Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Deruchette    27/11/2020    5 recensioni
[La storia segue lo svolgersi degli eventi dall'epilogo di "Hunger Games" all'epilogo di "Mockingjay"]
-
Katniss e Peeta, gli Innamorati Sventurati del Distretto 12, i vincitori della 74esima edizione degli Hunger Games.
La loro storia è sotto gli occhi di tutti ma solo in pochi sanno che, in realtà, si tratta solo di finzione. La mossa strategica che li ha portati via dall'arena è costretta a continuare anche adesso che il sipario inizia a calare sull'ultima edizione dei giochi.
E se ad un certo punto la finzione si trasformasse in realtà?
Cosa succederebbe se gli Innamorati Sventurati fossero realmente innamorati?
-
Dal capitolo 6:
"È evidente, chiaro come il sole, che è tutto cambiato. Che il ragazzo che all’inizio di quest'avventura consideravo un semplice amico, un alleato, adesso è diventato qualcos’altro. Per settimane mi sono chiesta se non fosse sbagliato nei suoi confronti recitare la parte della brava fidanzatina conoscendo la reale portata dei suoi sentimenti, sapendo che io non provavo la stessa cosa. Non sarebbe tutto più semplice se ti amassi?, la domanda che ronzava costantemente nella mia testa.
Ora lo so. Non solo è più semplice, più normale. È diventato anche necessario. Necessario come l’aria che respiro."
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
In The Still Of The Night - 28

In the still of the night

 

 

 

 

28.

 

Scopro che essere la Ghiandaia Imitatrice non è proprio ciò che mi aspettavo.
Non sono costretta a scendere sul campo di battaglia, non devo prendere parte a nessuno scontro a fuoco, non devo spostarmi in nessun altro luogo che non siano i livelli sotterranei del Distretto 13. Tutto ciò che devo fare è posizionarmi davanti ad una telecamera e recitare una parte.
Niente di più facile, direbbe qualcuno.
Quel qualcuno però non sono io.
La Coin ha rispettato la sua parte del piano e, la sera stessa del mio consenso, ha tenuto un discorso davanti a tutti gli abitanti del 13 ed ai suoi rifugiati: ha parlato di me, del ruolo che ho scelto di ricoprire per lo sforzo bellico, e ha parlato dell’immunità che lei ha “scelto”, “personalmente”, di concedere ai vincitori tenuti prigionieri a Capitol City una volta che la guerra sarà finita. Ero insieme a Finnick, in mezzo alla folla, quando abbiamo sentito le sue parole. Il ragazzo taciturno al mio fianco mi ha stretto forte la mano quando ha sentito il nome della sua fidanzata venire fuori dalle labbra della signora presidente. Ho ricambiato la sua stretta, forte.
Siamo nella stessa situazione, io e Finnick. Siamo entrambi in pena per le persone che amiamo e che non siamo in grado di mettere in salvo. Quest’immunità, per quanto flebile e lontana, ci è un po' di conforto.
Vorrei poter fare altro per farlo stare meglio… per far stare meglio chiunque, in verità, ma è troppo al di là delle mie capacità.
Le mie capacità, adesso, sono tutte sotto l’attenzione di Plutarch e della sua assistente, Fulvia, che dirigono insieme il grosso carrozzone che definiscono allegramente “Passaggi Propagandistici” o, per abbreviare, “Pass-Pro”: dei messaggi di propaganda, per l’appunto, per alimentare il diffondersi della rivolta e dei combattimenti contro il potere di Capitol City. Beetee, che si sta riprendendo lentamente dalle ferite riportate nell’arena, li userà per diffonderli in tutta la nazione e per colpire il potere che ancora regge in alcuni distretti e nella capitale. In teoria avrebbero potuto realizzare i Pass-Pro con qualsiasi persona a loro disposizione: Finnick, se fosse stato in grado di concentrarsi per più di due minuti su un determinato argomento che non sia Annie, o lo stesso Beetee. Avrebbero potuto usare anche i profughi ed i rifugiati che hanno trovato al 13 una nuova casa dove stare… ma perché usare loro, quando hanno a disposizione il vero simbolo della rivolta? Perché usare dei rimpiazzi, quando hanno a disposizione me? Katniss Everdeen, la Ragazza di Fuoco? Una Ragazza di Fuoco che si è evoluta, come per magia, in una Ghiandaia Imitatrice.
Ecco perché premevano così tanto affinché scegliessi di collaborare con loro: la mia immagine è più forte di qualsiasi altro vincitore degli Hunger Games, o di qualsiasi rifugiato qui presente. Gli stessi distretti mi hanno eletta a loro simbolo: per loro, sono una paladina della giustizia.
Non sanno quanto si sbagliano, in realtà. Non sanno che, se sono arrivata dove sono ora, è perché ho sempre ricevuto una mano da qualcuno. Io, da sola, non avrei mai combinato niente di buono. Sarei morta nell’arena grazie a quelle maledette bacche, se fosse stato per me.
E la dimostrazione di quanto io non sia capace di far nulla da sola ce l’ho davanti ai miei occhi proprio adesso. Ho bisogno di un’intera squadra per fare in modo che tutto venga rispettato e che tutto riesca secondo i piani. Plutarch e Fulvia, da bravi Strateghi quali sono, mi danno indicazioni e mi mostrano ciò che dovrò fare per le telecamere. Ho ancora un paio di giorni davanti prima di affrontare il set, e nel frattempo mi illustrano tutto ciò che mi sono persa nell’ultimo mese e mezzo.
- La maggior parte dei Distretti si è ribellata ed è sfuggita al controllo di Panem – dice Plutarch, pacato come sempre. – Alcuni sono ancora assoggettati alla dittatura, soprattutto i Distretti più vicini alla capitale. Ovviamente l’unico distretto che non si ribellerà da solo sarà il Distretto 2, visto il tipo di rapporti che i suoi abitanti ha sempre tenuto con Capitol City…
- Ovviamente – mormoro a mezza bocca.
- …e per quelli si dovrà procedere per forza di cose con degli scontri diretti. Alcuni sono già in corso e non demordiamo. Per i Distretti che ancora mancano all’appello, invece, contiamo soprattutto sull’efficacia dei Pass-Pro e sulla tua presenza scenica.

Presenza scenica. Strano modo per definirmi.
- La sua deve essere una figura a effetto! – esclama Fulvia, prendendo il mio viso tra le mani. – E la tua bellezza naturale, cara Katniss, per quanto sia già buona in partenza, non è purtroppo sufficiente ai nostri scopi. Ma abbiamo chi ci può aiutare in questo… l’abbiamo mandata a chiamare? – domanda a Plutarch.
- Dovrebbe essere già qui fuori.
- Chi è già qui fuori? – chiedo, girando il busto e lo sguardo per seguire la figura di Fulvia che si dirige verso la porta della Sala Riunioni.
- Una sorpresa per te – Plutarch dice solo questo.
Ed effettivamente, è una vera sorpresa.
Fulvia apre la porta e dà libero accesso all’ultima persona che mi sarei aspettata di vedere qui, al Distretto 13. Senza i suoi soliti vestiti ad effetto, senza i suoi soliti accessori bizzarri, senza i suoi soliti capelli colorati, non sembra per niente lei. Nei vestiti grigi che indossiamo tutti quanti qui al 13, sembra una normale popolana di un Distretto.
Ma quale popolana, a parte forse Effie Trinket, porterebbe una bandana legata sulla testa in così grande stile?
- Effie! – esclamo, alzandomi in piedi per poterla raggiungere.
- Oh! – dice soltanto, allargando le braccia per accogliermi nella sua stretta, che non mi è mai sembrata così familiare e confortante come la sento ora. – La mia bambina, la mia vincitrice – sussurra, stringendomi a sé.
- Come sei arrivata qui? – chiedo. Ancora non riesco a credere di avere Effie davanti a me.
- È stata fatta uscire da Capitol City su richiesta di Haymitch – dice Plutarch, rispondendo al posto suo. – Come prigioniera politica…
- Come una criminale qualsiasi – sbuffa Effie, ma si riprende subito. – Ma non importa, mia cara. L’importante è essere qui. Per aiutarti, e per renderti perfetta affinché tutti possano vederti – mi sorride, accarezzando i miei capelli.
- Il che ci ricorda che abbiamo poco tempo a nostra disposizione – Fulvia si inserisce a forza nel discorso di Effie. – Ha i bozzetti con sé, signorina Trinket?
- Non li abbandonerei mai e poi mai! – dice, sollevando una grande cartellina nera. Come ho fatto a non notarla prima?
Effie si avvicina al tavolo e, dopo averci posato sopra la cartella, la apre. Da dietro le sue spalle, riesco a vedere che è piena di quelli che sembrano i bozzetti di lavoro per dei vestiti. Effie ne sfila qualcuno, e i dubbi scompaiono così come sono apparsi. Sono proprio i bozzetti di uno stilista. E non di uno stilista qualsiasi, perché il suo è un tocco che non passa di certo inosservato: sono quelli del mio stilista preferito.

Cinna.
- Guarda, cara, questa è la tua nuova uniforme! – esclama Effie.
La mia ex accompagnatrice comincia a chiacchierare di dettagli e cose varie, ma le mie orecchie non registrano nulla di ciò che dice. Sono come immerse nell’acqua. I miei occhi, invece, sono tutti presi dai tratti di matita decisi e dalla mano che li ha tracciati sulla carta. Tratti decisi che hanno riprodotto la mia figura, avvolta da un uniforme nera simile ad una tuta aderente, ma su cui sono ben visibili gli accessori e gli strati protettivi, necessari per una combattente. Tutto, in quest’immagine, mi mostra il lavoro e la devozione che Cinna ha dimostrato nel realizzarlo. Per me.
Cinna… ancora una volta è riuscito a lasciarmi senza parole.
- Dov’è Cinna adesso? – riesco a chiedere con un filo di voce.
Effie interrompe i suoi monologhi e torna a guardarmi. Il suo viso ha assunto un’espressione così grave che potrei non aver bisogno di nessuna risposta.
- Non lo sappiamo, Katniss. Sarebbe dovuto venire qui al 13, ma…
- I nostri informatori pensano che sia stato fatto prigioniero a Capitol City. Insieme alla stilista di Peeta e alla vostra squadra di preparatori – aggiunge Plutarch.
Altre persone fatte prigioniere. Altre persone che hanno sofferto, che stanno soffrendo e che soffriranno ancora. A causa della guerra, a causa dei giochi sporchi e sanguinari della capitale.
A causa mia.
- Non fare così, tesoro! Cinna non vorrebbe che piangessi per lui – mi consola Effie, asciugando le mie lacrime. – Vieni, sediamoci qui…
- Vi lasciamo un po' da sole – dice Plutarch, facendo segno alla sua assistente di seguirlo fuori dalla sala. Tempo dieci secondi, e rimaniamo solo noi due.
- Ecco, togliamo questi lacrimoni dalla faccia – Effie ha recuperato un fazzolettino dal suo vestito pieno di tasche e me lo passa sul viso, delicatamente. – Piangere così tanto non fa per niente bene alla pelle, sai? E in questo posto non c’è nulla di buono per aiutare la pelle stressata. Meno male che sono riuscita a portare qualcosa con me prima di fuggire…
Le chiacchiere frivole di Effie mi fanno sorridere almeno un pochino. – Allora l’ho rovinata per sempre, Effie. Piangere è la cosa che so fare meglio, da quando sono qui. – le dico, asciugandomi il naso sulla manica della tuta.
- È perché stai soffrendo così tanto, piccola mia. Mi dispiace… mi piange il cuore… - si ferma, non sapendo come proseguire. – Non avrei mai voluto che ti accadesse questo, Katniss. Così giovane, e la tua piccola bamb-
- No, Effie – la interrompo, stringendo gli occhi per frenare il dolore insieme alla nuova ondata di lacrime che sento già pronta per manifestarsi. – Non… non voglio parlare di lei. Non ce la faccio…
Effie prende le mie mani tra le sue e le stringe, carezzandole come per infondere del calore. – Tenere tutto dentro non ti fa bene, Katniss. Puoi parlare con me, lo sai. Sono tua amica.
- Effie, no… – deglutisco, e un gemito mi esce dalle labbra.
- Ssssh – mormora, e lascio che mi abbracci di nuovo, che mi culli, mentre il pianto si impadronisce di nuovo di me. Lascio che Effie mi consoli, per quanto poco possa riuscirci. Lascio che sia lei, stavolta, ad osservare il modo in cui Capitol City è riuscita a scavare profondamente all’ interno del mio corpo, e all’interno della mia anima.

 

Prima di cominciare le riprese, mi fanno scendere insieme a Gale ad uno dei livelli più bassi del Distretto 13, quello destinato alla Difesa Speciale. È un livello immenso, e ampi spazi aperti straripanti di alberi e di colibrì danno l’illusione di trovarsi all’aria aperta, a diretto contatto con la natura. Non sembra di stare sottoterra. Gli spazi sono intervallati da alcune zone di tiro, dove poter provare le armi che vengono create quaggiù.
Il livello dedicato alla Difesa Speciale è quello in cui al momento lavora Beetee.
Non vedo l’inventore del Distretto 3 dall’arena, e l’ultimo ricordo che ho di lui lo vede sempre disteso tra le piante tropicali della giungla, immobilizzato in quella posa strana e con gli occhi chiusi a causa dello shock che aveva subito per il suo gesto. Aveva provato ad infrangere il campo di forza senza troppi risultati… ma poi l’ho fatto io, al posto suo.
Sapevo che doveva essersi ripreso abbastanza da poter rimettersi al lavoro, ma non sono mai stata informata sulle mansioni che occupava o sulle sue condizioni di salute attuali. E non ho nemmeno provato ad informarmi. Diciamo che ho avuto un tutt’altro tipo di pensieri a vagare nella mia mente, nell’ultimo periodo, e li ho tutt’ora. Ma la visita al 12 ha rimesso in ordine ed in moto qualcosa. Ed anche l’intervista di Peeta lo ha fatto.
Mi sembra di poter pensare un po' più lucidamente, anche se rimango incline ai crolli emotivi. Quello avuto con Effie ne è stata la prova lampante. Ma non sono trascorsi nemmeno due giorni. Non sono un medico, ma credo che sia normale.
Beetee sembra essersi ripreso alla grande dalle ferite, ma è seduto su una sedia a rotelle e la sua immagine nell’insieme sembra contraddire ciò che ho appena pensato. Dice che la sedia è una soluzione momentanea, però: con il tempo e la riabilitazione, tornerà di nuovo in piedi sulle sue gambe.
Mostra a me e a Gale le armi a cui ha lavorato per entrambi: un arco nero per me, in tinta con la mia nuova uniforme, e una balestra per Gale. Come me, ha bisogno di un’arma dato che prenderà parte ai Pass-Pro, e lo farà ancora una volta nelle vesti di mio cugino. Dobbiamo ancora salvare le apparenze, a quanto pare, anche se non è necessario.
Non ho mai usato una balestra e sembra pesantissima solamente a guardarla, ma Gale la maneggia con agilità. È fatta per le sue mani. Così come l’arco che Beetee ha realizzato è fatto apposta per le mie: è leggero e di aspetto non molto dissimile da quelli che mio padre fabbricò da sé per cacciare nei nostri boschi del 12, diversissimi da quelli elaborati e iper-dinamici di cui ci rifornivano nell’arena. Oltre alle armi, Beetee ha anche delle frecce speciali per noi: esplosive ed incendiarie, in alternativa a quelle classiche.
- Le riconosci dal colore: gialle per le incendiarie e rosse per le esplosive – mi spiega, compiaciuto. – Ma non usarle qui dentro! È pericoloso.
Mi lascia fare qualche tiro con le frecce normali per vedere se l’arco è efficace. E lo è, naturalmente. È un’arma perfetta.
- Come sta Finnick? – chiede, poi.
Tentenno un po'. – Ha… problemi di concentrazione – rispondo.
Beetee annuisce con la testa, storcendo appena la bocca. – Beh, fagli sapere che sto continuando a lavorare su un tridente per lui. Magari lo distrarrà un po'.
Già, magari.
Non ho però il tempo materiale per andare a comunicare a Finnick il messaggio di Beetee, perché la mia presenza è attesa e desiderata al teatro di posa dove verranno realizzati i Pass-Pro. Qui, Effie come prima cosa si dedica con attenzione scrupolosa a sistemare la mia immagine: i capelli raccolti nella solita treccia laterale, il trucco che va a segnare le ombre sul mio viso e a delineare la forma dei miei occhi. Dopodiché mi fa indossare la mia uniforme nuova di zecca.
- Ti sta a pennello! – cinguetta, tutta felice per ciò che sta vedendo.
A mia volta, osservo il mio corpo avvolto nel tessuto e nell’armatura che Cinna ha realizzato apposta per me e penso al momento in cui deve averci iniziato a lavorare. Quando ha avuto l’idea, di preciso? Da quanto tempo sapeva che, prima o poi, avrei avuto il bisogno di indossarla? E soprattutto… sapeva che avrei accettato di diventare la Ghiandaia Imitatrice per i Ribelli? Ne era così sicuro? Ho un così disperato bisogno di rivolgergli queste e un sacco di altre domande! E ho un così disperato bisogno di ascoltare le sue risposte, ma nessuno sa dove sia Cinna. Nessuno sa se è ancora vivo.
Il timore per la sorte del mio stilista viene scacciato via quando mi danno l’okay per cominciare le riprese. Ci sono solo io, al centro esatto del teatro, ferma su una sorta di piedistallo di metallo, ed Effie si trova sul fondo, accanto a un Finnick che ci ha raggiunto per assistere alle riprese e che osserva il nulla. In effetti non c’è nulla da guardare, perché attorno a me non c’è nulla. Ci sono solo le pareti spoglie e grigie del locale, che vengono illuminate da dei forti faretti di luce bianca. Anche io sono illuminata.
Non devo fare altro che stare ferma per consentire ai tecnici di lavorare sulla mia immagine al computer. C’è un piccolo schermo accanto ai pannelli di vetro dietro cui si sono riuniti i tecnici insieme a Plutarch e a Fulvia, e da lì riesco a vedere come prende vita un Pass-Pro: aggiungono un’ambientazione di guerra al posto delle pareti di metallo, fumo in abbondanza, ed è come se non fossi più al Distretto 13. Per chi guarderà il Pass-Pro, io sarò in un punto imprecisato di Panem, a dare il mio contributo in battaglia.
Ad un certo punto, dopo quelle che mi sono sembrate ore infinite, Fulvia ci raggiunge ed è tutta elettrizzata. – Magnifico! È tutto magnifico! – squittisce, anche se in sostanza non è stato fatto ancora niente di magnifico. – Abbiamo bisogno di te ancora per un po', poi ti lasciamo andare per la cena.
Dall’altra parte del vetro stanno realizzando un Pass-Pro di prova da mostrare alla presidente Coin e Fulvia mi dà le indicazioni su come procedere. Mi fa mettere in ginocchio e, una volta che ho ricevuto il segnale per poter andare avanti, mi sollevo in piedi e alzo l’arco verso il cielo, e recito la mia battuta.
- Popolo di Panem, combattiamo, osiamo, poniamo fine alla nostra sete di giustizia! – esclamo, guardando fisso davanti a me.
Capisco di aver fatto fiasco dall’espressione di Effie, che ha sollevato le mani ed ha cercato di dire qualcosa in più di un momento, ma si è sempre trattenuta all’ultimo istante. Finnick, dietro di lei, ha un braccio incrociato sul petto e l’altro sollevato per tenere la mano davanti alla bocca. Mi guarda storto.
- Proviamo di nuovo – dice Fulvia. La sua faccia è tutta un programma, ma cerca di rimediare alla mia cattiva recitazione.
Al nuovo segnale, svolgo gli stessi movimenti di prima e recito di nuovo lo slogan.
Stavolta, Finnick mette entrambe le mani sugli occhi. Sarà anche in stato confusionale, ma mi sta facendo capire benissimo che sono negata nel recitare.
Un applauso, in fondo alla sala, mi fa trasalire. L’uomo che lo ha provocato si avvicina, dopo essere stato nella penombra per molto tempo. È stato bravissimo a non far notare la sua presenza fino ad ora. Pensavo che fosse ancora rinchiuso da qualche parte del 13 a disintossicarsi.
Haymitch continua a battere le mani in maniera sarcastica, avvicinandosi a Finnick. - Ecco, amici miei, come muore una rivoluzione.

 

Seduta al centro del mio piedistallo, osservo Haymitch che ha preso posto poco distante da me. Ci stiamo squadrando, in completo silenzio, da diversi minuti. Siamo rimasti solo noi due all’interno del teatro di posa: Fulvia ha deciso che per oggi hanno raccolto abbastanza materiale con cui lavorare, e ha congedato tutti per andare a cena. Haymitch, però, mi ha chiesto di tardare alcuni minuti per poter scambiare qualche parola con me.
Ma da quando siamo rimasti soli, nessuno dei due ha ancora detto mezza sillaba.
Lo osservo, battendo ritmicamente l’arco sul ginocchio coperto da una placca di metallo nero. Questo provoca una serie di colpi secchi, l’unico rumore nella stanza silenziosa. Mi chiedo il perché non sia lui il primo a dire qualcosa, dato che la richiesta di parlare è nata da lui e non da me. Io non ho grandi cose da dirgli. È dalla sera prima degli Hunger Games che non ho avuto occasione di incontrarlo, o di parlargli.
La sera prima degli Hunger Games Haymitch sapeva già cosa sarebbe accaduto nell’arena: sapeva che alcuni tributi ci sarebbero entrati al solo scopo di salvare la mia vita e quella di Peeta, al costo di sacrificare la propria. Ricordo le parole che ha usato Finnick quando, in ospedale, mi ha spiegato a grandi linee come andarono le cose.
Una parte del piano, però, non è riuscita. Sono riusciti a salvare me, ma non Peeta. E nemmeno Johanna… alcuni di noi sono rimasti indietro. Sono stati imprigionati.
Scopro, effettivamente, di essere un po' arrabbiata col mio ex mentore.
- Perché non avete portato in salvo anche Peeta? – domando, decidendo di interrompere il silenzio prima che lo faccia lui.
Haymitch ride, scuotendo la testa. – Cominci proprio con la peggiore, eh? – domanda a sua volta, grattandosi il mento. – Non hai tutti i torti, però. Me lo merito.
- Perché? – ripeto.
- Avevano visto il nostro hovercraft che cercava di tirarvi fuori di lì, dolcezza – dice. E almeno ha la decenza di non guardarmi negli occhi, mentre lo fa. – Dovevamo agire in fretta, altrimenti il piano sarebbe stato vano. Non solo voi sareste stati tutti catturati, ma anche noi avremmo fatto la stessa fine. Tu, Finnick e Beetee eravate i più vicini al punto dell’esplosione ed è stato più facile farvi salire a bordo. Ma Peeta e Johanna…
- Erano troppo lontani? – mormoro.
Haymitch annuisce. – Erano troppo lontani.
Ho un flash di quella notte, un flash che ricorre anche troppo spesso per i miei gusti. Vedo le mie braccia che tendono l’arco e scagliano la freccia contro il campo di forza, e vedo l’esplosione che sbalza via ogni cosa. Alberi, piante, Finnick ed Enobaria. E sento me stessa volare via.
Ma non c’è mai Peeta, in questo flash. Non c’è nemmeno la sua voce.
- Anche se quella notte fossi stato in grado di costringere Plutarch a restare per salvarlo – e credimi, dolcezza, ci ho provato -, l’hovercraft sarebbe caduto. Siamo riusciti a stento a scappare così com’era – aggiunge. – E tu non eri nelle condizioni migliori per poter tentare qualsiasi altro salvataggio. Non potevamo aspettare altro tempo.
- Finnick me lo ha detto – dico, deglutendo.
- Ti ha detto che hai rischiato di morire dissanguata? Non per la ferita al braccio, ma per… - si blocca. Haymitch non sa come continuare il discorso. E non voglio che lo faccia, perché non ce n’è alcun bisogno. Non voglio sentire nulla di ciò che è accaduto quella dannata, maledetta notte. Dopo il campo di forza, non voglio sentire altro.
Vorrei che non ci fosse stato nient’altro dopo l’esplosione dell’arena.
- Volevo farvi uscire entrambi di lì sani e salvi, Katniss. È l’unico motivo per cui ho accettato di prendere parte al progetto di Plutarch – ammette. – E le cose non sono cambiate quando sei venuta insieme a Peeta a dirmi dell’arrivo della vostra ragazzina. In realtà Plutarch era deciso a posticipare l’Edizione della Memoria, ma Snow si è opposto. Sai com’è fatto, quel vecchio pazzo…
Non dico niente. Al contrario, comincio a tremare.
Haymitch mi sta dicendo che è colpa di Snow se l’ho persa? È colpa sua, è stata sempre colpa sua? C’è sempre stato lui dietro a tutto quanto…
- Però mi sono incazzato di brutto con Plutarch per come è stata gestita l’intera operazione di salvataggio. Peeta e Johanna catturati, e tu mezza morta… e senza la tua ragazzina – dice. - Gli ho detto che era colpa dei suoi piani del cazzo se era successo. E lui ha detto che era anche colpa mia, perché avevo deciso di prendere parte ai suoi piani del cazzo e avrei dovuto tenere conto delle probabili conseguenze. E allora gli ho mollato un pugno in faccia e l’ho messo al tappeto. Se non ci fosse stato Finnick a fermarmi, forse l’avrei ammazzato di botte su quell’hovercraft-
L’arco mi cade dalle mani e provoca uno schiocco secco sul pavimento mentre porto le braccia attorno al petto, come accade quasi ogni volta che qualcuno prova a parlarmi di lei. Abbasso lo sguardo per non far vedere la mia faccia ad Haymitch. Vorrei scappare, in realtà, ma sento le gambe strane. Ho paura che non riescano a sorreggermi. L’unica cosa che posso fare è cercare di controllarmi per non mostrare all’uomo che mi sta davanti, il mio ex mentore, la reale entità del mio dolore.
Ma Haymitch si alza, si avvicina. La sua figura si inginocchia davanti alla mia e prende le mie mani mostrando una dolcezza che doveva tenere nascosta da qualche parte, dietro a tutto il malumore che manifesta sempre davanti agli altri.
- Perché mi stai dicendo queste cose? – gli chiedo, lamentandomi.
- Perché forse Plutarch ha ragione. Perché se adesso sei qui, davanti a me, a tremare e a piangere per la morte di tua figlia, forse è anche per causa mia – Haymitch mi afferra per le spalle. – Ho già le vite di quarantasei ragazzini sulla coscienza, dolcezza. Che sarà mai una vita in più? Puoi darmi la colpa per ciò che le è successo. Per me va bene. Puoi urlarmi contro tutto ciò che vuoi.
- Smettila, ti prego. Smettila…
Chiudo gli occhi. Le lacrime iniziano di nuovo a scorrere sul mio viso perché sono ancora una volta incapace di trattenerle, ogni volta che qualcuno accenna a ciò che ho perso. A ciò che ho amato così immensamente, nonostante non sapessi neanche che aspetto avesse, o la forma del suo viso. Il colore dei suoi occhi.
Mia figlia.
Una vita che non sono stata in grado di proteggere.

Io, non Haymitch. Io. Sono stata io a non averla protetta.
I singhiozzi diventano più forti.
- Urla pure, dolcezza. Urla, bestemmia, fa come ti pare, ma non chiuderti nel tuo dolore. Non fare come ho fatto io: lascialo libero di uscire. Starai molto meglio se lo tiri fuori tutto quanto.
Haymitch non asciuga le mie lacrime, come aveva fatto invece Effie due giorni fa. Mi abbraccia, però. Accarezza la mia schiena e accompagna i miei singhiozzi a stento trattenuti, appoggiando il mento sulla mia testa.
- Anche piangere sulla mia divisa va bene, dolcezza. È un buon compromesso. Puoi anche pulirtici il naso sopra, per quel che vale. Non mi importa… tanto, queste tute fanno schifo.

 

 

 

________________________

Lo so, lo so. Sono in ritardo.
Ma il capitolo alla fine è arrivato lo stesso :D
Proprio perché stavolta sono in ritardo, non mi soffermerò molto nelle note – e meno male, direte voi: ormai vi conosco bene XD
Mi prendo giusto qualche momento per parlarvi dell’incontro tra Katniss e Haymitch. Qualche capitolo fa vi avevo promesso che saremmo tornati sul discorso, ed infatti è stato così: a grandi linee, adesso sappiamo come stanno veramente le cose. Diversamente dai libri, lui ha mosso i fili dietro alle spalle di Katniss e Peeta per metterli in salvo nonostante i possibili pericoli per loro due, ed è sinceramente dispiaciuto per ciò che ne è conseguito. Questo confronto tra i due è molto importante. Ce ne saranno altri in futuro ;)
Spero di non farvi aspettare troppo per il prossimo aggiornamento ^^’

D.

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Deruchette