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Autore: Nike90Wyatt    01/12/2020    1 recensioni
Una lettera da Milano sconvolge la vita di Marinette Dupain-Cheng, paladina di Parigi nei panni di Ladybug e neo Guardiana della Miracle Box; una serie di circostanze, insieme ai suggerimenti dell’inseparabile Tikki e dei suoi genitori, la spingeranno a prendere una decisione che stravolgerà il suo futuro e le sue relazioni.
Intanto, Gabriel Agreste, ossessionato dalla vendetta nel nome di sua moglie Emilie, vola in Tibet, accompagnato dalla sua fedele assistente, nonché amica e complice, Nathalie Sancoeur, con un unico obiettivo: scoprire i segreti dei Miraculous che si celano tra le mura del Tempio dei Guardiani.
Genere: Azione, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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16

Adrien raggiunse il cortile della scuola con un fastidioso ronzio nella testa. Un gruppo di ragazzi, capeggiato da Kim, si stava sfidando al tiro libero al canestro.

A colazione, suo padre gli aveva riferito che nel pomeriggio ci sarebbe stato un servizio fotografico di pubblicizzazione di un evento che si sarebbe tenuto in Primavera. La notizia aveva riempito di gioia Adrien, visto che sarebbero stati proposti i primi modelli disegnati da Marinette e confezionati a tempo di record dall’affiliata società della casa Agreste. Alessio Tancredi ed una modella danese lo avrebbero affiancato durante il servizio. Negli occhi di Gabriel aveva letto una febbrile eccitazione, tenuta a malapena celata dietro la solita espressione fredda e calcolatrice.

Adrien salutò il gruppo di ragazzi e salì per le scale che conducevano all’aula. Una mano gli batté sulla spalla. Si voltò. L’istinto gli suggerì di fuggire di lì, di rifugiarsi in classe con una scusa e cercare aiuto in Nino. La parte razionale ebbe il sopravvento e si impose cordialità. «Ciao, Lila.»

«Buongiorno, Adrien» disse lei con voce civettuola. «Non vedo l’ora che arrivi il pomeriggio.»

«Ah mi dispiace.» Adrien ostentò falso rammarico. «Oggi sono impegnato.»

«Oh lo so. E non vedo l’ora di posare accanto a te.»

«Prego?»

«Tuo padre non te l’ha detto?» Lila si portò una mano alla bocca. «Ci sarò anch’io nel servizio fotografico. È stata una sua idea e ho accettato subito. Sai, io ho posato per le più importanti riviste di moda internazionali, conosco un sacco di gente influente, e potremmo anche scambiarci consigli su come far risaltare la nostra figura davanti all’obiettivo.» Ondeggiò i capelli legati in tante treccine.

«Certo, come no.»

«Qualcosa ti turba mio caro?»

Adrien riprese a camminare verso l’aula. Il ticchettio dei tacchi di Lila lo seguiva imperterrito. «Nulla. Sono solo sorpreso che mio padre non mi abbia detto che ci saresti stata anche tu.» Quello poteva essere un problema: Marinette e Lila non andavano per niente d’accordo e il set fotografico si sarebbe potuto trasformare in una gabbia da combattimento.

«Magari voleva farti una sorpresa.»

“Sai che sorpresa.” Ma questo evitò di dirlo ad alta voce. Si limitò a sfoggiare un sorriso forzato e si accomodò accanto a Nino. Lila gli sfilò accanto ammiccando e si andò a sedere in ultima fila.

Adrien attese l’arrivo di Marinette. Doveva avvisarla il prima possibile della presenza di Lila al servizio, così avrebbe potuto attutire dal principio eventuali screzi.

Marinette arrivò un paio di minuti dopo. Aveva un’espressione serafica dipinta in viso. Il pensiero di dover essere lui a cancellargliela gli provocò un groppo in gola.

Mancavano ancora sei minuti circa all’inizio della lezione. Adrien si alzò ed intercettò Marinette intenta a raggiungere il posto accanto ad Alya. «Devo dirti una cosa.» Indicò con la testa la porta.

Annuì. «D’accordo.»

Adrien sbuffò. Non c’era un modo facile per dirlo quindi andò subito al sodo. «Si tratta del servizio di oggi. Ho appena avuto la notizia che ci sarà anche Lila.»

Marinette non si scompose. «Lila Rossi? La nostra simpaticissima compagna di classe?»

«Mi dispiace. Mio padre deve averlo pensato all’ultimo secondo, perché io l’ho saputo da lei.»

«Non c’è problema, Adrien.» La sua calma olimpica lo sorprese. «In mezzo a tante persone, dubito tenterà qualche tiro mancino dei suoi. E poi, ci sarà Alessio accanto a me. E ci sarai anche tu. Con voi a proteggermi, non ho di che preoccuparmi. Dal canto mio, la ignorerò e basta.»

«Wow. È andata meglio di quanto sperassi.»

«Mi sono imposta di disinteressarmi di tutto ciò che dice, pensa o fa. È il modo migliore per non darle soddisfazione e non offrirle su un piatto d’argento l’occasione per mettermi di nuovo in cattiva luce. Dovresti farlo anche tu. In fondo, siamo gli unici della classe che conoscono il suo vero volto.»

Adrien era impressionato da tanta maturità. Marinette continuava a stupirlo giorno dopo giorno. «Farò così. Fremo dalla voglia di indossare nuovamente una tua creazione.»

 

Come al solito, Gabriel non prese parte al servizio fotografico. Ormai Adrien aveva perso ogni speranza di vederlo alle spalle di Monsieur Vincent a dare disposizioni affinché tutto fosse perfetto. Avrebbe revisionato il lavoro la sera stessa, prendendosi tutta la notte, e poi avrebbe annunciato in pompa magna il suo giudizio.

Il servizio si sarebbe tenuto a Montmartre, sulla cima più alta di Parigi, dove sorgeva la Basilica Sacrè-Coeur, che avrebbe fatto da sfondo alle fotografie. La cupola centrale sulla sommità sovrastava l’intero spiazzale. In cima alla scalinata si poteva dominare l’intera città.

Nathalie lo scortò al tendone dove lo attendevano il parrucchiere, la truccatrice e la costumista. All’interno, erano stati disposti quattro slot, uno per ogni modello, circoscritti da file di separé e tende. Tre abiti erano già pronti, appesi ai ganci, dentro custodie nere.

Adrien posò la borsa a tracolla, facendo attenzione a non sbatterla, altrimenti Plagg glielo avrebbe rinfacciato più tardi. L’ultima volta, si era vendicato gettandogli sul naso un calzino ripieno di Camembert stagionato mentre dormiva. Ancora si sentiva addosso quel tanfo.

Delle voci giunsero dallo spazio in fondo. Adrien riconobbe delle parole pronunciate in italiano. Forse Alessio e Marinette erano già arrivati. Si accostò per dare un’occhiata. Una donna dalla carnagione olivastra e i capelli stretti in una crocchia gli passò accanto, senza degnargli uno sguardo. Aveva in mano una piastra per capelli; dall’odore di ferro bruciato doveva averla usata da poco. Seduta davanti ad uno specchio c’era una ragazza, le gambe accavallate, smartphone in mano.

“La modella danese.” Adrien si annunciò con un colpo di tosse.

La ragazza gli piantò addosso due occhi color ghiaccio. Le luci si riflettevano sulla pelle candida del volto, delle spalle nude e delle gambe. Portava un top argenteo, una minigonna e stivaletti. «Tu devi essere Adrien Agreste» disse in perfetto francese, la voce metallica che non tradiva la benché minima emozione.

Adrien gonfiò il petto. «È un piacere conoscerti, Mademoiselle...»

«Risparmiati le parole da damerino. Dì solo sì o no.»

«S-Sì… Sono Adrien Agreste.»

«Elga Storm.» Tornò ad occuparsi dello smartphone, facendo intendere che non intendeva interloquire.

Adrien girò i tacchi ed uscì. Non era stato l’incontro che si aspettava, ma magari una persona dal carattere glaciale avrebbe messo Lila al suo posto. Non tutto il male veniva per nuocere, dopotutto.

All’esterno, l’odore del prato, il chiacchiericcio di ragazzi, coppiette e turisti stemperò la tensione. Marinette e Alessio salirono dalla scalinata e salutarono Adrien con ampi gesti. Adrien provò un leggero vuoto allo stomaco.

«Ci siamo tutti allora.»

Le mani di Adrien ebbero un leggero tremolio. Era arrivata anche Lila.

Alessio lo salutò battendogli il pugno, come se fosse una consuetudine per loro, nonostante si conoscessero poco. Tese una mano verso Lila, con un leggero ghigno sotto gli spessi occhiali da sole. «Piacere, Alessio Tancredi. Tu sei la modella danese di cui mi parlava Marinette?» Portava i bottoni in alto della camicia sbottonati per mettere in risalto il ciondolo con una croce greca.

Lila gli strinse la mano. «Lila Rossi. Sono la compagna di classe e di set di Adrien.» Alzò il mento per guardarlo in viso.

«Ah sì, ho sentito parlare di te. Sei quella che conosce il principe Ali, vero? Poi conosci l’ambasciatore del Congo, il direttore generale del WWF», Alessio tenne il conto con le dita della mano, «la Regina d’Inghilterra, il principe Alberto di Monaco… Ho dimenticato qualcuno?»

Marinette alle sue spalle tratteneva a stento le risate.

Il volto di Lila era paonazzo, ma si sforzò di sorridere. «Ne conosco tante altre.»

«È tutto pronto all’interno» disse Adrien. «Lo staff di Monsieur Vincent ha già predisposto tutto.»

Una serie di transenne stabiliva il perimetro intorno al tendone. Sull’altro lato, i tecnici stavano posizionando i riflettori e le attrezzature secondo le disposizioni del fotografo e dei suoi assistenti. C’erano anche alcuni addetti ai lavori che Adrien non aveva mai visto prima d’ora. Gabriel gli aveva accennato che avrebbero preso parte anche i collaboratori della modella danese.

Adrien fece strada, Lila si avvinghiò al suo braccio. Non si ritrasse, per evitare di risultare scortese agli occhi dei suoi colleghi.

Alessio prese Marinette sotto braccio e la condusse nel tendone. La sua espressione si trasformò quando si ritrovò di fronte Elga Storm.

«Mi avevano detto che ci sarebbe stato anche qualcuno competente» disse lei. Gli arrivava al petto nonostante i tacchi alti.

«Che ci fai qui?» ringhiò Alessio, togliendosi gli occhiali. Gli occhi neri sembravano emettere scintille. I muscoli tirati minacciavano di strappare la stoffa della camicia da un momento all’altro.

«Gabriel Agreste, saputo della mia presenza a Parigi, mi ha offerto quest’occasione per vestire le creazioni di una giovane promessa nel campo della moda. Credevo sapessi che saresti stato affiancato da una modella.»

«Da due modelle» precisò Lila. Elga non la degnò di uno sguardo.

«Sei tu la modella danese.» Alessio si passò una mano tra i capelli. «E va bene.»

Marinette si presentò. «Sono io la disegnatrice degli abiti.» Non pareva sorpresa della confidenza tra Alessio e Elga. «Marinette Dupain-Cheng.»

«Elga Storm.» Le rispose con tono gelido.

«Voi vi conoscete già?» Adrien indicò ad uno ad uno i tre.

Alessio annuì. «È la mia ex fidanzata.»

Ci fu un lampo negli occhi di ghiaccio di Elga, per un attimo sembrò sorpresa da quell’affermazione. Solo per un attimo. Si voltò facendo ondulare la lunga chioma bionda ondulata e scomparve dietro i separé.

«Buon pomeriggio, tesori miei.» La voce di Monsieur Vincent spezzò il silenzio imbarazzante. «Siete pronti a far danzare l’obiettivo della mia macchina fotografica?»

«Oh, Monsieur Vincent.» Lila intrecciò le dita. «Sono così onorata di lavorare di nuovo al fianco del miglior fotografo di Parigi.»

Vincent si massaggiò la nuca. «Grazie, grazie.»

«Che ruffiana» sussurrarono all’unisono Marinette e Adrien. Si scambiarono un’occhiata ed un sorriso complice.

Alessio, invece, era ancora livido in volto. «Vado a prepararmi.» Baciò Marinette sulla guancia ed entrò nel suo slot.

«E tu, amoruccio, non ti prepari?» chiese Vincent a Marinette.

«Oh, io non poso. Sono quella che ha disegnato i vestiti.»

Vincent schioccò la lingua sotto al palato. «Una bella fanciulla come te non può stare dietro all’obiettivo. Assolutamente no. Vieni qui.» La prese per mano, gliela sollevò oltre la testa e le fece fare un giro completo su sé stessa. «Hai tutto perfettamente al suo posto.» Richiamò la costumista ad ampi gesti. Marinette si guardava intorno confusa. «La voglio pronta per posare. Lei e Elga faranno stragi di ragazzi.»

Lila si schiarì la voce. «E io?»

«Sì, sì. Vai pure tu a prepararti.» Vincent sventolò una mano con pigrizia. Si rivolse ad Adrien. «Raggio di sole, tu posi per primo con Alessio.»

Adrien annuì e andò a vestirsi.

 

Lo shooting andò avanti senza intoppi. Adrien e Alessio vestirono completi simili, diversi solo per il colore: al modello biondo erano destinati quelli scuri, al modello bruno quelli chiari. Lila posò solo in un set, quello destinato ai vestiti casual – t-shirt e jeans. A Elga fu concesso maggiore spazio, posando con capi succinti, minigonne, top, dandole modo di sfoggiare anche numerosi accessori tra cui orecchini, occhiali da sole e fermacapelli. Marinette attirò l’attenzione di tutti quando uscì dal tendone con un lungo vestito rosso, monospalla, i capelli corvini legati in uno chignon alto con alcune ciocche ribelli che le incorniciavano il viso su cui era stato applicato un velo di trucco. Persino Elga Storm si lasciò andare ad un commento d’ammirazione quando la vide. Fu l’unico momento in cui Alessio tornò ad essere pimpante e scherzoso.

Adrien fece una pausa sedendosi su una sedia in legno alle spalle della troupe. I tecnici stavano sistemando le luci ed allestendo uno sfondo artificiale per l’ultima serie di foto in cui avrebbe dovuto posare da solo.

Marinette prendeva appunti sul quaderno, mentre osservava gli scatti di Monsieur Vincent.

Alessio e Elga discutevano accanto alla scalinata. Dagli ampi gesti e dall’espressione corrucciata di lui, Adrien capì che non doveva essere una conversazione amichevole. Nessuno aveva fatto commenti sul momento in cui si erano incontrati nel tendone, ma era chiaro che i due avevano un passato burrascoso alle spalle, la loro relazione doveva essere finita in malo modo. I toni si alzarono e la voce possente di Alessio attirò l’attenzione di tutti i presenti. Marinette chiuse di colpo il quaderno e fu la prima a precipitarsi accanto al ragazzo. Gli assistenti di Vincent e quelli che accompagnavano Elga formarono un semicerchio intorno ai due, alcuni muniti di fotocamere e videocamere.

Adrien si alzò dalla sedia, ma la truccatrice, una donna dalle mani tanto rugose quanto forti, lo esortò a sedersi di nuovo. «Devi prepararti per il prossimo servizio.» Armeggiò con la borsetta che si portava sempre dietro e tamponò con un batuffolo di ovatta il volto del ragazzo.

Ci fu un coro di urla. Stavolta, anche Monsieur Vincent si precipitò a vedere cos’era successo. Adrien rivolse un gesto di cortesia alla truccatrice e gli corse dietro, le dita scivolarono d’istinto sull’anello argenteo. Raggiunse il manipolo di persone, guardavano tutti verso il basso. Alcuni scendevano le scale di corsa. Marinette e Elga si trovavano due piani intermezzi più in basso, chine su un corpo disteso.

Adrien zigzagò tra gli addetti ai lavori e i curiosi che si erano avvicinati e le raggiunse. Spalancò gli occhi. Alessio era a terra privo di sensi, un rivolo di sangue fluiva dalla tempia sinistra. «Chiamate subito un’ambulanza» ordinò alla folla.

«Non dobbiamo muoverlo da così.» Elga posò una mano sulla spalla di Marinette, in lacrime. «Tranquilla, ha solo perso i sensi.»

Nathalie e il Gorilla affiancarono Adrien. «Cercate di allontanare i curiosi» disse loro. «E fate spegnere quelle dannate fotocamere. Lo shooting termina qui.»

«Beh, avete sentito il signorino Agreste?» Nathalie scoccò un’occhiata fulminante ai tecnici e fotografi. «Sgomberate il posto o i sanitari non potranno soccorrerlo.»

Adrien si inginocchiò accanto a Elga e Marinette. «Com’è successo?»

La danese scosse la testa. «Non lo so. È successo tutto in un attimo. Stavamo discutendo, Marinette gli diceva di calmarsi. Poi sono arrivati tutti gli altri a fare mille domande e a dirci di abbassare la voce. D’un tratto Alessio ha perso l’equilibrio ed è caduto per le scale.»

L’ambulanza arrivò nel giro di tre minuti. I sanitari, non senza qualche difficoltà, caricarono Alessio sulla barella e lo trasportarono all’interno del veicolo. Sia Marinette che Elga salirono sull’ambulanza.

Adrien rientrò nel tendone sfinito. Si assicurò che nessuno fosse nei paraggi ed aprì la borsa a tracolla.

Plagg inarcò un sopracciglio. «Già finito?»

Adrien gli fece il resoconto di quanto successo. Si passò una mano tra i capelli e sbuffò. «Che giornata...»

 

Marinette mancò a scuola per tre giorni consecutivi. Adrien, Alya e i loro compagni provarono più volte a contattarla, ma lei li liquidava subito affermando che aveva bisogno di serenità per stare vicino ad Alessio. Per fortuna non aveva riportato commozioni cerebrali o conseguenze gravi della caduta. Aveva ripreso i sensi il giorno successivo all’incidente e migliorava di giorno in giorno.

Marinette tornò a scuola il quarto giorno. Aveva uno sguardo spento, borse sotto agli occhi e il volto pallido. Adrien pensò che aveva dormito ben poco in quei giorni.

«Tra oggi e domani dovrebbero dimetterlo» disse ai compagni di classe all’intervallo. «Soffre ancora di sporadici mal di testa e ha due lividi sul braccio, ma tutto sommato sta bene.»

«E tu?» Alya le passò un braccio intorno al collo. «Sembri stremata.»

«Lo sono. Non sai che spavento che ho preso. Per fortuna, i miei genitori e Elga mi sono stati vicino tutto il tempo.» Si rivolse ad Adrien: «La prima impressione che abbiamo avuto su di lei era sbagliata: è veramente una ragazza straordinaria.»

«Mi fa piacere.»

«Confido che oggi verrai sul Liberty per le prove dei Kitty Section» disse Alya. «Sei la loro costumista, non puoi mancare.»

«Lasciala respirare.» Nino allargò le braccia, ricevendo un’occhiata torva dalla fidanzata. «Vorrà riposare.»

Marinette abbozzò un sorriso. «Ci proverò.»

 

Con grande sorpresa di Adrien, Katami accettò volentieri l’invito a prendere parte alle prove della band. Da un po’ si incontravano solo a scherma e le loro conversazioni erano limitate a consigli o rimproveri su posture, fioretti e simili. Non avevano mai più accennato a quanto detto quel giorno di pioggia, nell’auto di Adrien.

Percorsero il tragitto dalla scuola al Liberty in un silenzio imbarazzante. Adrien temeva di pronunciare qualsiasi sillaba, pur di non ferire l’orgoglio di Katami.

Giunti sulla banchina, Alya si catapultò su di lui come una furia. «Adrien cos’è questa storia?» Gli puntellò il petto con l’indice. «Vedi di smentire tutto o a quella la affogo con le mie mani.»

Adrien sollevò le mani a mo’ di protezione. «Calmati, Alya. Che succede?»

«Succede che Lila sta raccontando a tutti che Marinette ha spinto Alessio per le scale.»

«Lila sta facendo cosa?»

Ma Katami sfilò accanto a loro e raggiunse il ponte a grandi falcate. Adrien e Alya la seguirono.

La nipponica puntò dritto su Lila, seduta a gambe accavallate accanto al palchetto, con un cipiglio terrificante. «Rimangiati quello che hai detto.»

Lila fece la solita moina melliflua. «Cosa ho fatto di male?»

«Stai sputando il tuo veleno su una mia amica. E non te lo permetto.»

«Sto solo dicendo ciò che ho visto.»

Adrien cercò lo sguardo dei suoi compagni: a parte Luka e Alya, tutti sembravano credere alla versione di Lila. Non poteva crederci. «Sono sicuro che ti sia sbagliata.»

«Adrien tu eri lì» intervenne Luka. Era più unico che raro vederlo così infervorato. «Dicci cosa hai visto e chiudiamo la faccenda.»

Scosse la testa. «Io purtroppo non ho visto granché. Avevo la visuale ostruita. Ho sentito solo le urla.»

«È stata Marinette a spingerlo» insistette Lila. «L’ho vista benissimo: ha approfittato della confusione.»

Katami scattò in avanti e levò una mano. Adrien e Luka la afferrarono in tempo prima che rifilasse uno schiaffo a Lila. «Lasciatemi!»

«Solo se ti calmi. Non serve a nulla fare così.» Luka parve ritrovare la sua calma olimpica. «Passeresti dalla parte del torto.»

«Ma almeno le toglierei quel sorrisetto da quella brutta faccia.»

Alya era pietrificata. «Perché… Perché Marinette dovrebbe fare una cosa simile?»

Lila scrollò le spalle, ignorando la frustrazione di Katami. «Mi sembra evidente. Tu proprio lo dovresti sapere meglio di tutti.»

«Beh, illuminaci.» Luka allargò le braccia.

«Perché è innamorata di Adrien.»

Calò il gelo sulla barca.

Tutti si voltarono a guardare Adrien. «Questo è ridicolo» disse. «Stai sparando un mucchio di idiozie.»

Lila atteggiò le labbra in quel sorrisetto odioso. Mise la mano nella borsa e ne estrasse un registratore vocale. «L’altro giorno mi trovavo nella hall del Gran Parìs e registravo la mia voce mentre studiavo. Caso vuole che ci fossero anche Marinette e il suo pseudo fidanzato.» Premette play.

«Sei ancora innamorata di Adrien?» Era la voce di Alessio. Il suono era ovattato ma comprensibile.

«Assolutamente.» Era Marinette. «Mai quella vipera dovrà avvicinarsi. La prenderò a calci, le strapperò tutti i capelli. Sarebbe il minimo! Sai quanto tengo a… lui. Giù le mani dal mio modello o saranno guai.»

Lila spense il registratore e guardò tutti con piena soddisfazione. «D’altronde, tutti qui siamo a conoscenza di questo. Osereste negarlo?»

Nessuno replicò. Un silenzio d’assenso. Le braccia di Alya caddero lungo i fianchi, Luka si coprì il volto con le mani, Katami aveva i muscoli del collo tirati, una vena le pulsava sulla fronte.

«È tutto falso.» Una voce potente, dura.

Sulla passerella che univa la banchina alla barca, Marinette avanzava a passo spedito. La pochette appesa sulla spalla dondolava ad ogni movimento. L’espressione era serafica, in contrasto con quella che aveva a scuola.

Alle sue spalle, Alessio sfoggiava il solito look piratesco, con maglia larga e pantaloni scuri. I capelli erano arruffati, gli occhi gonfi ma attenti. Una fascia bianca gli avvolgeva la fronte.

«Ancora la segui?» chiese Lila con strafottenza. «Non ti basta tutto quello che ti ha fatto?»

Marinette rimase impassibile.

Alessio si pose davanti a Lila, ergendosi in tutta la sua colossale figura. Pareva un pugile pronto ad affrontare l’ultimo round di un incontro. «Ti sei messa a registrare una conversazione privata da dietro la porta della mia camera. Una vera mente criminale. Perché non racconti a tutti il modo in cui mi hai spinto giù per le scale di Montmartre?»

Lila scoppiò a ridere. «Io? Che fai, provi a rigirare la frittata per difendere la tua aguzzina, che tra l’altro ama un altro?»

«Sai Lila», Alessio fece eco alla sua risata, «tu vivi nella convinzione di poter prendere in giro o manipolare tutti. Stavolta, però, il tuo machiavellico piano ha una grossa falla.» Lila corrucciò la fronte, Adrien tese le orecchie. «Ricordi Elga Storm? Ha l’abitudine di portarsi ad ogni servizio o sfilata un tizio che riprenda qualsiasi cosa accada nel backstage.» Cavò dalla tasca lo smartphone. «Sfortunatamente per te, ha ripreso anche il momento in cui io e lei stavamo litigando e poi sono cascato giù. Vi prego di guardare tutti. È molto interessante.» Avviò il video.

Le immagini mostravano lui e Elga discutere in modo plateale, Marinette che si avvicinava loro per fare da paciere, un gruppo di tecnici e addetti che si raggruppavano intorno e Lila che girava intorno, prima di infilarsi tra due persone, allungare le braccia e spingere Alessio. Poi, si allontanava con tranquillità, fingendo disinteresse.

Alessio si rimise lo smartphone in tasca. «Non ti denuncio solo perché me l’ha chiesto Marinette» disse in tono affilato.

Adrien serrò i pugni, Alya e Katami parvero sul punto di scatenare una rissa, e Nino e Luka erano tutt’altro che intenzionati a fermarle. Persino la natura placida di Ivan e Mylene vacillò. Juleka si strappò con foga il braccialetto che Lila le aveva donato al suo precedente compleanno e lo gettò in acqua.

Tutti gli sguardi erano puntati su Lila, che era bianca come un lenzuolo. Nemmeno la sua parlantina, le sue strambe scuse l’avrebbero salvata.

Marinette prese parola. «L’odio porta solo altro odio.» Passò davanti ad Alessio e fronteggiò Lila. «Io dimenticherò questa storia, dimenticherò tutto quello che mi hai detto o fatto fino ad oggi. Vorrei che tra noi cali una tregua a tempo indeterminato. Non dico che diverremo amiche, questo credo sia impensabile, ma spero che dopo oggi sotterrerai l’ascia di guerra e lascerai perdere tutto questo astio nei miei confronti.»

Le labbra di Lila tremavano. I suoi occhi verdi divennero due fessure. Passò accanto a Marinette, urtandola con la spalla, e andò via.

Alessio fischiò. «Lo prendo per un no.»

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«Sono sfinita.» Marinette gettò la pochette sul letto e si stese sul divano. «Che giornata.»

Si erano scusati tutti con lei per aver pensato, anche se per poco, che lei potesse essere tanto meschina da dire o fare ciò di cui Lila la accusava.

Alessio si sedette sulla sedia accanto alla scrivania, una caviglia poggiata sull’altro ginocchio. «Quella Lila… La realtà andava ben oltre quello che mi avevi raccontato su di lei.»

«Crescendo è peggiorata. Non riesco a comprendere come Gabriel Agreste possa aver pensato di affiancarla ad Adrien. Non sa nemmeno mettersi in posa. Sa solo sbattere quelle ciglia, finte ne sono certa, e leccare i piedi a chiunque le passi accanto.»

«Diavoli» esclamò Alessio. «È arrivata a registrarci da dietro la porta. Questa è follia.»

«Alla fine, la presenza di Elga è stata una fortuna. Senza lei, e il suo assistente, non avremmo mai potuto smascherare quell’arpia.»

L’espressione di Alessio mutò. Un’ombra calò sul suo viso. «Marinette… C’è una cosa che devo dirti e riguarda te, me e Elga. E non si tratta di relazioni amorose.»

Marinette si alzò. «Ti ascolto.»

Sospirò. «Non è per nulla facile da dire. Io so che tu sei–»

Un’esplosione distrusse la parete alle spalle di Marinette. Due mani, simili a tenaglie la afferrarono da dietro. Il corpo si contorse trafitto da spasmi. Gli occhi si rovesciarono.

Poi, il buio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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