Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: Nikita Danaan    01/12/2020    2 recensioni
[La Bella e la Bestia AU!]
"C’era una volta, tanto tempo fa, uno splendido castello in cui viveva un principe di bell’aspetto. Aveva i capelli neri come le ali dei corvi, occhi profondi e scuri, ma era terribilmente egoista e senza cuore, tanto che una notte una vecchia chiese asilo nel suo castello. Inuyasha – questo era il nome del principe crudele – glielo negò, inorridito dal suo aspetto.
Quest’ultima, adirata, rivelò il suo vero aspetto, ovvero quello di una sacerdotessa nera che aveva venduto l’anima ai demoni per poter acquistare la bellezza e la vita eterna.
Tsubaki, la sacerdotessa, gli disse “Non bisogna mai giudicare una persona dall’aspetto esteriore”."
***
Kagome è una ragazza molto bella che adora leggere. Immergersi nei libri è l'unico modo che conosce per vivere una vita piena di avventure. Un giorno il nonno, mentre si reca ad una esposizione sulla scienza, si perde e finisce prigioniero in un castello. La ragazza lo andrà a cercare ma si imbatterà in una creatura, che tutti definiscono una bestia.
[GLI AGGIORNAMENTI SARANNO LENTI]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Entei galoppò quasi tutta la notte, sfidando i suoi stessi limiti per ritornare il prima possibile al villaggio di Toki. Per il piccolo Shippo fu un’impresa ardua riuscire a rimanere in groppa, ma con un po' di fortuna ci riuscì. Era pressoché l’alba quando raggiunsero il villaggio, facendosi largo tra le strade del paesino praticamente deserte.
Il cavallo, con un ultimo sforzo, raggiunse la casa di Kagome. Davanti alla porta di legno, nitrì per farsi sentire dalla giovane, ma, dato che non nessuno apriva la porta, il quadrupede usò le due zampe anteriori per colpire la porta. Poco dopo la giovane aprì l’uscio, ancora intontita dal sonno e con indosso una vestaglia color malva.
Mentre si stropicciava un occhio, borbottò con voce assonnata “Ma si può sapere chi è a quest’ora?”. Poi vide il suo cavallo senza il signor Higurashi in sella e allora i suoi sensi si svegliarono immediatamente. “Entei, dov’è il nonno?!” esclamò sconvolta aggrappandosi a due ciocche della criniera dell’animale, il quale nitriva con foga. Sembrava disperato quanto lei.
I suoi occhi si inumidirono di lacrime. Kagome continuò a rivolgersi a Entei disperata, come se sperasse che il quadrupede le desse le risposte che desiderava “Dov’è il nonno, Entei? Cosa gli è successo?! Ti prego, dimmelo!”. La ragazza si staccò di colpo, portandosi le mani al volto.
“No, non può essere morto…no, perché l’ho lasciato andare da solo?! Sarei dovuta andare con lui…”.
Shippo assistette all’intera scena in silenzio, senza muoversi dal dorso dell’animale e sentì dentro di lui un moto di commozione per quella povera ragazza. Privata così brutalmente di una persona cara a causa di quel principe malvagio!
Ma proprio per quello era lì: per aiutarla a salvare suo nonno e di conseguenza anche tutti loro. Anche se il rancore che provava verso il principe era forte, decise che quella era la cosa giusta da fare in quel momento, così si fece coraggio e prese la parola.
“Scusa…”.
Kagome alzò di scatto la testa, che fino a quell’istante era stata sommersa tra le sue mani. Tirò su col naso, guardando sconvolta Entei. Era definitamente impazzita: le era sembrato che il cavallo avesse parlato! Aveva le allucinazioni. Decisamente erano allucinazioni.
Fece per avvicinarsi al cavallo per afferrargli le redini e condurlo nella piccola stalla, che si trovava accanto alla loro abitazione, a riposare un poco, quando sentì di nuovo quella vocina “Scusa, signorina!”.
La giovane fece un salto all’indietro. Sul dorso di Entei era comparsa una tazzina da tè che stava saltellando, ma soprattutto stava parlando!
Era definitivamente uscita di testa! La scoperta che il nonno non fosse tornato e il timore della sua morte, le avevano fatto perdere il nume della ragione e le sembrava che ci fosse una tazza da tè – con una coda da volpe per di più! – che le stesse rivolendo la parola.
Tazza da tè…forse era proprio quello di cui aveva bisogno. Una tazza di tè caldo e tornare a letto. A proposito di letto: forse stava solo avendo un incubo, un orribile e terrificante, ma pur sempre finto incubo. Bastava solo risvegliarsi e avrebbe trovato il nonno seduto davanti al camino oppure intendo ad armeggiare con qualcuna delle sue invenzioni, giusto?
Si diede un forte pizzicotto sul braccio, ma il dolore e il fatto che la tazzina non svanisse le fecero capire di essere completamente sveglia.
“Signorina, io so dov’è tuo nonno! Io posso aiutarti!”.
Kagome guardò la tazzina con gli occhi sbarrati. Per qualche assurdo motivo, Entei nitrì e lei credette quasi che le stesse facendo capire di fidarsi di quella tazza.
Non ancora sicura che quella che stesse vedendo fosse una cosa reale o frutto della sua fervida immaginazione, decise di portare Entei nella stalla e dargli un po’ di fieno, mentre prese tra le mani con delicatezza la tazzina – che scoprì chiamarsi Shippo – e offrirgli qualche biscotto per colazione.
La tazzina gradì molto l’offerta della giovane e dopo essersi rifocillato le raccontò in soldoni cosa era successo la notte prima. Le spiegò che suo nonno, perdendosi nel bosco – da quanto aveva capito Shippo – era finito in un vecchio maniero, che apparteneva al suo signore, il quale aveva deciso di imprigionarlo nei suoi sotterranei poiché entrato senza il suo permesso nella sua dimora.
A quella frase, la ragazza saltò in piedi facendo cadere la sedia su cui era seduta fino all’attimo prima. “Che bastardo! Perché fare una cosa del genere? Mio nonno stava solo cercando ristoro!”. Shippo pensò che non c’era alcuna speranza che la ragazza potesse innamorarsi del suo signore se quelle erano le premesse, però ormai la sua missione era aiutare quelle persone. Non voleva che quella signorina rimanesse senza il nonno. Se lui avesse perso sua nonna Kaede, l’unica persona che gli era rimasta al mondo dopo la morte dei suoi genitori, ne sarebbe stato parecchio triste.
Voleva impedire che quella ragazza e quel povero signore soffrissero.
“Scusami. Purtroppo il principe Inuyasha non è mai stato amorevole o gentile”. La tazzina balbettava leggermente, mentre parlava. Sembrava quasi timido e per certi versi le ricordava un bambino.
Kagome si avvicinò a Shippo con il volto, appoggiò le mani al tavolo dove si trovava inginocchiandosi e lo guardò degli occhi “Non è colpa tua, Shippo, anzi il fatto che tu sia venuto fin qui da solo per dirmelo significa che vuoi aiutarmi”.
Shippo sorrise e saltellò felice “Sì, è proprio così! Ti guiderò al castello e ti mostrerò dove si trova tuo nonno. Lo salveremo così poi potrete tornare alla vostra vita normale!”.
Era ancora tutto assurdo per lei, però aveva capito che non era un sogno o un’allucinazione. Era l’istinto a dirglielo che tutto era reale. La sua priorità era salvare il nonno a qualunque costo, anche se avesse dovuto fronteggiare un principe tiranno. Lo avrebbe salvato costi quel che costi!
Mentre Shippo aveva ormai rinunciato a chiederle di salvarli dall’incantesimo. Non gli sembrava giusto nei suoi confronti, dopo il dolore che le stava causando il principe. Si disse che l’importante era che la signorina Kagome e il signor Higurashi potessero tornare ad essere felici e tranquilli.
In ben che non si dica, la ragazza si vestì indossando pantaloni lunghi e comodi, una maglia di lana sotto una camicia di flanella e sopra si coprì con un mantello scuro, il quale aveva un cappuccio. Ne prese un altro con sé da dare al nonno, poiché si ricordò che era partito indossando abiti leggeri – mannaggia a lei che non aveva insistito abbastanza nel fargli indossare qualcosa di più pesante! – e lo mise in una bisaccia.
Dentro ci mise anche qualche provvista, una borraccia d’acqua e un coltello che poteva sempre essere utile. Poi corse nel retrobottega e tirò fuori il vecchio arco del nonno. Qualche volta da piccola le aveva fatto tirare e insegnato le basi del tiro con l’arco. Purtroppo non era un’esperta ma se quel bastardo avesse provato ad alzare le mani su di lei e il nonno lo avrebbe colpito con tutta la sua forza.
Finito i preparativi, prese il piccolo Shippo e lo mise nella taschina della sua borsa e poi tornò da Entei nella stalla.
La ragazza lo accarezzò dolcemente sul muso e si sussurrò “Scusami Entei, so che se stanco. Ce la fai a compiere un altro viaggio?”.
Il cavallo si limitò a nitrire. Kagome lo interpretò sperando che fosse un sì. Salendo non la disarcionò quindi era davvero una risposta affermativa. “Bravo, bello!”. Dalla bisaccia tirò fuori una mela tonda e la diede come ricompensa all’animale, il quale la gradì parecchio. Così si sistemò sulla sella e guardò davanti a sé, fuori dalla porta aperta della stalla. “Ti salverò, nonno! Sei pronto, Shippo?”. “Sì!” le rispose il cucciolo di demone volpe. “Entei?”. Il cavallo nitrì nuovamente. Lei sistemò meglio la faretra con le frecce e l’arco sulla spalla, esclamò un “Bene, andiamo!” e con un colpo deciso di redini fece partire Entei verso il castello maledetto.
 
Koga stava andando a zonzo pigramente per le strade di Toki. Teneva le robuste braccia dietro la testa guardandosi attorno annoiato. Nulla riusciva ad attirare la sua attenzione o a destare la sua curiosità. Era sempre stato così, fin da piccolo. Non trovava mai niente di interessante, fino a quando non conobbe Kagome. Quella ragazza non era come le altre, che cadevano subito ai suoi piedi senza che lui dicesse nulla, anzi quella ragazza gli rispondeva, lo rifiutava e soprattutto non aveva paura nel guardarlo negli occhi, anche se nell’ultimo periodo le era sembrata più tranquilla. Che finalmente si fosse resa conto che lui fosse l’uomo della sua vita?
Koga ripensò alla scena della mattina precedente. Kagome lo aveva respinto per l’ennesima volta, ma quella volta era colpa di quei due deficienti di Ginta e Hakkaku. Esatto! Quei due scimuniti avevano offeso il nonno di Kagome chiamandolo vecchio rimbambito. Però poteva ancora rimediare. Si decise che sarebbe andato a comprare dei fiori e che li avrebbe portati alla sua bella Kagome proprio quella mattina. Sì! – pensò tra sé e sé – E l’avrebbe anche invitata a uscire insieme! L’avrebbe corteggiata a dovere e finalmente avrebbe detto di sì alla sua proposta di matrimonio.
Sì! – annuì soddisfatto di sé stesso – avrebbe fatto proprio così!
Si diresse con passo baldanzoso verso il fioraio salutando svogliatamente di tanto in tanto qualche paesano e le tre ragazze, sue ammiratrici.
Arrivato dal fioraio gli capitò di percepire qualche frammento sparso di conversazione. Il fioraio si sporgeva dal bancone del suo negozio, che affacciava sulla strada, appoggiandoci sopra la sua pancia pingue, mentre discuteva animatamente con una vecchia dai capelli bianchi, il naso adunco con sopra un foruncolo e la pelle rattrappita. Koga l’aveva sempre chiamata la Strega di Toki per via del suo aspetto.
“Ne sei sicura?” stava chiedendo il fioraio alla donna.
“Sì, te lo posso giurare sulla mia stessa vita” rispose la Strega. “Il cavallo di quel pazzo è tornato stamattina verso l’alba. Mi ero svegliata per via del rumore di quei maledetti corvi e allora ero andata ad innaffiare le mie piante, quando ho visto quella bestia correre come un indemoniato verso la casa di quella famiglia di scellerati! Che Dio ci aiuti!”.
Koga trovò la cosa alquanto bizzarra. Intanto non sapeva nemmeno che Kagome e il vecchio avessero un cavallo, ma poi si ricordò della piccola costruzione accanto alla loro casa e intuì che fosse la stalla dove tenevano l’animale. Decise di fare finta di niente, visto che non sembrava una cosa così importante e di comprare i fiori.
“Oh, sono per la tua futura sposa? E bravo Koga!” gli disse il fioraio, dandogli una pacca energica sulla spalla. “Sì sì, bravo. Peccato sia la nipote di quello sciroccato!” sbottò la vecchia andandosene indignata. “Non preoccuparti, Koga. Nemmeno la nipote dello scienziato pazzo potrebbe resisterti”.
Esattamente! Era proprio così! Tutti lo adoravano in quel villaggio, ma allora perché Kagome lo respingeva? Quel fatto rimaneva per lui privo di senso.
Mentre si dirigeva verso la casa di Kagome, si ricordò di una frase che aveva detto uno dei due deficienti, ovvero che il nonno di Kagome era partito, presumibilmente a cavallo. I puntini si unirono ed ebbe un’illuminazione: il vecchio non era tornato sul cavallo!
Forse era smarrito da qualche parte. Chissà Kagome come doveva essere disperata! Decise che quella era la sua grande opportunità! Salvare il caro nonnino della ragazza che voleva sposare e lei le sarebbe stata riconoscente per tutta la vita, tanto da desiderare di sposarlo per ripagarlo per il suo nobile gesto!
Motivato dal suo nuovo piano, Koga corse verso la piccola casetta al margine del villaggio. Arrivato davanti all’uscio si lisciò i capelli e controllò che l’alito non puzzasse, poi bussò alla porta.
“Kagome, mia adorata, buongiorno! Sono venuto a trovarti!”.
Nessuna risposta.
Il ragazzo era perplesso. Magari stava dormendo ancora. Riprovò un altro paio di volte, ma Kagome non rispondeva.
Infastidito, decise di buttar giù la porta. Appena fece per caricare la porta, i suoi due galoppini lo chiamarono.
“Buongiorno capo!”.
“Voi due avete visto Kagome?”.
“Sorella Kagome?” esclamò Ginta. Si portò le dita sotto al mento e ci rifletté su.
“Io sì, capo!” disse Hakkaku “Stamattina, poco dopo l’alba, ora che ci penso l’ho vista a cavallo. Stavo andando a caccia nel bosco. Anche lei sembrava pronta per andare a cacciare, visto che aveva arco e freccia in spalla. Non pensavo che Sorella Kagome potesse essere così ganza!”.
Koga lo prese per la collottola della camicia “Ehi, che diavolo hai appena detto?”.
“No, scusa capo! So che è la tua donna, non volevo…volevo solo dire che è davvero degna di te, ecco…”.
“Non hai capito, idiota! Hai detto che era a cavallo?”.
“S-sì capo!”.
“E dove stava andando?”.
“Ma non saprei, capo! Di sicuro verso la foresta”.
Ripensò a tutte le informazioni che aveva: il nonno che non era tornato, il cavallo impazzito, Kagome a cavallo con arco e freccia…
Era andata a cercarlo per conto suo! Era forse impazzita? Sarebbe morta nella foresta, piccola e gracile com’era! Non l’aveva mai vista tirare con l’arco quindi pensò che avesse preso quell’arma perché era la sola cosa che avesse a casa.
Doveva andare a salvarla!
“Ginta, Hakkaku, preparatevi! Andiamo a cercare Kagome!”.
“Ma dove andiamo a cercarla, capo?” chiesero i due all’unisono.
“E che ne so! So solo che dobbiamo partire prima di subito, dunque muovetevi a prendere provviste, armi e dei cavalli”.
“Subito, capo!”. Mentre i due correvano via a procurarsi le cose da lui elencate, Koga sorrise sorpreso e soddisfatto. La fortuna era dalla sua parte. Aveva l’opportunità di salvare nonno e nipote in un colpo solo e finalmente Kagome sarebbe stata sua. Niente sarebbe potuto andare storto!
 
Intanto Kagome stava cavalcando nella foresta, seguendo le indicazioni di Shippo. Doveva sbrigarsi. Pregava che suo nonno stesse bene.
“Nonno, resisti, sto arrivando!” gridò.
In tutto questo, una persona la stava osservando da una Sfera.
Una mano artigliata accarezzò la superficie liscia dell’oggetto rosa quarzo. Il vetro colorato gli mostrava l’immagine di una giovane donna, che galoppava nella foresta verso il sentiero che conduceva verso il suo castello.
Sentì il suo urlo disperato e pensò che potesse essere quella Kagome che il vecchio nelle segrete chiamava sempre la notte. Ogni volta che gli portava lui stesso da mangiare, controllava come stesse e lo trovava intento a pregare per lei augurandosi che stesse bene e che Koga non le facesse del male.
Così, incuriosito – pensò che fosse o la moglie o la figlia dell'uomo –, volle guardare per curiosità nella Sfera per vedere chi fosse. Ma non immaginava che sarebbe rimasto abbagliato dalla bellezza della ragazza. Fiera e temeraria, teneva lo sguardo puntato davanti a sé. Il viso dai lineamenti armoniosi, i capelli lunghi e neri mossi dal vento, occhi dal taglio orientale, brillanti e determinati, di un bel color nocciola. Sembrava un’eroina pronta a combattere per proteggere la vita dei suoi cari, ma allo stesso tempo una principessa venuta da un regno lontano. Gli pareva troppo giovane per essere sua moglie, ma anche per essere una sua eventuale figlia. Dedusse che forse era una nipote.
Riuscì a vedere anche la tazza-demone Shippo. Allora era lui che era andato a chiamarla! Ecco perché non si trovava più da nessuna parte – la vecchia Kaede infatti era disperata – ed ecco spiegato anche il motivo per il quale procedeva senza timore come se conoscesse già la strada: perché era Shippo a guidarla.
Osservò di nuovo la ragazza. Kagome. Era quello il suo nome.
 
Kagome giunse davanti al castello. Aveva spinto fino allo stremo il povero Entei, che stava ansimando. Il piccolo Shippo stava riprendendo fiato nella bisaccia, anche lui stremato per aver urlato tutto il tempo le indicazioni per arrivare al maniero, in modo da sovrastare il rumore prodotto dagli zoccoli del cavallo.
Anche lei era stanca e madida di sudore, ma non le importava.
Finalmente era arrivata.

Angolo dell'autrice
Sono davvero soddisfatta per come è venuto questo capitolo. Era da un po' che non sentivo questa sensazione e ne sono felice. Finora penso sia il migliore che ho scritto della storia (modestia a parte si intende). 
Spero vi piaccia anche a voi <3
   
 
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