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Autore: Mr Lavottino    27/11/2020    3 recensioni
STORIA AD OC
In una fredda giornata di Ottobre, Noah Hayden, famoso avvocato, riceve una lettera anonima che lo invita a tornare a Wawanakwa. Una volta giunto all’indirizzo indicatogli, incontra sei ragazzi che, circa sette anni prima, aveva aiutato a salvarsi dal carcere mentendo sulla loro colpevolezza, e scopre di essere all’indirizzo della casa di Dawn, la ragazza uccisa dal gruppo in un incidente d’auto.
Lo spirito di Dawn è tornato per vendicarsi ed il gruppo è rinchiuso all’interno della casa fino a che il fantasma non otterrà ciò che vorrà.
Genere: Horror, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altro personaggio, Emma, Noah, Nuovo Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Disegno di: reginaZoey1999


- Abbey, ti ho detto che non posso accompagnarti. Ho la patente da poco, se mi fermano è la fine. E sai che non posso macchiare la fedina penale proprio adesso. - Brodie sbuffò, mentre al computer compilava i fogli per la leva militare. 

- Su, cosa vuoi che succeda? - dall’altro capo del telefono, appoggiato cautamente sulla scrivania e con il viva-voce attaccato, Abbey cercò di persuaderlo - È solo una serata, le possibilità che ci fermino sono pochissime. - il ragazzo scosse la testa, mentre leggeva con disattenzione i vari fogli sulla tutela della privacy. 

- È troppo pericoloso. - non aggiunse altro, continuò a passare gli occhi con sufficienza sulla moltitudine di righe che aveva davanti mentre teneva la mano chiusa a pugno a sorreggergli la testa. 

- No, non lo è. - dal tono di voce della fidanzata, Brodie capì che stava andando a schiantarsi conto un muro di ferro molto alto e resistente – Sai quanto sia importante per me questa festa. -  

- Fatti portare da tuo padre. - un altro sospiro, l’ennesimo di quella sera, uscì fuori dalla sua bocca. 

- Figurati se mi accompagnata in un luogo simile. - disse acidamente.  

- Chiediti il perché - ribatté Brodie, senza staccare gli occhi dallo schermo. A quel punto Abbey capì che aggredirlo non sarebbe servito a nulla. 

- Per favore, Brodie. - il suo tono mutò radicalmente – Fallo per me. - sussurrò con voce rotta, come se stesse per piangere. Furono quegli accenni di singhiozzi ad iniziare a piegare Brodie. 

- Abbey, non posso. Dopodomani ho le prove fisiche della leva. - le disse, con tono esitante. Ed Abbey marciò sopra quella dichiarazione che, almeno in teoria, sarebbe dovuta essere l’asso nella manica di Brodie. 

- Appunto, poi non potremo vederci per un sacco di tempo. - la sua voce si fece più provocante – Sai cosa potremmo fare lì, vero? - non gli permise di rispondere, rispose le stessa alla sua domanda – Hanno affittato una grossa villa a tre piani, perciò ci sarà sicuramente qualche stanza libera. - Brodie non poteva vederla, ma era sicuro che si stesse mordendo il labbro e solo quel pensiero lo fece impazzire. Ci mise un po’ a risponderle, perché era una persona ligia al dovere, ma era pur sempre un adolescente preda degli ormoni. 

- Va bene, ti porto io. - accompagnò quella parola da un lungo sospiro che venne seguito da un gridolino di gioia da parte della fidanzata. 

- Fantastico, allora passami a prendere domani alle sette di sera, tutto chiaro? - la rapidità con la quale Abbey organizzò il tutto gli fece capire di essere finito in pieno nella sua trappola. 

- D’accordo. - Brodie sbuffò per l’ennesima volta. 

- Ah, giusto, dobbiamo portare anche Clara, Delfina e Ginevra. - aggiunse la castana tutto d’un fiato. 

- Eh? Questo non me lo avevi detto. - protestò Brodie. 

- Che ti cambia, la tua macchina è a cinque posti, no? - sentì Abbey ridacchiare. 

- Va a farti fottere. - non riuscì a dirle altro. 

- Ti amo, Brodie. - sussurrò la ragazza, per poi mandargli un bacetto. 

- Anche io ti amo. - replicò Brodie, senza risultare molto convincente.  

- A domani. - disse Abbey. 

- A domani. - detto ciò, chiuse la chiamata e si gettò di nuovo a leggere il testo che aveva davanti. 

 

 

La serata fu uno spasso: fiumi di alcol, droga e divertimento per quasi cinque ore piene. Se per Abbey quella fu unoccasione per svagarsi e divertirsi, per Brodie non fu altro che la riconferma di non essere assolutamente in grado di gestire la sua fidanzata. L’aveva accompagnata lì, aveva scarrozzato le sue amiche e, per di più, era stato costretto a bere. Non avrebbe dovuto farlo, perché era l’unico della combriccola con la patente, ma l’insistenza di Abbey, e principalmente di Delfina, lo avevano fatto cedere. Soprattutto perché Brodie non era in grado di gestire l’alcol, gli bastava un cocktail per iniziare a barcollare. 

 - Brodie, c’è l’open bar, non fatti sfuggire questa opportunità. - gli aveva detto Abbey, già con in mano il suo bel bicchiere di Dark and Stormy a metà. Il ragazzo aveva guardato la bevuta con un sopracciglio alzato, poco invitato dal colore rossastro del liquido. 

- Non mi sembra il caso. - scosse la testa. Abbey sbuffò e roteò gli occhi. 

- Dannazione, cerca di divertirti. Forza, vieni con me. - lo prese per la mano e lo trascinò verso l’open bar. 

- Cosa vi preparo? - chiese il barman, mentre agitava due shaker e li faceva roteare su se stessi. 

- Che vuoi? - Abbey si girò verso Brodie, che boccheggiò senza sapere cosa dire – Ah, che palle che sei. Fagli un Dark and Stormy. - disse, indicando la bevuta che teneva fra le mani. 

- No, quello no! - il castano si fece un passo avanti. 

- Allora cosa vuoi? - la ragazza inclinò la testa di lato e sbuffò ancora. 

- Un Old Fashioned. - sussurrò lui, con fare sconfitto. 

- Ancora con quella roba dolce? Bah, che schifo. - Abbey assunse un’espressione disgustata. Il barman preparò l’Old Fashioned e lo passò a Brodie, per poi girarsi subito verso un altro ragazzo, dall’aspetto poco sobrio, che stava aspettando impazientemente dietro del castano. 

- Torniamo dentro. - Abbey fece cenno con la testa al ragazzo di seguirlo. I due tornarono nella sala, rischiando in più occasioni di rovesciare i cocktail, e si misero a sedere sul divano. Una volta seduto, Brodie bevve il primo sorso della bevanda e per poco non si strozzò. Tossì parecchie volte, sotto lo sguardo preoccupato della fidanzata. 

- Cazzo, è dolcissimo. - disse poco dopo, per poi appoggiare il cocktail sul tavolinetto davanti a lui. 

- Te l’avevo detto io. - Abbey alzò le spalle e riprese a bere il suo come se niente fosse. 

- A che ore pensi di andare via? - il ragazzo appoggiò la testa sullo schienale e la guardò di soppiatto. 

- Per le tre, penso vada bene. - rispose lei con sufficienza. 

- Assolutamente no. - Brodie scosse la testa. 

- Dai, non fare il guastafeste. - Abbey girò gli occhi e lo guardò con l’espressione più pietosa che riuscì a fare. 

- Di che cosa state parlando? - l’arrivo di Delfina salvò, in un certo senso, Brodie. La ragazza, anche lei con il suo cocktail in mano, si sedette alla destra di Brodie e si immise di netto nella conversazione. 

- Nulla che ti riguardi. - replicò Abbey, mantenendo tuttavia un tono allegro e cercando di essere la meno acida possibile. 

- Un uccellino mi ha detto che invece interessa anche me. - la mora assottigliò gli occhi e le sorrise. 

- Stiamo discutendo a che ore andare via. - disse Brodie, sperando di trovare appoggio nella sua amica di infanzia – Per te l’una e mezza va bene? - le domandò. 

- L’una e mezza? È anche troppo tardi. - rispose lei, per farlo contento. 

- Eccola che ricomincia. - sbuffò Abbey bacchettando con le dita sulla sua coscia per cercare di diminuire il nervoso che la stava attanagliando. 

- A fare cosa? - Delfina la guardò storcendo leggermente il capo. Era palesemente alla ricerca di uno scontro che, però, Abbey non sembrava intenzionata a voler concedere. 

- Che stai bevendo? - le domandò quindi, così da spegnere sul nascere ogni possibile litigata. 

- Un Moscow Mule. - rispose seccamente, per poi succhiare dalla cannuccia un po’ della bevuta. 

- Ehi, Abbey. - l’attenzione della castana venne richiamata da Ginevra che, dopo essersi fatta strada fra la folla a gomitate, le andò incontro. 

- Dimmi pure, Ginny. -  

- Indovina chi ho incontrato prima? - le chiese, con un sorrisetto in volto. 

- Non ne ho idea. - Abbey scosse la testa. 

- Ci sono Samantha ed Allisson. Sono qui con Marcus – Brodie storse il naso appena sentì quel nome – e gli altri. - spiegò Ginevra sorridendo. 

- Davvero? - domandò, con gli occhi pieni di sorpresa. 

- Perché non facciamo un salto a salutarli? - le propose Ginevra. 

- Certo! - Abbey si alzò in piedi – Torno fra poco, mi raccomando. - non aggiunse altro, si limitò a guardare Delfina con lo sguardo più serio che riuscì ad assumere e poi sorrise verso Brodie, che si limitò a darle un cenno positivo con la testa. Abbey sparì per più di un’ora. 

Quei sessanta e passa minuti furono per Brodie come per un criminale l’attesa del giudizio della corte. Provava a nascondere la sua paura, ma non ci riusciva particolarmente bene. Il pensiero che Abbey fosse assieme a Marcus, suo ex con il quale andava molto d’accordo, lo infastidiva particolarmente. Proprio per cercare di mandare giù quel nervoso che sentiva, bevette prima il suo Old Fashioned, poi il cocktail che, gentilmente, Delfina gli offrì perché, a detta sua, era troppo dolciastro. Oltre alla sua testa, contagiata dall’alcol, a dargli paranoie c’era Delfina che, ogni tre per due, gli ricordava cosa stesse facendo la sua ragazza. 

- Ancora non è tornata? Strano. - diceva, per poi guardarlo di soppiatto mentre lui, stizzito, beveva dal bicchiere facendo finta di non sentirla. 

- Praticamente è passata un’ora. È incredibilmente in ritardo. - continuava a mettere benzina sul fuoco, nella speranza che Brodie, influenzato dalle sue parole, potesse finalmente smetterla di frequentarsi con Abbey. 

- Pensare che è stata lei a costringerci a venire qui. - quelle frasi non facevano altro che aumentare la rabbia sopita di Brodie. Come se non bastasse, Delfina lo fece bere fino a stare male. Approfittando della situazione, riuscì a fargli bere altri due cocktail al bancone, mentre lei continuava imperterrita a buttare fango sulla rivale in amore. Il suo scopo, principalmente, era quello di fare sesso con Brodie dopo averlo fatto ubriacare pesantemente. Per questo continuava a dargli da bere e, di tanto in tanto, si abbassava la scollatura e si avvicinava a lui. 

- Vi state divertendo? - a “salvare” il soldato Brodie fu l’intervento di Clara che, completamente fatta, si avvicinò a loro con lo scopo di prendere un altro cocktail – Ehi, bellezza, dammi un Negroni sbagliato. - fece l’occhiolino al barman, senza essere cosciente di non avere proprio un bell’aspetto. 

- Quante canne ti sei fatta? - le domandò Delfina, con un sorrisetto in volto. 

- Non chiedermelo, ho perso il conto. - rispose la mora, ridendo di gusto – Su, dolcezza, ho la gola secca. - sbatté una mano sul tavolo e scoppiò a ridere incontrollatamente. 

- Sei in condizioni pietose. - Delfina la guardò e rise. 

- A me piace così. - urlò Clara, per poi alzare le braccia al cielo al tempo di musica. Sentire i Black Eyed Peas in sottofondo le dava un effetto ancora più di esaltazione. 

- Se lo dici tu. - l’altra alzò le spalle. 

- Che poi, ehi, se te lo vuoi scopare portalo dietro a quel cespuglio e dacci dentro. Non sfogare la tua frustrazione su di me. - barcollando e ridendo, Clara indicò Brodie. Delfina divenne rossa di colpo. 

- M-Ma di c-che stai parlando?! - scattò in piedi e strinse i pugni con forza. 

- Andiamo, amore, sei praticamente nuda. - le indicò la scollatura, decisamente eccessiva, del vestito e scoppiò in una risata. Contemporaneamente, il barman le allungò il suo cocktail – Grazie mille. Se vuoi ci vediamo dopo. - Clara le fece l’occhiolino, ma quello scosse la testa in segno di negazione. 

- Sono troppo giovane per finire in galera. - le disse, per poi girarsi verso un altro ragazzo dall’aspetto poco sobrio. 

- Comunque sia. - Clara si girò di colpo verso di loro, facendo cadere un po’ della bevuta – Dobbiamo accompagnare questa qui a casa. - indicò una ragazza dietro di lei che, fino a quel momento, né Brodie, né Delfina avevano visto. Aya si fece un passo avanti e li guardò senza dire niente. 

- Non abbiamo posto. - disse il castano, contando con le dita della mano quanti posti avesse liberi nell’auto. 

- Possiamo lasciare Abbey qui. - propose subito Delfina. 

- No, lei è la mia ragazza. - obiettò Brodie. Non appena si ricordò di Abbey, che per qualche secondo era sparita dalla sua testa, strinse con forza il bicchiere che aveva in mano. 

- Vuoi lasciarla qui? - Clara inclinò la testa. 

- Può chiedere a qualcun altro. - rispose lui, senza nemmeno guardarla. 

- Non può. Ma l’hai vista? - Clara afferrò Aya per le spalle e la scosse - È una fottuta bambola di pezza. - le affondò l’indice nella guancia, sotto il totale disinteressa di Aya. 

- La macchina è piena. - sussurrò Brodie, con la voce tipica di chi stava per demordere e, per l’ennesima volta, piegare al volere altrui. 

Aya è piccola, entrerà in auto senza problemi. - disse prontamente Clara. La mancata risposta da parte del castano, che si limitò ad affondare la testa sul bancone, fece capire alla mora di aver vinto – Perfetto, allora è deciso. A che ore ce ne andiamo? - chiese poi, mandando giù metà drink con un sorso solo. 

- Come puoi parlare così normalmente dopo tutte le canne che ti sei fumata e tutto l’alcol che hai bevuto? - Delfina la guardò con gli occhi spalancati. 

- Esperienza. Ho fatto di peggio. - le fece l’occhiolino e barcollò leggermente indietro, segno che non stava poi così bene – Spara l’ora, dolcezza. - aggiunse poi, cercando di ritrovare l’equilibrio. 

- L’una e mezza. - a rispondere fu proprio Delfina, che batté Brodie sul tempo. 

- Cazzo, allora devo godermi quanto manca. - urlò Clara. Afferrò la mano di Aya e la trascinò con se – Su, abbiamo ancora un’ora. - disse, rischiando di inciampare più volte e, soprattutto, di versare ciò che rimaneva del suo drink per terra. 

Il proseguo della serata non fu dei migliori: Brodie continuò a bere e a deprimersi e Delfina si sforzò, come meglio riusciva, nel tentare di conquistarlo, anche se lui non sembrava essere affatto interessato. Rimaneva fermo, con gli occhi fissi verso il bancone e, di tanto in tanto, sorseggiava la bevuta che, ciclicamente, finiva e richiedeva al barman. Così facendo, aveva ingerito più di sette cocktail. A salvarlo dal coma etilico era stato proprio il barman che, resosi conto della situazione disperata e molto poco felice del ragazzo, iniziò ad aumentare sempre di più le dosi di ghiaccio, tanto che Brodie, senza rendersene conto, arrivò a bere dei bicchieri d’acqua giallastra. 

Ainterrompere quel ciclo infinito fu il ritorno di Abbey e Ginevra dopo una mezz’oretta. La castana si rese subito conto che qualcosa le era sfuggito di mano. 

- Si può sapere che diavolo succede? - domandò non appena si avvicinò ai due. Non le servì nemmeno una risposta, le bastò guardare la lentezza con la quale Brodie sollevò la testa dal bancone per capire cosa fosse accaduto. 

- Ha solo bevuto un po’. - sminuì Delfina, facendole cenno con la mano di non preoccuparsi. 

- A me sembra completamente andato. - disse Ginevra, dopo avergli dato un’occhiata più approfondita. 

- Lo hai fatto ubriacare? - urlò Abbey a Delfina sgranando gli occhi – Deve guidare lui per portarci a casa! - 

 - Non è messo così male. - le parole di Delfina vennero prontamente smentite da Brodie, che provò ad alzarsi dallo sgabello e finì per terra di peso. 

- Brodie, stai bene? - la castana si precipitò al suo fianco e gli tenne su la testa. 

- S-S-S-Sì. - riuscì a dire, in malo modo, solo quello, poi sentì lo stomaco contorcersi e la sensazione di dover vomitare tutto ciò che aveva in corpo. Riuscì solo all’ultima a fermare il rigetto, venendo pervaso da quel sapore acre lungo tutta la gola. 

- Penso sia il momento di andare. - propose Ginevra, capendo che se fossero rimasti lì il tutto sarebbe potuto andare solo che peggio. 

- Hai ragione! Forza, andiamo a casa. - Abbey tirò su Brodie di peso, con l’aiuto di Ginevra, ed iniziò ad incamminarsi verso il parcheggio – Muoviti. - guardò Delfina con gli occhi da assassina. 

- Eh? Ma ho detto a Clara che saremmo andati via a l’una e mezzo. Non è nemmeno l’una. - protestò Delfina, ancora seduta allo sgabello. Abbey lasciò il ragazzo a Ginevra e si avvicinò verso la mora ad ampie falcate. 

- Ascoltami bene: adesso tu vai a prendere Clara, la porti al parcheggio e ce ne andiamo. - le premette un dito all’altezza del costato con forza – Spero di essere stata chiara. - Delfina avrebbe voluto ribattere, ma capì che in quelle condizioni non ne sarebbe uscita viva, soprattutto con Abbey arrabbiata in quella maniera. 

- Va bene, ma con Clara ci parli tu. -  

E così fece, Delfina prese Clara ed Aya per un orecchio e le portò al cospetto di Abbey che, sull’orlo di una crisi di nervi, stava tenendo d’occhio Brodie. Il moro, infatti, aveva vomitato per ben due volte in quel breve lasso di tempo e dal colorito della sua faccia non sembrava essere in grado di guidare. 

- Si può sapere che è questa storia? - Clara, barcollando, si avvicinò verso di Abbey. 

- Ce ne andiamo, Brodie sta male. - la castana non perse tempo, cercò di liquidare quella discussione per poter partire il più in fretta possibile. 

- Ehi, bambola, Brodie mi aveva detto che saremmo andate via all’una e mezza. Ho ancora trenta minuti per divertirmi. - ribatté Clara, con un sorriso in volto che faceva capire quanto poco avesse chiaro l’umore della ragazza davanti a lei. 

- Sti cazzi, ce ne andiamo ora. - disse autoritaria Abbey, per poi girarsi verso il fidanzato per controllare come stesse. 

- Ah, dannazione, va bene. - sbuffò la mora – Però prima fammi finire questa. - estrasse di tasca una canna e la girò su se stessa. Nonostante fosse sull’orlo di una crisi isterica, Abbey decise di concederle almeno quello, nella speranza di non dover più litigare con lei. 

- Sbrigati. - le disse, battendo a terra con i tacchi – Brodie come va? - chiese poi al ragazzo. 

- Tornatene da Marcus. - sbottò lui, senza degnarla nemmeno di uno sguardo. 

- Di che stai parlando? - la castana sgranò gli occhi e li sbatté più volte. 

- Lo so che sei stata con lui. - rispose lui, biascicando la maggior parte delle parole con difficoltà. 

- Oh, Gesù, di che cazzo stai parlando? Ero con le mie amiche. - Abbey roteò gli occhi e sbuffò profondamente. 

- Non prendermi in giro. - Brodie provò ad alzarsi, ma le sue cadde cedettero e si ritrovò sdraiato per terra – Che avete fatto, eh? - portò gli occhi, arrossati dall’alcol, verso di lei. 

- Abbiamo solo parlato, dannazione! - urlò Abbey, presa dalla foga. Si morse il labbro non appena si rese conto di cosa avesse detto. 

- Ah, quindi c’era anche lui. - la bacchettò subito il fidanzato. 

- Sì. - non aggiunse altro. 

- Sei riuscita a farti fregare da un ubriaco. - sussurrò Ginevra, che dall’occhiata che Abbey le dedicò, capì non fosse il caso di buttare ulteriore benzina sul fuoco.  

- Quindi, che avete fatto, eh? - Brodie assottigliò lo sguardo. 

- Non voglio parlarne. - la castana gli dette le spalle ed incrociò le braccia al petto. In realtà non era successo nulla, ma il solo pensiero che Brodie non si fidasse di lei la mandava in bestia. 

- Perché hai fatto qualcosa di male. - sputò acidamente lui, alzando il tono della voce. Intanto, mentre loro due si aggredivano come animali selvatici, Delfina osservava la scena con un sorrisetto in volto e Clara fumava la sua erba infastidita da quel continuo battibecco. 

- Oh, che palle che siete. - la mora si alzò di colpo e si diresse verso di Brodie ad ampie falcate barcollanti – Tieni, questa ti farà calmare. - afferrò il ragazzo per il mento e gli infilò la canna in bocca. Brodie, senza nemmeno pensarci, aspirò il fumo e finì per strozzarsi. 

- Basta Clara, lascialo stare. – Abbey gli strappò la canna di mano con violenza. 

- Su, andiamo, Abbey, non fare la rompipalle. Fra poco questo povero ragazzo parte militare, ergo non potrà mai più fumarsi una bella canna in pace. Lascialo vivere. E poi ha bisogno di darsi una calmata, non può guidare bene se è troppo incazzato. – Clara si avvicinò alla castana e, dopo essersi ripresa l’erba, la ridette in mano a Brodie che, seppur esitante, la afferrò. 

- Un ultimo tiro. – disse Abbey, in maniera parecchio stizzita. Non avrebbe voluto permetterglielo, ma forse grazie all’effetto dell’erba si sarebbe dimenticato di quella piccola lite. Perché sapeva che se avessero continuato sarebbe finita per rivelare di aver baciato Marcus quella sera stessa e, a conti fatti, sarebbe stata la sua fine. 

- Se vuoi non lo faccio. – Brodie, seduto sul marciapiede, guardò la castana con gli occhi leggermente arrossati. 

- Fa come ti pare. – quella scosse la testa e si allontanò di qualche passo. 

- Forza, ragazzone. Mostra un po’ di palle. – Clara afferrò la canna e gliela mise in bocca. Gliela tenne ferma mentre lui aspirava, senza accennare a toglierla. La rimosse solo quando, completamente soffocato dal fumo, Brodie la scostò con una mano ed iniziò a tossire. 

- Cavolo, sei davvero un principiante. – la mora scosse la testa, poi portò la canna alla bocca ed iniziò a fumarla. 

- Sei impazzita?! Così lo uccidi. – Delfina si avvicinò verso Brodie e si piegò sulle ginocchia per vedere le sue condizioni: faccia pallida ed occhi rossi, era completamente fuorigioco. 

- Oh, che palle. Per caso siete i miei genitori? Dannazione, fatemi divertire. – sbottò Clara roteando gli occhi. 

- Non c’è abituato, stupida puttana. – Delfina si alzò ed andò dritta verso di lei. La guardò con astio, poi le puntò l’indice verso il petto spingendolo con forza contro il suo torace. 

- Come ti permetti? – Clara afferrò il suo dito e lo strinse con forza. I loro occhi si scagliarono gli uni contro gli altri, facendo intuire che nell’aria c’era qualcosa di poco buono. L’erba e l’alcol stavano dando il loro effetto. A soffocare sul nascere la possibile rissa fu Aya che, nel silenzio più totale, afferrò la maglietta di Clara e la tirò a se. La mora guardò Aya e, dopo aver lasciato la presa sul dito di Delfina, si avvicinò alla macchina. Ci provò a trattenere la rabbia che sentiva, fece appello a tutte le sue energie per riuscire a contenere la voglia di spaccare la faccia a qualcuno. Ce la fece, o meglio, non colpì nessuno, bensì se la prese con i fari della macchina. Con un calcio ben assestato, spaccò prima uno e poi il secondo faro riducendo in piccoli brandelli le lampadine. 

- Ma sei impazzita? – urlò Ginevra.  

- Se non aveste rotto il cazzo questo non sarebbe successo. – replicò Clara prima di sbattere un pugno sul cofano dell’auto. 

- Ci dobbiamo tornare a casa con quest’affare, maledizione! – Ginevra la prese per le spalle e la spinse via, facendola cadere per terra. Dopodiché si fiondò verso la macchina per verificare i danni – Fantastico, siamo senza luci. Grazie mille, tossica. – sbottò. 

- Andate tutti a fanculo. – Clara, traballando, si alzò e si mise a sedere sul marciapiede. Aya le si avvicinò e si mise accanto a lei – Che cazzo vuoi? – le domandò, mentre con la coda degli occhi si perdeva nelle sue iridi celesti. Faceva sempre così, lottava contro se stessa per resistere alla tentazione di guardare quelle due gemme azzurre per tutto il tempo. Aya non disse nulla, appoggiò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi. 

- Fottiti. – sussurrò l’altra ed incominciò a massaggiarle i capelli. 

- Salite tutti in macchina, in un modo o nell’altro dobbiamo andarcene. - Ginevra indicò l’auto, ormai ammaccata, e fece loro cenno di entrare dentro. Abbey si mise davanti assieme a Brodie, mentre Delfina, Ginevra e Clara si misero dietro, con Aya sopra di Clara come una bambina. 

- Riesci a guidare? - chiese Abbey a Brodie, che si limitò a farle un cenno positivo con la testa. Contro ogni aspettativa, riuscirono a lasciare il parcheggio senza fare ulteriori danni e si diressero verso la strada principale. 

- No, aspetta, non passare di lì. - disse Delfina – Ci sono un sacco di macchine, rischiamo di lasciarci le penne. - 

- Non avrei mai pensato di dirlo, ma hai detto una cosa intelligente. - replicò Ginevra, facendo finta di ignorare il dito medio che la mora le rivolse prontamente. 

- Gira a destra al prossimo svincolo, allunghiamo il giro ma almeno non incrociamo nessuna macchina. - spiegò Delfina, indicando con la mano la strada da percorrere. Infatti, come da lei predetto, nessuna macchina passava di lì. Proseguirono senza problemi per una ventina di minuti buoni, con Brodie che guidava a quaranta all’ora fissi ed il puzzo di alcol, che tutti avevano in corpo, che impestava la macchina. Procedette tutto liscio, fino a che non si imbatterono in una volante della polizia. Sbiancarono di colpo. Era la fine. Fine che si concretizzò nel momento in cui la paletta, che riuscirono a vedere per miracolo, dell’agente si rivelò essere rossa. Brodie, che per poco non morì d’infarto, fu costretto ad accostare la macchina. I battiti dei cuori di tutti e sei iniziarono a battere più rapidamente, mentre l’agente si avvicinava verso di loro. Questi bussò al finestrino, costringendo Brodie a tirarlo giù. 

- Buonasera. - disse l’agente. 

- Buonasera. - rispose Brodie, cercando con tutte le forze di non vomitargli addosso. 

- Vedo che ha i fari rotti. - l’uomo si sporse in avanti e controllò i fari, che erano completamente a pezzi. Ginevra colpì Clara con un pugno per sfogarsi. 

- Sì. - il castano non aggiunse altro, non si sentiva in condizione di sostenere una conversazione troppo approfondita. Il poliziotto estrasse una torcia dalla tasca e gliela puntò contro il volto, portandolo a chiudere gli occhi per non rimanere accecato. 

- Patente e libbre… Brodie? - disse quello con voce stupita. Il castano ci mise un po’ a riaprire gli occhi, ma riconobbe subito la persona che aveva davanti. 

- Agente McArthur. - disse, con tono stupito. 

- Cavolo, è da un pezzo che non ti vedevo! - il poliziotto si lasciò andare ad una risatina – Tuo padre mi ha detto vuoi entrare nell’esercito. - proseguì, sempre più euforico. 

- Sì. - Brodie accompagnò quell’affermazione con un movimento della testa e, per poco, non rischiò di vomitarsi addosso. L’agente McArthur si rese subito conto della situazione. Puntò la luce nei sedili dietro e vide le quattro ragazze tutte accatastate l’una sull’altra.  

- Sono costretto a portarvi in caserma. - disse sospirando, per poi estrarre il taccuino per iniziare ad annotare la, salata, multa che gli avrebbe dovuto fare. Iniziò a scrivere, ma un pensiero rapido valicò la sua mente – Brodie, quando hai le prove fisiche? - chiese di getto. 

- Dopodomani. - rispose il castano. Il poliziotto affondò la punta della matita nella carta istintivamente. Se lo avesse multato per una cosa così grave gli avrebbe impedito di entrare nell’esercito. Deglutì forzatamente e guardò il ragazzo, che dall’aspetto sembrava aver intuito cosa sarebbe successo se davvero lo avesse portato in caserma. Così come le ragazze con lui. McArthur sbuffò e ripose il taccuino all’interno della tasca. 

- Per questa volta farò finta di niente, ma fila dritto a casa. Sono stato chiaro? - gli chiese, guardandolo con espressione imbronciata. 

- Sì. - Brodie scosse la testa – Grazie mille. - aggiunse, per poi ripartire il prima possibile. Sentiva le gambe rigide ed una fortissima voglia di vomitare tutto quello che aveva in corpo. Aveva perso sette anni di vita, ne era certo. 

- Non posso credere che ci siamo salvati! - urlò Clara, dando un leggero schiaffo sulla coscia di Aya. 

- Ti giuro che se ci avesse portato in caserma ti avrei ammazzato. - Ginevra, con il volto pallido per lo spavento, guardò Clara negli occhi.  

- Esagerata, capisco che devi andare all’università, ma mica ti caccerebbero per così poco. - la mora sminuì la cosa con un cenno della mano. 

- Se hai reati alle spalle non ti prendono nelle migliori università. Anche in quella a cui andrò io è così. Siamo state fortunate. - Abbey si lasciò andare ad un lungo sospiro ed affondò nel sedile dell’auto. 

- Abbiamo rischiato grosso. - Ginevra portò una mano sulla fronte e se la massaggiò con calma. 

- Cavolo, che spavento. - Delfina si portò una mano sul cuore e lo sentì battere all’impazzata. Il solo pensiero che Brodie potesse finire nei guai per colpa sua la terrorizzava a morte. 

- Oh, andiamo, di che vi preoccupate? I poliziotti in questa città sono tutti dei deficienti, sarebbe bastato fargli un lavoretto e saremmo state a casa in un batter d’occhio. - Clara si lasciò andare ad una lunga risata. 

- Sei proprio malata. - Ginevra scosse il capo e girò la testa verso il finestrino. Era tutto completamente buio. 

- Questa è l’ultima fottutissima volta che ti porto con me da qualche parte! - passato lo spavento, Abbey iniziò a sentire la rabbia in corpo salire a dismisura. Guardò Clara con le sopracciglia abbassate e molta poca voglia di scherzare. 

- Quanto cazzo vi scaldate! Porca puttana, abbiamo solo fatto serata. - la mora si mosse di colpo, rischiando di far cadere Aya, che si tenne stretta alle sue gambe. 

- Mi pare normale, hai rischiato di mandare a puttane il futuro di tutti. - Ginevra si girò verso di lei e la guardò con gli occhi spalancati. 

- Ma che cazzo dite? Quel ragazzo era ubriaco fradicio già prima che arrivassi io. - Clara iniziò a scaldarsi, così come l’atmosfera all’interno della macchina. 

- Hai spaccato i fottuti fanali! - urlò Abbey a pieni polmoni. 

- E tu hai costretto Brodie a portarci qui! - anche Delfina si unì alla discussione, gettando ancora più benzina sul fuoco. 

- Eh? - la castana la guardò incredula. 

- Hai sentito bene, è colpa tua se Brodie è in questo stato. - replicò Delfina alzando la voce. 

- Io non capisco perché cazzo devo avere a che fare con gente come voi, dannazione! - Abbey colpì il poggiatesta con violenza. 

- Me lo chiedo anch’io. - urlò Delfina, per poi colpire con un piede il sedile davanti a se per la stizza. Quello fu il penultimo tassello per completare il puzzle della tragedia. Brodie, sentito il colpo, affondò erroneamente il piede sull’acceleratore.  

E in quel preciso istante Aya, che fino a quel momento si era limitata a stare seduta sulle gambe di Clara come una bambola di pezza, decise di stare zitta. Lei l’aveva vista, aveva visto, grazie alla luce interna dell’auto, la ragazza che camminava lungo il bordo della strada che le altre, troppo prese dalla lite, non avevano notato minimamente. La vide, ma non disse nulla pur di non parlare. Rimase in silenzio e, qualche istante dopo, accadde l’irreparabile.  

Un tonfo, tremò tutto ed il parabrezza si riempì di crepe. L’auto andò avanti per qualche altro metro, poi inchiodò di colpo e si spense. 

- Che cazzo è stato? - domandò subito Abbey, con il cuore in gola. 

- Un cinghiale, forse. - propose Ginevra.  

- Ha spaccato il vetro. - disse Delfina strabuzzando gli occhi. 

- Vado a vedere. - Abbey si slacciò la cintura ed aprì la portiera della macchina. 

- Vengo con te. - Ginevra fece lo stesso e, dopo di lei, anche gli altri. Scesero tutti dall’auto e si avvicinarono alla carcassa in mezzo alla strada con le torce puntate. Era una persona. Capelli biondi, un maglioncino verde, pantaloni scuri ed un cestello di erbe rovesciato al suo fianco. 

- Oh, Cristo santo. - Abbey si precipitò al fianco della ragazza stesa per terra 

 – Ehi, stai – si fermò di colpo. La riconobbe solo in quell’istante, la vista offuscata dall’alcol tornò normale ed il suo cuore iniziò a battere un miliardo di volte più forte di quanto non lo stesse già facendo. 

- Che succede, la conosci? - Clara fece un passo avanti. Anche a lei quel volto era familiare. 

- Dawn! - gridò Abbey con le mani tremanti. La prese per le spalle e provò a tirarla su. Il suo volto era coperto di sangue ed aveva gli occhi spalancati rivolti verso l’altro. 

- L’abbiamo ammazzata. - sussurrò Brodie. 

- Siamo nella merda. - Delfina deglutì amaramente, tenendo gli occhi rivolti verso il corpo. 

- Chiamo un’ambulanza. - Abbey estrasse il telefono e digitò il numero verde ma, proprio mentre stava per chiamarlo, Ginevra le tolse il telefono di mano. 

- Non possiamo. - la sua voce era seria e calma, come se avesse già avuto a che fare con situazioni del genere. 

- Di che cosa stai parlando? - la castana, preda del panico, la guardò spaesata. 

- La mia università. La tua università. L’esercito di Brodie. - si prese un secondo di pausa – Andrebbe tutto a puttane. - aggiunse. Abbey non disse nulla, si limitò ad osservarla con la bocca spalancate ed il corpo di Dawn ancora fra le braccia. 

- Ascoltatemi bene. - Ginevra prese il comando, come al solito – Adesso andiamo da qualche parte e facciamo sparire il cadavere. - disse, per poi avviarsi verso l’auto. 

- Dobbiamo avvisare la polizia. - suggerì Clara, mentre si ricordava della Dawn Medrek che andava nella sua stessa scuola ed era presa in giro da tutti per essere svampita e strana. Ginevra fece dietrofront e le andò sotto a brutto muso. 

- Se pensi che permetterò ad un incidente simile di rovinare il mio futuro sei sulla cattiva strada. Inoltre ricordati che questa cosa è penale e se dovesse saltare fuori saremmo nella merda tutti quanti, te compresa. - le puntò il dito alla gola – Così come voi due. - guardò Amy e Delfina – E adesso, muovete quel culo in macchina. - 

Così fecero, il corpo di Dawn venne riposto in un bagagliaio e partirono alla ricerca di un luogo nel quale far sparire il corpo. 

 

- E questo è quanto. - Ginevra finì di raccontare il tutto e guardò Noah negli occhi. Noah si morse un labbro e portò una mano sotto il mento. 

- Che ne avete fatto del cadavere? - chiese. 

- Abbey l’ha gettato da un dirupo. - rispose Clara. 

Infatti il cadavere era stato ritrovato in un dirupo vicino alla zona, se non ricordo male. - rimembrò Noah. C’era qualcosa che non gli tornava con questa ricostruzione – Dawn era morta? - domandò poi, lasciandoli parecchio confusi. 

- Eh? Che intendi dire? - chiese Ginevra, che ancora non aveva capito dove stesse andando a parare. 

- C’è la possibilità che Dawn non fosse morta quando avete nascosto il suo cadavere. - spiegò. Le bocche di tutti si aprirono ed i loro occhi si spalancarono. Non avevano mai pensato ad una simile conclusione, anche perché avevano tutti dato per scontato che Dawn fosse morta sul colpo. 

- No, non è possibile. - Brodie scosse la testa – Abbey se ne sarebbe dovuta accorgere. - il respiro del moro iniziò a farsi sempre più rapido. Noah lo guardò e gli fece cenno di sì con la testa, poi guardò la ragazza sanguinante stesa sul divano. 

- Abbey se ne sarebbe dovuta accorgere. - ripeté l’avvocato. 

 

 

ANGOLO AUTORE: 

Ma voi ci avevate fatto caso che Ginevra c’era anche in Care Project? Io me ne sono accorto ieri rileggendo CP. Cavolo, ho davvero la memoria corta LOL. 

Beh, signori miei, ho deciso, alla fine, di non spezzare il capitolo. Questo perché gli unici punti in cui potevo dividerlo avrebbero reso il capitolo dopo – o prima – fin troppo corto. 

Bene bene, saltano gli altarini... e si scopre qualcosa di parecchio piccante. L'avreste mai detto? Eheheheh. 

Il prossimo capitolo sarà l’ultimo e, ad essere onesto, non so ancora se lo pubblicherò esattamente com’è scritto adesso. Forse qualche ritocchino glielo darò, ma in linea di massimo ormai il finale è impresso nella mia testa. 

Ah, vi racconto un piccolo funfact prima di lasciarci: durante tutto il primo pezzo di capitolo mi era scordato di Ginevra. Così ho dovuto riscrivere tutto per farla comparire... bene ma non benissimo LOL 

 

Alla prossima settimana! 

   
 
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