In the still of the night
28.
Scopro
che essere la Ghiandaia Imitatrice non è proprio ciò che mi aspettavo.
Non
sono costretta a scendere sul campo di battaglia, non devo prendere parte a
nessuno scontro a fuoco, non devo spostarmi in nessun altro luogo che non siano
i livelli sotterranei del Distretto 13. Tutto ciò che devo fare è posizionarmi
davanti ad una telecamera e recitare una parte.
Niente
di più facile, direbbe qualcuno.
Quel
qualcuno però non sono io.
La
Coin ha rispettato la sua parte del piano e, la sera stessa del mio consenso,
ha tenuto un discorso davanti a tutti gli abitanti del 13 ed ai suoi rifugiati:
ha parlato di me, del ruolo che ho scelto di ricoprire per lo sforzo bellico, e
ha parlato dell’immunità che lei ha “scelto”, “personalmente”, di concedere ai vincitori
tenuti prigionieri a Capitol City una volta che la guerra sarà finita. Ero
insieme a Finnick, in mezzo alla folla, quando abbiamo sentito le sue parole.
Il ragazzo taciturno al mio fianco mi ha stretto forte la mano quando ha
sentito il nome della sua fidanzata venire fuori dalle labbra della signora presidente.
Ho ricambiato la sua stretta, forte.
Siamo
nella stessa situazione, io e Finnick. Siamo entrambi in pena per le persone
che amiamo e che non siamo in grado di mettere in salvo. Quest’immunità, per
quanto flebile e lontana, ci è un po' di conforto.
Vorrei
poter fare altro per farlo stare meglio… per far stare meglio chiunque, in
verità, ma è troppo al di là delle mie capacità.
Le
mie capacità, adesso, sono tutte sotto l’attenzione di Plutarch e della sua
assistente, Fulvia, che dirigono insieme il grosso carrozzone che definiscono
allegramente “Passaggi Propagandistici” o, per abbreviare, “Pass-Pro”: dei
messaggi di propaganda, per l’appunto, per alimentare il diffondersi della
rivolta e dei combattimenti contro il potere di Capitol City. Beetee, che si
sta riprendendo lentamente dalle ferite riportate nell’arena, li userà per
diffonderli in tutta la nazione e per colpire il potere che ancora regge in
alcuni distretti e nella capitale. In teoria avrebbero potuto realizzare i
Pass-Pro con qualsiasi persona a loro disposizione: Finnick, se fosse stato in
grado di concentrarsi per più di due minuti su un determinato argomento che non
sia Annie, o lo stesso Beetee. Avrebbero potuto usare anche i profughi ed i
rifugiati che hanno trovato al 13 una nuova casa dove stare… ma perché usare
loro, quando hanno a disposizione il vero simbolo della rivolta? Perché usare
dei rimpiazzi, quando hanno a disposizione me? Katniss Everdeen, la
Ragazza di Fuoco? Una Ragazza di Fuoco che si è evoluta, come per magia, in una
Ghiandaia Imitatrice.
Ecco
perché premevano così tanto affinché scegliessi di collaborare con loro: la mia
immagine è più forte di qualsiasi altro vincitore degli Hunger Games, o di
qualsiasi rifugiato qui presente. Gli stessi distretti mi hanno eletta a loro
simbolo: per loro, sono una paladina della giustizia.
Non
sanno quanto si sbagliano, in realtà. Non sanno che, se sono arrivata dove sono
ora, è perché ho sempre ricevuto una mano da qualcuno. Io, da sola, non avrei
mai combinato niente di buono. Sarei morta nell’arena grazie a quelle maledette
bacche, se fosse stato per me.
E
la dimostrazione di quanto io non sia capace di far nulla da sola ce l’ho
davanti ai miei occhi proprio adesso. Ho bisogno di un’intera squadra per fare
in modo che tutto venga rispettato e che tutto riesca secondo i piani. Plutarch
e Fulvia, da bravi Strateghi quali sono, mi danno indicazioni e mi mostrano ciò
che dovrò fare per le telecamere. Ho ancora un paio di giorni davanti prima di
affrontare il set, e nel frattempo mi illustrano tutto ciò che mi sono persa
nell’ultimo mese e mezzo.
-
La maggior parte dei Distretti si è ribellata ed è sfuggita al controllo di
Panem – dice Plutarch, pacato come sempre. – Alcuni sono ancora assoggettati
alla dittatura, soprattutto i Distretti più vicini alla capitale. Ovviamente l’unico
distretto che non si ribellerà da solo sarà il Distretto 2, visto il tipo di
rapporti che i suoi abitanti ha sempre tenuto con Capitol City…
-
Ovviamente – mormoro a mezza bocca.
-
…e per quelli si dovrà procedere per forza di cose con degli scontri diretti.
Alcuni sono già in corso e non demordiamo. Per i Distretti che ancora mancano
all’appello, invece, contiamo soprattutto sull’efficacia dei Pass-Pro e sulla
tua presenza scenica.
Presenza
scenica. Strano modo per definirmi.
-
La sua deve essere una figura a effetto! – esclama Fulvia, prendendo il
mio viso tra le mani. – E la tua bellezza naturale, cara Katniss, per quanto
sia già buona in partenza, non è purtroppo sufficiente ai nostri scopi. Ma
abbiamo chi ci può aiutare in questo… l’abbiamo mandata a chiamare? – domanda a
Plutarch.
-
Dovrebbe essere già qui fuori.
-
Chi è già qui fuori? – chiedo, girando il busto e lo sguardo per seguire la
figura di Fulvia che si dirige verso la porta della Sala Riunioni.
-
Una sorpresa per te – Plutarch dice solo questo.
Ed
effettivamente, è una vera sorpresa.
Fulvia
apre la porta e dà libero accesso all’ultima persona che mi sarei aspettata di
vedere qui, al Distretto 13. Senza i suoi soliti vestiti ad effetto, senza i
suoi soliti accessori bizzarri, senza i suoi soliti capelli colorati, non
sembra per niente lei. Nei vestiti grigi che indossiamo tutti quanti qui al 13,
sembra una normale popolana di un Distretto.
Ma
quale popolana, a parte forse Effie Trinket, porterebbe una bandana legata sulla
testa in così grande stile?
-
Effie! – esclamo, alzandomi in piedi per poterla raggiungere.
-
Oh! – dice soltanto, allargando le braccia per accogliermi nella sua
stretta, che non mi è mai sembrata così familiare e confortante come la sento
ora. – La mia bambina, la mia vincitrice – sussurra, stringendomi a sé.
-
Come sei arrivata qui? – chiedo. Ancora non riesco a credere di avere Effie
davanti a me.
-
È stata fatta uscire da Capitol City su richiesta di Haymitch – dice Plutarch,
rispondendo al posto suo. – Come prigioniera politica…
-
Come una criminale qualsiasi – sbuffa Effie, ma si riprende subito. – Ma
non importa, mia cara. L’importante è essere qui. Per aiutarti, e per renderti
perfetta affinché tutti possano vederti – mi sorride, accarezzando i miei
capelli.
-
Il che ci ricorda che abbiamo poco tempo a nostra disposizione – Fulvia si
inserisce a forza nel discorso di Effie. – Ha i bozzetti con sé, signorina
Trinket?
-
Non li abbandonerei mai e poi mai! – dice, sollevando una grande cartellina
nera. Come ho fatto a non notarla prima?
Effie
si avvicina al tavolo e, dopo averci posato sopra la cartella, la apre. Da
dietro le sue spalle, riesco a vedere che è piena di quelli che sembrano i bozzetti
di lavoro per dei vestiti. Effie ne sfila qualcuno, e i dubbi scompaiono così
come sono apparsi. Sono proprio i bozzetti di uno stilista. E non di uno
stilista qualsiasi, perché il suo è un tocco che non passa di certo inosservato:
sono quelli del mio stilista preferito.
Cinna.
-
Guarda, cara, questa è la tua nuova uniforme! – esclama Effie.
La
mia ex accompagnatrice comincia a chiacchierare di dettagli e cose varie, ma le
mie orecchie non registrano nulla di ciò che dice. Sono come immerse nell’acqua.
I miei occhi, invece, sono tutti presi dai tratti di matita decisi e dalla mano
che li ha tracciati sulla carta. Tratti decisi che hanno riprodotto la mia
figura, avvolta da un uniforme nera simile ad una tuta aderente, ma su cui sono
ben visibili gli accessori e gli strati protettivi, necessari per una
combattente. Tutto, in quest’immagine, mi mostra il lavoro e la devozione che
Cinna ha dimostrato nel realizzarlo. Per me.
Cinna…
ancora una volta è riuscito a lasciarmi senza parole.
-
Dov’è Cinna adesso? – riesco a chiedere con un filo di voce.
Effie
interrompe i suoi monologhi e torna a guardarmi. Il suo viso ha assunto
un’espressione così grave che potrei non aver bisogno di nessuna risposta.
-
Non lo sappiamo, Katniss. Sarebbe dovuto venire qui al 13, ma…
-
I nostri informatori pensano che sia stato fatto prigioniero a Capitol City.
Insieme alla stilista di Peeta e alla vostra squadra di preparatori – aggiunge
Plutarch.
Altre
persone fatte prigioniere. Altre persone che hanno sofferto, che stanno
soffrendo e che soffriranno ancora. A causa della guerra, a causa dei giochi
sporchi e sanguinari della capitale.
A
causa mia.
-
Non fare così, tesoro! Cinna non vorrebbe che piangessi per lui – mi consola
Effie, asciugando le mie lacrime. – Vieni, sediamoci qui…
-
Vi lasciamo un po' da sole – dice Plutarch, facendo segno alla sua assistente
di seguirlo fuori dalla sala. Tempo dieci secondi, e rimaniamo solo noi due.
-
Ecco, togliamo questi lacrimoni dalla faccia – Effie ha recuperato un
fazzolettino dal suo vestito pieno di tasche e me lo passa sul viso,
delicatamente. – Piangere così tanto non fa per niente bene alla pelle, sai? E
in questo posto non c’è nulla di buono per aiutare la pelle stressata. Meno
male che sono riuscita a portare qualcosa con me prima di fuggire…
Le
chiacchiere frivole di Effie mi fanno sorridere almeno un pochino. – Allora
l’ho rovinata per sempre, Effie. Piangere è la cosa che so fare meglio, da
quando sono qui. – le dico, asciugandomi il naso sulla manica della tuta.
-
È perché stai soffrendo così tanto, piccola mia. Mi dispiace… mi piange il
cuore… - si ferma, non sapendo come proseguire. – Non avrei mai voluto che ti
accadesse questo, Katniss. Così giovane, e la tua piccola bamb-
-
No, Effie – la interrompo, stringendo gli occhi per frenare il dolore insieme
alla nuova ondata di lacrime che sento già pronta per manifestarsi. – Non… non
voglio parlare di lei. Non ce la faccio…
Effie
prende le mie mani tra le sue e le stringe, carezzandole come per infondere del
calore. – Tenere tutto dentro non ti fa bene, Katniss. Puoi parlare con me, lo
sai. Sono tua amica.
-
Effie, no… – deglutisco, e un gemito mi esce dalle labbra.
-
Ssssh – mormora, e lascio che mi abbracci di nuovo, che mi culli, mentre il
pianto si impadronisce di nuovo di me. Lascio che Effie mi consoli, per quanto poco
possa riuscirci. Lascio che sia lei, stavolta, ad osservare il modo in cui
Capitol City è riuscita a scavare profondamente all’ interno del mio corpo, e
all’interno della mia anima.
Prima
di cominciare le riprese, mi fanno scendere insieme a Gale ad uno dei livelli
più bassi del Distretto 13, quello destinato alla Difesa Speciale. È un livello
immenso, e ampi spazi aperti straripanti di alberi e di colibrì danno l’illusione
di trovarsi all’aria aperta, a diretto contatto con la natura. Non sembra di
stare sottoterra. Gli spazi sono intervallati da alcune zone di tiro, dove
poter provare le armi che vengono create quaggiù.
Il
livello dedicato alla Difesa Speciale è quello in cui al momento lavora Beetee.
Non
vedo l’inventore del Distretto 3 dall’arena, e l’ultimo ricordo che ho di lui
lo vede sempre disteso tra le piante tropicali della giungla, immobilizzato in
quella posa strana e con gli occhi chiusi a causa dello shock che aveva subito
per il suo gesto. Aveva provato ad infrangere il campo di forza senza troppi
risultati… ma poi l’ho fatto io, al posto suo.
Sapevo
che doveva essersi ripreso abbastanza da poter rimettersi al lavoro, ma non
sono mai stata informata sulle mansioni che occupava o sulle sue condizioni di
salute attuali. E non ho nemmeno provato ad informarmi. Diciamo che ho avuto un
tutt’altro tipo di pensieri a vagare nella mia mente, nell’ultimo periodo, e li
ho tutt’ora. Ma la visita al 12 ha rimesso in ordine ed in moto qualcosa. Ed
anche l’intervista di Peeta lo ha fatto.
Mi
sembra di poter pensare un po' più lucidamente, anche se rimango incline ai
crolli emotivi. Quello avuto con Effie ne è stata la prova lampante. Ma non
sono trascorsi nemmeno due giorni. Non sono un medico, ma credo che sia
normale.
Beetee
sembra essersi ripreso alla grande dalle ferite, ma è seduto su una sedia a
rotelle e la sua immagine nell’insieme sembra contraddire ciò che ho appena
pensato. Dice che la sedia è una soluzione momentanea, però: con il tempo e la
riabilitazione, tornerà di nuovo in piedi sulle sue gambe.
Mostra
a me e a Gale le armi a cui ha lavorato per entrambi: un arco nero per me, in
tinta con la mia nuova uniforme, e una balestra per Gale. Come me, ha bisogno
di un’arma dato che prenderà parte ai Pass-Pro, e lo farà ancora una volta
nelle vesti di mio cugino. Dobbiamo ancora salvare le apparenze, a quanto pare,
anche se non è necessario.
Non
ho mai usato una balestra e sembra pesantissima solamente a guardarla, ma Gale
la maneggia con agilità. È fatta per le sue mani. Così come l’arco che Beetee
ha realizzato è fatto apposta per le mie: è leggero e di aspetto non molto
dissimile da quelli che mio padre fabbricò da sé per cacciare nei nostri boschi
del 12, diversissimi da quelli elaborati e iper-dinamici di cui ci rifornivano
nell’arena. Oltre alle armi, Beetee ha anche delle frecce speciali per noi:
esplosive ed incendiarie, in alternativa a quelle classiche.
-
Le riconosci dal colore: gialle per le incendiarie e rosse per le esplosive – mi
spiega, compiaciuto. – Ma non usarle qui dentro! È pericoloso.
Mi
lascia fare qualche tiro con le frecce normali per vedere se l’arco è efficace.
E lo è, naturalmente. È un’arma perfetta.
-
Come sta Finnick? – chiede, poi.
Tentenno
un po'. – Ha… problemi di concentrazione – rispondo.
Beetee
annuisce con la testa, storcendo appena la bocca. – Beh, fagli sapere che sto
continuando a lavorare su un tridente per lui. Magari lo distrarrà un po'.
Già,
magari.
Non
ho però il tempo materiale per andare a comunicare a Finnick il messaggio di
Beetee, perché la mia presenza è attesa e desiderata al teatro di posa dove
verranno realizzati i Pass-Pro. Qui, Effie come prima cosa si dedica con
attenzione scrupolosa a sistemare la mia immagine: i capelli raccolti nella
solita treccia laterale, il trucco che va a segnare le ombre sul mio viso e a
delineare la forma dei miei occhi. Dopodiché mi fa indossare la mia uniforme
nuova di zecca.
-
Ti sta a pennello! – cinguetta, tutta felice per ciò che sta vedendo.
A
mia volta, osservo il mio corpo avvolto nel tessuto e nell’armatura che Cinna
ha realizzato apposta per me e penso al momento in cui deve averci iniziato a
lavorare. Quando ha avuto l’idea, di preciso? Da quanto tempo sapeva che, prima
o poi, avrei avuto il bisogno di indossarla? E soprattutto… sapeva che avrei
accettato di diventare la Ghiandaia Imitatrice per i Ribelli? Ne era così
sicuro? Ho un così disperato bisogno di rivolgergli queste e un sacco di altre
domande! E ho un così disperato bisogno di ascoltare le sue risposte, ma
nessuno sa dove sia Cinna. Nessuno sa se è ancora vivo.
Il
timore per la sorte del mio stilista viene scacciato via quando mi danno l’okay
per cominciare le riprese. Ci sono solo io, al centro esatto del teatro, ferma
su una sorta di piedistallo di metallo, ed Effie si trova sul fondo, accanto a
un Finnick che ci ha raggiunto per assistere alle riprese e che osserva il
nulla. In effetti non c’è nulla da guardare, perché attorno a me non c’è nulla.
Ci sono solo le pareti spoglie e grigie del locale, che vengono illuminate da
dei forti faretti di luce bianca. Anche io sono illuminata.
Non
devo fare altro che stare ferma per consentire ai tecnici di lavorare sulla mia
immagine al computer. C’è un piccolo schermo accanto ai pannelli di vetro
dietro cui si sono riuniti i tecnici insieme a Plutarch e a Fulvia, e da lì
riesco a vedere come prende vita un Pass-Pro: aggiungono un’ambientazione di guerra
al posto delle pareti di metallo, fumo in abbondanza, ed è come se non fossi
più al Distretto 13. Per chi guarderà il Pass-Pro, io sarò in un punto
imprecisato di Panem, a dare il mio contributo in battaglia.
Ad
un certo punto, dopo quelle che mi sono sembrate ore infinite, Fulvia ci
raggiunge ed è tutta elettrizzata. – Magnifico! È tutto magnifico! –
squittisce, anche se in sostanza non è stato fatto ancora niente di magnifico.
– Abbiamo bisogno di te ancora per un po', poi ti lasciamo andare per la cena.
Dall’altra
parte del vetro stanno realizzando un Pass-Pro di prova da mostrare alla
presidente Coin e Fulvia mi dà le indicazioni su come procedere. Mi fa mettere
in ginocchio e, una volta che ho ricevuto il segnale per poter andare avanti,
mi sollevo in piedi e alzo l’arco verso il cielo, e recito la mia battuta.
-
Popolo di Panem, combattiamo, osiamo, poniamo fine alla nostra sete di
giustizia! – esclamo, guardando fisso davanti a me.
Capisco
di aver fatto fiasco dall’espressione di Effie, che ha sollevato le mani ed ha
cercato di dire qualcosa in più di un momento, ma si è sempre trattenuta
all’ultimo istante. Finnick, dietro di lei, ha un braccio incrociato sul petto
e l’altro sollevato per tenere la mano davanti alla bocca. Mi guarda storto.
-
Proviamo di nuovo – dice Fulvia. La sua faccia è tutta un programma, ma cerca
di rimediare alla mia cattiva recitazione.
Al
nuovo segnale, svolgo gli stessi movimenti di prima e recito di nuovo lo
slogan.
Stavolta,
Finnick mette entrambe le mani sugli occhi. Sarà anche in stato confusionale,
ma mi sta facendo capire benissimo che sono negata nel recitare.
Un
applauso, in fondo alla sala, mi fa trasalire. L’uomo che lo ha provocato si
avvicina, dopo essere stato nella penombra per molto tempo. È stato bravissimo
a non far notare la sua presenza fino ad ora. Pensavo che fosse ancora
rinchiuso da qualche parte del 13 a disintossicarsi.
Haymitch
continua a battere le mani in maniera sarcastica, avvicinandosi a Finnick. - Ecco,
amici miei, come muore una rivoluzione.
Seduta
al centro del mio piedistallo, osservo Haymitch che ha preso posto poco
distante da me. Ci stiamo squadrando, in completo silenzio, da diversi minuti.
Siamo rimasti solo noi due all’interno del teatro di posa: Fulvia ha deciso che
per oggi hanno raccolto abbastanza materiale con cui lavorare, e ha congedato
tutti per andare a cena. Haymitch, però, mi ha chiesto di tardare alcuni minuti
per poter scambiare qualche parola con me.
Ma
da quando siamo rimasti soli, nessuno dei due ha ancora detto mezza sillaba.
Lo
osservo, battendo ritmicamente l’arco sul ginocchio coperto da una placca di
metallo nero. Questo provoca una serie di colpi secchi, l’unico rumore nella
stanza silenziosa. Mi chiedo il perché non sia lui il primo a dire qualcosa,
dato che la richiesta di parlare è nata da lui e non da me. Io non ho grandi
cose da dirgli. È dalla sera prima degli Hunger Games che non ho avuto
occasione di incontrarlo, o di parlargli.
La
sera prima degli Hunger Games Haymitch sapeva già cosa sarebbe accaduto nell’arena:
sapeva che alcuni tributi ci sarebbero entrati al solo scopo di salvare la mia
vita e quella di Peeta, al costo di sacrificare la propria. Ricordo le parole
che ha usato Finnick quando, in ospedale, mi ha spiegato a grandi linee come
andarono le cose.
Una
parte del piano, però, non è riuscita. Sono riusciti a salvare me, ma non
Peeta. E nemmeno Johanna… alcuni di noi sono rimasti indietro. Sono stati
imprigionati.
Scopro,
effettivamente, di essere un po' arrabbiata col mio ex mentore.
-
Perché non avete portato in salvo anche Peeta? – domando, decidendo di
interrompere il silenzio prima che lo faccia lui.
Haymitch
ride, scuotendo la testa. – Cominci proprio con la peggiore, eh? – domanda a
sua volta, grattandosi il mento. – Non hai tutti i torti, però. Me lo merito.
-
Perché? – ripeto.
-
Avevano visto il nostro hovercraft che cercava di tirarvi fuori di lì, dolcezza
– dice. E almeno ha la decenza di non guardarmi negli occhi, mentre lo fa. –
Dovevamo agire in fretta, altrimenti il piano sarebbe stato vano. Non solo voi
sareste stati tutti catturati, ma anche noi avremmo fatto la stessa fine. Tu,
Finnick e Beetee eravate i più vicini al punto dell’esplosione ed è stato più
facile farvi salire a bordo. Ma Peeta e Johanna…
-
Erano troppo lontani? – mormoro.
Haymitch
annuisce. – Erano troppo lontani.
Ho
un flash di quella notte, un flash che ricorre anche troppo spesso per i miei
gusti. Vedo le mie braccia che tendono l’arco e scagliano la freccia contro il
campo di forza, e vedo l’esplosione che sbalza via ogni cosa. Alberi, piante,
Finnick ed Enobaria. E sento me stessa volare via.
Ma
non c’è mai Peeta, in questo flash. Non c’è nemmeno la sua voce.
-
Anche se quella notte fossi stato in grado di costringere Plutarch a restare
per salvarlo – e credimi, dolcezza, ci ho provato -, l’hovercraft
sarebbe caduto. Siamo riusciti a stento a scappare così com’era – aggiunge.
– E tu non eri nelle condizioni migliori per poter tentare qualsiasi altro
salvataggio. Non potevamo aspettare altro tempo.
-
Finnick me lo ha detto – dico, deglutendo.
-
Ti ha detto che hai rischiato di morire dissanguata? Non per la ferita al
braccio, ma per… - si blocca. Haymitch non sa come continuare il discorso. E
non voglio che lo faccia, perché non ce n’è alcun bisogno. Non voglio sentire
nulla di ciò che è accaduto quella dannata, maledetta notte. Dopo il campo di
forza, non voglio sentire altro.
Vorrei
che non ci fosse stato nient’altro dopo l’esplosione dell’arena.
-
Volevo farvi uscire entrambi di lì sani e salvi, Katniss. È l’unico motivo per
cui ho accettato di prendere parte al progetto di Plutarch – ammette. – E le
cose non sono cambiate quando sei venuta insieme a Peeta a dirmi dell’arrivo della
vostra ragazzina. In realtà Plutarch era deciso a posticipare l’Edizione della
Memoria, ma Snow si è opposto. Sai com’è fatto, quel vecchio pazzo…
Non
dico niente. Al contrario, comincio a tremare.
Haymitch
mi sta dicendo che è colpa di Snow se l’ho persa? È colpa sua, è stata sempre
colpa sua? C’è sempre stato lui dietro a tutto quanto…
-
Però mi sono incazzato di brutto con Plutarch per come è stata gestita l’intera
operazione di salvataggio. Peeta e Johanna catturati, e tu mezza morta… e senza
la tua ragazzina – dice. - Gli ho detto che era colpa dei suoi piani del cazzo
se era successo. E lui ha detto che era anche colpa mia, perché avevo deciso di
prendere parte ai suoi piani del cazzo e avrei dovuto tenere conto delle
probabili conseguenze. E allora gli ho mollato un pugno in faccia e l’ho messo al
tappeto. Se non ci fosse stato Finnick a fermarmi, forse l’avrei ammazzato di
botte su quell’hovercraft-
L’arco
mi cade dalle mani e provoca uno schiocco secco sul pavimento mentre porto le
braccia attorno al petto, come accade quasi ogni volta che qualcuno prova a
parlarmi di lei. Abbasso lo sguardo per non far vedere la mia faccia ad
Haymitch. Vorrei scappare, in realtà, ma sento le gambe strane. Ho paura che
non riescano a sorreggermi. L’unica cosa che posso fare è cercare di
controllarmi per non mostrare all’uomo che mi sta davanti, il mio ex mentore,
la reale entità del mio dolore.
Ma
Haymitch si alza, si avvicina. La sua figura si inginocchia davanti alla mia e
prende le mie mani mostrando una dolcezza che doveva tenere nascosta da qualche
parte, dietro a tutto il malumore che manifesta sempre davanti agli altri.
-
Perché mi stai dicendo queste cose? – gli chiedo, lamentandomi.
-
Perché forse Plutarch ha ragione. Perché se adesso sei qui, davanti a me, a
tremare e a piangere per la morte di tua figlia, forse è anche per causa mia –
Haymitch mi afferra per le spalle. – Ho già le vite di quarantasei ragazzini
sulla coscienza, dolcezza. Che sarà mai una vita in più? Puoi darmi la colpa
per ciò che le è successo. Per me va bene. Puoi urlarmi contro tutto ciò che
vuoi.
-
Smettila, ti prego. Smettila…
Chiudo
gli occhi. Le lacrime iniziano di nuovo a scorrere sul mio viso perché sono
ancora una volta incapace di trattenerle, ogni volta che qualcuno accenna a ciò
che ho perso. A ciò che ho amato così immensamente, nonostante non sapessi
neanche che aspetto avesse, o la forma del suo viso. Il colore dei suoi occhi.
Mia
figlia.
Una
vita che non sono stata in grado di proteggere.
Io,
non Haymitch. Io. Sono stata io a non averla protetta.
I
singhiozzi diventano più forti.
-
Urla pure, dolcezza. Urla, bestemmia, fa come ti pare, ma non chiuderti nel tuo
dolore. Non fare come ho fatto io: lascialo libero di uscire. Starai molto
meglio se lo tiri fuori tutto quanto.
Haymitch
non asciuga le mie lacrime, come aveva fatto invece Effie due giorni fa. Mi
abbraccia, però. Accarezza la mia schiena e accompagna i miei singhiozzi a
stento trattenuti, appoggiando il mento sulla mia testa.
-
Anche piangere sulla mia divisa va bene, dolcezza. È un buon compromesso. Puoi
anche pulirtici il naso sopra, per quel che vale. Non mi importa… tanto, queste
tute fanno schifo.
________________________
Lo so, lo so. Sono in ritardo.
Ma il capitolo alla fine è
arrivato lo stesso :D
Proprio perché stavolta sono in
ritardo, non mi soffermerò molto nelle note – e meno male, direte voi: ormai vi
conosco bene XD
Mi prendo giusto qualche momento
per parlarvi dell’incontro tra Katniss e Haymitch. Qualche capitolo fa vi avevo
promesso che saremmo tornati sul discorso, ed infatti è stato così: a grandi
linee, adesso sappiamo come stanno veramente le cose. Diversamente dai libri,
lui ha mosso i fili dietro alle spalle di Katniss e Peeta per metterli in salvo
nonostante i possibili pericoli per loro due, ed è sinceramente dispiaciuto per
ciò che ne è conseguito. Questo confronto tra i due è molto importante. Ce ne
saranno altri in futuro ;)
Spero di non farvi aspettare
troppo per il prossimo aggiornamento ^^’
D.