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Autore: Sel Dolce    28/11/2020    0 recensioni
[Merthur | AU | Rating Arancione | Fem!Merlin ]
Dal capitolo nove:
«Merlyn, tu sei la donna più insopportabile che io abbia mai conosciuto.» cominciò, completamente preso dall’improvvisazione, non aveva pensato a prepararsi un discorso «La prima volta che ci siamo conosciuti ti ho quasi tagliato la gola e tu non hai battuto ciglio. In quel momento ho capito che eri speciale – per non dire strana – ed ho iniziato ad osservarti.» stava andando decisamente male, qualcuno doveva sfondare la sua porta e tappargli la bocca in quel preciso istante «Non capivo cosa tutti ci trovassero in te, chiunque passasse sul tuo cammino si innamorava come il più sciocco degli uomini.» veramente, Arthur pregò che Gwaine entrasse e lo stordisse, quel discorso faceva schifo.
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hunith, I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Capitolo sei

 

 

«Voi aspettate qui, padre, prima devo parlare con madre, prepararla psicologicamente al vostro incontro.» disse Merlyn quando arrivarono ad Ealdor, potevano vedere i cittadini lavorare nei loro orticelli e lavare il bucato vicino al pozzo.

Non le sembrava vero di essere finalmente a casa, le sembrava un sogno. Non che amasse particolarmente i suoi abitanti, ma c’erano sua madre e Will.

«Voi venite con me, così vi presento subito.» aggiunse verso i quattro gladiatori.

Merlyn camminò sentendo il cuore batterle nelle orecchie per quanto era emozionata. Finalmente dopo un anno era a casa, poteva abbracciare le persone a lei care. Si girò verso il limitare del bosco dove Balinor era rimasto, obbedendo alla figlia, fidandosi ciecamente di lei.

«Sembra incantevole, qui.» commentò Gwaine indicando a Parifal la radura piena di fiori.

I contadini si fermarono, attirati dall’arrivo di quegli sconosciuti, ma riconobbero Merlyn all’istante dando via ad una serie di borbottii. Arthur non amava chi borbottava, le cameriere del palazzo non facevano altro che borbottare raccontando chissà quale vile bugia su uno dei nobili.

La ragazza li guidò fino ad una piccola casa, la più vicina al confine, sembrava quasi nascosta dagli altri edifici. Si fermò davanti la porta di legno ed alzò il pugno, ma non trovò il coraggio di bussare. E se sua madre si fosse fatta una nuova vita senza di lei? Se fosse stata lei l’unica causa della sua solitudine e con lei fuori dai piedi finalmente qualche uomo rispettabile si fosse proposto a lei? Oh, aveva visto come Mattew la guardava, quella vecchia volpe.

«Non bussi?» domandò Lancelot guardandola preoccupato.

«Ho paura che non voglia vedermi.» ammise la ragazza mordendosi il labbro inferiore. Aveva tutte le ragioni per esserlo, no? In un anno non aveva mai scritto alla povera donna, doveva averla fatta penare molto.

Arthur sbuffò «Scommetto quello che volete che appena tua madre ti vedrà scoppierà a piangere dalla felicità.» disse desiderando di poter essere sicuro in questo modo anche su suo padre. Il principe poteva immaginarsela la scena, se fosse tornato a casa suo padre lo avrebbe abbracciato solo per un secondo, ringraziato Dio per avere ancora un erede e lo avrebbe mandato dritto ad allenarsi con i suoi cavalieri. Non una lacrima.

Merlyn rimase immobile e Gwaine si prese la libertà di bussare al posto suo.

La porta si aprì rivelando una graziosa donna che non poteva avere più di trentacinque anni, segno che avesse dovuto avere Merlyn in giovane età. Aveva gli stessi occhi della ragazza, ma i capelli nascosti da un foulard verde erano di un castano chiaro, lasciando immaginare ai gladiatori che quelli li avesse ereditati da Balinor.

Come Arthur aveva predetto gli occhi della donna si riempirono di lacrime e strinse la figlia in un abbraccio che visto da fuori sembrava soffocante. La maga iniziò a piangere a sua volta stringendo compulsivamente le vesti della madre, contenta di essere nuovamente a casa.

Le due donne si staccarono e Hunith prese dolcemente il viso di Merlyn tra le mani «Credevo ti fosse successo qualcosa.» le disse con voce rotta d’emozione.

Merlyn annuì «Oh, madre, è stato un lungo anno lontano da casa.» ammise sentendo finalmente tutta quella tensione accumulata fin dal suo arrivo nella capitale fino a quel momento sparire. Era di nuovo al sicuro, era al sicuro e con dei nuovi amici.

«Merlyn!» alle loro spalle videro un ragazzo correre verso di loro agitando le braccia in modo ridicolo. La maga saltò sugli attenti e rise, facendo capire ai gladiatori che non stavano per affrontare una minaccia.

Will prese la fanciulla per la vita e la sollevò da terra facendola girare in aria e facendola ridere. Arthur si sforzò a non arrossire di gelosia, era ovvio che qualcuno la stesse aspettando a casa. Gwaine spostò lo sguardo infastidito, gli bastava vederla con Arthur, non c’era bisogno di aggiungere un nuovo pretendente al cuore della ragazza.

«Non una lettera in dodici mesi, Merlyn!» la sgridò il ragazzo posandola a terra, sembrava veramente furente ora che l’emozione del loro ritrovamento era scemato via.

«Forse è meglio se entriamo in casa, è una lunga storia.» disse la fanciulla guardando le due persone più importanti della sua vita.

Hunith annuì e fece spazio per far entrare i suoi ospiti «Su, entrate, non mordo.» sorrise verso i quattro gladiatori che non avevano ben capito se fossero stati invitati o meno.

«Grazie, my Lady.» Arthur fece un leggero inchino, cercando di conquistarsi la simpatia della donna.

La madre di Merlyn arrossì «Non sono una Lady, chiamatemi Hunith.» disse e agli uomini sembrò di sentire Merlyn stessa, erano le stesse parole che la donzella aveva usato in quella piccola infermeria nell’arena. Essere modesti era di famiglia.

Hunith corse fuori dalla sua piccola casa sentendo il respiro mancarle. Sua figlia non poteva averle mentito, la conosceva troppo bene.

Merlyn aveva ritrovato il suo Balinor, lo aveva riportato da lei. Per un attimo si dimenticò completamente che sua figlia avesse sofferto per lunghi mesi come una schiava in quell’arena. Doveva vederlo con i suoi occhi, doveva assicurarsi che fosse lui.

Attraversò il villaggio e attraversò la staccionata che lo limitava, quasi inciampò correndo verso la foresta dove Merlyn le aveva detto Balinor stesse aspettando. Lo vide, seduto contro un albero mentre intagliava del legno.

Era come lo ricordava, solamente con qualche capello bianco in più e gli occhi scavati dalla tristezza.

«Balinor.» lo chiamò sentendosi il cuore in gola.

L’uomo si girò verso di lei e si alzò in piedi, non fidandosi ad usare la voce, temendo che uscisse acuta.

«Balinor.» chiamò nuovamente la donna avvicinandosi all’uomo. Gli prese il volto tra le mani ignorando il pizzicore della barba, ignorando l’odore proveniente dai suoi vecchi vestiti. Lo guardò negli occhi leggendoci dentro. Hunith era sicura che i suoi sentimenti non fossero mai spariti, per anni aveva atteso il suo ritorno pregando che non avesse smesso di amarla.

«Sei bellissima.» riuscì a sussurrare l’eremita mentre con una mano tremante le accarezzava la guancia «Bella come il giorno in cui ti ho lasciata.» aggiunse facendo scendere lacrime che aveva trattenuto fin da quando aveva saputo che avrebbe rivisto l’amore della sua vita.

Hunith lo abbracciò «Oh, Balinor, non ho mai voluto tenerti all’oscuro di nostra figlia.» disse sentendosi tremendamente in colpa per non averlo mai cercato per dargli la notizia. Aveva saputo fin da subito che anche volendo il suo amato non si sarebbe fatto trovare, non quando pensava di metterla a rischio.

L’uomo scosse la testa «Hai fatto la scelta giusta, mia diletta.» rispose afferrandole dolcemente il mento «L’importante è che ora siamo di nuovo insieme, come una famiglia.» sussurrò amorevolmente prima di catturare le labbra della donna in un bacio casto che sapeva di felicità.

Hunith sorrise e gli prese la mano «Andiamo, nostra figlia ci aspetta.» gli disse iniziando a condurlo verso la loro casa. Era un nuovo inizio.

Will guardò i quattro uomini arricciando il naso infastidito, non gli piaceva l’idea che quei bruti avessero viaggiato con la sua migliore amica e che avessero deciso di piazzarsi ad Ealdor. Non gliela raccontavano giusta, soprattutto quello con i capelli lunghi che non faceva che guardare Merlyn mentre ravvivava il fuoco nel camino.

«Potremmo andare alla taverna e berci qualcosa.» propose alla ragazza, finalmente aveva l’età giusta per bere della birra. Era da un po’ che non ci andava lui stesso, da solo non era divertente e solitamente era Merlyn a riportarlo a casa sano e salvo.

La ragazza si pulì le mani sul vestito che sua madre le aveva prestato. Oltre quello che aveva strappato per rivelare i pantaloni, l’altro unico vestito era rimasto nell’arena, nell’armadio della sua stanza. Amava i pantaloni, li aveva sempre indossati per svolgere i suoi lavori nel campo, ma nel suo tempo libero preferiva i lunghi abiti. Amava il modo in cui la stoffa volava per aria mentre girava su sé stessa.

«Certo, il tempo di sistemare i miei amici e andiamo.» rispose iniziando a raccogliere delle coperte per creare i letti dei gladiatori. Casa sua era piccola, l’unica stanza da letto era della madre e ora la divideva con il padre, mentre Merlyn aveva sempre dormito sul pavimento nella stanza principale, vicino al camino per non morire di freddo.

Will sbuffò «Sicura che sia un bene farli dormire qui?» domandò come se gli uomini non potessero sentirlo.

La ragazza sbatté le ciglia confusa «E dove altrimenti?» chiese ben sapendo che nessuno dei loro vicini avrebbero accettato degli sconosciuti nelle loro case.

«Possono dormire nel mio fienile.» propose volendo mettere qualche iarda di distanza tra la sua migliore amica e quelle bestie.

Gwaine si alzò in piedi «Per quanto sia gentile la tua preoccupazione, William, vorrei saperne di più sulla taverna.» s’intromise ammiccando desideroso di sentire nuovamente il liquore scendergli giù per la gola. L’ultima volta che aveva bevuto era stato al compleanno di Merlyn, troppo tempo fa.

Merlyn arrossì «Oh, certo, che maleducata.» borbottò imbarazzata per essersi dimenticata le buone maniere «Volete unirvi a noi?» domandò indicando con un dito sé stessa e Will. Almeno avrebbero cambiato argomento, Merlyn non avrebbe lasciato i suoi amici dormire nel fienile insieme a delle mucche e cavalli.

Tutti annuirono, avevano veramente bisogno di rilassarsi un poco. Era stato un lungo anno per tutti e una birra se la meritavano.

Merlyn sorrise dolcemente «Bene, avverto madre e andiamo.» disse prima di scomparire nell’altra stanza per parlare con i genitori.

«Voi non mi piacete.» disse Will una volta soli «E farò di tutto per sbarazzarmi di voi.» aggiunse cercando di sembrare minaccioso.

Arthur trattenne a stento una risata, mentre Lancelot gli dava una gomitata e Parsifal tratteneva Gwaine dall’andare a dargli un pugno.

«Merlyn è mia.» disse facendo irrigidire Arthur. Non gli piaceva quel ragazzino, sembrava troppo possessivo nei confronti della ragazza e non era nemmeno il suo fidanzato! Dov’era stato per tutto quel tempo mentre Merlyn rischiava la sua vita nell’arena? Non aveva provato nemmeno ad andarla a cercare, altrimenti avrebbe saputo dove avevano tutti loro passato gli ultimi mesi.

Nessuno fece in tempo a rispondere che la fanciulla tornò nella stanza «Possiamo andare.» annunciò prendendo uno scialle per coprirsi le spalle, tirava un leggero vento all’esterno.

Uscirono dalla piccola casa e si incamminarono lungo la via principale, arrivando a quella che non sembrava minimamente una taverna, almeno per Gwaine che era abituato a ben altro. Arthur arricciò il naso, non somigliava nemmeno lontanamente al The Rising Sun.

Entrarono venendo accolti da un dolce torpore e il tipico odore di birra e sudore. Al centro della sala c’era un grande fuoco e Lancelot si chiese se fosse sicuro prima di notare un oculo per permettere al fumo di uscire.

C’erano molti giovani, coetanei di Merlyn e Will, più qualche anziano solo che si consolava della solitudine con un boccale stracolmo di birra.

La ragazza si sfilò lo scialle dalle spalle e lo legò alla vita. Si guardò intorno mordendosi il labbro, non le era mai piaciuto andare alla taverna, ma Will aveva tanto insistito in passato per andare insieme ed era quasi diventata una tradizione per lei accompagnarlo e fare in modo che tornasse tutto intero alla sua dimora.

«Voi trovate un posto per sederci, io andrò a prendere da bere.» disse la ragazza lasciando nuovamente i cinque ragazzi da soli, che in un attimo cambiarono espressione, guardandosi come cani pronti ad attaccare. Era ovvio che non sarebbero mai stati amici, Will aveva già giudicato tutti loro e avrebbe cercato di far allontanare Merlyn.

La maga si posò al bancone sorridendo alla signora Maud «Piacevole serata, vero?» domandò per fare un po’ di conversazione, ma la donna sbuffò infastidita «Cosa vuoi, Merlyn?» come poteva una persona far sembrare il suo nome un insulto?

La fanciulla arrossì, ricordandosi che non era come all’arena dove tutti le volevano bene, era già tanto ricevere una parola dagli abitanti del posto, fare conversazione era impossibile.

«Scommetto nessun alcolico per te.» la voce acuta e fastidiosa di Petronilla arrivò al suo lato destro.

«Non vorrai certo mettere a rischio il tuo bambino.» si aggiunse Bertrada bloccandola a sinistra.

Petronilla e Bertrada erano le altre uniche due ragazze ad avere la stessa età. Sua madre da bambina l’aveva spinta più volte ad andare a giocare con loro, ma Merlyn finiva sempre con il viso nel fango a causa loro. La odiavano senza un apparente motivo se non per quello di essere nata.

Rabbrividì ricordandosi di quando Petronilla le aveva tagliato i capelli con il coltellino del padre ed era andata vantandosene con gli altri bambini, solamente per dopo venir chiamata una bugiarda perché Merlyn era riuscita a farsi ricrescere i capelli nel giro di pochi secondi grazie alla magia. Da quel giorno la ragazza sembrava aver preso a cuore la missione di smascherare la sua vera natura.

Merlyn sorrise cercando di essere sempre gentile, come le aveva insegnato Hunith «Di cosa parlate?» domandò cortesemente lanciando un’occhiata alla sala per cercare i suoi amici. Se Will avesse visto le due ragazze vicino a lei si sarebbe avvicinato subito iniziando una lite e Merlyn non voleva assolutamente spiegare ai suoi nuovi amici che non era esattamente molto amata in quel posto.

Bertrada rise di cuore, alla maga sembrò sentire un capretto appena nato, ma evitò di commentare per non rischiare una rissa come l’ultima volta. Si erano tirate i capelli in maniera piuttosto violenta e la ragazza sembrava ancora portarne i segni, se quella mancanza di capelli sopra le orecchie non era naturale.

«Sei proprio la figlia di tua madre.» ed ecco che Merlyn non riuscì a trattenere il sospiro esasperato.

Si girò dando le spalle alla signora Maud trovandosi faccia a faccia con il bullo del villaggio, un ragazzone alto quanto Parsifal e muscoloso per tutto il legno che aveva tagliato nella sua breve vita.

«Stammi alla larga, Ranulf.» disse cercando di sfuggire ai suoi tre tormentatori. Se c’erano delle persone che non le mancavano ad Ealdor, erano proprio quei tre. Sembravano aver stretto un patto di sangue per renderle la vita difficile, quanto era stata contenta quando sua madre le aveva detto del suo futuro a Camelot, l’idea di liberarsi da quei bulli le aveva dato la forza di andare avanti e non fargli prendere fuoco con un semplice gesto della mano.

Ranulf sputò a terra, prendendole quasi lo stivale, e afferrò brutalmente il suo gomito, tirandola contro il suo corpo «Dimmi, Merlyn, hai aperto le gambe per tutti e quattro?» domandò sussurrandole velenoso nell’orecchio «Non sai chi sarà il padre del tuo bastardo e li hai portati tutti per vedere a chi somiglierà di più quella feccia a cui darai la vita?» la strattonò nuovamente mentre Petronilla e Bertrada ridevano veramente divertite, amando il mondo in cui loro fratello stesse umiliando la ragazza.

La maga cercò di liberarsi muovendo bruscamente il braccio «Non è affar tuo.» rispose rifiutandosi di dargli la soddisfazione di vederla offesa. Potevano fare tutte le supposizioni che volevano, anche perché non ci sarebbe mai stato nessun bambino e la voce sarebbe morta nel giro di pochi mesi.

L’uomo la spinse indietro, facendola finire contro il bancone. Merlyn sibilò di dolore toccandosi un fianco, aveva preso lo spigolo e dannazione se faceva male. Rubò dalle mani di Maud la caraffa di birra e senza alcuna esitazione la ruppe sulla testa del bullo, bagnandolo completamente e facendo urlare spaventate le sorelle.

«Brutta bastarda!» urlò pieno di collera Ranulf allungando le mani per prenderle il collo, chiaramente intenzionato a strangolarla come aveva già fatto in passato. Merlyn reagì d’istino e posando le mani sul bancone si diede la forza per sollevare le gambe e piantare i piedi contro lo stomaco del suo avversario, mandandolo a terra preso di sorpresa. Prima che l’uomo avesse il tempo di rialzarsi Merlyn balzò sul bancone e saltò afferrando il candelabro da soffitto.

Volò praticamente sopra Ranulf e atterrò su un tavolo occupato dagli anziani che si alzarono spaventati. Si girò per vedere l’uomo fumare di rabbia, rosso in viso umiliato per essere stato preso alla sprovvista da una ragazza che non doveva essere nemmeno metà del suo peso.

Merlyn saltò al tavolo successivo facendo cadere altri boccali di birra, ricevendo urla di protesta. Stava per raggiungere un altro tavolo quando si sentì afferrare per la vita.

Scalciò cercando di colpire come meglio poteva lo stomaco di Ranulf, ma questa volta non funzionò. Si ritrovarono in strada e l’uomo la lasciò cadere a terra sul terriccio bagnato, sporcandole il vestito «Sei veramente un idiota!» urlò arrabbiata. Quello era il vestito di sua madre!

Vide chiaramente i vari clienti della taverna appostarsi alle finestre per guardare quello che stava accadendo e per la prima volta Merlyn si chiese dove diamine fosse Will quando aveva bisogno di lui. Solitamente il suo migliore amico risultava un ottimo diversivo per quando doveva usare la magia, così da dare loro il tempo di darsela a gambe. In due non avevano metà della forza di qualsiasi ragazzo di Ealdor (Will incolpava sempre il fatto di aver preso più dalla madre che dal padre).

Si slegò lo scialle dalla vita e lo tenne in mano, Merlyn aveva imparato una cosa o due durante la sua permanenza all’arena, aveva osservato i gladiatori allenarsi ed Alice le aveva prestato un libro per studiare le regole dei combattimenti, c’erano molte figure e Merlyn pensò che potesse tornarle utile.

Dalla taverna uscì un altro ragazzo, il migliore amico di Ranulf, un altro uomo con tanti muscoli e zero cervello di nome Osbert.

La ragazza sbuffò «Così non è giusto.» commentò vedendo la situazione farsi peggiore ogni minuto. Se aveva creduto di poterne battere uno, ora avrebbe dovuto ricredersi.

Ranulf si scrocchiò le dita ridendo, imitato dal suo buffone personale che era Osbert «Non chiami il padre del bambino?» le domandò facendo ridere Petronilla e Bertrada che si erano sedute sui barili vicino la porta.

«Come fa se non sa chi è?» si aggiunse Osbert guardandola malignamente, lo sguardo puntato sul suo ventre piatto e decisamente libero da qualsiasi forma di vita che non fosse il pollo che sua madre aveva preparato per cena.

Merlyn alzò gli occhi al cielo «Non ho bisogno di un uomo per difendermi.» disse stringendo lo scialle nella mano tanto da far diventare le nocche bianche. Era stanca di essere considerata debole per il suo sesso, non aveva bisogno di essere difesa, poteva cavarsela da sola.

Certo, le batteva sempre forte il cuore quando Arthur diventava protettivo, ma era anche consapevole che Merlyn poteva atterrare chiunque solamente facendo illuminare gli occhi e alzare una mano.

Doveva scegliere solamente uno dei due, doveva essere veloce e poi darsela a gambe sperando che i suoi amici se la cavassero da soli dopo essersi accorti della sua scomparsa. Nascose leggermente il viso con i capelli, celando i suoi occhi agli avversari e un fulmine squarciò il cielo distraendoli.

Merlyn fu veloce, saltò addosso ad Osbert – il più basso tra i due – e gli passò lo scialle davanti alla gola, stringendo per togliergli l’aria. Peccato che non andò come aveva creduto.

Di fatti Osbert se la scrollò di dosso facilmente, facendola finire nuovamente a terra e Ranulf le fu sopra in un attimo.

«Sei decisamente la figlia di tua madre, bastarda.» le sussurrò nell’orecchio mentre cercava di tirarle sopra la gonna. Merlyn era abituata a quel genere di minacce, essendo cresciuta senza un padre per proteggerla dai malintenzionati i ragazzi avevano preso a dirle che l’avrebbero violentata, rovinata per qualsiasi uomo rispettabile. Le avevano detto che avrebbe fatto la fine della madre e che nessuno le avrebbe creduto se avesse cercato di denunciarli, perché loro erano tutti figli di coppie sposate e incapace di atti talmente riprovevoli.

La ragazza alzò il ginocchio, proprio come aveva fatto con Arthur molti mesi prima, e Ranulf si scansò portandosi le mani sulla parte lesa, chiamandola per nomi poco consoni.

Merlyn si alzò in piedi e lo guardò mentre si contorceva a terra «Ma falla finita, Ranulf, non ho colpito un bel niente.» lo provocò giocando dove faceva più male agli uomini. Will le aveva raccontato di come fosse un argomento piuttosto sensibile per loro e Merlyn aveva riso, chiedendosi perché facessero a gara per chi ce lo avesse più grosso.

Petronilla e Bertrada smisero di ridere ed accorsero dal fratello che piagnucolava poco virilmente, si vedeva che non aveva mai ricevuto colpi in un posto così delicato e Merlyn non c’era andata decisamente leggera. Voleva fargli male.

Osbert la prese per la vita e la sollevò da terra, facendole scappare un piccolo urlo spaventato, nel godersi la sua piccola vittoria contro il bullo si era dimenticata dell’altro avversario.

«Portiamola nel bosco.» propose Ranulf alzandosi dolorosamente da terra, il viso sporco e rosso di dolore – o forse imbarazzo – dall’essere stato visto in quello stato dalle sorelle e chi alle finestre.

Merlyn sorrise, se si fossero allontanati abbastanza avrebbe potuto usare nuovamente la magia per far cadere qualche ramo sulle loro teste e stordirli. Sicuramente Petronilla e Bertrada non avrebbero mai avuto il coraggio di entrare nel bosco di notte, troppo spaventate anche dalla loro stessa ombra.

Osbert posò la fanciulla sopra la spalla, posandole con nonchalance una mano sulle natiche.

«Hey!» esclamò oltraggiata, non aveva bisogno di sentirsi le sue mani su parti private del suo corpo, Valiant le era bastato e avanzato per tutta una vita.

«Lasciala immediatamente!» l’urlo di Will attirò i due energumeni che scoppiarono a ridere.

«Cosa credi di fare, Will?» domandò Ranulf che trovava pietoso quel contadino che non sarebbe riuscito a spaccare un ceppo intero di legna nemmeno se ne valesse della sua stessa vita.

Merlyn e Will erano solamente due sciocchi che non riuscivano ad adattarsi alle regole del loro piccolo villaggio. Più volte erano stati avvertiti nel non farsi vedere alla taverna, ma quei due zucconi continuavano a creare problemi.

«Tutto sotto controllo, Will, puoi tornare dentro.» disse Merlyn cercando di scollarsi dalla spalla di Osbert e riuscire a vedere il suo migliore amico per assicurarlo che non avrebbe corso alcun rischio.

Osbert si mosse bruscamente, facendole perdere l’equilibrio e le schiaffò prepotentemente la mano sulle natiche, ridendo fragorosamente con Ranulf e le sue sorelle.

Merlyn arrossì furiosamente, come si permetteva quell’orco di trattarla in quel modo? Lei era una ragazza per bene!

«Lasciala andare, subito.» oh, fantastico, Merlyn si coprì il volto con le mani, rifiutandosi di riconoscere la voce di Arthur e la consapevolezza che molto probabilmente insieme a lui c’erano Lancelot, Gwaine e Parsifal.

«Altrimenti, straniero?» domandò Ranulf con tono di sfida.

Merlyn non poteva vedere nulla, era posizionata con il viso verso il bosco, ma sentì chiaramente il primo pugno venire sferrato. Come per magia si ritrovò con il fondoschiena per terra e Will al suo fianco che l’aiutava ad allontanarsi dalla rissa.

Era decisamente poco onesto un combattimento quattro contro due, soprattutto considerando che i suoi amici avevano combattuto per un anno per sopravvivere, ma in quel momento non si sentì in grado di fare la moralista e si tenne bel lontana dall’intervenire.

Guardò meravigliata Gwaine colpire la faccia di Ranulf mentre Parsifal lo teneva immobile bloccandogli le braccia e il collo. Rimase senza parole nella precisione usata da Arthur per slogare il polso di Osbert mentre Lancelot nobile come sempre cercava di contenere i danni invitando i ragazzi a lasciar perdere, dichiarando che i due ne avevano prese abbastanza per servire loro da lezione per il futuro.

Ranulf si pulì il labbro sanguinante con il dorso della mano «Tenetevi la vostra puttana!» urlò indicando Merlyn e la ragazza sbuffò all’offesa poco originale, non era mai carino venire definita in quel modo, ma con il tempo aveva costruito una corazza.

Arthur agì d’istinto, sganciando un ultimo pugno mandando a terra privo di sensi il ragazzo. Posò prepotentemente un piede sul torace di Ranulf, come per tenerlo a terra nonostante fosse svenuto «Il prossimo che si azzarderà a chiamare Merlyn in quel modo ne pagherà le conseguenze.» disse guardando tutti i presenti che erano usciti dalla taverna per osservare la rissa.

Petronilla pianse disperata inginocchiandosi accanto al fratello «È sempre colpa tua, bastarda!» l’accusò mentre cercava di far rinvenire Ranulf dandogli piccoli schiaffi sulla guancia.

Merlyn si arrabbiò, desiderò tanto schiaffeggiare Petronilla, ma non voleva abbassarsi al suo livello.

Il tempo cambiò improvvisamente, i fulmini illuminarono il cielo e i tuoni spezzarono il silenzio. Nel giro di pochi secondi una fitta pioggia cadde su Ealdor facendo spaventare gli abitanti, i quali corsero al riparo all’interno della taverna, trascinando Ranulf, lasciando per strada solamente quello strano gruppo.

Arthur guardò il cielo, meravigliandosi dei poteri della ragazza, era chiaro che quella pioggia rispecchiasse l’umore della loro amica. Fino a quel momento l’aveva vista usare la magia solamente per fare del bene, ma quello che cos’era?

Certamente non stava facendo nel male a nessuno, ma era pericoloso.

Merlyn si alzò da terra, lo sguardo duro, arrabbiata per essere stata umiliata in quel modo. Non voleva che gli altri sapessero, non voleva che scoprissero quanto in realtà fosse brutta la sua vita con le continue prese in giro, gli insulti, le minacce.

«Andiamo a casa.» ordinò raccogliendo da terra lo scialle sporco. Senza aspettare una risposta si incamminò verso casa sua, dando per scontato che i ragazzi la stessero seguendo. Il tempo sembrava solo peggiorare e alle sue spalle Arthur dovette sforzarsi con tutta la sua buona volontà a non osservare quanto il vestito si stesse aderendo alle forme della ragazza.

Arrivarono alla porta, ma non entrarono.

«Sono arrabbiata con voi.» disse incrociando le braccia al petto, i lunghi capelli neri appiccicati al viso rosso.

Lancelot si scusò immediatamente, come era solito fare. Gwaine guardò le punte dei suoi stivali sentendosi un bambino rimproverato dalla madre, Parsifal arrossì di vergogna in quanto mai nessuna donna aveva portato collera nei suoi confronti.

Arthur schioccò la lingua contro il palato «E perché, di grazia?» domandò facendo un passo avanti «Senza di noi chissà in quale guaio saresti finita.» aggiunse indicandole gli abiti sporchi, la mente ferma all’immagine di Ranulf sopra di lei mentre cercava di sollevarle la gonna.

«Io non ho bisogno di qualcuno che mi difenda! Me la cavo da sola!» urlò mentre un fulmine squarciava il cielo notturno «Siamo sempre state io e mia madre, non ho bisogno di un uomo!» aggiunse stringendo i pugni per la rabbia, controllandosi dal fare del male a quel pallone gonfiato di Arthur «Stava andando tutto bene, finché non siete intervenuti.» commentò aspramente distogliendo lo sguardo dagli occhi furiosi del biondo.

Non voleva litigare con loro, erano appena arrivati a casa, ma non voleva nemmeno dare l’impressione che potessero intromettersi nella sua vita. Sapeva com’era ad Ealdor, aveva imparato a sopravvivere e in più le bastava Will. Aveva acconsentito a farli rimanere perché non voleva essere scortese, voleva dare loro una casa, un posto da sentire loro e adeguarsi al suo villaggio.

Il principe espirò fortemente dalle narici, non capiva veramente quale fosse il problema di Merlyn. Qualsiasi donzella in pericolo sarebbe stata lusingata di essere stata salvata da dei cavalieri. Da principe, qualsiasi donna avrebbe pagato oro per essere salvata da lui, gettandosi ai suoi piedi cercando di conquistare il suo cuore.

«Allora, la prossima volta lasceremo che ti picchino fino a lasciarti in fin di vita.» disse con rabbia, Merlyn sussultò nel riconoscere il tono che l’uomo usava i primi mesi della sua permanenza nell’arena. Non voleva tornare a quei tempi, credeva di essersi fatta un buon amico.

«Sarà meglio.» disse con un filo di voce «Se volete vivere in pace qui, ad Ealdor, è meglio che non vi facciate vedere con me e mia madre.» aggiunse prima di entrare in casa, lasciando gli uomini all’esterno.

Will sospirò pesantemente «Venite, vi porto nel fienile.» disse facendo segno con la mano di seguirlo.

Arthur rimase in piedi davanti la porta «Io rimango qui.» annunciò riparandosi sotto la piccola tettoia. Non voleva allontanarsi con il timore che Ranulf ed Osbert tornassero per finire il loro lavoro. Conosceva quel tipo di uomini, non l’avrebbero mai lasciata in pace, soprattutto ora che gli aveva umiliati.

Gwaine tornò sui suoi passi, raggiungendo il biondo «Rimango anch’io.» disse sedendosi a terra.

Lancelot e Parsifal si scambiarono un’occhiata e silenziosamente andarono ad unirsi agli altri gladiatori.

Will spalancò gli occhi sbalordito, non si aspettava che quei quattro tenessero così tanto alla sua migliore amica. Nemmeno lui avrebbe passato una notte sotto la pioggia dopo aver litigato con lei, ma credette che l’esperienza nell’arena avesse creato un legame speciale tra quei ragazzi.

Abbassò le spalle sconfitto «Allora buonanotte.» li salutò prima di avviarsi a casa sua.

Forse quei forestieri non erano poi così male.

Merlyn indossò i pantaloni marroni e la tunica rossa. Si sciolse i doni nei capelli passandoci le dita attraverso poi li legò in cima alla testa con una fascetta di cuoio.

Prese un foulard dal cassettone e se lo legò in testa. Prese il cesto in vimini e lo posò vicino alla porta di casa. Si piegò per infilare gli stivali, fuori dalla finestra vedeva le prime luci dell’alba.

Preferiva andare a raccogliere i suoi ortaggi prima che gli altri si svegliassero, così da evitare spiacevoli incontri e poter risparmiare alla madre il viaggio e la fatica.

Aprì la porta senza riuscire a trattenere un verso di sorpresa quando ai suoi piedi si ritrovò Arthur addormentato.

Si guardò alle spalle assicurandosi di non aver svegliato i genitori.

«Arthur, svegliati.» chiamò abbassandosi vicino l’uomo il quale aprì gli occhi lentamente, un sorriso beato sulle labbra come se avesse sognato o visto qualcosa di piacevole.

«Merlyn.» non fu assolutamente la sua voce roca a far arrossire Merlyn. Non che avesse pensato qualche volta a come sarebbe stato svegliarsi con il biondo accanto. No, proprio no.

Recuperando quel poco pudore che le era rimasto si schiarì la gola «Spostati, mi stai bloccando il passaggio.» gli disse cercando di sembrare veramente annoiata, ma non riuscì a trattenere un piccolo sorriso alla consapevolezza che l’uomo avesse dormito fuori la sua porta nonostante il modo in cui l’avesse trattato.

«Dove vai a quest’ora?» le domandò alzandosi in piedi, la sua schiena gridava vendetta, non aveva mai dormito così male in tutta la sua vita. Iniziava a sentire la mancanza del suo letto a Camelot. Oh, come gli sarebbe piaciuto tornare ad accomodarsi sul materasso più morbido di tutti i cinque Regni.

Merlyn chiuse la porta alle sue spalle osservando meravigliata gli altri gladiatori ancora dormienti ai lati della porta. Cercò di non ridere vedendo Parsifal stringere in un abbraccio un totalmente rilassato Gwaine. Erano così carini insieme, poteva vederli come ottimi amici. Se Gwaine parlava senza sosta, Parsifal era un ottimo ascoltatore.

«Vado a raccogliere del tritico.» rispose iniziando a camminare, lentamente, forse ondeggiando un poco. Nella capitale aveva visto più donne muoversi in quel modo mentre cercavano di catturare l’attenzione di una determinata guardia, cercando di sedurla. Arrossì nel rendersi conto che stesse provando a sedurre Arthur, Dio, non poteva aver avuto idea peggiore.

Quell’uomo non faceva per niente a caso suo, era un totale idiota, credeva di avere sempre ragione e aveva un serio complesso da martire. Perché quando succedeva qualcosa si proponeva sempre per sacrificarsi per primo? Merlyn non l’avrebbe mai capito. Teneva in maniera assurda al suo onore, ma di cosa si preoccupava un contadino che di onore ne aveva ben poco?

«Ieri sei stata ingiusta, Merlyn.» le disse Arthur camminando al suo fianco, guardandosi intorno come se avesse paura di venire attaccato da un momento all’altro.

«Non credo proprio.» rispose la fanciulla senza nemmeno guardarlo. Non cambiava assolutamente idea su quanto accaduto. Se i suoi amici non fossero intervenuti se la sarebbe cavata egregiamente da sola, con la sua magia.

Arthur alzò gli occhi al cielo, quella donna era veramente difficile. Pensò a Gwen, sempre dolce e gentile, mai un tono scortese e con gli occhi che sembravano illuminare una stanza. Gli occhi di Merlyn sarebbero stati capace di incendiare tutta Camelot con quanta energia e determinazione bruciavano nelle sue iridi, forse stavano bruciando anche il suo cuore, ma Arthur non l’avrebbe mai ammesso.

«Avresti preferito andare nel bosco con quei due?» domandò indispettito, un sopracciglio inarcato. Non poteva credere che una ragazza dall’aspetto dolce e fragile come Merlyn potesse essere così mal trattata dai suoi coetanei. Ricordò con vergogna il modo con cui aveva trattato il suo servo prima di partire, lanciandoli contro coltelli mentre spostava il bersaglio.

«Me la sarei cavata, Arthur, non sono totalmente indifesa.» rispose sospirando leggermente esasperata. Non voleva più tornare sull’argomento, non doveva spiegazioni a nessuno. Non era abituata ad avere persone che si preoccupassero per lei in quel modo, i suoi nuovi amici erano tremendamente protettivi.

Merlyn entrò nel campo di tritico sorridendo, le era mancato camminare in quel posto, il tritico che le arrivava fino alla vita. Alle prime luci dell’alba era uno spettacolo mozzafiato.

Prese la falcinella dalla cesta e costatò infastidita che aveva dimenticato gli anelli per proteggere la mano sinistra dalla lama. Attaccò la cote alla cintura dei pantaloni.

«Puoi occuparti tu dei mannelli?» gli domandò guardandolo curiosa.

Arthur arrossì e distolse lo sguardo, borbottò qualcosa che Merlyn non riuscì a capire.

«Come, scusa?» chiese iniziando a mietere il tritico, dovevano sbrigarsi se non volevano incontrare altri ragazzi. Merlyn non desiderava per niente far conoscere ad Arthur i suoi altri bulli.

«Non so di cosa stai parlando, non ho mai raccolto qualsiasi cosa.» disse vergognandosi. Il suo compito crescendo era stato imparare a guidare un Regno, seguire i passi di suo padre ed essere un leader per i suoi cavalieri.

Merlyn lo guardò meravigliata «Credevo che prima dell’arena tu fossi un contadino.» disse continuando il suo lavoro. Non c’era problema, gli avrebbe insegnato tutto, se fosse voluto rimanere ad Ealdor avrebbe dovuto imparare a raccogliere il suo tritico.

Il principe aggrottò la fronte, dava veramente l’idea di essere un contadino? Lui era un principe, aveva sangue blu nelle vene.

«No, ero un…» non poteva dirle un cavaliere, conoscendo il suo nome sarebbe arrivata alla sua vera identità del giro di poco tempo.

La ragazza sorrise «Non devi dirmelo per forza, puoi avere i tuoi segreti.» lo rassicurò, lei aveva vissuto tutta la vita con un segreto più grande di lei. Non poteva giudicare Arthur se non avesse voluto dirle cosa faceva a Camelot, forse era un ladro e se ne vergognava.

Merlyn gli insegnò tutto quello che sapeva, facendogli vedere nei minimi dettagli come il lavoro andasse svolto. Gli insegnò qualche trucco che aveva appreso negli anni, osservando la faccia concentrata dell’uomo, sembrava veramente intenzionato ad imparare.

Finito il lavoro si incamminarono nuovamente verso casa, Arthur si impose di portare il tritico non volendo affaticare ulteriormente la fanciulla.

Si fermarono in una piccola radura, Merlyn lo trascinò per un braccio e si sederono sul manto erboso.

«Abbiamo ancora tempo.» disse iniziando a raccogliere dei fiori, sembrava una bambina e Arthur non riuscì a trattenersi dal sorridere. Si sdraiò a terra, guardando il cielo limpido con espressione beata.

Gli piaceva Ealdor, anche se erano già finiti nei guai con gli abitanti locali. Non riusciva a concepire come qualcuno potesse odiare la loro Merlyn, l’essere più gentile sulla faccia di Albion. Certo, all’inizio il loro rapporto era stato leggermente turbolento, ma a forza di stare con lei perfino il principe di Camelot aveva imparato un minimo di umiltà e ad ascoltare il prossimo.

All’arena tutti sembravano infatuati della giovane medico, per i primi mesi si era chiesto come qualcuno potesse essere attratto da quella ragazzina dalla lingua lunga e biforcuta, ma con il tempo aveva capito. Non c’era persona più leale di Merlyn, si cacciava nei guai con una cadenza giornaliera, non perdeva mai occasione per portare ai gladiatori della frutta, era nobile d’animo e non aveva mai approfittato della sua posizione di prestigio.

Incrociò le braccia dietro la testa, attendendo pazientemente che la fanciulla finisse qualsiasi cosa stesse facendo. Una volta aveva portato Gwen per un pic–nic nel bosco, ma era stato imbarazzante, pieno di silenzi ricchi di disagio e vergogna, ma in quel momento Arthur si sentiva serafico, tranquillo, sentire i piccoli movimenti di Merlyn gli davano tranquillità e non importava che stessero in silenzio.

Si chiese come stesse Morgana, la ragazza gli era sembrata molto turbata il giorno della sua partenza, gli aveva chiesto di rimandare o come minimo portare qualche cavaliere con lui, ma l’aveva ignorata, dando la colpa ai suoi sogni che nell’ultimo periodo l’avevano scossa più del necessario. Che Morgana avesse predetto il suo rapimento?

Scosse la testa, era impossibile prevedere il futuro, nessuno ne era capace, forse era il suo sesto senso. Arthur stesso ne aveva uno, riusciva sempre a capire quando c’era qualcosa che non andava.

Si volse a destra, osservando Merlyn seduta a gambe incrociate mentre intrecciava insieme i diversi fiori. Poteva vedere un piccolo pezzo di lingua uscire tra le labbra rosee, lo faceva sempre quando era concentrata.

Si alzò il vento, facendo sorridere la fanciulla, i lunghi capelli neri che volavano in ogni direzione. Il fazzoletto da collo si alzò andando a coprirle la parte inferiore del viso, facendola ridere. Sembrava che il vento stesse giocando con lei, alzando da terra i fiori che aveva raccolto. Arthur non aveva mai visto nulla di talmente bello in vita sua.

«Che Dio abbia pietà.» mormorò sentendosi completamente incantato da quella vista. Aveva studiato gli Dei greci con il suo tutore, sembrava racchiudere il lei le qualità delle Dee Ecate e Demetra, con la stessa bellezza che caratterizzava Afrodite.

Mai aveva pensato ad una donna paragonandola a delle Dee, la cosa lo spaventò. Lui non poteva innamorarsi di Merlyn, non poteva costruire una vita con lei, non quando un giorno sarebbe dovuto tornare a Camelot, poteva permettersi un anno o poco più prima di tornare al castello e riprendere la sua vita come Arthur Pendragon.

Ci aveva pensato a lungo, quella notte, prima di addormentarsi, di cosa sarebbe stato il suo futuro. Suo padre aveva portato per troppo tempo terrore e discordia sulle sue terre e Arthur avrebbe posto fine a tutto questo. Voleva un Regno giusto, che seguisse dei processi, che non discriminasse. Lo doveva al suo popolo, non voleva che ci fossero altre Merlyn, spaventate a morte di mostrare il suo potere, non ci sarebbero stati altri Balinor, costretti a fuggire dalla donna amata perché perseguitati.

Voleva una Camelot migliore e l’avrebbe costruita imparando a vivere prima in un piccolo villaggio, imparando cosa veramente i suoi sudditi volessero, cosa affliggeva loro.

Si ritrovò il viso della fanciulla a pochi centimetri dal suo, arrossì furiosamente e scattò a sedersi. Aveva voluto baciarla, prenderla per la vita e farla sdraiare vicino a lui e venerala come il più devoto degli amanti.

«Questa è per te.» disse la maga posandogli sulla testa una corona di fiori. Arthur non si oppose, rimanendo completamente immobile. Non era molto mascolino andare in giro con una corona di fiori, Morgana aveva provato più volte a mettergliene una in testa, ma era sempre scappato non volendo farsi vedere con dei fiori in testa da nessuno. Lui era un leader, doveva dare l’esempio ai suoi sudditi e cavalieri, non credeva che Uther avesse mai avuto una corona floreale da sfoggiare.

Merlyn ne posò una anche sopra la sua testa e Arthur rimase senza fiato per un secondo. Sbatté più volte le palpebre, cercando di darsi un contegno e non farsi vedere così affascinato dalla fanciulla.

«Andiamo, tra poco si sveglieranno tutti.» disse la maga alzandosi in piedi, prendendo le altre corone florali che aveva intrecciato molto velocemente. I due si incamminarono nuovamente verso casa e Arthur non si sentì a disagio mentre vedeva alcune persone affacciarsi alle finestre per spiarli. L’uomo aggrottò la fronte, anche a Camelot non era mai piacevole vedere un bastardo, ma certamente non veniva trattato in quel modo barbaro. Nessuno sapeva cosa avesse portato una donna ad avere un figlio fuori dal matrimonio, poteva essere vittima di violenza carnale, aver perso il senno dopo aver bevuto troppo ed essere finita a letto con qualcuno, o come Hunith aveva amato una persona che poi se n’era andata. A Camelot tutti venivano trattati con rispetto per quanto si poteva, non c’erano bulli come Ranulf ed Osbert.

«Merlyn, mio splendore!» Gwaine balzò in piedi appena vide i due amici tornare. Andò loro incontro, aiutando Arthur a portare il tritico anche se non ne aveva veramente bisogno.

«Buongiorno, Gwaine.» rispose la fanciulla sorridendo, un piccolo cenno rispettoso del capo.

«Hai messo subito a lavoro la principessa, eh?» domandò cercando di non ridere senza controllo per la corona di fiori che stava portando.

Arthur sbuffò, Gwaine aveva iniziato a chiamarlo in quel modo perché durante le prime settimane della sua permanenza nell’arena non aveva fatto che lamentarsi di ogni cosa. Il letto troppo duro, il freddo, il cibo scadente, le armi mal affilate, il medico impertinente.

Merlyn fu veloce a mettere una corona di fiori anche sopra la sua testa, adorando come i lunghi capelli di Gwaine ondeggiassero tra i petali.

La ragazza doveva ammetterlo: le piaceva molto la sua nuova vita.

Hunith guardò dalla finestra la figlia parlare con i quattro uomini, seduti per terra, mentre affilavano delle spade.

Non erano dei ragazzi portatori di guai, poteva vederlo chiaramente, in più sembravano avere tutti a cuore quell’uragano di sua figlia. Per anni si era preoccupata che Merlyn non riuscisse a trovare degli amici, aveva temuto molto per lei, essere cresciuti con così poco amore che non provenisse dalla madre era stato duro.

Venne distratta da un bacio sul collo, che la fece arrossire, distogliendola dalla sua contemplazione dei ragazzi «Balinor, contegno.» sgridò l’amore della sua vita senza però riuscire ad evitare di sorridere. Per anni aveva pregato nel suo ritorno ed ora che era tra le sue braccia non poteva chiedere altro.

«Non credi che quei quattro stiano troppo vicini a nostra figlia?» domandò guardando anche lui oltre la piccola finestra, storcendo leggermente il naso.

Hunith rise divertita dalla gelosia dell’uomo, non si sarebbe mai immaginato Balinor così preoccupato per la reputazione di una fanciulla, non quando lui stesso l’aveva ingravidata al di fuori del matrimonio.

«Oh, amore mio, non devi crucciarti. Merlyn sa cavarsela perfettamente da sola. Infondo è la figlia di suo padre.» rispose baciandolo sulle labbra.

L’uomo grugnì infastidito, ma decise di lasciar cadere l’argomento. Ma se uno di quei barbari avesse provato ad allungare le mani su sua figlia sarebbe andato a Camelot a liberare il Drago e lo avrebbe portato ad Ealdor per sbranarli tutti.

Will mostrò loro le tre case abbandonate, appartenute ad anziani morti senza aver lasciato la proprietà a nessuno. Certamente non potevano continuare ad abitare con Merlyn e Hunith, ma non credeva nemmeno meritassero di rimanere in un fienile.

«Non sono in ottimo stato, ma sono sicuro riuscirete a sistemarle come più vi piace.» disse indicando una tettoia piuttosto mal ridotta. Le tre case erano delle stesse dimensioni e sembravano avere tutte lo stesso problema.

«Qualcuno dovrà convivere, però.» aggiunse guardando i quattro coetanei osservare estasiati le loro nuove dimore, incapaci di realizzare che avevano finalmente una casa.

Gwaine batté una mano sul petto di Parsifal «Io e te potremmo vivere insieme.» disse sorridendo, non gli dispiaceva per niente l’idea di abitare insieme all’altro uomo. Parsifal rimase senza parole, arrossendo leggermente, ma annuì sorridendo alla prospettiva di vivere insieme a quel tipetto molto particolare.

L’uomo più basso trascinò quello più muscoloso in una delle tre case, scegliendo quella più verso l’esterno che dava una bella visuale sul campo di tritico.

Lancelot ringraziò Will e si avviò in quella sulla destra, lasciando ad Arthur quella al centro.

«Non è poi così male.» commentò Merlyn entrando con Arthur nella sua.

Il biondo sbuffò togliendosi la giacca marrone con cui era partito da Camelot molti mesi prima. Era l’unico capo di buona qualità che aveva con lui e che era riuscito a non farsi rubare dalle guardie dell’arena.

La ragazza toccò il tavolo impolverato «Questo potresti spostarlo vicino al muro, così sembrerà che c’è più spazio, magari vicino al camino, per mangiare al caldo in inverno.» suggerì spostandosi per tutta la casa, suggerendo i vari cambiamenti da fare ed Arthur sorrise, pensando che avrebbe fatto qualsiasi cosa la ragazza volesse.

Quella casa era grande come le sue stanze a Camelot, ma non si era mai sentito così a casa come in quel momento, in un piccolo spazio con una sorridente Merlyn.

Afferrò la scopa vicino alla porta, aveva visto Morris pulire il pavimento milioni di volte, sicuramente ne era capace anche lui, non ci voleva poi chissà quale grande abilità se addirittura quell’impiastro del suo servitore c’era riuscito e veniva pagato per farlo.

«Be’, allora ti lascio. Cercate di non scordarvi di me, ora che avete una casa tutta vostra.» scherzò Merlyn sull’uscio, decidendo che aveva invaso per abbastanza tempo lo spazio dell’uomo.

«Come se fosse possibile, Merlyn.» rispose il principe guardandola negli occhi, sicuro che non sarebbe riuscito a durare nemmeno una settimana senza vederla.

La maga rise un’ultima volta prima di chiudersi la porta alle spalle, lasciando il cavaliere solo a sistemare la casa.

Arthur tirò su le maniche della sua tunica rossa, c’era molto da fare.

 

   
 
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