New York e un intera giornata in aereo, e già era stata assalita da tre vampiri. Almeno questi avevano grinta e stile, non come quella specie di Patrizi impomatati che si vedevano in Italia.
Quando ebbe finito di sbudellarli Clara abbandonò la forma di Gauru, la forma di guerra, e poté rimirare i danni: i sui vestiti erano stati ridotti a brandelli dalla trasformazione, era coperta di viscere e materia grigia dei tre vampiri, aveva una strana voglia di lasagne, ed era bloccata in mezzo al nulla in un paese sconosciuto. Peggio, tutti i suoi bagagli e i suoi effetti personali erano andati perduti quando l’auto aveva preso fuoco.
Per fortuna la trasformazione le aveva permesso di sfogarsi e poté prendersi qualche secondo per calmarsi, riflettendo: al contrario dei suoi colleghi la vampira era entrata nuda, quindi era probabile che avesse lasciato i suoi vestiti altrove, e magari anche altro.
Assunse la forma di lupo, Urhan, e grazie al suo fiuto sovrannaturale riuscì a rintracciare le moto dei tre assalitori e anche il cambio d’abiti, cosa di fu grata. Buttò quello che non le serviva nel fuoco, poi sfasciò le due moto extra per far sembrare che si fossero danneggiate cadendo dalla strada come l’auto e infine si diede alla macchia più velocemente possibile, sentendo un ululato in lontananza.
La sua trasformazione doveva aver attirato i branchi locali, e finché non fosse stata al sicuro non aveva intenzione di familiarizzare con altri Uratha: i mannari erano territoriali e mal sopportavano gli intrusi. Tra l’altro, a casa le avevano raccontato che negli USA i Puri avevano preso il sopravvento e cacciavano i Rinnegati quasi senza opposizione, e lei di certo non aveva intenzione di affrontare un branco di Puri da sola.
Non era il massimo per un benvenuto in America ma almeno era tutta intera. Il suo stomacò brontolò, ricordandole che era digiuna da ore per la sua fobia del cibo americano.  Per fortuna secondo il GPS di uno dei cellulari che aveva preso ai vampiri diceva che il ristorante dello zio Giorgio era ormai a meno di un’ora di distanza. La deviazione le aveva fatto perdere tempo ma con la moto avrebbe recuperato. In cuor suo sperava che lo zio si fosse tenuto da parte la ricetta delle lasagne della nonna: la carne di vampiro le dava nostalgia, e poi la lasagna era ottima per lavare via il sapore di marcio.

  
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