Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: pampa98    30/11/2020    0 recensioni
[Storia partecipante a "La challenge delle quattro stagioni - Progetto "Un anno di..." indetta da rhys89 sul forum di EFP]
Raccolta di 12 one-shot che aggiornerò una volta al mese con protagonisti Jaime e Brienne.
#1. Il patto. What-if? Jaime e Brienne si incontrano per la prima volta durante la visita di Re Robert a Grande Inverno.
#2. Life in Winterfell I. Brienne e Jaime affrontano la loro prima notte insieme.
#3. Life in Winterfell II. Jaime e Brienne riflettono sul modo particolare in cui si sono conosciuti e innamorati.
#4. Life in Winterfell III. Una versione alternativa dell'addio tra Jaime e Brienne nella 8x04.
#5. Finestra sul passato. Brienne e Tyrion parlano di Jaime.
#6. L'occasione di ricominciare. What if? Jaime è vivo e torna ad Approdo del Re, dove conosce sua figlia.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Cersei Lannister, Hyle Hunt, Jaime Lannister, Tyrion Lannister
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prompt: Inverno A #22. A ha creduto a lungo che B fosse morto… ma B alla fine ritorna, ed è vivo e vegeto.


L'OCCASIONE DI RICOMINCIARE





«Ho bisogno di parlarti.»
Brienne aggrottò le sopracciglia, sapendo che quando Tyrion Lannister esordiva in quel modo non si trattava mai di buone notizie.
«Che succede?»
Lui strinse e aprì i pugni più volte, guardando ovunque tranne che verso di lei.
«Tyrion? È successo qualcosa a Joanna?»
«No, no. Lei sta bene, ma… È meglio se vieni con me.»
«Sta bene, ma cosa?» esclamò Brienne. «L’hai lasciata di nuovo con Bronn?»
Tyrion scosse la testa.
«No, tranquilla. Joanna è al sicuro nella sua camera. Forza, vieni con me.»
Titubante, Brienne lo seguì.
Si fermarono di fronte alla porta della camera di Tyrion e solo allora lui tentò di nuovo di parlare.
«Prendi un bel respiro» le disse, «e cerca di non dare di matto.»
«Perché dovrei dare di matto? Hai detto che mia figlia sta bene, no?»
«Sì, sì. Joanna non è coinvolta in questa storia. Non ancora» sospirò, e aprì la porta.
In un primo momento Brienne non vide niente. Entrò nella stanza, cercando di trovare qualcosa fuori posto. C’era un unico elemento dissonante nella camera: un fantasma, seduto sul letto.
L’uomo scattò in piedi appena la vide, in quel modo brusco e impacciato con cui l’aveva accolta molte volte in passato. Qualche ciocca dorata resisteva ancora tra i suoi capelli grigi e la barba ben curata era poco più corta di quella che aveva avuto a Grande Inverno. Era vestito di abiti semplici, non adatti al suo rango.
«Ciao, Brienne.»
La sua voce era reale, il suo corpo era reale. Gli occhi verdi brillavano ancora con quella luce che aveva sempre rivolto a lei – la stessa luce che un tempo Brienne aveva osato chiamare amore.
Dopo quasi sette anni, Jaime Lannister era di nuovo di fronte a lei. Vivo.
«Lieta che tu abbia ritrovato tuo fratello, Lord Tyrion» disse. Aveva un piede fuori dalla porta prima ancora di finire la frase.
Evitò i tentativi del nano di trattenerla, ignorò le richieste di Jaime – «Brienne, aspetta…» – e quando fu abbastanza lontana da loro iniziò a correre verso la sua stanza.
Si chiuse la porta alle spalle e si appoggiò contro di essa nel tentativo di riprendere fiato. Si disse che il batticuore e il tremore erano dovuti alla corsa e che le sarebbe bastato un minuto di riposo per riprendersi.
Jaime è vivo.
La testa iniziò a girarle vorticosamente e Brienne riuscì appena a raggiungere il letto prima che le sue ginocchia cedessero sotto il peso dei suoi sentimenti.
Jaime è vivo.
Un singhiozzo, poi un altro e un altro ancora. Le sembrò di essere tornata nella sua stanza a Grande Inverno, quando aveva versato tutte le sue lacrime, sfogando il dolore e la rabbia. A distanza di anni e di miglia, stava piangendo per lo stesso motivo, ma la rabbia stavolta non era dovuta all’odio che Jaime provava per se stesso: era furiosa perché, nonostante tutto, una parte di lei si sarebbe voluta gettare tra le sue braccia appena lo aveva visto.
 

Quella sera chiese a Pod di cenare con Joanna, inventando dei finti impegni, sapendo che la bambina adorava passare del tempo con il cavaliere. Aveva bisogno di riorganizzare le idee per il suo successivo incontro con Jaime.
«Lo vedrò stasera» aveva detto a Tyrion, dopo essersi calmata. «È padre. Ha il diritto di saperlo.»
Quando Jaime bussò alla sua porta, lei rimase alla finestra. Lo sentì andarle vicino, ma mantenendo comunque una distanza rispettosa. Un tempo le avrebbe cinto la vita, baciandole il collo e sussurrandole all’orecchio promesse di passione.
«Non sono qui per scusarmi o per implorare il tuo perdono» disse. «So di non meritarlo ancora. Ma vorrei che mi ascoltassi. Vorrei raccontarti cos’è successo e perché ho fatto quello che ho fatto.»
Brienne annuì e Jaime raccontò.
L’inizio lo conosceva, tranne per un particolare. Jaime aveva deciso di andare a morire con Cersei – “Siamo nati insieme e moriremo insieme” – perché non credeva fosse giusto che lei pagasse da sola. E perché sapeva di non essere abbastanza per Brienne. Sapeva che lei meritava di meglio.
Brienne avrebbe voluto dirgli che non sapeva niente, ma lo lasciò proseguire.
Ad Approdo del Re le cose erano cambiate. Tyrion gli aveva offerto un’opzione per salvare Cersei e, di conseguenza, se stesso. Gli raccontò del duello con Euron e delle ferite che aveva riportato, del terrore di sua sorella di fronte alla morte inevitabile, di come fossero riusciti a ripararsi vicino a una delle colonne portanti dei sotterranei e dell’arrivo di Tyrion. Li credevano tutti morti, nessuno presidiava la Fortezza Rossa, perciò non era stato difficile per loro tre sgattaiolare fino alla spiaggia e fuggire.
Aveva lasciato la mano d’oro a suo fratello, come prova che lui e Cersei erano effettivamente morti. Brienne dovette constatare che era risultato credibile, mentre il suo sguardo vagò verso l’oggetto incriminato, posato sul ripiano accanto a Lamento di Vedova.
Jaime le parlò poi del difficile viaggio fino a Pentos, in cui lui aveva lottato tra la vita e la morte, mentre Cersei cercava di remare il più in fretta possibile. Giunti nelle città libere erano stati aiutati da una famiglia di pescatori, verso cui Jaime sarebbe sempre stato debitore. Sporchi e feriti, nessuno aveva sospettato che fossero i Leoni di Lannister ed erano stati trattati gentilmente e soccorsi come meglio avevano potuto. Jaime era stato fortunato: Euron aveva mancato gli organi vitali e, nel giro di qualche mese, era riuscito a rimettersi.
A quel punto erano iniziati i veri problemi e Brienne non ebbe difficoltà a credergli. Il piano di Jaime era contorto, basato su supposizioni labili, e aveva riposto troppe speranze nel buonsenso della sorella.
Disse che le aveva raccontato tutto: di quello che provava per lei, di ciò che era successo a Grande Inverno, del perché fosse tornato indietro e di quale sarebbe stato il loro futuro. Chiunque si fosse seduto sul Trono di Spade, Cersei sarebbe stata giustiziata se mai fosse tornata a Westeros. Jaime aveva una speranza e un valido motivo per tornare. L’avrebbe aiutata a costruirsi una vita a Pentos o a Braavos o dovunque avesse voluto lei, tranne che nel continente.
Erano serviti sette anni e la conoscenza di una coppia di nobili, i Merryweather, per convincere Cersei a cedere e assecondare Jaime. Non appena era stato sicuro che sua sorella non avrebbe cambiato idea, tentando di tornare a casa, Jaime le aveva detto addio e aveva preso la prima nave per Approdo del Re.
«Non eravamo completamente fuori dal mondo» le disse. «Sapevamo che era Brandon Stark a regnare, così come siamo venuti a conoscenza dei membri del concilio ristretto. Suppongo che sia tu quella che lo tiene in piedi.»
Un piccolo sorriso comparve sul volto di Brienne, ma lo fece sparire quando si voltò verso Jaime.
«Non ho ancora capito perché sei tornato.»
L’uomo abbassò lo sguardo.
«Mentre cavalcavo verso sud, sentivo le tue parole rimbombare nella mia testa. Suppongo che tu non le pensi più, ma… Alla fine credo che mi abbiano convinto. Volevo tornare da te, Brienne. Cancellare quello che avevo fatto, quello che avevo detto.
«Ma sapevo che non sarei mai stato in pace con me stesso se non avessi rivisto Cersei. Se non avessi provato almeno a salvarla. Non potevo definirmi un brav’uomo se avessi lasciato morire mia sorella. Così sono andato avanti per la mia strada. Ho fatto ciò che ritenevo giusto, ciò che dovevo fare e adesso… Adesso sono di nuovo dove volevo essere fin dall’inizio.»
Alzò gli occhi verso di lei. Brienne ricambiò lo sguardo: non tremò, non sospirò. Rimase immobile con le braccia incrociate sul petto, affondando le dita nella carne nel tentativo di impedirsi di fare qualcosa di sciocco.
«Ero incinta» disse semplicemente.
Jaime sgranò gli occhi. Evidentemente nel suo piano non aveva incluso questa incognita.
«Eri…?»
«Si chiama Joanna. Compirà sette anni tra due lune. Sa che sei morto.»
Per qualche minuto, Jaime non parlò. La notizia lo aveva sconvolto. Brienne ne fu quasi soddisfatta: lei aveva avuto bisogno dell’aiuto di Podrick e Sansa quando aveva ricevuto la stessa notizia. Le era sembrata una crudeltà, una punizione che non credeva di meritare. Alla fine si era semplicemente rivelato un miracolo.
Joanna era la sua luce, la sua ragione di vita. Si era chiesta spesso se Jaime avrebbe provato lo stesso. Ora aveva paura di conoscerne la risposta.
«Le hai dato il nome di mia madre» disse infine. Aveva gli occhi lucidi, ma la sua voce era ferma.
Brienne si strinse nelle spalle.
«Mi piaceva. Tyrion era d’accordo.»
Jaime annuì. «Il suo cognome…»
«Tarth. Anche se… Tutti sanno chi è il padre. Semplicemente non sapevo se avresti voluto… Se l’avresti voluta.»
«Non sapevi… Come hai potuto pensare che non l’avrei voluta?»
«Sei arrabbiato?» Brienne era incredula. «Ti sconsiglio di rispondere di sì. Non ne hai il diritto.»
Jaime sospirò, passandosi la mano tra i capelli.
«No, non… Mi dispiace che tu lo abbia pensato. Posso… Posso incontrarla?»
«No. Non ancora» aggiunse, di fronte al suo sguardo ferito. «Te l’ho detto, lei sa che sei morto. Prima dovrò parlarle e spiegarle la situazione.»
Jaime annuì.
«Sì, hai… Hai perfettamente ragione.»
Di nuovo silenzio.
«È meglio se vai» disse Brienne. «Joanna arriverà a momenti e…»
«Sì, certo» Jaime però rimase immobile. «Sei felice? Di rivedermi.»
Lo era? Non lo sapeva per certo nemmeno lei. Una parte aveva desiderato averlo accanto a sé in tutti quegli anni, ma un’altra si era abituata alla sua assenza e aveva iniziato a conviverci con relativa serenità. Il suo ritorno destabilizzava tutto.
«Non lo so» rispose sinceramente. «Un po’ sì, un po’… È complicato.»
Jaime annuì, rivolgendole un sorriso triste.
«Almeno non è stato un no secco.»
Le augurò la buonanotte e se ne andò.
 

Quella notte Jaime Lannister sognò di trovarsi sui prati di Tarth, sotto il sole estivo, con sua moglie accanto e loro figlia addormentata tra le sue braccia. Aveva sognato spesso scenari impossibili accanto a spettri antichi, eppure quello che vedeva in quel momento poteva essere stato la sua realtà.
Se si fosse dimostrato davvero un brav’uomo, poteva ancora diventarla.
 

«In teoria dovrebbe essere a lezione adesso» gli disse Tyrion, dopo che Jaime lo aveva costretto a dirgli dove fosse Joanna. «Ma è più probabile che la trovi al parco degli dei con una spada in mano.»
Jaime capiva la preoccupazione di Brienne ed era d’accordo che dovesse essere lei a spiegare con calma alla bambina che suo padre era ancora vivo. Tuttavia lui desiderava vederla. Anche solo da lontano, anche solo per un momento.
Raggiunse la terrazza che dava sul parco, ripensando a quando lui e Brienne andavano lì per osservare Sansa Stark. Erano passati almeno dieci anni, eppure a lui sembravano ricordi recenti. Si appoggiò alla ringhiera, osservando la zona sottostante: non c’era nessuno.
Forse quella mattina Brienne l’aveva obbligata a seguire le sue lezioni per evitare che Jaime la vedesse. Non avrebbe potuto biasimarla: se Joanna lo avesse avvicinato, non era certo di quello che avrebbe fatto.
Decise che era meglio lasciar perdere e sopportare l’attesa, fino a quando Brienne non li avesse fatti conoscere. Lei aveva dovuto affrontare una gravidanza e la maternità da sola, un piccolo sforzo avrebbe dovuto compierlo anche lui.
Si voltò per tornare nella sua camera quando sentì un urlo provenire dalla sua destra. Corse a vedere di cosa si trattasse e vide una bambina sul bordo della scogliera che guardava sotto di sé. Aveva i capelli biondi raccolti in una coda e indossava abiti da scudiero.
«È pericoloso stare lì!» la avvertì Jaime.
Lei si voltò e lui scoprì che Joanna aveva preso gli occhi da sua madre. Per un momento gli sembrò di trovarsi di fronte a una Brienne in miniatura.
«S-Scusa» disse lei. «Ma mi è caduta la spada. Si è incastrata tra i cespugli. La mamma non ne sarà contenta.»
Jaime si avvicinò per vedere quanto fosse drastica la situazione. Le sorrise.
«Allora basterà che tua mamma non lo sappia.»
La spada non era a più di due metri in basso, così Jaime si calò aggrappandosi ai rami circostanti e la prese, riportandola a sua figlia.
«Ecco» le disse, porgendogliela.
«Ah, grazie! Grazie!» esclamò lei, saltellando e stringendo la spada di legno a sé. «Grazie davvero!»
«Figurati. Tua madre è una che si arrabbia spesso?»
«Solo quando finisco in pericolo. Di solito è colpa di zio Bronn, ma oggi mi ci sarei potuta mettere da sola.»
Jaime si segnò mentalmente di fare un bel discorsetto con Bronn quando lo avrebbe rivisto.
«Se dovesse succederti di nuovo una cosa simile, vai a chiamare un adulto» le consigliò Jaime. «È pericoloso per te fare quello che ho fatto io.»
«Va bene» annuì lei, abbassando lo sguardo. I suoi occhi si fissarono sul braccio destro di Jaime.
«Anche tu non hai una mano?»
Jaime si coprì subito con il mantello, sperando che quella vista non l’avesse disgustata.
«Anche il mio papà aveva perso la mano destra per salvare mamma. A te com’è successo?»
“Nello stesso modo”, pensò Jaime.
«Stavo scaricando delle botti al porto e una mi è caduta sulla mano. La ferita era talmente grave che è stato necessario tagliarla.»
Lei annuì.
«Mi dispiace. Sei un pescatore?»
«Sì, più o meno.»
«Joanna!»
La bambina si voltò verso la voce di sua madre, mentre Jaime non ebbe il coraggio di incontrare il suo sguardo.
«Ciao, mamma» Joanna le corse incontro, cominciando a raccontarle quello che era successo. «… E poi… ehm, come ti chiami?» chiese, rivolta a lui.
«Arthur» mentì nuovamente Jaime. Se non avesse visto il moncone, avrebbe potuto tentare di dirle il vero nome, ma data la situazione avrebbe sicuramente capito chi era.
«E poi Arthur ha scalato la parete e me l’ha riportata» concluse Joanna.
«Fortuna che c’era Arthur, allora. Sbaglio o ti avevo detto di non allenarti così vicino al bordo? Rischi di cadere.»
«Ho un buon equilibrio.»
«O di perdere la spada.»
A quello Joanna non poté ribattere.
«Ti alleni un po’ con me, mamma?» chiese per cambiare argomento.
«Ora no, tesoro. Ho delle cose da fare e tu hai una lezione da seguire» disse, prendendole la spada.
«Ma hai detto che non sono obbligata!»
«Non sei obbligata a ricevere tutte le lezioni che dovrebbe seguire una lady. Ma almeno la Storia voglio che tu la conosca, lo sai. Non vuoi fare bizze davanti al tuo nuovo amico, vero?»
Joanna si voltò verso di lui, in cerca di un sostegno che non trovò.
«La mamma va sempre ascoltata, Joanna» le disse.
Lei si esibì in uno sbuffo teatrale. Salutò Jaime e diede un bacio sulla guancia di sua madre prima di dirigersi a passo lento verso la sua lezione.
I due cavalieri rimasero per qualche momento a fissarla e, quando la sua figura non fu più visibile, Jaime si preparò ad affrontare la furia di Brienne.
«Ti avevo chiesto di non avvicinarti a lei per il momento» disse. La rabbia che credeva avrebbe riempito la sua voce era stata sostiuita da semplice tristezza.
«Mi dispiace. Non era mia intenzione rivolgerle la parola, ma l’ho vista in difficoltà e… Per aiutarla temo di aver peggiorato le cose.»
«Sì, forse. Potevi almeno non averle mentito sul tuo nome.»
Jaime sollevò il moncone.
«Ha detto che anche suo padre ha perso la mano, per proteggere sua madre» disse. «Temevo che avere anche il suo nome sarebbe stata una coincidenza troppo strana per non farle destare sospetti.»
Brienne annuì. Non lo aveva ancora guardato negli occhi.
«Le hai parlato di me.»
«Te l’avevo detto» rispose, arrossendo.
«Credevo le avessi solo spiegato perché non aveva un padre. Le hai detto altro invece.»
Quando lei rimase in silenzio, aggiunse:
«Perché?»
«Ancora non lo capisci, vero?» sospirò lei. «Non è una sola azione a definire chi sei, Jaime. Hai fatto tanto per cui vali la pena essere ricordato. E io…» si fermò, alzando lo sguardo su di lui. Aveva gli occhi lucidi e Jaime avrebbe solo desiderato poterle baciare quelle iridi azzurre e far svanire la tristezza e, con quella, tutto il male che le aveva fatto. «Comunque molte cose gliele ha dette anche Tyrion» concluse con tono fermo.
Jaime annuì.
 

Quella sera, mentre aspettava Tyrion nella loro stanza, sentì bussare alla porta e, con sua enorme sorpresa, vide entrare Joanna e Brienne. La bambina sembrava meno entusiasta di quella mattina e lo fissava incerta, spostando lo sguardo da lui a sua madre.
«Ciao» le salutò Jaime, cercando negli occhi di Brienne una spiegazione a quella situazione.
«Visto quello che è successo stamattina, ho pensato… Ecco, beh… Non aveva senso aspettare oltre. Jaime, Joanna… ora vi conoscete.»
Un sospiro attraversò le labbra di Jaime: non solo Brienne non si era arrabbiata per ciò che era successo, ma aveva addirittura parlato subito a Joanna di lui. Non gli sembrava vero.
«Ciao» lo salutò Joanna, muovendo una mano verso di lui. Jaime si accovacciò di fronte a lei e le sorrise.
«Ciao. Mi… Mi dispiace di averti mentito e… per tutto. Ti va di ricominciare da capo?»
Le tese la mano e lei ricambiò il gesto. Affrontate le formalità, gli sorrise e gli gettò le braccia al collo. Jaime si gelò, sorpreso e spaventato per quella dimostrazione di affetto inaspettata. Guardò verso Brienne per cercare supporto e lei gli fece cenno di ricambiare l’abbraccio. È così che si fa con i figli, sembrava dire.
Le sue braccia andarono a circondare il corpo minuto della bambina – e il ricordo di un’altra gli venne alla mente, nella prima e unica occasione in cui aveva potuto essere suo padre. Strinse la presa intorno a lei, mentre nella sua mente si ripeteva che non era Myrcella e non sarebbe morta tra le sue braccia.
Ci fu un brontolio nella stanza. Brienne si sforzò di trattenere una risata, mentre Jaime non ne fu in grado.
«Che c’è? Tu non hai mai avuto fame?» sbottò Joanna, allontanandosi da lui. Incrociò le braccia al petto, mettendo il broncio.
«Scusa» disse Jaime, cercando di calmarsi. «Hai ragione, la fame è una cosa molto seria e non dovremmo scherzarci sopra. Giusto, donzella?»
Brienne aveva una mano davanti alla bocca per trattenersi dal ridere. Quando pronunciò quella parola – prima che lui stesso si rendesse conto di ciò che aveva fatto – il suo sguardo mutò, divenendo nostalgico e quasi… dolce. Jaime le rivolse un sorriso timido.
«Dunque… Joanna ha fame. Come possiamo risolvere?»
«Zio Pod non stava per portare la cena in camera?» chiese la bambina.
Brienne annuì.
«Sì, dovrebbe essere già tutto pronto» le disse. Poi sollevò lo sguardo verso Jaime. «Vuoi…»
Jaime rispose lentamente di sì con la testa.
«Allora vado ad avvisare che c’è anche papà!» esclamò Joanna, correndo fuori dalla stanza, mentre Brienne le urlava di andare piano.
«Grazie» le disse Jaime.
«Figurati. E poi, hai visto, a Joanna ha fatto molto piacere.»
«E a te?»
Sapeva che non gli avrebbe dato una risposta affermativa, ma fino a quando non lo avrebbe nemmeno respinto, Jaime sapeva di avere ancora una possibilità.
Brienne sospirò.
«Lo sai. Non sono ancora… Per ora pensiamo solo a Joanna, va bene?»
«Va bene.»
La sorpassò, uscendo dalla stanza. Le porse il braccio sano, rivolgendole un sorriso incoraggiante.
«Vogliamo andare, donzella?»
«Ora sono la Lady Comandante.»
«Perciò hai smesso di essere una donna?»
Alzò gli occhi al cielo e il sorriso di Jaime si allargò. Gli avvolse la mano intorno all’avambraccio, lanciandogli uno sguardo ammonitore.
«Non adagiarti sugli allori, cavaliere.»
«Mai. Concedimi di essere solo felice» le disse, serio.
Il suo sguardo si ammorbidì e la bocca di Brienne si aprì in un piccolo sorriso mentre raggiungevano la loro primogenita.
 

 
   
 
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