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Autore: SemplicementeCassandra    26/11/2020    0 recensioni
Alessandra è un'abitudinaria, il mese di agosto coincide da almeno un decennio con la piccola Alassio. Ma nell'estate del 2008 con il tormentone di Estelle che le rimbomba nelle orecchie e nel "Budello", un ricordo creduto lontano si concretizza per diventare, forse, qualcosa in più. Non è casuale che Alassio venga ricordata come la "città degli innamorati"e Alessandra lo sa bene. Se lo ricorda ogni volta che osserva un paio di occhi marroni, simili ai suoi ma più profondi, che la tormentano nelle notti insonne e la abbagliano di giorno. In un mese che dell'estate conserva qualche sporadico giorno di sole è giunta l'ora di chiudere i conti con un passato ingombrante, una ferita ancora aperta che appare impossibile da ricucire.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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CHE MOJITO SIA

Il pomeriggio di Ferragosto lo trascorsi in giro per Alassio, indaffarata a ritirare le ultime ordinazioni. Trascorsi più di mezz'ora chiusa in un negozio per cercare la tovaglia perfetta per quella sera in compagnia dell'amica d'infanzia di mia madre, Silvia, la madre di Valerio. Con i capelli ancora bagnati e una tuta da ginnastica sbiadita portammo tutto il necessario in spiaggia, io e lei come ai vecchi tempi.
-Mi manca trascorrere l'estate con tua madre, sei sicura che non venga giù neanche qualche giorno?- mi domandò mentre preparavamo la tavola.
-Non penso, anzi, sono sicura che non venga. In questi giorni sta bene in montagna, al fresco, il mare per lei vuol sempre dire ricordi-. Da quando qualche anno prima la nonna era morta la mamma aveva rinunciato ad Alassio preferendo chiudere in un cassetto nomi, volti, ricordi che potessero riportarla al paesino ligure. Era stata una scelta difficile da accettare, soprattutto per me che in quella spiaggia riuscivo ad assaporare il profumo dell'infanzia, ma non era stato possibile negoziarla.
-Tua madre lo sa che questo ferragosto l'hai organizzato tu?-
-Penso che Valerio le abbia senza dubbio accennato qualcosa ma non mi va di raccontarle per filo e per segno cosa succede qui, non voglio rattristarla. Ecco fatto, la tavola è pronta, cosa manca?- Sistemate le candele alla vaniglia come centrotavola, i piatti di plastica color lilla in stile provenzale su una tovaglia bianca con i limoni disegnati che donava un'aria mediterranea. In spiaggia al tramonto non c'era ancora nessuno, i lettini erano stati spostati verso la passerella d'ingresso, lontano dalla prima fila, in posizione strategica per i fuochi d'artificio mentre al centro della spiaggia rimaneva soltanto alcune sedie da regista ancora chiuse. La sabbia era umida a causa del temporale del primo pomeriggio e il cielo non prometteva nulla di buono ma la tranquillità che respiravo in quel momento era impagabile.
Respirai a pieni polmoni prima di congedarmi con un bacio sulla guancia di Silvia e la promessa a Valerio che, almeno quella sera, sarei stata puntuale.
Raggiunsi casa mia correndo e schivando teglie di focaccia e vassoi di pasticcini di chi come noi aveva deciso di seguire la tradizione, davanti ai ristoranti del budello i primi turisti in abiti eleganti iniziavano a sorseggiare i loro aperitivi.
Preparandomi davanti allo specchio ritrovai le gambe tremolanti e le mani sudate del primo ferragosto, più di dieci anni prima, accompagnate dall'immancabile tachicardia. Ripensandoci a distanza di anni non era ansia bensì più una sensazione più simile a un'iniezione di adrenalina prima di una semifinale mondiale. Mi sentivo così eccitata che avrei potuto andare a Laigueglia e tornare almeno due volte senza sentire fatica. Vibravo di aspettativa e anticipazione, impaziente di incontrare i volti sorridenti degli altri, di ballare con la sabbia tra le dita e i capelli scompigliati. Mi sentivo finalmente viva anche se nessuno avrebbe saputo trovare una giustificazione al mio comportamento, per molti era una serata come tante ma non per me.
Attraversai a ritroso la via centrale ormai affollata di abiti da sera e uomini in completi dai colori chiari, tutti così eleganti e ingentiliti che per qualche istante mi sembrò di vivere nell'Alassio dei ricordi di mia nonna: elegante, raffinata, spensierata. Per quella sera persino i commercialisti più incalliti avevano sotterrato il loro Sole 24 Ore per qualche ora di divertimento e svago. Insieme alle risate dei bambini scalzi e dei giovani già brilli si sentivano le canzoni pop dei locali e il profumo della carne alla brace dei primi stabilimenti balneari che mi riportò indietro di anni, agli spiedini ancora crudi che Mario aveva addentato per la troppa fame e al pianto di un piccolo Valerio spaventato dal rumore dei fuochi.
Ero quasi all'altezza del Caffè Roma quando una vibrazione nella borsa mi riscosse, timorosa che fosse Mario mi affrettai a rispondere.
-Hai finalmente deciso di rispondere al telefono? Ero quasi convinta di dover chiamare “Chi l'ha visto”!- rimasi sorpresa nel sentire la voce di mia madre proprio lei che odiava le telefonate.
-Buon ferragosto anche a te mamma.- Salutai con la mano un vecchio amico e imboccai la via del mare allontanandomi dal centro.
-Sei già in spiaggia? Immagino ci sia la festa stasera...-percepii nella sua voce un po' di nostalgia, forse tristezza. Un tempo trascorreva metà estate a pensare a come organizzare il cenone e la restante metà a ricordare quanto fosse stato divertente.
-Non ancora, sono per strada e non crederai alle mie parole ma è un miracolo se stasera ci sarà la festa. Il tuo Valerio è pronto ad addossarmi tutta la responsabilità di un fallimento-
-Vedrai che andrà tutto alla grande, come al solito, sono sicura che se ti fermerai a mettere in ordine la spiaggia domattina ti offrirà persino un caffè.- Aveva ragione, sapevo che in fondo anche Valerio era contento di festeggiare insieme. -Mi raccomando Ale, cerca di trattenerti, non lasciare che le provocazioni di altri ti rovinino la serata-.
-Stai tranquilla mamma, mi metto accanto a Valerio come al solito-.
-Ale, sai bene a cosa mi riferisco, lascia perdere, va bene?-. Caterina, come al solito.
Un tempo mia madre e lei erano amiche, molto amiche, essendo quasi cresciute insieme sulla spiaggia dagli anni settanta in avanti. Trascorrevano inverni interi senza sentirsi e l'estate successiva sembrava che il tempo non fosse passato. D'un tratto la mamma aveva iniziato a fare amicizia con la madre di Valerio, una donna con qualche anno in più di loro e sempre molto impegnata con il lavoro. In una delle ultime estati insieme Caterina l'aggredì verbalmente al bar, una sera in cui ero andata ad Albenga a sostenere Valerio durante una partita. Dal giorno non successivo non si rivolsero più paura ma mia madre non mi confidò mai quale fosse stato il motivo.
-Speriamo, davvero, hai una testa calda e con quel caratteraccio che ti ritrovi non si sa mai come va a finire-
-Tranquilla mamma, dovesse succedere qualcosa Valerio non esiterebbe a informarti- Scossi la testa divertita. Faceva la finta tonta ma sapevo benissimo delle sue fitte conversazioni con Valerio che la tenevano aggiornato su ogni mio movimento.
-Come se Valerio non ti raccontasse già tutto mamma...- le risposi lasciando la frase in sospeso.
-Proprio perché non mi racconta mai nulla, dopo Paolo hai incontrato qualche bel ragazzo?- incominciò un po' titubante, quasi ansiosa. Scoppiai a ridere.
-Sì mamma, un biondo palestrato mi è venuto addosso mentre correva sulla spiaggia.-
-Sul serio? Nessuno dei bagni, dunque?- Sapevo anche in quel caso che si stava riferendo a Matteo ma non attesi che lo specificasse.
-Sì mamma, Matteo ed Elena stanno ancora insieme, come sempre e no, non è un ragazzo della spiaggia ma non credo che lo rivedrò-. Il mio tono era esasperato, forse troppo, perché sentivo la mancanza di mia madre e in alcuni momenti avrei solo desiderato un suo abbraccio per sentirmi meglio ma la lotta contro Matteo era ormai vecchia di un decennio. Viveva, forse giustamente, con il costante terrore che tra noi due potesse succedere di nuovo qualcosa. Temeva che soffrissi, ora lo so, e proprio per questo quella sera non ebbi il coraggio di confessarle del nostro riavvicinamento. Approfittando della vicinanza con lo stabilimento la salutai quasi frettolosamente promettendole che l'avrei chiamata il giorno seguente per raccontarle la serata.
-Voglio tutte le chicche, lo sai.-
-Sì, mamma, sicuro. Ora devo proprio andare, Mario sta già mangiucchiando e se non arrivo io non iniziano.-
Durante la mia assenza Valerio aveva montate delle luci colorate lungo il bordo della passerella e per il perimetro del cabinone donando allo stabilimento un'atmosfera quasi romantica. La spiaggia, invece, era come al solito in penombra scarsamente illuminata dalla luce giallognola di un vecchio lampione e dalle candele sulla tavola.
Mario sostava all'entrata, come al solito, pur avendo abbandonato per l'occasione l'uniforme rossa in favore di una polo blu, un maglioncino bianco e un paio di pantaloni pinocchietto. Lo salutai con un bacio sulla guancia odorosa di tabacco e posai l'ultima teglia rimasta sulla plancia più vicina. Guardandomi intorno mi resi conto di essere stata l'ultima ad arrivare, gli altri più o meno eleganti, erano già seduti al tavolo o intenti a mangiucchiare pizzette e salatini nell'attesa. Per la prima volta pensai al vestito che avevo comprato, ai capelli preparati con cura, mi chiesi che cosa avrebbero pensato vedendomi, se al posto del brutto anatroccolo che troppo spesso sentivo di essere avrebbero visto una donna sicura di sé. Forse io per primi avrei dovuto sentirmi in quel modo invece di nascondere le mani tra la gonna per non far notare il loro tremolio. Il cuore mi rimbombava nel petto a tal punto che riuscivo a sentirne l'eco nelle orecchie.
Valerio mi raggiunse alle spalle, segno che doveva aver concluso la telefonata in cui lo avevo visto impegnato poco prima. Con le mani cercò le mie e me le strinse prima di farmi un occhiolino.
-Sai che mi piace essere sempre impassibile sul lavoro ma permettimi di dirti che stasera sei bellissima. Un complimento da fratello e da uomo soprattutto. Ti tengo d'occhio-. Gli sorrisi a mia volta abbracciandolo per ringraziarlo. -Non essere agitata, non ne hai bisogno- mi sussurrò all'orecchio prima di lasciarmi andare con un bacio sulla testa. Una parte di me avrebbe desiderato rimanere protetta dal suo corpo per tutta la sera, nel mio bozzolo protettivo lontano da quelle domande che mi tormentavano lo stomaco ma non potevo.
-Valerio, non mi piace la prima fila così in disordine, tira su qualche lettino che se si alza il mare siamo fregati- si intromise Mario comparendo alle nostre spalle.
-Mario, lascialo stare povero, ha lavorato duramente tutto il giorno. Scendete in spiaggia e godetevi la serata a sistemare ci pensiamo prima dei fuochi- Valerio mi guardò con occhi riconoscenti e si allontanò prima che Mario potesse fermarlo nuovamente.
-Hai ragione Cara, questa sera quasi quasi mi rilasso e faccio il turista, pensateci voi alla spiaggia- e così dicendo si sedette su una delle prime sedie da regista libere e riprese ad assaporare la sua pipa. -Mentre ci sei manda Valerio in cabina a cambiarsi, non si può vedere con quella maglietta da bagnino ancora addosso-.
-Mario, ti ho sentito- replicò lui dalla prima fila.
-Dai Vale ha ragione, vatti a cambiare, mettiti quella camicia bianca con la giacca e vedrai quante ragazze circonderanno il tuo trespolo domani-. Scosse il capo mordendosi il labbro prima di scoppiare a ridere e dirigersi finalmente in cabina per cambiarsi.
Un uragano dai capelli biondi mi investii prima che potessi iniziare la mia discesa verso la tavola, a causa della scarsa luce impiegai qualche secondo a riconoscere Davide, uno dei bambini della spiaggia, arrivato da Milano per Ferragosto. Aveva all'incirca sei anni, era un bambino dolce e giocherellone, amava stare in mezzo agli altri bambini ma ancora di più amava trascorrere le sue giornate in acqua e costruire castelli di sabbia. Da quando qualche anno prima mi ero offerta di aiutarlo a costruire una torre di sabbia, gli altri della compagnia dicevano che si era innamorato di me. Quel bambino mi adorava e non passava un solo giorno senza che mi salutasse appena arrivato in spiaggia e prima di andare via; era un po' un fratello minore da accudire e coccolare.
-Come sei bella, sembri una principessa stasera! - mi disse sorridendomi e mostrando un buco al posto di uno degli incisivi che contribuiva a rendere il suo volto ancora più dolce. Mi accovacciai alla sua altezza e mi complimentai per la sua camicia bianca e i jeans facendolo sorridere.
-Posso venire in braccio?- mi domandò arrossendo sulle guance forse ricordando i rimproveri del padre ma io scrollai la testa e me lo portai sul fianco sorridendo quando le sue mani paffute mi strinsero le spalle. Mi incamminai verso la prima fila mentre Davide continuava ininterrottamente a raccontarmi la sua giornata. Con la coda dell'occhio vidi Nick e Jack tagliare le focacce, Silvia distribuire la Sangria e Matteo dietro il piccolo bancone da bar improvvisato. Non incrociai il suo sguardo nonostante lo sentissi pesare come un macigno sulla schiena scoperta ma mi diressi verso i genitori di Davide seduti sui lettini della prima fila, poco lontano vidi Elena passeggiare avanti e indietro con i piedi in acqua e il telefonino in mano.
-Davide ti va di giocare un po' con i tuoi amici? Io vado a prendere qualcosa da bere, torno dopo.- Lo vidi annuire vigorosamente così gli accarezzai la testa bionda in un gesto affettuoso e mi voltai. Ancor prima di incrociare i suoi occhi, sentii la voce sarcastica di Matteo accogliermi.
-Per un momento ti ho creduto davvero questa mattina quando mi hai parlato di uno spasimante misterioso, certo, non pensavo avesse sette anni. Biondo è biondo, su questo almeno ho indovinato- Le provocazioni erano appena iniziate.
-Che c'è? Sei geloso del fatto che dedico ad un bambino più attenzioni di te? Se vuoi domani ti aiuto a fare il castello di sabbia-. Ci guardammo intensamente cercando di rimanere seri ma l'immagine di Matteo con paletta e secchiello in mano si fece strada nella mia mente e mantenere la maschera divenne impossibile. Scoppiai a ridere
-Non vedi l'ora di mettermi in difficoltà, ammettilo. Nel frattempo che ti asciughi le lacrime vuoi ordinare qualcosa da bere o sei qui solo per infastidirmi?- mi domandò continuando a mescolare la sangria.
-È una festa, cosa mi proponi?- gli domandai sporgendomi verso di lui per infastidirlo un po'.
-Mi stai togliendo quella poca luce che il lampione emette.- Strinse gli occhi per vedere meglio e riprese a mescolare. -Qualcosa di alcolico di sicuro, non troppo dolce. Non lo so, magari un mojito?-
-Vada per il mojito-.
Mi guardai intorno per assicurarmi che Valerio fosse ancora in cabina a cambiarsi e che l'attenzione degli altri fosse rivolta altrove, poi approfittando della sua concentrazione mi concessi per la prima volta di osservarlo. Lo guardai con attenzione soffermandomi sulle sopracciglia aggrottate, il naso un po' sporgente e i muscoli del braccio che guizzavano da sotto la camicia bianca per lo sforzo. Era talmente concentrato da non accorgersi dei miei occhi curiosi. Al buio della spiaggia, illuminato solo da qualche candela, l'atmosfera tra noi era più intima del dovuto tanto da indurmi a temere che una sola parola avrebbe rovinato il quadro da cui non riuscivo ad allontanarmi. Mi porse il bicchiere e io non fui sufficientemente lesta a divergere lo sguardo dalle sue braccia prima che potesse notarlo così arrossii quando tirò indietro la mano con un sorriso beffardo.
-Non credo di poterle consegnare il bicchiere signorina, la vedo un po' distratta-. Come una stupida mi ero fata cogliere in un momento di debolezza che con ogni probabilità mi avrebbe fatto scontare tutta la sera.
-Scusami- sussurrai- non volevo essere inopportuna-. Ero appena arrivata e già cominciavo a fare danni, persino ripetere mentalmente le parole di mia madre non servì a nulla. Rialzando gli occhi lo vidi fare il giro del tavolino e chiedere a qualcuno di prendere il suo posto.
-Scusa? Dove stai andando?-
-Ho deciso di essere altrettanto inopportuno-. Posò con attenzione il bicchiere sul tavolo e mi avvolse tra le sue braccia. Esitai a ricambiare l'abbraccio, sorpresa dall'inaspettato slancio d'affetto ma mi lasciai andare non appena affondò il viso tra i miei capelli. Inspirò profondamente come alla ricerca di un profumo particolare che non trovò a giudicare dall'espressione confusa. Quando si allontanò intercettai i suoi occhi accarezzarmi da lontano il viso, soffermarsi sulle labbra per poi continuare a scendere lungo il collo. All'improvviso si fermò e le sue guance si tinsero di rosso, si morse il labbro inferiore prima di porgermi il bicchiere e indicarmi con un gesto della mano di seguirlo. Incerta controllai il vestito. Durante l'abbraccio la stoffa si era spostata sul petto lasciando scoperto l'incavo dei seni. Mi sistemai frettolosamente e lo raggiunsi al tavolo.
-Dirmelo prima no?- mi rispose con un sorriso enigmatico, consapevole della sensazione di smarrimento che sentivo dentro, per poi avvolgere le labbra attorno al bicchiere, feci altrettanto per non lasciarmi travolgere dall'imbarazzo.
Attorno a noi il via vai di persone con piatti e bicchieri in mano alla ricerca di un posto faceva apparire la nostra bolla ancora più assurda, da un momento all'altro sua madre o Valerio sarebbe intervenuti, oppure Elena lo avrebbe trascinato via per un posto più appartato. Eppure guardarsi senza parlare, conversare attraverso gli occhi non era poi così male.
-Perché non mi hai detto che il vestito era così scollato?-.
-Non era volgare se è questo che ti preoccupa, lo leggo nel tuo sguardo. È una festa, cerca di stare tranquilla-. Continuavano a ripetermelo tutti ma non sapevo come applicarlo. Non ero più abituata a quell'atmosfera e di conseguenza non capivo come gestirla, cosa fare e cosa non per evitare che gli altri mi guardassero e iniziassero a spettegolare. Sapevo perfettamente che quella non era una serata come le altre, che gran parte della preoccupazione e della tensione che sentivo erano dovuto allo strano bisogno di avere l'approvazione di Matteo. Non era cambiato nulla eppure attorno a noi nulla era più come prima quando da lontano potevo osservarlo e lo sguardo torvo di Cristina ne era una prova.
Ci pensò Mario a salvarmi dall'imbarazzo, si issò precariamente su una sedia e con un fischio diede inizio alla cena.
Mi allontanai per andare a prendere qualcosa da mangiare, un pezzo di focaccia e qualche fetta di prosciutto, mi si era chiuso lo stomaco. Quando tornai al tavolo vidi il posto accanto al mio occupato da Valerio sapendo bene che Matteo e Valerio vicini era una combinazione esplosiva, pericolosa e con me in mezzo anche di più. Mi avvicinai con lentezza non vedendo il primo da nessuna parte e appoggiai una mano sulla sua spalla del bagnino, coperta dalla felpa blu, almeno lui era stato previdente considerato il vento improvviso che scuoteva senza cura la tovaglia.
-Va tutto bene?- gli chiesi indicando con un movimento del capo il posto da lui occupato. Annuì con la testa. -Va benone, controllo la situazione!- mi rispose facendomi un occhiolino e continuando a mangiare un trancio di pizza margherita. Mi sedetti con circospezione attendendo che si sbilanciasse e mi spiegasse il motivo di una postura tanto rigida dal momento che non poteva controllare l'ingresso alla spiaggia a cui voltava le spalle. Si guardò attorno pulendosi le mani su un tovagliolo immacolato e si avvicinò al mio orecchio iniziando a sussurrare.
-Ho sentito qualche commento di troppo di Cristina sul tuo vestito e sulla tua vicinanza con il suo primogenito, se mi siedo accanto a te non avrà nulla da ridire. Quanto non la sopporto Ale, non ne hai idea.- Incrociò le braccia al petto come un bambino continuando a masticare rumorosamente, incurante dell'occhiataccia di sua madre. Sentii lo stomaco chiudersi ulteriormente, per quanto apprezzassi il gesto di Valerio quei due vicini continuavano a non convincermi, ancora di più quando vidi Elena dalla parte opposta del tavolo vicino alla madre. Accanto a loro la voce acuta di Cristina era impegnata a raccontare a un gruppo di genitori il disastroso ferragosto di quattro anni prima rovinato da una perdita all'acquedotto e da una terribile influenza intestinale. Nascosi un sorriso quando vidi anche Giacomo prendere posto alla sinistra di suo fratello e davanti a me pur di non essere costretto ad assecondare sua madre.
-Attenzione signori- esclamò Matteo una volta raggiunto il suo posto, il piatto ancora parzialmente vuoto. -Il bagnino più scontroso di Alassio ha abbandonato la divisa e si è seduto con noi, a cosa dobbiamo questo onore?- Valerio lo ignorò e io ne approfittai per tirare un calcio sui polpacci di Matteo che non sortì alcun effetto. Aprì nuovamente bocca ma non attesi che lanciasse un'altra provocazione a Valerio, gli diedi un colpetto sul braccio ma non fui abbastanza veloce a tirarmi indietro. Mi imprigionò la mano tirandomi verso di lui e scompigliandomi con l'altra mano i capelli. Mugugnai per il fastidio ma non provai a contrastare i suoi gesti.
-Mi piaci quando sei violenta!- mi disse dopo essersi accertato che nessuno ci guardasse.
-La smetti di provocare?- provai a colpirlo con la mano libera ma mi strinse a sé con più forza prima di lasciarmi andare con una risata liberatoria.
-Belin ma quanti anni avete voi due? È impossibile mangiarvi accanto!- esclamò Valerio con un pezzo di focaccia a nascondergli un sorriso, in fondo Matteo gli stava meno antipatico di quanto credesse. Tornando al mio posto con in sottofondo ancora la risata di Matteo notai quanto Giacomo fosse assente, alternava lo sguardo dal piatto al cellulare e rispondeva a monosillabi alle domande della madre. Mi stupii che non fosse ancora rimasta senza fiato dopo mezz'ora ininterrotta di racconti sulla bella vita alassina e le escursioni a Saint-Tropez. Anche Elena, sedutale poco distante, le rispondeva a malapena. Con lo sguardo basso, mangiucchiava qualche pezzo di pizza e con una mano si reggeva la testa, appariva triste, forse persino malinconica. Mi domandai nuovamente perché non si fosse seduta con Matteo, se fosse accaduto qualcosa. Lo seguii con lo sguardo mentre si alzava per andare in bagno ma mi parve tranquillo, sereno come al solito se non di più dopo qualche bicchiere di vino rosso.
-Lo sapevo, non ci si può fidare di lui, finisce sempre così- borbottò Valerio.
-Di chi parli?- gli domandai sorseggiando un po' di sangria, un bicchiere era stato sufficiente ad alleggerirmi la testa e a smorzare l'ansia.
-Di Edoardo, te lo ricordi?- Scossi la testa. Il nome era familiare ma faticavo ad associarlo a un volto. -Il mio compagno di squadra ci allenavamo insieme...non importa. Gli avevo chiesto di passare da noi così da non fare sempre la solita figura del cretino ma, tanto per cambiare, ha una festa in collina.-
-Paura che ti obblighi al bagno di mezzanotte? Tranquillo, so che terminati i fuochi come Cenerentola tornerai a indossare la tua divisa da bagnino e nulla ti potrà distrarre-. Ridacchiò anche lui consapevole che lo stessi prendendo in giro.
-Sai credo proprio che dovrei presentartelo, sareste una bella coppia, dico sul serio. Io dovrei fare richiesta di essere internato ma voi vi divertireste un mondo a prendermi in giro.-
-Mi dispiace Vale ma con gli uomini ho chiuso dopo Paolo, fammi godere la mia libertà da single, ne riparliamo tra qualche anno-. Mi affrettai a cambiare discorso non appena mi accorsi del rabbuiarsi di Giacomo. Ogni tanto mi dimenticavo che Paolo era il suo migliore amico e sentirmi denigrare la nostra relazione non era il modo migliore per un riavvicinamento tra di noi. Giacomo era freddo con me, a stento si fermava per più di cinque minuti. La scenata al Caffè Roma non aveva certamente aiutato, il dopo serata a casa sua ancora meno. Osservando il modo frenetico in cui alternava lo sguardo tra il cellulare e il piatto mi resi conto di quanto quella serata fosse solo una copia sbiadita delle feste estive a cui ero abituata. Nessuna conversazione animava più l'intero tavola ora diviso in gruppi dai molteplici argomenti di dialogo, gli stessi che il giorno seguente avrei trovato in spiaggia. Nessuna barzelletta dovuta a qualche bicchiere di troppo, persino le risate scarseggiavano. Poco lontano da me Davide me il piccolo Davide dormiva indisturbato tra le braccia della madre con un'espressione così serena che quasi lo invidiai, persino Mario sembrava sul punto di addormentarsi nonostante non fossimo neanche a metà della cena e i fuochi d'artificio fossero ancora ben lontani.
-Vale, un po' di musica no?- nessuna risposta, anche Valerio si era allontanato. Mi alzai allora controvoglia, per raggiungere l'ufficio di Mario dovevo necessariamente passare accanto a Caterina eppure era l'unico posto in cui sapevo che avrei trovato una radio. Era stato il regalo della spiaggia a Mario in occasione del suo settantesimo compleanno, rigorosamente sintonizzata su Radio Onda Ligure aveva accompagnato un aperitivo improvvisato fatto di Pigato e baci di Alassio troppo secchi per essere considerati freschi ma ugualmente buoni. La trovai sepolta sotto una pila di vecchi giornali, scatole vuote di giochi da tavolo e un paio di teli da mare abbandonati. Cercai una canzone un po' movimentata prima di abbandonare la radio sulla prima sedia libera e allontanarmi dal tavolo per una rapida sigaretta. Mi appoggiai sulla parete delle docce iniziando a pensare a quale rifugio avrei potuto scovare in vista dei fuochi, così belli eppure terribilmente malinconici. Un tripudio di colori e rimbombi, un mix meraviglioso di forme, luci che lasciano con il fiato sospeso fino ai tre colpi finali...boom, boom, boom. Silenzio. Tre colpi e svanisce il sogno di un'estate, ripiomba la realtà, incombe settembre, la spiaggia si svuota, i primi saluti. Erano anni che non assistevo più nemmeno al primo botto.
-Questa musica orrenda l'hai scelta tu? Hai fatto bene, si intona con la serata-. sussultai quando sentii il fiato caldo di Matteo scontrarsi contro il mio collo freddo, non lo avevo sentito tornare dal bagno. Mi scansai quando tentò di appoggiarmi una mano ancora umida sulla schiena,ero già abbastanza infreddolita senza le sue mani ghiacciate addosso.
-Non dirlo a me, senza Valerio sono scappata dalla disperazione-.
-È davvero così divertente il tuo amico?- mi domandò trascinando un lettino della terza fila più vicino alle docce e sedendovisi sopra a cavalcioni.
-Molto, dovreste provare a parlare senza litigare per più di cinque minuti e lo scopriresti anche tu-.
-Mi fido, ti ringrazio-. Restammo in silenzio, lontani dal vociare della tavola ma ben visibili agli altri. Mi sporsi verso il lettino per recuperare un bicchiere vuoto in modo tale da buttarci dentro la cenere e lo vidi sorridere.
-Sai, credo proprio che tu abbia una promessa in sospeso con me-
-Parli dell'aperitivo?- mi spostai prima che potesse rubarmi la sigaretta dalle mani.
-No, a quello ormai ho rinunciato. Parlo di un ballo-. Strabuzzai gli occhi, non poteva ricordarsi ancora quella richiesta assurda fatta da ubriaco.
-Non ti ho promesso proprio nulla e ridammi la sigaretta-.
-Lo sai benissimo a cosa mi riferisco, rivoglio quel ballo che non ho ottenuto anni fa-.
-Non per colpa mia, te lo ricordo, eri tu quello talmente ubriaco da addormentarti su un lettino dell'ultima fila-. Mi ero tradita da sola, lo capii dal sorriso sardonico che gli alleggerì il volto. -C'è solo la radio, non abbiamo nemmeno una canzone-
-Sicuramente movimenterebbe un po' la serata, è un mortorio questa sera e mia madre non smette di parlare.-
-Qualche ballo ci starebbe anche solo per farla stare un po' in silenzio-. Mi sedetti anche io, poco distante da lui ma senza toccarlo. Era diverso quella sera, più tranquillo e meno provocatorio di quanto mi aspettassi. -Magari dopo i fuochi...-
-Sì, così avrei la certezza di non ballare con te. Non ti ho mai visto guardarli-. Pensai di chiedergli come facesse a saperlo, dove si fosse nascosto in tutti quegli anni. -E se andassimo via? In fondo non piacciono né a me né a te, cosa stiamo qui a fare?-. Ignorai la domanda pur di reprimere il desiderio di trascorrere del tempo insieme a parlare e basta, a discutere di cavolate come ai vecchi tempi, pur di rivedere il Matteo sincero per qualche minuto in più.
Prima che potessi rispondere alla sua domanda vidi Valerio gesticolare e cercarmi con lo sguardo, in mano aveva un pacchetto di pasticceria perfettamente incartato, dietro di lui sua madre si affrettò a depositare sul tavolo due vassoi di pasticcini. Il mio zuccotto di Balzola era arrivato e come tradizione sarei stata la prima a tagliarlo.
-Ancora con quel dolce indigesto? Ti prego- mormorò Matteo seguendo la linea dei miei occhi.
-Te lo ricordi ancora? Non penso nemmeno che tu l'abbia mai assaggiato-
-Mi è bastata la volta in cui ti è caduto sui miei pantaloni blu, appena comprati aggiungerei-.
La stessa sera del ballo. Era così elegante Matteo, per una volta aveva persino cambiato profumo, un agrumato che gli aveva regalato sua madre che lui proprio non sopportava. Tra l'aperitivo al bar, la sangria a cena e un bicchiere di vino per il dolce non riusciva più ad alzare la testa dal tavolo su cui era appoggiato con le braccia incrociate e gli occhi annebbiati. Io, un po' meno alticcia di lui, presa dalla frenesia di ballare l'ultima canzone di Shakira, la stessa che avevo provato per mesi per il saggio di fine anno, mi alzai rumorosamente dal tavolo con il piattino dello zuccotto in mano senza rendermi conto delle scarpe che avevo abbandonato poco prima, senza alcun riguardo. Riuscii a sorreggermi al tavolo ma il mio dolce crollò rovinosamente sui suoi pantaloni. Nessuno se ne accorse, la serata nuvolosa e le luci della candela rendevano la visuale ancora più coperta. Le mani sulla faccia a coprire la sua espressione disperata, però, furono abbastanza per far ridere l'intera tavolata.
-Andiamo, dai, Valerio per te ha ordinato delle mini torte sacher così non dovrai sopportare più di tanto il mio zuccotto-. Avvolta dalla nostalgia di quella serata lontana senza accorgermene allungai la mano destra per prendere quella di Matteo e condurlo al tavolo, la ritirai prima che fosse troppo tardi e gli voltai le spalle. Matteo si schiarì la gola estraendo dalla tasca il suo pacchetto di sigarette.
-Non mi va molto il dolce, sai che mi piace di più il salato. Vai pure, vi raggiungo per il caffè-. Ignorai volutamente il tono malinconico, la voce più bassa ridotta a un sussurro e raggiunsi il tavolo. Affondando il cucchiaio nel dolce non potei fare a meno di pensare di aver rovinato l'atmosfera con la mia svista.


Cassandra:
Ecco a voi la prima parte del capitolo di Ferragosto in cui si inizia a percepire un'aria di cambiamento e turbamento per i nostri caratteri. La vacanza spensierata sta per prendere una piega meno perfetta.
Buona lettura, vi aspetto nel prossimo capitolo.
Cassandra
  
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